ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 7, numero 3,
della  legge  29 gennaio  1942,  n. 64  (Modificazioni  alle leggi di
ordinamento della regia Guardia di finanza), e 2, comma 2, del d.lgs.
31 gennaio  2000,  n. 24  (Disposizioni in materia di reclutamento su
base volontaria, stato giuridico e avanzamento del personale militare
femminile  nelle Forze armate e nel corpo della Guardia di finanza, a
norma  dell'art. 1,  comma  2,  della legge 20 ottobre 1999, n. 380),
promosso   con   ordinanza   del   15 gennaio   2002   dal  Tribunale
amministrativo  regionale  del Lazio, iscritta al n. 126 del registro
ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 13, 1a serie speciale, dell'anno 2002.
    Udito  nella camera di consiglio del 25 settembre 2002 il giudice
relatore Valerio Onida.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Nel  corso  del  giudizio  amministrativo, promosso da una
aspirante  al  concorso  per  l'arruolamento  di duecento allievi nel
corpo  della Guardia di finanza, per l'annullamento del provvedimento
del  Comando  provinciale  di  Napoli  della  Guardia  di  finanza di
"archiviazione"  della domanda per difetto del requisito del nubilato
o della vedovanza, nonche' del relativo bando di concorso, pubblicato
nella  Gazzetta  Ufficiale  del  1 settembre 2000, che tale requisito
stabilisce   all'art. 2,   punto   10,  il  Tribunale  amministrativo
regionale  del Lazio, con ordinanza del 15 gennaio 2002, pervenuta il
27 febbraio  2002,  ha  sollevato,  su  eccezione  della  ricorrente,
questione   di   legittimita'  costituzionale,  in  riferimento  agli
artt. 2,  3,  4,  29,  30,  31, 35, 51 e 97 della Costituzione, degli
artt. 7,  numero 3, della legge 29 gennaio 1942, n. 64 (Modificazioni
alle leggi di ordinamento della regia Guardia di finanza), e 2, comma
2,  del  d.lgs.  31 gennaio  2000,  n. 24 (Disposizioni in materia di
reclutamento  su  base  volontaria, stato giuridico e avanzamento del
personale  militare  femminile  nelle  Forze armate e nel corpo della
Guardia  di  finanza,  a  norma  dell'art. 1,  comma  2,  della legge
20 ottobre 1999, n. 380).
    La  prima  disposizione  censurata  pone  tra  i requisiti per il
reclutamento  nel  corpo  della  "regia  Guardia di finanza" l'essere
celibe  o  vedovo  senza prole; la seconda, contenuta nell'art. 2 del
d.lgs.  n. 24  del  2000,  in  tema  di  reclutamento  del  personale
femminile  delle  Forze  armate e del corpo della Guardia di finanza,
stabilisce  che  e'  consentita  la  partecipazione  ai  concorsi per
l'ammissione  ai  corsi  regolari  delle  accademie  e a quelli degli
istituti  e delle scuole di formazione "ai cittadini e alle cittadine
italiane, celibi o nubili, vedovi o vedove".
    Il   remittente  premette,  in  ordine  alla  rilevanza,  che  le
questioni di legittimita' costituzionale prospettate dalla ricorrente
vanno   esaminate   con  priorita'  rispetto  agli  altri  motivi  di
impugnazione  dedotti  (riguardanti la perplessita' del provvedimento
di   "archiviazione"   adottato   e  l'incompetenza  della  autorita'
amministrativa  procedente), in quanto nelle disposizioni legislative
indicate   trovano   il   presupposto  logico  e  giuridico,  nonche'
l'esclusivo  fondamento  positivo,  sia  il  bando di concorso che il
provvedimento di esclusione.
    Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza, osserva anzitutto che
l'art. 7,  numero 3, della legge n. 64 del 1942, nell'includere fra i
requisiti  necessari  per  il reclutamento nel corpo della Guardia di
finanza lo stato di "celibe [o nubile] o vedovo", impone una decisiva
limitazione  al diritto di contrarre matrimonio, priva di ragionevole
giustificazione,  che  costituisce  grave  interferenza  nella  sfera
privata  e  familiare  di  chi  aspiri all'ammissione nella struttura
militare; l'altra norma denunciata, dettata dall'art. 2, comma 2, del
d.lgs.  n. 24  del  2000  ed avente contenuto analogo, apparterrebbe,
secondo  il  remittente,  al  "novero  di  una  serie di disposizioni
legislative" "tralatiziamente iterative del requisito" in esame.
    Una   siffatta   limitazione,   che,   sia   pure  ai  soli  fini
dell'arruolamento  militare, si risolve in un divieto di contrarre il
vincolo  coniugale,  si  porrebbe  in  contrasto  con  i fondamentali
diritti della persona, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali
ove  si  svolge  la  sua  personalita',  garantiti  dall'art. 2 della
Costituzione, diritti insuscettibili di essere degradati da esigenze,
sia  pur socialmente rilevanti, come quelle connaturate alla delicata
fase del reclutamento e dell'addestramento militare.
    In  proposito,  il giudice a quo ricorda che questa Corte, con la
sentenza  n. 332 del 2000, avente ad oggetto le medesime disposizioni
ora  denunciate  ma  nella  parte  in cui includevano tra i requisiti
necessari  per  il  reclutamento "l'essere senza prole", ha affermato
che la compressione della sfera privata e familiare della persona non
puo',  "sul piano dei principi costituzionali, ritenersi giustificata
dall'intensita'  e  dall'esigenza  di  tendenziale  esclusivita'  del
rapporto  di  dedizione  che  deve  legare  il  militare  in  fase di
istruzione   al   corpo   di   appartenenza";  che  "la  Costituzione
repubblicana   supera   radicalmente   la  logica  istituzionalistica
dell'ordinamento  militare e riconduce anche quest'ultimo nell'ambito
del   generale  ordinamento  statale,  particolarmente  rispettoso  e
garante  dei  diritti sostanziali e processuali di tutti i cittadini"
(sentenza   n. 278   del  1987);  e  che  "la  garanzia  dei  diritti
fondamentali  di  cui sono titolari i singoli "cittadini militari non
recede  di  fronte  alle esigenze della struttura militare" (sentenza
n. 449 del 1999).
    Osserva il remittente che, per un verso, il livello di evoluzione
sociale ha raggiunto un grado di maturazione tale da superare logiche
e  impostazioni tradizionali che pongano una qualche limitazione alla
concreta  possibilita'  per  le  donne  coniugate,  madri  e  non, di
esercitare   attivita'   pubbliche,   e   che,   per   altro   verso,
l'incompatibilita'  dello  stato  di  coniugato  non  puo'  ritenersi
rispondente  ad  un'esigenza  di  razionalita'  del sistema normativo
inteso  a  garantire  l'inserimento  del neo-arruolato in una realta'
peculiare come quella militare.
    Sarebbe,  infatti,  da  dimostrare, sotto il profilo della logica
comune,  prima che giuridica, che l'assenza di legami familiari possa
costituire  un requisito tipico della formazione e dell'addestramento
iniziale   del   personale  militare,  dovendo  la  pur  affermata  e
necessaria  continuita'  nella  frequenza  dei corsi di addestramento
trovare  assicurazione  e  garanzia  in regole e rimedi diversi dalla
limitazione al diritto di contrarre matrimonio.
    Nella   richiamata   sentenza   n. 332   del  2000,  prosegue  il
remittente,  nell'espungere  dalle disposizioni in esame, ai fini del
reclutamento  nel  corpo  della  Guardia  di  finanza,  il  requisito
dell'essere  senza prole, questa Corte ha fatto esplicito riferimento
anche  alla legittimita' costituzionale dell'ulteriore "requisito del
celibato  o  dello  stato  di  vedovo",  escludendo tuttavia di poter
estendere    la    pronuncia   di   incostituzionalita'   "all'intera
disposizione   denunciata",   in   quanto   il   giudice  a  quo,  in
quell'occasione, non "aveva prospettato dubbi di costituzionalita' in
merito".
    Cio'  autorizzerebbe  a  ritenere,  secondo il remittente, che le
argomentazioni  di  fondo svolte allora dal Giudice delle leggi siano
riferibili in toto alle medesime disposizioni legislative anche nella
specifica  parte  ora  denunciata.  Tanto nella fattispecie in esame,
quanto    nella    precedente   fatta   oggetto   di   scrutinio   di
costituzionalita', e' posta, infatti, una grave limitazione di status
al   cittadino,   la  quale,  lungi  dall'apparire  come  ragionevole
requisito  attitudinario  ai  fini dell'arruolamento nell'istituzione
militare,  si  traduce  in  un'indebita  limitazione dei fondamentali
diritti  della persona e della sua liberta' di autodeterminarsi nella
vita privata.
    2.  -  Non  vi  e' stata costituzione di parti ne' intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri.

                       Considerato in diritto

    1. - Il  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio solleva
questione   di   legittimita'   costituzionale  di  due  disposizioni
legislative  -  l'articolo  7, numero 3, della legge 29 gennaio 1942,
n. 64 (Modificazioni alle leggi di ordinamento della regia Guardia di
finanza), e l'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 31 gennaio
2000,  n. 24  (Disposizioni  in  materia  di  reclutamento,  su  base
volontaria,  stato  giuridico  e  avanzamento  del personale militare
femminile  nelle Forze armate e nel corpo della Guardia di finanza, a
norma dell'art. 1, comma 2, della legge 20 ottobre 1999, n. 380) - le
quali,  rispettivamente,  prevedono il requisito dell'essere celibe o
vedovo  per  essere  reclutati  nel  corpo  della  Guardia di finanza
(eccetto  che  nel  caso  di  riammissione  di  militari del corpo in
congedo  che  abbiano  superato  i  ventotto  anni  di eta), e che la
partecipazione  ai  concorsi per l'ammissione ai corsi regolari delle
accademie e degli istituti e delle scuole di formazione della Guardia
di  finanza  "e'  consentita  ai cittadini e alle cittadine italiani,
celibi o nubili, vedovi o vedove".
    Le  disposizioni  in questione, secondo il remittente, prevedendo
una limitazione, priva di ragionevole giustificazione, del diritto di
contrarre  matrimonio,  sia pure al solo fine dell'arruolamento nella
Guardia di finanza, contrasterebbero con i diritti fondamentali della
persona  e con la liberta' di autodeterminazione nella vita privata e
familiare;  ne'  l'assenza di legami familiari potrebbe costituire un
requisito  per la formazione iniziale del personale militare, dovendo
la  continuita'  nella  frequenza  dei corsi di addestramento trovare
garanzia in regole diverse dalla limitazione del diritto di contrarre
matrimonio.  Di  qui  il  contrasto  con  i principi desumibili dagli
articoli 2, 3, 4, 29, 30, 31, 35, 51 e 97 della Costituzione.
    2. - La  prima  delle due disposizioni denunciate - l'articolo 7,
numero  3,  della  legge n. 64 del 1942 - stabilisce (come gia' prima
l'articolo  9,  secondo  comma,  lettera  b,  del regio decreto legge
14 giugno  1923, n. 1281) il requisito dell'essere celibe o vedovo ai
fini,  genericamente,  del  reclutamento  nel  corpo della Guardia di
finanza.   Ad   essa   hanno   fatto   seguito,  per  quanto  attiene
all'ammissione ai concorsi pubblici per l'accesso ai ruoli "appuntati
e finanzieri" e "ispettori" della Guardia di finanza, gli articoli 6,
comma  1, lettera c), e 36, comma 1, lettera b), numero 3, del d.lgs.
12 maggio    1995,    n. 199    (modificati   poi,   rispettivamente,
dall'articolo  2,  comma  2,  e  dall'articolo 5, comma 5, del d.lgs.
n. 67  del  2001);  per  quanto  riguarda i concorsi di ammissione al
corso  di  reclutamento  dell'Accademia  della  Guardia  di  finanza,
l'articolo  4,  lettera  a), della legge n. 371 del 1967 (lettera ora
abrogata  dall'articolo  67, comma 3, del d.lgs. n. 69 del 2001); per
quanto  riguarda  in  generale  i  concorsi per l'ammissione ai corsi
regolari  delle accademie e a quelli degli istituti e delle scuole di
formazione delle Forze armate e del corpo della Guardia di finanza (e
nel contesto del provvedimento che ha disciplinato il reclutamento di
personale  femminile  nelle Forze armate e nella Guardia di finanza),
l'articolo  2,  comma  2,  del  d.lgs. n. 24 del 2000, vale a dire la
seconda   delle   disposizioni   denunciate.   Tutte  le  statuizioni
sopravvenute  alle  piu'  antiche  hanno  confermato o stabilito, per
uomini  e donne, il requisito del celibato o nubilato o vedovanza per
l'accesso ai concorsi in questione.
    A  prescindere, dunque, dalla esatta individuazione della o delle
disposizioni  applicabili  nella  specie dedotta davanti al giudice a
quo  (il  legislatore  ha  infatti  per  lo piu' omesso di coordinare
formalmente  fra loro le numerose disposizioni succedutesi nel tempo;
a  sua  volta il bando di arruolamento impugnato davanti al giudice a
quo cita nelle premesse solo il secondo dei provvedimenti legislativi
censurati  dal  tribunale), non vi sono dubbi sulla esistenza e sulla
applicabilita'  alla  specie  della  norma denunciata, che riserva il
diritto  di accedere ai concorsi in questione a uomini e donne celibi
o  nubili  o  vedovi  o  vedove,  escludendone  i  soggetti,  come la
ricorrente nel giudizio a quo, che siano sposati. Ed e' su tale norma
che  deve  appuntarsi  lo  scrutinio  di costituzionalita', salvo poi
riferire  la  pronuncia,  anche ai sensi dell'articolo 27 della legge
11 marzo 1953, n. 87, a tutte le disposizioni in cui questa regola e'
incorporata, con riguardo vuoi alla Guardia di finanza, vuoi ad altri
corpi militari.
    3. - La  questione  e' fondata, per ragioni analoghe a quelle che
hanno   gia'   condotto   la   Corte  a  dichiarare  l'illegittimita'
costituzionale  di  queste e di altre disposizioni nella parte in cui
richiedevano  come  requisito  di  accesso  a corpi militari l'essere
"senza  prole"  (sentenza  n. 332  del 2000, nella quale la Corte non
estese  la  dichiarazione  di illegittimita' al requisito dell'essere
celibe o nubile o vedovo sol perche' il giudice allora remittente non
aveva  prospettato dubbi in merito: cfr. punto n. 2.4 del Considerato
in diritto).
    La  norma  ora  censurata, stabilendo il celibato o nubilato o la
vedovanza  come  requisito  per  il  reclutamento  nella  Guardia  di
finanza,  viola  il  diritto di accedere in condizioni di eguaglianza
agli  uffici  pubblici,  secondo  i  requisiti  stabiliti dalla legge
(articolo  51, terzo comma, della Costituzione), poiche' l'assenza di
vincolo  coniugale  non  puo'  configurarsi  come legittimo requisito
attitudinale  per  l'accesso  agli impieghi in questione. Essa incide
altresi'  indebitamente,  in via indiretta ma non meno effettiva, sul
diritto  di  contrarre  matrimonio, discendente dagli articoli 2 e 29
della Costituzione, ed espressamente enunciato nell'articolo 16 della
Dichiarazione   universale   dei   diritti   dell'uomo   del  1948  e
nell'articolo  12  della  Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti  dell'uomo  e  delle liberta' fondamentali, resa esecutiva in
Italia  con  la  legge  4 agosto  1955,  n. 848  (e  vedi  oggi anche
l'articolo   9  della  Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'Unione
europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000).
    L'uso della discrezionalita' del legislatore nella determinazione
dei requisiti per l'accesso ai pubblici uffici deve essere soggetto a
scrutinio   piu'  stretto  di  costituzionalita'  quando  non  e'  in
discussione solo la generica ragionevolezza delle scelte legislative,
in  relazione  ai  caratteri  dell'ufficio, ma l'ammissibilita' di un
requisito  la  cui  imposizione  si  traduce,  indirettamente, in una
limitazione  all'esercizio  di  diritti  fondamentali:  quali,  nella
specie,  oltre  al  diritto  di  contrarre  matrimonio, quello di non
essere  sottoposti  ad  interferenze  arbitrarie  nella  vita privata
(proclamato   nell'articolo   12  della  Dichiarazione  universale  e
nell'articolo   8  della  Convenzione  europea;  e  vedi  oggi  anche
l'articolo   7  della  Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'Unione
europea).
    4. - La  previsione, tralaticia ma costantemente confermata anche
dal  legislatore  del  2000 e del 2001, del requisito dell'assenza di
vincolo  coniugale  per  accedere  a impieghi militari - come pure le
norme  che, in passato, sottoponevano ad autorizzazione il matrimonio
dei  militari  (poi  abrogate dall'articolo unico, primo comma, della
legge  9 ottobre  1971,  n. 908), e che tuttora stabiliscono speciali
requisiti  di  eta' o di anzianita' di servizio per il matrimonio dei
militari  -  appaiono  il residuo di una concezione tradizionale, per
cui  il  giovane  che  accede ad una carriera nell'ambito di un corpo
armato  metterebbe,  almeno  in un primo tempo, tutta la sua persona,
per  cosi' dire, a totale disposizione della istituzione militare, la
quale  potrebbe  avvalersi  della totalita' del suo tempo e delle sue
energie  e  capacita', con conseguente tendenziale "incompatibilita'"
di  tale  posizione  con  la sussistenza di impegni e responsabilita'
familiari.  Ma  si  tratta, come ha osservato la Corte nella sentenza
n. 332  del  2000,  di  una  concezione dell'ordinamento militare del
tutto  estranea e contrastante con i principi della Costituzione, nel
cui  ambito  la  garanzia dei diritti fondamentali della persona "non
recede  (...)  di  fronte  alle  esigenze  della  struttura militare"
(sentenza n. 449 del 1999).
    Superata  siffatta  concezione, non e' piu' possibile configurare
lo stato di celibe o nubile o vedovo come un "requisito attitudinale"
per  l'accesso  a  impieghi militari: rientra nelle libere scelte del
singolo  valutare  se  e  come conciliare le situazioni e le esigenze
derivanti  dal  matrimonio  con  le  esigenze, gli impegni e i doveri
discendenti  dallo status militare cui egli aspira. Onde la norma che
dispone   nel   senso   che   si  e'  detto  deve  essere  dichiarata
costituzionalmente  illegittima.  Con riguardo all'art. 7 della legge
n. 64  del  1942,  la  dichiarazione di illegittimita' costituzionale
deve  investire  l'intero testo del numero 3, come risultante dopo la
parziale caducazione disposta con la sentenza n. 332 del 2000.
    5. - Stante  l'ampia  portata  del  principio  riaffermato  nella
presente  sentenza,  la  Corte  ritiene,  come  gia'  ha  fatto nella
sentenza   n. 332   del   2000   per  quanto  riguarda  il  requisito
dell'assenza  di prole, di estendere, ai sensi dell'articolo 27 della
legge   n. 87   del   1953,   la   dichiarazione   di  illegittimita'
costituzionale  a  disposizioni, diverse da quelle impugnate, recanti
norme di analogo contenuto: l'art. 11, primo comma, lettera b), della
legge  10 giugno  1964,  n. 447 (Norme per i volontari dell'Esercito,
della Marina e dell'Aeronautica e nuovi organici dei sottufficiali in
servizio   permanente   delle   stesse  Forze  armate),  relativa  al
trattenimento  o  richiamo  in  servizio  a  domanda  dei sergenti di
complemento  dell'esercito,  nonche'  l'art. 35,  primo  comma, della
stessa  legge  n. 447  del 1964, relativo ai vincoli annuali di ferma
degli  avieri  in  servizio  di leva; l'art. 11, comma 2, lettera a),
numero  3, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196 (Attuazione
dell'art. 3  della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino
dei  ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento
del personale non direttivo delle Forze armate), relativa al concorso
per   il   reclutamento  nel  ruolo  dei  marescialli  dell'esercito;
l'art. 5,  comma  1,  lettera  e),  del d.lgs. 12 maggio 1995, n. 198
(Attuazione  dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia
di  riordino  dei ruoli e modifica delle norme di reclutamento, stato
ed  avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma
dei carabinieri), come sostituito dall'art. 2 del decreto legislativo
28 febbraio  2001,  n. 83  (Disposizioni integrative e correttive del
d.lgs.  12 maggio  1995,  n. 198,  in  materia di riordino dei ruoli,
modifica  alle  norme  di  reclutamento,  stato  ed  avanzamento  del
personale  non  direttivo e non dirigente dell'Arma dei carabinieri),
relativa   all'arruolamento   volontario  come  carabiniere,  nonche'
l'art. 15,  comma  2,  lettera  b),  numero  4,  dello stesso decreto
legislativo n. 198 del 1995, relativa al concorso per l'ammissione al
corso  di  ispettore;  l'art. 6,  comma  1,  lettera  c), del decreto
legislativo  12 maggio  1995,  n. 199  (Attuazione  dell'art. 3 della
legge  6 marzo  1992,  n. 216,  in materia di nuovo inquadramento del
personale  non  direttivo  e non dirigente del Corpo della Guardia di
finanza),  come  modificato  dall'art. 2,  comma  2,  lettera b), del
d.lgs. 28 febbraio 2001, n. 67 (Disposizioni integrative e correttive
del  d.lgs. 12 maggio 1995, n. 199, in materia di nuovo inquadramento
del  personale  non direttivo e non dirigente del corpo della Guardia
di  finanza),  relativa  all'ammissione  al corso per la promozione a
finanziere,  nonche'  l'art. 36, comma 1, lettera b), numero 3, dello
stesso   decreto   legislativo   n. 199  del  1995,  come  modificato
dall'art. 5,  comma  5,  del  decreto  legislativo  n. 67  del  2001,
relativa al concorso per l'ammissione al corso di ispettore.
    Per quanto riguarda le disposizioni di cui agli artt. 5, comma 1,
lettera  e),  e  15,  comma  2,  lettera  b),  numero  4, del decreto
legislativo  n. 198  del  1995,  la  dichiarazione  di illegittimita'
costituzionale  deve  estendersi  all'intero testo, comprensivo della
parte  di  esse  che  richiede, come requisito alternativo all'essere
celibe  o  nubile o vedovo, quello, nel caso di persona coniugata, di
avere  compiuto  ventisei anni di eta'. Infatti, nel contesto di tali
disposizioni,  lo  speciale limite minimo di eta' aveva senso solo in
presenza  dell'altra  norma  che stabiliva il requisito del celibato,
nubilato o vedovanza.