Ricorso  per  la  regione  Toscana, in persona del Presidente pro
tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 1019
del  23  settembre 2002, rappresentato e difeso, per mandato in calce
al  presente  atto,  dagli  avvocati  Vito Vacchi, Lucia Bora e Fabio
Lorenzoni, presso lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato
in  Roma,  via  del Viminale n. 43 contro il Presidente del Consiglio
dei  Ministri  pro  tempore,  per  la dichiarazione di illegittimita'
costituzionale  dell'art. 13,  commi  primo,  terzo,  quarto, quinto,
sesto ed undicesimo della legge 1 agosto 2002 n. 166 "Disposizioni in
materia di infrastrutture e trasporti".
    Nel  supplemento  ordinano  alla  Gazzetta ufficiale n. 181 del 3
agosto   2002   -   serie  generale  e'  stata  pubblicata  la  legge
n. 166/2002.
    Il presente ricorso riguarda disposizioni contenute nell'art. 13,
che    modifica    l'art. 1   della   leggen. 443/2001,   concernente
l'individuazione  e la realizzazione delle c.d. "opere strategiche di
interesse nazionale".
    La regione Toscana ha gia' impugnato alla Corte costituzionale la
suddetta  legge n. 443/2001 (Reg. ric. n. 11/2002), per la violazione
delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite.
    Le modifiche introdotte dal legislatore con il citato art. 13 non
superano,  a parere della ricorrente amministrazione, le eccezioni di
illegittimita'  costituzionale  prospettate; di qui la necessita' del
presente  ricorso  avverso  l'art. 13  contro della legge n. 166/2002
che,   nelle   impugnate   disposizioni,   e'  illegittimo  e  lesivo
dell'autonomia   costituzionalmente  riconosciuta  e  garantita  alla
regione ricorrente per le seguenti ragioni di

                            D i r i t t o

    A) Illegittimita'  dell'art. 13,  commi  terzo,  quarto, quinto e
sesto  della  legge  n. 166/2002 per violazione degli artt. 117 e 118
Cost.
    A.1) Il  terzo  comma  dell'art.  13 in oggetto modifica il comma
primo  dell'art. 1 della legge n. 443/2001, prevedendo che il Governo
individua  le  infrastrutture  pubbliche e private e gli insediamenti
produttivi   strategici   e  di  preminente  interesse  nazionale  da
realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, a mezzo di
un  programma  predisposto  dal  Ministro  delle infrastrutture e dei
trasporti,   d'intesa   con   i  ministri  competenti  e  le  Regioni
interessate,  previo parere del CIPE e previa intesa della Conferenza
unificata  di  cui all'art. 8 del decreto legislativo n. 281/1997. E'
stabilito  che  al  fine  di  sviluppare  la portualita' turistica il
Governo,   nell'individuare  le  infrastrutture  e  gli  insediamenti
strategici,  tiene  conto anche delle strutture dedicate alla nautica
da  diporto  e  che l'inserimento nel programma di infrastrutture non
comprese  nel  piano  generale  dei  trasporti costituisce automatica
integrazione  dello stesso. In sede di prima applicazione della legge
e'  previsto  che  il  programma  sia  approvato dal CIPE entro il 31
dicembre   2001.   Gli   interventi   previsti   nel  programma  sono
automaticamente  inseriti  nelle  intese istituzionali di programma e
negli  accordi  di  programma  e sono compresi in una intesa generale
quadro  avente  validita'  pluriennale  tra il Governo e ogni singola
regione  al  fine  del  congiunto coordinamento e realizzazione delle
opere.
    Il  comma quarto dell'art. 13 in oggetto inserisce il comma 1-bis
all'art. 1  della  legge  n. 443/2001,  stabilendo le indicazioni che
devono  essere  contenute  nel  programma  che individua le opere cd.
strategiche,  il  quale  e'  inserito nel documento di programmazione
economico-finanziaria.
    Il  quinto  comma  sostituisce  la  lettera  c) del secondo comma
dell'art.  1  della  legge n. 443/2001, prevedendo - come principio e
criterio  direttivo  per  il decreto legislativo governativo - che il
CIPE,  integrato  dai  presidenti  delle  Regioni  e  delle  province
autonome  interessate,  ha  il  compito  di  valutare le proposte dei
promotori  delle  opere,  di  approvare  il  progetto  preliminare  e
definitivo,  di  vigilare  sull'esecuzione  dei  progetti  approvati,
adottando  i  provvedimenti  concessori  ed  autorizzatori necessari,
comprensivi  della  localizzazione  dell'opera e, ove prevista, della
valutazione  di impatto ambientale istruita dal competente Ministero.
A  tal fine il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti cura le
istruttorie,  formula  le  proposte e assicura il supporto necessario
per l'attivita' del CIPE.
    Il  sesto  comma, nell'introdurre il comma 3-bis all'art. 1 della
legge  n. 443/2001,  dispone  che  -  in  alternativa  alle procedure
previste  dal  secondo  comma  -  il  decreto legislativo governativo
potra'  stabilire  che  l'approvazione  dei  progetti  preliminari  e
definitivi  delle  opere  strategiche  sia  disposta  con decreto del
Presidente  del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del CIPE
integrato   dai   presidenti   delle   Regioni  e  province  autonome
interessate,  sentita  la  Conferenza unificata e previo parere delle
competenti   Commissioni   parlamentari:  tale  decreto  dichiara  la
compatibilita'    ambientale    dell'intervento    e    la   relativa
localizzazione  urbanistica, nonche' la pubblica utilita' dell'opera;
lo  stesso  decreto sostituisce ogni altro permesso, autorizzazione o
approvazione comunque denominati e consente la realizzazione di tutte
le opere ed attivita' previste nel progetto approvato.
    Come  si  ricava  dalla  sintetica  descrizione  della  normativa
contenuta  nelle  disposizioni  impugnate,  la disciplina dettata dal
legislatore   statale   riguarda   le  modalita'  di  individuazione,
programmazione   e   realizzazione   di   opere,   infrastrutture  ed
insediamenti produttivi definiti strategici e di preminente interesse
nazionale.
    L'art. 117  Cost. attribuisce allo Stato una potesta' legislativa
esclusiva, nei casi tassativamente indicati nel secondo comma, ed una
potesta'  concorrente  con  quella regionale nei casi di cui al terzo
comma della stessa disposizione.
    A.2) L'individuazione   delle   c.d.   opere   strategiche  e  la
predeterminazione   della  procedura  per  l'approvazione  e  per  la
realizzazione  dei progetti concernenti le opere stesse non rientrano
nell' ambito delle competenze attribuite in via esclusiva allo Stato.
    In  particolare  le  disposizioni  impugnate  non possono trovare
fondamento  nell'art. 117,  secondo  comma, lett. e) e lett. m) della
Costituzione  che  riservano allo Stato la tutela della concorrenza e
la   determinazione   dei   livelli   essenziali   delle  prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti in
tutto  il  territorio  nazionale.  E'  infatti  evidente che la legge
n. 443/2001  e  le  modifiche ad essa apportate dall'art. 13 in esame
non  hanno  affatto  lo  scopo  di  proteggere la concorrenza, ne' di
garantire  i  livelli  essenziali  delle prestazioni, ma solo quello,
esplicitamente  dichiarato  nella  relazione illustrativa della legge
n. 443/2001,   di   favorire   la  realizzazione  di  opere  definite
strategiche,  introducendo  un  regime derogatorio, rispetto a quello
ordinario,  per l'individuazione, la progettazione e la realizzazione
delle medesime.
    Ne' la norma impugnata e' riconducibile alla materia della tutela
dell'ambiente  e  dell'ecosistema, di cui alla lettera s) del secondo
comma dell'art. 117 Cost.: infatti tale materia ricomprende la cura e
la  protezione  di valori diversi e spesso antitetici con l'obiettivo
della   legge   in   questione   che,  si  ripete;  e'  quello  della
realizzazione delle grandi opere strategiche.
    La  materia  che potrebbe legittimare l'intervento legislativo in
esame sarebbe quella dei "lavori pubblici di interesse nazionale": ma
tale  materia  non  e'  prevista  tra quelle riservate allo Stato dal
nuovo  art. 117 Cost. Anzi quest'ultimo ha eliminato ogni riferimento
alla   dimensione   dell'interesse   per   stabilire  il  riparto  di
attribuzioni  tra  Stato  e Regioni in materia di lavori pubblici (il
precedente  art. 117 invece attribuiva alla competenza regionale solo
i  lavori  pubblici  di  interesse  regionale)  ed  ha  affidato alla
competenza  concorrente  materie  quali  "porti  e aeroporti civili",
"grandi reti di frasporto e di navigazione", "produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia": si tratta, con tutta evidenza,
di materie in cui la dimensione nazionale dell'interesse e' implicita
nel  loro  stesso contenuto e cio' costituisce ulteriore conferma del
fatto   che  il  Costituente  non  ha  voluto  prevedere  l'interesse
nazionale   come   un  possibile  limite  alla  potesta'  legislativa
regionale.
    A.3) Escluso quindi che le impugnate disposizioni trovino il loro
fondamento  nel  secondo  comma dell'art. 117 Cost.; si rileva che le
stesse  non  possono trovare fondamento neppure nel terzo comma della
stessa norma costituzionale.
    Infatti  le  c.d. grandi opere non necessariamente sono collegate
alle  materie di cui al terzo comma citato: solo per fare un esempio,
la  realizzazione di insediamenti produttivi e' connessa alla materia
dell'industria  che  rientra  nelle  piene attribuzioni regionali, ai
sensi dell'art. 117, quarto comma Cost.
    Pertanto  e'  precluso allo Stato disciplinare la programmazione,
l'individuazione  e  la  realizzazione  di  opere  connesse a materie
sottratte al potere legislativo statale.
    Tale  conclusione  trova  ulteriore conferma nella considerazione
che,  nel  sistema  delineato  dall'art. 117 Cost., la disciplina dei
lavori  pubblici  e privati di interesse pubblico e degli appalti non
e'  ricompresa  tra  le  materie riservate allo Stato, ne' tra quelle
soggette  alla  legislazione  concorrente;  con la conseguenza che in
tale  materia compete alle Regioni legiferare, con l'unico limite del
rispetto  della Costituzione e dei vincoli derivanti dall'ordinamento
comunitario.
    A.4) Ma  - in denegata ipotesi - ove si ritenesse sussistente una
competenza  statale a fronte di opere strategiche collegate a materie
contemplate nel terzo comma dell'art. 117 (grandi reti di trasporto e
di  navigazione,  porti  e  aeroporti civili, produzione, trasporto e
distribuzione  nazionale  dell'energia, governo del territorio), tale
competenza  dovrebbe  essere  esercitata  solo  ed esclusivamente nei
limiti ammessi dal citato art. 117 terzo comma Cost.
    E'  infatti  noto che nelle materie a legislazione concorrente il
potere  legislativo  statale  e'  limitato  alla  individuazioni  dei
principi  regolatori. Ed e' altrettanto noto che tali principi devono
"riguardare il modo di esercizio della potesta' legislativa regionale
e non comportare l'inclusione o l'esclusione di singoli settori della
materia  o  dall'ambito di essa", dovendosi qualificare come principi
fondamentali  "solo  i  nuclei essenziali del contenuto normativo che
quelle  disposizioni  esprimono  per  i  principi enunciati o da esse
desumibili" (Corte cost. sentenza n. 482/1995).
    La  normativa  qui  contestata, invece, non detta i principi alle
Regioni  per  disciplinare  l'individuazione e la realizzazione delle
c.d.  grandi  opere,  ma  detta  al  Governo i criteri per l'emanando
decreto  legislativo, con una disciplina gia' compiuta, dettagliata e
minuziosa  che  elimina completamente ogni possibilita' di intervento
per un'autonoma normativa da parte delle Regioni.
    A.5) Tale  illegittima  appropriazione  da  parte  dello Stato di
potesta'   legislative  regionali  non  puo'  trovare  legittimazione
costituzionale in nome di un non definito interesse nazionale sotteso
alla realizzazione delle opere in oggetto.
    Infatti  il  nuovo  testo  costituzionale non prevede l'interesse
nazionale  come  limite  neppure  per  la  potesta' legislativa delle
Regioni (il riferimento all'interesse nazionale non e' piu' contenuto
nell'art. 117  e  nel successivo 127), ne' prevede un generale potere
di  indirizzo  e  coordinamento che la giurisprudenza costituzionale,
nel  vigore  della previgente Titolo V, aveva costruito come risvolto
positivo di quell'interesse.
    Non  e' quindi costituzionalmente ammissibile reintrodurre limiti
alla  potesta'  legislativa  regionale  non espressamente previsti in
Costituzione - ed anzi volutamente esclusi - richiamando la rilevanza
nazionale  di  un'opera:  in  tale modo si vanificherebbe la potesta'
legislativa attribuita alle Regioni.
    Come  chiarito  nel  corso delle audizioni effettuate nell'ambito
dell'indagine   conoscitiva   sugli  effetti  nell'ordinamento  delle
revisioni del titolo V della Costituzione presso la prima Commissione
permanente  del  Senato, un generico richiamo all'interesse nazionale
non  e'  piu'  previsto  in  Costituzione  e  sarebbe anche difficile
fondarlo  in  via  generale sul principio di unita' di cui all'art. 5
della  Cost.,  anche  perche' in tal modo si aprirebbe la strada alle
incarnazioni  piu'  imprevedibili  di  tale  interesse  nazionale che
diventerebbe  un  grimaldello per intaccare l'autonomia delle Regioni
in  tutti  i  settori,  in spregio alla tutela affidata dall'art. 117
Cost.  nuovo  testo alle attribuzioni delle Regioni stesse (audizione
del prof. Panunzio - seduta del 20 novembre 2002).
    Questo  non  significa  che  gli  interessi  di  cui  puo' essere
portatore lo Stato non trovino tutela; significa solo che non si puo'
far  rientrare surrettiziamente un concetto indefinito e generico che
si  presta  nella sua applicazione a ledere un autonomia che il nuovo
Costituente ha voluto assicurare in misura maggiore che in passato.
    La   nuova   Costituzione  assicura  la  tutela  degli  interessi
ultraregionali  con  l'elencazione  tassativa contenuta nell'art. 117
secondo  comma,  e  quindi riservando a priori allo Stato determinati
compiti.  A  tale  proposito la dottrina ha lucidamente rilevato: "Va
escluso  che  le potesta' statali possano essere direttamente dedotte
da  principi  di  ordine  generalissimo,  quali il carattere unitario
dello Stato, o il concetto di sovranita' o l'interesse nazionale.
    Il  riparto  di  attribuzioni  previsto dall'art. 117 deve invece
essere  inteso  come  la  specifica attuazione che la Costituzione ha
voluto  dare  a  tali  principi  generali, i quali dunque non possono
essere  contrapposti  ad  esso.  Non  si puo' dunque affermare che lo
Stato  ha potesta' legislativa ordinaria nelle materie dell'art. 117,
secondo comma, e in piu' su tutto cio' che e' di interesse nazionale,
ma  si  deve  affermare  che  cio'  che il Costituente ha ritenuto di
interesse  nazionale  si  manifesta attraverso le materie e i compiti
statali previsti dall'art. 117" (G. Falcon, Modello e transizione nel
nuovo  Titolo V della parte seconda della Costituzione" in Le Regioni
n. 6/2001,  1251  ss.;  nello  stesso  senso:  C.  Pinelli,  I limiti
generali  alla  potesta' legislativa statale e regionale e i rapporti
con  l'ordinamento  internazionale e con l'ordinamento comunitario in
Foro  it.  2001,  V,  194  ss..;  P.  Cavalieri,  La  nuova autonomia
legislativa  delle  Regioni,  in  Foro it. 2001, V, 202). Nel caso in
esame,  tuttavia,  la  ravvisata lesione delle attribuzioni regionali
non  puo'  essere  giustificata con il richiamo al suddetto art. 117,
secondo  comma,  Cost.,  per i motivi evidenziati al precedente punto
A.2).
    A.6) Le   impugnate   disposizioni  si  presentano  lesive  anche
dell'art. 118  primo  comma Cost. L'effettivo rispetto dei criteri di
sussidiarieta',  differenziazione  ed  adeguatezza  impone  che  ogni
scelta  legislativa  di  allocazione  delle  funzioni sia previamente
supportata  dall'analisi  e dalla verifica del livello di governo che
maggiormente risponda ai tre criteri costituzionalizzati dalla norma:
che   si   tratti   infatti  di  criteri  e  di  parametri  elastici,
utilizzabili  quindi con un margine di discrezionalita', e' indubbio,
ma  e'  altrettanto  indubbio  che  i  motivi  della  scelta e quindi
dell'esercizio  in concreto ditale potere discrezionale devono essere
estrinsecati  e  resi  conoscibili  -  il che non avviene nel caso in
esame   -   pena,   altrimenti,  una  violazione  delle  attribuzioni
costituzionali riservate agli enti regionali e locali.
    Ma  la  violazione  dell'art. 118  Cost.,  con  riferimento  alle
attribuzioni regionali, sussiste anche per un ulteriore e consistente
motivo.
    L'art. 118  e' chiaro nel determinare le regole ed i principi che
devono  presiedere  alla distribuzione delle finzioni amministrative,
ma   non   disciplina   quale  sia  la  fonte  cui  e'  rimessa  tale
distribuzione.
    In merito deve osservarsi che il profilo relativo alla disciplina
della  materia  non  e' scindibile da quello relativo all'allocazione
delle  funzioni, con la conseguenza che spetta alle Regioni intestare
le  funzioni  nelle  materie  in cui e' loro riconosciuta la potesta'
legislativa  regionale sia esclusiva che concorrente (in tal caso nel
rispetto dei principi regolatori dettati dalla legge statale).
    La  validita'  ditale  conclusione  e'  stata  riconosciuta dalla
dottrina che si e' occupata del problema, la quale ha evidenziato che
l'art. 118  non contiene un riparto di funzioni legislative ulteriore
rispetto  a  quello  gia'  stabilito  dall'art. 117 e, in merito alla
possibilita'  per lo Stato di attribuire funzioni amministrative a se
stesso,  ha  rilevato  che tale "conferimento di funzioni allo Stato,
previsto  dal primo comma dell'art. 118, in relazione ai tre principi
indicati,  dovra'  essere  disposto con legge statale, e va anch'esso
inteso   nel  quadro  del  riparto  di  competenze  legislative  come
stabilito  dall'art. 117.  Esso  dovra' avvenire per il tramite delle
materie  o  per il tramite dei compiti in relazione ai quali lo Stato
ha  potesta' legislativa esclusiva" (G. Falcon, Modello e transizione
nel  nuovo  titolo  V  della  parte  seconda della Costituzione in Le
Regioni n. 6/2001, pag. 1260) e, ancora, va escluso che "un titolo di
legittimazione  di  potesta'  legislativa  statale  sia  il principio
espresso  dall'art. 118 di conferimento delle funzioni amministrative
secondo   i   principi   di   sussidiarieta',   differenziazione   ed
adeguatezza.  Questo  testo  va  a  mio  avviso letto all'interno del
riparto di potesta' legislative per materia, nel quale il legislatore
costituente  non  ha  voluto  aggiungere  come  compito statale a se'
stante  (come  pure  sarebbe stato semplice fare) l'individuazione di
funzioni  amministrative  statali  in  materia  regionale:  queste vi
potranno  essere  indubbiamente,  ma  sulla  base  delle  clausole di
competenza  di  cui  all'art. 117,  secondo  comma,  e delle relative
implicazioni,   e   non   sulla   base   di  un  generico  potere  di
individuazione  di funzioni statali basate su astratte considerazioni
di  interesse  nazionale.  Cio' a maggior ragione se si considera che
l'oggetto  proprio  della  competenza  regionale e' in primo luogo la
disciplina  dei  rapporti  amministrativi".  (G.  Falcon, citato pag.
1253).
    Sempre   nello   stesso  senso  e'  stato  ancora  affermato  che
"costituendo  la  allocazione  delle  funzioni  una  componente della
disciplina   delle   materie  cui  esse  attengono,  la  fonte  della
distribuzione  non  puo'  che  essere  la legge che quelle materie e'
deputata  a  regolare.  Sicche', fermo rimanendo che l'individuazione
delle   funzioni   fondamentali   di   comuni,   province   e  citta'
metropolitane  e' comunque rimessa alla legislazione statale in forza
della   previsione   di   cui  alla  lettera  p)  del  secondo  comma
dell'art. 117,  per  il  resto  la  legge  statale  ovvero  la  legge
regionale,   secondo   le  rispettive  competenze,  provvederanno  ad
intestare  le  competenze  in applicazione delle regole e principi di
cui all'art. 118, 1o comma." (A. Corpaci Revisione del Titolo V della
parte  seconda  della  Costituzione  e  sistema amministrativi, in Le
Regioni  n. 6/2001,  pag.  1311);  e,  ancora  che  "Ritenere  che il
legislatore statale possa attribuire esso stesso a se medesimo e alla
propria  amministrazione  competenze  e  funzioni anche nelle materie
assegnate  comunque  al  legislatore  regionale (quelle di competenza
concorrente)  o  addirittura  ad esso riservate (quelle di competenza
esclusiva)  eventualmente  motivando questa convinzione in nome di un
principio  di  difesa dell'unita' complessiva, collegato magari anche
al  dettato  stesso  dell'art. 118  secondo  comma  la' dove parla di
"esigenze di carattere unitario", significherebbe radicare una nuova,
vastissima  competenza  di  carattere  "trasversale"  del legislatore
statale.  Competenza  di carattere trasversale che sarebbe analoga ad
alcune  delle competenze previste nel secondo comma dell'art. 117, ad
esempio  in  materia  di "determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni  concernenti i diritti civili e sociali che devono essere
garantiti  su  tutto  il  territorio nazionale" ma che in questo caso
avrebbe la duplice caratteristica di essere ricavata "implicitamente"
dal  sistema  (e  non  esplicitamente  ricompresa  nell'elenco  delle
competenze esclusive dello Stato, dove, invece, e significativamente,
e'  contenuta  la  competenza  in  materia  di definizione dei poteri
fondamentali di comuni, province e citta' metropolitane), e di essere
di  carattere davvero vastissimo e potenzialmente espandibile in ogni
settore  e  in  ogni  contesto"  (F.  Pizzetti,  Le nuove esigenze di
governance  in  un  sistema  policentrico  "esploso",  in  Le Regioni
n. 6/2001, pag. 1180, ss e nota n. 37).
    Risulta  percio'  che  l'art. 118,  primo comma, e le esigenze di
esercizio  unitario  ivi  richiamate non possono costituire un titolo
autonomo  legittimante  l'intervento  del  legislatore  statale, come
avviene nel caso in esame con le contestate disposizione. L'art. 118,
primo   comma,   si   ripete,  e'  norma  che  fissa  i  criteri  per
l'allocazione  delle funzioni, ma non disciplina le fonti deputate ad
allocare  le stesse, e pertanto non rappresenta il presupposto su cui
fondare  variazioni  e  spostamenti  rispetto  alla titolarita' della
potesta' legislativa, come stabilita dall'art. 117.
    A.7)  Non  e' sfuggito alla ricorrente amministrazione che con la
modifica  apportata  dai  terzo  comma  dell'art. 13  in  oggetto  il
legislatore   nazionale   ha   introdotto   il   principio   per  cui
l'individuazione  delle  grandi opere avviene d'intesa con le Regioni
interessate  e  con  la conferenza unificata, anziche' sulla base del
loro parere, come era nel testo originario della legge n. 443/2001.
    Tale  previsione,  tuttavia,  non  e'  sufficiente  a  superare i
profili  di  illegittimita'  costituzionale sopra denunciati, perche'
l'intesa  non  puo'  costituire  un meccanismo attraverso il quale lo
Stato  si  appropria  di  potesta'  legislative ad esso non riservate
dalla Costituzione.
    Cio'   tanto   piu'   perche'   la  disposizione  qui  impugnata,
nell'introdurre l'intesa, non prevede alcun meccanismo a garanzia che
tale intesa non sia poi di fatto recessiva rispetto al potere statale
di  provvedere  ugualmente  a fronte del motivato dissenso regionale.
Piu' precisamente, non si garantisce che la introdotta intesa sia una
reale   forma   di   coordinamento  paritario  che  pone  i  soggetti
partecipanti  sullo  stesso  piano  in  relazione  alla  decisione da
adottare  e  cio'  lede il principio della leale cooperazione che, in
considerazione dell'incidenza della individuazione delle grandi opere
con   le   attribuzioni  costituzionalmente  affidate  alle  Regioni,
imporrebbe   invece  una  effettiva  codeterminazione  del  contenuto
dell'atto.
    A.8) Parimenti,  le  disposizioni  contenute  ai commi 5 e 6, nel
dettare  i  criteri  al  Governo  per il decreto legislativo che deve
disciplinare  le modalita' di approvazione dei progetti preliminari e
definitivi  delle opere "strategiche", non garantiscono in alcun modo
il rispetto delle attribuzioni regionali.
    Si  prevede  infatti  che  tali progetti siano approvati dal CIPE
integrato dai presidenti delle Regioni o, in alternativa, con decreto
del  Presidente  del  Consiglio dei ministri previa deliberazione del
CIPE  integrato  dai  Presidenti delle Regioni, sentita la Conferenza
unificata, previo parere delle commissioni parlamentari competenti.
    In  sostanza,  quindi,  sull'approvazione  dei  progetti il ruolo
delle  Regioni  e'  solo  quello  di  esprimere  un parere tramite il
proprio  Presidente che integra il CIPE e cio' appare particolarmente
lesivo  delle attribuzioni regionali, considerando che l'approvazione
di detti progetti determina la localizzazione urbanistica dell'opera,
la  compatibilita' ambientale della medesima e sostituisce ogni altro
permesso ed autorizzazione comunque denominati.
    Vi  e'  quindi una forte incidenza sul governo del territorio che
e'  materia  di  competenza  concorrente Stato - Regioni: l'impugnata
normativa  non  lascia  alcuno  spazio  alla legislazione regionale a
fronte    dello    speciale   regime   derogatorio   introdotto   per
l'approvazione  dei  progetti  delle opere in questione; interferisce
sulla   legislazione   regionale   gia'   vigente  che  disciplina  i
procedimenti  di  approvazione  dei  progetti  delle opere pubbliche,
prevedendo   le   necessarie   verifiche   di   natura   urbanistica,
idrogeologica   e  di  difesa  del  suolo  (la  regione  Toscana,  in
particolare  ha  attribuito  tali funzioni amministrative ai comuni e
alle  province);  esautora  del  tutto  le  attribuzioni regionali in
merito  alla  valutazione  di  impatto ambientale delle opere, con un
consistente  passo  indietro  rispetto ai compiti che fino ad oggi le
Regioni  hanno svolto in merito. A tale proposito si rileva che, come
sopra  esposto, il terzo comma dell'impugnata norma prevede che anche
le strutture dedicate alla nautica da diporto possono essere inserite
nel  programma  delle  infrastrutture  strategiche;  tale inserimento
comporta che la valutazione di impatto ambientale sulle stesse verra'
effettuata  con la procedura prevista dal quinto comma dell'art. 13 e
quindi  dal  Ministero  competente.  Cosi'  disponendo  anche i porti
turistici  vengono  sottratti  alla valutazione di impatto ambientale
della  Regione,  con evidente lesione delle attribuzioni regionali in
materia di porti e di valorizzazione dei beni ambientali.
    A.9) In  conclusione,  viene introdotto un regime derogatorio sia
per  la  individuazione  che  per  la  realizzazione  delle  opere in
questione che non lascia spazio per alcun tipo di autonomo intervento
legislativo  regionale  nelle  materie  di  competenza  e  che limita
fortemente  anche  l'esercizio  delle  funzioni  amministrative delle
Regioni  e degli enti locali nelle materie stesse. Ne consegue che le
Regioni  saranno  costrette  a  subire  la localizzazione delle opere
determinata  dallo  Stato  (perche'  la  legge  non garantisce che il
dissenso  regionale  sulle  localizzazione  delle  stesse costituisca
motivo    per   individuare   una   localizzazione   concordata   con
l'amministrazione  regionale),  nonche'  a  dare un mero parere sugli
aspetti  di  compatibilita' ambientale ed idrogeologica, che comunque
puo'  benissimo  essere  disatteso  dal  CIPE  ovvero dal decreto del
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri che sostituisce a tutti gli
effetti  ogni atto autorizzatorio normalmente necessario in base alla
procedura ordinaria.
    Le   eccepite   illegittimita'  non  sono  superate  dalla  frase
contenuta   nel   terzo  comma  dell'art. 13,  per  cui  il  Governo,
nell'emanare  il decreto delegato, dovrebbe agire "nel rispetto delle
attribuzioni  costituzionali  delle  Regioni".  Si  tratta infatti di
un'espressione  vaga  e  generica e non si comprende come potrebbe il
Governo  rispettare  detta  indicazione, visto che la normativa della
legge delega e' gia' essa stessa fortemente lesiva delle attribuzioni
regionali.  Il  Governo dovra' attenersi ai criteri posti dalla legge
in  questione,  con inevitabile lesione delle attribuzioni regionali,
perche',  a  monte,  sono i principi della delega a non rispettare le
attribuzioni delle Regioni.
    Da  tutte  le  argomentazioni  esposte  discende  con evidenza la
illegittimita'   costituzionale  delle  disposizioni  impugnate,  per
violazione degli artt. 117 e 118 cost.
    B)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 13,  commi primo ed
undicesimo per violazione degli artt. 117, 118 e 119 Cost.
    Il  primo  ed  undicesimo  comma  della norma impugnata prevedono
specifici  stanziamenti  per la progettazione e la realizazione delle
opere strategiche individuate dal CIPE; il comma undicesimo.
    Le  disposizioni  sono incostituzionali perche' fanno riferimento
al  programma  predisposto dal CIPE che, come esaminato al precedente
punto, e' elaborato in spregio alle competenze regionali.
    Dette  disposizioni incidono altresi' sull' autonomia finanziaria
delle  Regioni  che  l'art. 119  Cost.  garantisce  in  relazione  al
reperimento  delle  risorse per la realizzazione delle infrastrutture
la cui decisione rientra nella competenza regionale.