IL GIUDICE DI PACE Sciogliendo la riserva, rileva: l'art. 204 d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285 - Nuovo Codice della Strada viene censurato ove recita ... "Il prefetto ... se ritiene fondato l'accertamento ingiunge il pagamento di una somma determinata, nel limite non inferiore al doppio del minimo edittale per ogni singola violazione ...". Ebbene secondo il modesto parere del giudicante la previsione della facolta' di emanare un'ordinanza ingiuntiva di pagamento con automatico raddoppio dell'originario importo, confligge col dettato dell'art. 3 della Cost. della Repubblica. In particolare col secondo comma, il quale affida "allo Stato il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che di fatto limitano la liberta' e l'uguaglianza dei cittadini". Infatti non si vede come sia rimosso l'ostacolo a che un cittadino possa liberamente determinarsi a ricorrere avverso un verbale amministrativo di sanzionamento. Con l'appesantimento ope legis della sanzione per colui che ricorre in via amministrativa si vanno a fondare discriminazioni, poiche' si genera incentivazione al ricorso giurisdizionale previsto quale alternativa dall'art. 205 c.d.s.; ma essa alternativa e' di certo piu' complessa e dispendiosa, dovendosi adire una sede di giustizia, chiedere ausilio del professionista legale, sottoporsi ad un iter piu' laborioso e costoso. La norma dell'art. 204, nella parte esaminata, anziche' assicurare eguaglianza sostanziale tra i cittadini, crea un discrimine ed un preciso ostacolo normativo che va a condizionare in senso sperequativo le facolta' di autodeterminazione, considerati altresi' gli importi spesso ultramilionari delle sanzioni amministrative "stradali". Anche in relazione all'art. 24 Costituzione sorge fondato sintomo di conflitto. Se "La difesa e' diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento" (dunque non di un processo, ma di qualsiasi iter procedimentale), non v'e' chi non noti che il disposto stigmatizzato dell'art. 204 c.d.s. in esame vada a condizionare pesantemente il diritto alla difesa di colui che si senta lesa da una contestazione amministrativa di codesto genere. Essa norma, prevede, caso unico nell'ordinamento italiano, cosi' come in tutti quegli ordinamenti che vogliano dirsi autenticamente garantisti dei diritti, una sanzione gravosa per il solo fatto di essersi accinti ad una difesa, peraltro in generale concessa dal medesimo corpo normativo! Precedenti storici ci riportano nelle tenebre giuridiche medioevali ed alludono ad assolutismi retrivi di stampo tribale. Peraltro anche se ci si riporta a concetti di "buon andamento della p.a. art. 97-1o Cost." non puo' trascurarsi che l'attivita' della p.a. dev'essere regolata secondo le modalita' piu' idonee ed opportune per l'efficacia, la speditezza e l'economicita' dell'azione amministrativa, con il minor sacrificio degli interessi particolari dei singoli (si cfr. Resta). Dunque non un bieco e sottinteso perseguimento di forme d'entrata patrimoniale. Nei confronti dell'art. 113 Cost. non si ravvisa conflitto, ma solo perche' l'art. 205 c.d.s., modificato a partire dal d.l 270/1996 ha dovuto prevedere quantomeno la possibilita' di impugnazione giurisdizionale anche del verbale. Nel caso di specie non v'e' dubbio che la soluzione della questione di costituzionalita' abbia rilevanza per la decisione della controversia 251/2001 che la contiene, postulandosi in caso di declaratoria una prima ritenzione d'illegittimita' dell'ordinanza gravata, in relazione all'importo raddoppiato rispetto al verbale primario. Per le altre ragioni anche sopra esposte si ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale nei termini sollevati ed in relazione agli artt. 3, secondo comma e 24, secondo comma Costituzione.