IL TRIBUNALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    In  data  10  maggio  2001 il g.i.p. del Tribunale di Avellino su
richiesta  del  p.m.  pronunciava  decreto  penale  di  condanna  nei
confronti  di Bossone Antonio in relazione al reato di cui agli artt.
403,  389,  lett.  c),  d.P.R.  27 aprile  1955,  n. 547.  L'imputato
proponeva  opposizione  con  atto  tempestivamente  depositato  nella
cancelleria  del  g.i.p. il quale, in data 16 novembre 2001, emetteva
decreto  di  citazione  a giudizio. All'odierna udienza del 22 aprile
2002,  fissata  per  l'esame dell'imputato, il difensore ha sollevato
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 459 ss. c.p.p. in
relazione  agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione sotto il profilo
della  ritenuta  lesione del diritto di difesa degli imputati causato
dalla  emissione  del  decreto  penale  di  condanna  in  assenza  di
contraddittorio  con  il  difensore, che se informato, avrebbe potuto
contribuire ad orientare le determinazioni del giudicante.
    Ritiene  questo  giudice  che  le  argomentazioni difensive siano
condivisibili,   giacche'  e'  innegabile  che  la  fase  processuale
conseguente  alla  richiesta del p.m. di emissione del decreto penale
di  condanna si svolga, innanzi al g.i.p. in assenza di ogni forma di
contraddittorio  e  senza  possibilita'  alcuna,  per  la  difesa, di
interloquire sulla richiesta avanzata dall'accusa. In sostanza, se e'
vero  che  il  g.i.p.,  ai  sensi  dell'art. 459,  comma  3, puo' non
accogliere   la   richiesta   del  p.m.  e  pronunciare  sentenza  di
proscioglimento  ex art. 129 c.p.p. qualora ne ravvisi i presupposti,
e'  pur  vero che mancando un avviso al difensore della richiesta del
p.m.,  si  impedisce  al  difensore stesso di interloquire in merito,
lasciando  alla  sola  discrezionalita'  del giudice la scelta tra il
proscioglimento,  il  non accoglimento della richiesta con successiva
restituzione  degli  atti  al  p.m.  o l'eventuale accoglimento della
richiesta di decreto penale di condanna.
    Tale situazione processuale, se poteva conciliarsi con il sistema
normativo  anteriore all'entrata in vigore della legge costituzionale
sul  giusto  processo,  appare,  invece,  in evidente contrasto con i
principi  di  diritto da ultimo introdotti. Infatti l'art. 111, comma
3,   della   Costituzione,   cosi'   come   modificato   dalla  legge
costituzionale  del  23 novembre  1999,  n. 2,  ha chiaramente inteso
garantire  il  rispetto  del  contraddittorio  anche nella fase delle
indagini  preliminari.  Peraltro,  pur  volendo  dissentire  da  tale
interpretazione,  la richiesta di decreto penale di condanna equivale
all'esercizio   della   azione   penale   (art. 405  c.p.p.)  con  la
conseguenza che l'indagato assume gia' da quel momento la qualita' di
imputato  ed  impedirgli di interloquire innanzi al g.i.p. equivale a
violare  il  principio  del  contraddittorio  in una fase che e' gia'
processuale.  L'imputato  al  quale,  nel  caso di specie, neppure e'
notificato,  per concorde orientamento della giurisprudenza, l'avviso
di  cui all'art. 415-bis c.p.p., non ha, pertanto, altra possibilita'
cha  quella di proporre opposizione al decreto penale di condanna per
accedere ad uno dei riti alternativi consentitigli.
    Se,  invece,  il  contraddittorio  fosse  anticipato  innanzi  al
g.i.p.,   l'imputato   potrebbe  avere  la  possibilita'  di  evitare
l'instaurazione del giudizio.
    Per  quanto  argomentato, questo giudicante ritiene condivisibile
la posizione difensiva consapevole che l'accoglimento della questione
comporterebbe la nullita' del decreto penale opposto, emesso inaudita
altera parte, con conseguente regressione del procedimento.