IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza nel ricorso iscritto al n. 44101 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2001, posto in deliberazione nell'udienza del 5 ottobre 2001 e vertente tra Astorre Bruno elettivamente domiciliato in Roma via G. Belloni, 88, presso lo studio dell'avv. Giulio Prosperetti che lo rappresenta e difende per delega in atti, ricorrente, e Gasbarra Enrico elettivamente domiciliato in Roma via F. Paolucci De' Calboli, 9, presso lo studio dell'avv. Piero Sandulli che lo rappresenta e difende per delega in atti, unitamente all'avv. F. Tedeschini, resistente, nonche' Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore elettivamente domiciliata in Roma, Via Paolo Emilio, 7, presso lo studio dell'avv. Achille Chiappetti che la rappresenta e difende per delega in atti unitamente all'avv. Aldo Rivela, terzo chiamato, e Comune di Roma, in persona del sindaco pro tempore elette domiciliato in Roma, via del Tempio di Giove, 21, presso gli uffici dell'avvocatura comunale rapp. e difeso dagli avvocati S. Capotorto, P. Bonanni e A. Delfini in virtu' di deleghe in atti, terzo chiamato, e con l'intervento del pubblico ministero presso il tribunale. Oggetto: ricorso ex art. 82 d.P.R. 16 maggio 1960 n. 570. Rilevato in fatto Con ricorso notificato il 17 luglio 2001 il sig. Bruno Astorre chiedeva che questo tribunale dichiarasse l'on. Enrico Gasbarra decaduto per incompatibilita' dalla carica di consigliere della regione Lazio. Esponeva il ricorrente che egli era il primo dei non eletti nelle elezioni amministrative del 2000 e che il Sindaco di Roma, con ordinanza in data 4 giugno 2001, aveva nominato il resistente vice-sindaco di detto comune. Precisava, inoltre, che tale carica era incompatibile con quella di consigliere della regione Lazio ai sensi dell'art. 65, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e ai sensi dell'art. 19, legge 17 febbraio 1968, n. 108 e art. 7, legge 23 aprile 1981 n. 154 e che, cosi' come prescritto, la suddetta causa di incompatibilita' non era stata eliminata entro i dieci giorni. Costituitosi in giudizio, il resistente eccepiva l'inammissibilita' del ricorso, la necessita' di integrare il contraddittorio nei confronti del comune di Roma e della Regione Lazio, l'infondatezza nel merito del ricorso ed in subordine chiedeva di rimettere gli atti alla Corte costituzionale, apparendo incostituzionale l'art. 65 d.lgs. n. 267/2000. Il pubblico ministero presente si associava alla richiesta di integrazione del contraddittorio che veniva disposto dal tribunale con ordinanza in data 31 luglio 2001. Costituitisi in giudizio, entrambi i chiamati sostenevano l'infondatezza del ricorso e, comunque, chiedevano che gli atti venissero rimessi alla Corte costituzionale ritenendo che il disposto dell'art. 65 del d.lgs. n. 267/2000 e l'art. 4, legge n. 154/1981, fossero in contrasto con gli artt. 5, 122, 123 e 128 della Carta costituzionale. All'udienza del 5 ottobre 2001, cui il procedimento era stato rinviato, previa discussione, i procuratori delle parti presenti ed il pubblico ministero, concludevano come da verbale di udienza e veniva data lettura del dispositivo allegato al verbale di udienza. Ritenuto in diritto A parere del collegio, preliminare ed assorbente ad ogni altra pur apprezzabile problematica, appare la questione relativa alla necessita' o meno di sospendere la decisione, onde consentire alla Corte costituzionale la verifica della fondatezza dell'eccezione di incostituzionalita' sollevata dalle parti costituite e dallo stesso pubblico ministero. E' noto che la materia de qua ha subito in tempi recenti, una regolamentazione del tutto nuova e per certi aspetti profondamente innovativa dell'assetto dei rapporti tra Stato, regioni ed enti locali. Fondamentali al riguardo sono le modificazioni introdotte dall'art. 2, della legge Cost. 22 novembre 1999, n. 1, all'art. 122 della Carta costituzionale, che attribuisce un autonomo potere legislativo in materia di sistema elettorale e di regolamentazione dei casi di ineleggibilita' ed incompatibilita' dei componenti dei propri organi istituzionali, nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge dello Stato, e la nuova disciplina contenuta nel d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. Cio' posto se certa appare la rilevanza, ai fine del decidere, della questione di costituzionalita' sollevata, ugualmente evidente appare la sua non manifesta infondatezza. Ed invero, escluso che la fattispecie rientri tra le ipotesi espressamente previste, come cause di incompatibilita', dal secondo comma dell'art. 122 Cost., non sembra da ritenere che la stessa sia disciplinata dall'art. 65 del citato Testo unico. Affermare, infatti, che detta norma disciplini i casi di incompatibilita' e di ineleggibilita' dei consiglieri regionali legittima quanto meno il dubbio della sua incostituzionalita' sotto un duplice profilo. In primo luogo, perche' dovrebbe ammettersi che una legge dello Stato abbia regolato e disciplinato una materia che l'art. 122 Cost. ha, invece, riservato alla potesta' legislativa delle regioni, ed in secondo luogo perche' potrebbe ipotizzarsi che il decreto legislativo abbia travalicato i limiti imposti dalla legge delega che conferiva esclusivamente il potere di regolamentare l'ordinamento ed il funzionamento degli enti locali. Ne¨ a diversa conclusione potrebbe giungersi affermando che la fattispecie comunque rimarrebbe regolata dall'art. 4, legge 23 aprile 1981, n. 184, che dovrebbe ritenersi ancora in vigore per effetto del disposto dell'art. 274 del citato d.lgs. n. 267/2000. E' agevole, infatti, osservare non solo che tale convincimento fa sorgere ugualmente il dubbio che il legislatore delegato abbia regolato una materia che non era compresa nella legge delega, ma anche che sostenere la vigenza di detta norma, dopo la modifica apportata dalla legge n. 1/1999 all'art. 122 Cost., legittima il dubbio della sua costituzionalita', non potendosi quanto meno escludere il suo contrasto con la riserva di legge a favore delle regioni nella materia de qua. Anche sotto tale profilo, si impone la sospensione della decisione, apparendo necessario, attesa la rilevanza ai fini del decidere e la non manifesta infondatezza delle riportate eccezioni di incostituzionalita' rimettere gli atti alla Corte costituzionale.