ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  per  conflitto  di  attribuzione tra poteri dello Stato
sorti  a  seguito  delle delibere del 17 e del 16 novembre 1999 della
Camera  dei  deputati  relative  alla insindacabilita' delle opinioni
espresse  dall'on. Vittorio  Sgarbi  nei  confronti del dott. Lorenzo
Matassa,  promossi con ricorsi del Tribunale di Caltanissetta, II e I
sezione  penale, notificati il 18 settembre 2000 e il 24 luglio 2001,
depositati  in  cancelleria  il  4 ottobre 2000 e il 24 luglio 2001 e
iscritti al n. 44 del registro conflitti 2000 e al n. 23 del registro
conflitti 2001.
    Visti gli atti di costituzione della Camera dei deputati;
    Udito nell'udienza pubblica del 9 luglio 2002 il giudice relatore
Gustavo Zagrebelsky;
    Uditi  l'avv.  Adelmo Manna per il Tribunale di Caltanissetta, II
sezione penale, e gli avvocati Roberto Nania e Sergio Panunzio per la
Camera dei deputati.

                          Ritenuto in fatto

    1.1. - Con  Ordinanza  emessa il 23 febbraio 2000, nell'ambito di
un  procedimento  penale  per  il  reato  di diffamazione aggravata a
carico  del  deputato Vittorio Sgarbi, il Tribunale di Caltanissetta,
II  sezione penale, ha promosso ricorso per conflitto di attribuzione
tra  poteri  dello  Stato  nei confronti della Camera dei deputati in
relazione  alla delibera, adottata dall'Assemblea il 17 novembre 1999
(atti   Camera,   doc.   IV-quater   n. 88),   secondo  la  quale  le
dichiarazioni  per  le  quali  e'  in  corso  il  procedimento penale
concernono opinioni espresse dal membro del Parlamento nell'esercizio
delle   sue  funzioni,  con  conseguente  insindacabilita',  a  norma
dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
    Il  processo penale si riferisce a frasi dal contestato carattere
diffamatorio  che  l'on. Sgarbi avrebbe pronunciato nei confronti del
dott.   Lorenzo   Matassa,   all'epoca  sostituto  procuratore  della
Repubblica  presso  il  Tribunale  di  Palermo,  nel  corso  di  piu'
trasmissioni  della  rete  televisiva  "Canale 5", denominate "Sgarbi
quotidiani", nei giorni 17, 18 e 23 ottobre 1995, e tramite l'agenzia
giornalistica ANSA, il 14 ottobre 1995.
    In  particolare,  il  deputato  e'  stato rinviato a giudizio per
avere espresso le seguenti frasi:
        a) durante la trasmissione televisiva del 17 ottobre 1995, in
un  contesto  di  accuse circa l'inerzia dei magistrati inquirenti di
Palermo  in  relazione  alla  vicenda  del  suicidio  del Maresciallo
Lombardo:  "...  sapete  cosa  fanno  i  magistrati di Palermo? E non
dimenticate  questi  nomi,  Matassa  e Tricoli, due nomi che hanno il
peso,  anche  per  come  suonano,  del  loro comportamento rispetto a
quanto   vi  diro'  (...)  cosa  fanno  Matassa  e  Tricoli?  Non  si
preoccupano  della  mafia,  della  mafia  che  uccide Palermo, non si
preoccupano  di  chi  ha  fatto  morire  il  Maresciallo Lombardo. Si
preoccupano  di  uno  dei  piu'  grandi uomini di cultura che abbiano
lavorato   per   la  Sicilia:  Giuseppe  Voza";  inoltre,  nel  corso
dell'esposizione  di  sue opinioni relative all'indagine a carico del
dott.  Giuseppe  Voza  e all'attivita' professionale di quest'ultimo:
"...  un  grande  studioso  (...) non sa niente di quello che Voza ha
fatto. E lo accusa di che cosa? Di quello che ha fatto lui stesso, il
magistrato  (...)  che  si  arrivi  a toccare gli studiosi, a toccare
quelli  che hanno lavorato, per voi, per i musei, per i vostri figli,
per scrivere libri che studierete, questo non e' accettabile. Matassa
e Tricoli vadano a scuola, leggano i libri di Voza, vadano a vedere i
mosaici  di  Piazza Armerina, che sono violentati da vandali, perche'
non  c'e'  abbastanza tutela, e non c'e' nessuno che trova quello che
ha   distrutto   i   mosaici,   ma   c'e'  qualcuno  che  arresta  il
sovrintendente che li ha salvati. Questo avviene. Ora, ogni limite e'
stato  superato.  Io  ero  convinto  che  ci fosse una guerra, che la
guerra  fosse  sommamente  ingiusta  in  molti  casi,  e  parziale  e
deviante, ma quando si arriva a colpire la cultura (...) no, vogliamo
combattere  questi  magistrati  (...)  e  ricordate  che  si chiamano
Matassa  e  Tricoli  (...)  ora  spiegatemi  se  e'  possibile  avere
magistrati  di  questo  genere,  Matassa  e Tricoli. A scuola vadano.
Rispettino la cultura. Peggio che i nazisti sono";
        b)  durante  la  trasmissione televisiva del 18 ottobre 1995,
riferendosi  al  dott.  Voza:  "...  e  chi impedisce a quell'uomo di
lavorare  e'  una  magistratura  cieca  e  inetta, che non colpisce i
delinquenti  e  i  criminali, ma colpisce le persone oneste"; quindi,
riferendosi  al dott. Antonino Caponnetto e a Leoluca Orlando e, piu'
in  generale,  a  tutti  coloro  che, a suo dire, hanno fatto la loro
fortuna  soltanto  con  il  nome della mafia: "... ed e' certo che il
loro  amico  e sodale Matassa, e quell'altro Tricoli, i due che hanno
arrestato  il sovrintendente Voza non conoscono il museo di Siracusa,
non  lo  conoscono"; ancora, dopo aver citato un articolo di giornale
che definisce complice il sovrintendente Voza: "... ma i due complici
veri - Lorenzo Matassa, che non conosce il museo di Siracusa, che non
conosce  gli  scavi  di  Castelluccio,  che non conosce l'orgoglio di
Sicilia  -  loro, naturalmente complici, hanno deciso di fare questo,
di  bloccare  e  di  arrestare  il  sovrintendente (...) queste opere
d'arte  sono  bloccate  in  Giappone.  Perche'? Per colpa di chi? Per
colpa  di Ordile, per colpa di Voza? No, per colpa del magistrato che
ha bloccato i fondi";
        c)  durante  la  trasmissione televisiva del 23 ottobre 1995:
"... l'Italia distrutta (...) ci sono due, tre, quattro uomini che si
fermano  cosi' a guardare e riescono ad arrestare il degrado. Ebbene,
arriva  un  giovane  magistrato,  li  guarda  e li arresta. Questo e'
avvenuto";
        d) infine, con una dichiarazione diffusa attraverso l'agenzia
giornalistica   ANSA   il   14 ottobre   1995,  sempre  nel  contesto
dell'argomento  concernente  il procedimento penale nei confronti del
sovrintendente  Giuseppe  Voza:  "Quanto e' accaduto e' aberrante, un
vero  crimine contro la cultura: hanno arrestato la cultura. Premesso
che  il  magistrato  in questione non ha fatto nulla contro la mafia,
nulla  contro  niente,  nulla di nulla, ha umiliato un sovrintendente
che   ha   recuperato  centinaia  di  opere  d'arte,  promosso  scavi
importanti  e  realizzato  a  Siracusa  un museo straordinario. Cosi'
anziche' rendere onore al sovrintendente Voza per quello che ha fatto
lo   vanno   ad   arrestare  per  una  gita  in  Giappone.  Un  fatto
intollerabile, una violenza contro la cultura tipica di uno spirito e
di  una  mentalita'  naziste. Umiliare la cultura e' nazismo. Bisogna
fermare questi magistrati finche' si e' in tempo...".
    Il   Tribunale,   premesso  di  essere  legittimato  a  sollevare
conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato, osserva che, se la
delibera  di  insindacabilita'  non  fosse  rimossa,  dovrebbe essere
dichiarata l'improcedibilita' dell'azione penale.
    Il  Tribunale  ritiene che la deliberazione adottata dalla Camera
si  fondi  su  una motivazione arbitraria e poco plausibile, cio' che
legittimerebbe  la  proposizione  del ricorso, rivolto ad ottenere la
verifica  da  parte  della  Corte  "circa  il corretto uso del potere
attribuito alla Camera del Parlamento".
    Difatti  - prosegue il ricorrente - la motivazione della delibera
(tratta  per  relationem  dalla conforme proposta della Giunta per le
autorizzazioni  a  procedere)  ha richiamato il "contesto storico" in
cui  era  maturata  la  vicenda  e, in particolare, il grande clamore
sollevato  dall'arresto  del  dott.  Voza nel mondo dell'arte e della
cultura  e  la  grande  attenzione  che  l'episodio  aveva  suscitato
nell'opinione   pubblica  siciliana  e  nazionale:  l'on. Sgarbi  era
all'epoca  presidente  della  Commissione  cultura della Camera e, in
tale  qualita',  aveva  preso  fortemente  a cuore l'episodio e aveva
promosso,   proprio   nell'ambito  della  Commissione,  un  dibattito
sull'argomento,  che  aveva  avuto  luogo nella seduta del 17 ottobre
1995.  Egli  aveva  inoltre  sottoscritto (il 19 ottobre dello stesso
anno)  una  Risoluzione,  che era stata adottata dalla Commissione su
iniziativa di altro parlamentare e condivisa da un ampio schieramento
politico, per esprimere solidarieta' nei confronti del dott. Voza. Le
affermazioni   contestate  si  risolverebbero  pertanto,  secondo  la
delibera   della   Camera,   in   un'attivita'  divulgativa  di  atti
parlamentari.
    In  senso contrario il ricorrente osserva che, alla stregua della
giurisprudenza  costituzionale,  la prerogativa dell'insindacabilita'
non  si  estende  a  tutti  i  comportamenti  di chi sia membro delle
Camere,  ma solo a quelli funzionali all'esercizio delle attribuzioni
proprie  del  potere  legislativo.  Il  discrimine tra i giudizi e le
critiche  che  anche il parlamentare manifesta nel piu' esteso ambito
dell'attivita'  politica,  per  le  quali  non vale l'immunita', e le
opinioni  coperte da tale garanzia, e' costituito dall'inerenza delle
opinioni  all'esercizio  delle  funzioni  parlamentari;  in  linea di
principio,   dunque,   devono   ritenersi  sindacabili  tutte  quelle
dichiarazioni  che  fuoriescono  dal  campo  applicativo  del diritto
parlamentare e che non sono immediatamente collegabili con specifiche
forme   di   esercizio  di  funzioni  parlamentari,  anche  se  siano
caratterizzate da un asserito contesto politico o ritenute, comunque,
manifestazioni di sindacato ispettivo (sentenza n. 11 del 2000).
    Secondo  il  Tribunale  di  Caltanissetta,  nel caso di specie la
Camera  avrebbe  fatto  un  uso distorto del potere attribuitole, non
avendo  dato  adeguato  conto  del  motivo  per  cui le dichiarazioni
dell'on. Sgarbi  siano connesse ad attivita' parlamentari tipiche. Il
documento di solidarieta' a Voza, infatti, sarebbe del tutto estraneo
rispetto alle successive affermazioni dell'on. Sgarbi sulla scarsa o,
addirittura,  insussistente cultura del magistrato che aveva disposto
l'arresto   e,  in  particolare,  sugli  apprezzamenti  compiuti  dal
parlamentare  in  ordine  alla  persona  e all'attivita' del medesimo
magistrato.  La delibera della Camera sarebbe pertanto basata "su una
motivazione generica, apparente e, comunque, arbitraria, avendo fatto
riferimento  ad elementi quali il contesto storico della vicenda e la
qualita'   di  presidente  della  Commissione  cultura  della  Camera
dell'on. Sgarbi,  che  nulla hanno a che vedere con la verifica della
corrispondenza   di  contenuto  tra  l'attivita'  parlamentare  e  le
opinioni  espresse  dal  deputato".  Solo  il  nesso  funzionale  tra
l'attivita'  parlamentare  e  le  opinioni  espresse consentirebbe di
comprimere il diritto all'integrita' morale della persona offesa e di
ritenere  sussistente  una eccezione alla regola dell'esercizio della
giurisdizione sui fatti potenzialmente lesivi dell'altrui dignita' ed
onore.
    Di  qui la proposizione del conflitto e la richiesta di annullare
la  deliberazione  adottata  dalla  Camera  dei deputati, che avrebbe
causato   una   menomazione   della  sfera  di  attribuzioni  propria
dell'autorita' giudiziaria.
    1.2. - Il  conflitto  e'  stato  dichiarato ammissibile da questa
Corte con ordinanza n. 353 del 2000.
    Il   ricorso  e'  stato  notificato  alla  Camera  dei  deputati,
unitamente  all'ordinanza di ammissibilita', il 18 settembre 2000, ed
e'  stato  depositato  presso  la  cancelleria  di  questa  Corte  il
4 ottobre 2000.
    1.3. - Si  e'  costituita  in  giudizio  la  Camera dei deputati,
chiedendo  alla  Corte di dichiarare che spetta alla stessa Camera il
potere di deliberare l'insindacabilita', ai sensi dell'art. 68, primo
comma,  della  Costituzione,  delle opinioni espresse dall'on. Sgarbi
nel   comunicato   ANSA   del  14 ottobre  1995  e  nel  corso  delle
trasmissioni  televisive  "Sgarbi  quotidiani"  dei  giorni  17, 18 e
23 ottobre 1995.
    Ad  avviso  della  resistente  e'  infondata  l'affermazione  del
Tribunale   di  Caltanissetta,  secondo  il  quale  le  dichiarazioni
incriminate non sono "connesse" ad attivita' parlamentari tipiche.
    Al   contrario,   l'insindacabilita'  discenderebbe  dal  rilievo
attribuito    (nella   relazione   della   Giunta,   recepita   dalla
deliberazione dell'Assemblea) "a due manifestazioni, che piu' tipiche
non  potrebbero  essere,  di  attivita'  parlamentare":  il dibattito
svoltosi  in seno alla VII Commissione permanente (Cultura, scienza e
istruzione)  nella  seduta  del  17 ottobre 1995, e la Risoluzione in
Commissione      presentata      in      data     19 ottobre     1995
dall'on. Prestigiacomo,   sottoscritta  anche  dall'on. Sgarbi  (atto
n. 7/00471).
    Sarebbe  inoltre  inesatta l'affermazione del ricorrente, secondo
il quale difetterebbe nella deliberazione impugnata la verifica della
sussistenza   di   una   effettiva   corrispondenza  tra  l'attivita'
parlamentare  e  le  opinioni  espresse extra moenia dal deputato. La
Camera  ha infatti preso cognizione del contenuto delle dichiarazioni
per  cui  procede  il Tribunale e, ponendole a confronto con gli atti
parlamentari   citati,  e'  giunta  alla  conclusione  che  le  prime
costituiscano  "una  divulgazione  e una continuazione di quelle rese
nel corso dell'attivita' parlamentare propriamente detta".
    Peraltro,  secondo  la giurisprudenza della Corte il giudizio sul
conflitto   concernente   la  deliberazione  di  insindacabilita'  si
configura   come   "scrutinio   sulla   effettiva   sussistenza   dei
presupposti"  della  guarentigia,  "e non gia' sulla mera esistenza o
sufficienza  della  motivazione camerale"; esso deve dunque investire
(sentenza  n. 11 del 2000) "direttamente il merito della controversia
costituzionale".  Sotto  questo  aspetto,  prosegue la resistente, la
deliberazione  di  insindacabilita'  appare  ineccepibile  se solo si
esaminano nel dettaglio le "valutazioni critiche" espresse, in ordine
alla  vicenda  concernente  l'arresto  del  sovrintendente siracusano
professor   Voza,   nella   seduta  del  17 ottobre  1995  della  VII
Commissione,  costituite  da  "proposizioni  che coincidono in misura
quasi  molecolare  con  le  opinioni che hanno dato luogo al presente
conflitto".
    Quanto  al rilievo del Tribunale, che la mancanza di qualsivoglia
connessione  con la funzione parlamentare puo' ragionevolmente trarsi
anche  dal  fatto  che  "le opinioni espresse dallo Sgarbi sono state
pronunciate  nel corso di una trasmissione televisiva che non era, in
alcun  modo,  destinata  a  scopi  di  divulgazione  di  attivita'  o
iniziative  parlamentari",  esso,  secondo  la  Camera, porterebbe ad
estromettere dalla garanzia della insindacabilita' "tutte le opinioni
diffuse,  non  solo  tramite  il  mezzo  televisivo, sibbene mediante
qualunque altro mezzo che non assolva in via istituzionale ad un fine
di divulgazione delle attivita' parlamentari".
    Esclusione  questa  che  sarebbe  smentita,  non  solo  dal  dato
testuale  ricavabile  dall'art. 68  della Costituzione posto a fronte
dell'espressa  limitazione  della insindacabilita' alle opinioni e ai
voti  dati  "nelle  Camere"  contemplata  dall'art. 51  dello Statuto
albertino,  ma dalla stessa giurisprudenza costituzionale: in termini
espliciti,  nelle  sentenze  n. 11  del  2000  e  n. 417 del 1999, e,
implicitamente,   in   tutte  le  decisioni  nelle  quali  la  Corte,
esaminando  fatti  di  divulgazione analoghi, ha operato lo scrutinio
sulla  ricorrenza  della  insindacabilita'  "alla stregua della ratio
consueta,  vale a dire della riconducibilita' delle opinioni espresse
all'attivita'       politico-parlamentare",      cosi'      mostrando
inequivocabilmente  di ritenere che tale collegamento non puo' essere
"infranto ut sic ne' dall'uso del mezzo televisivo, ne' tantomeno dal
ruolo  di  conduttore  della  trasmissione  che  potesse rivestire il
parlamentare interessato".
    In conclusione, ad avviso della resistente, "l'appartenenza delle
dichiarazioni in oggetto al campo della insindacabilita' appare nella
specie di particolare evidenza, pure a voler muovere dai criteri piu'
restrittivi  in  punto di collegamento tra le dichiarazioni esterne e
gli  atti  parlamentari tipici. Sicche' (...) respingere in un simile
caso    il    principio    costituzionale    della   insindacabilita'
significherebbe  in  definitiva  privarlo di ogni concreta attitudine
(...)  a  garantire  anche  le  opinioni  dei parlamentari rese extra
moenia".
    1.4. - Il   Tribunale   di   Caltanissetta,  tramite  il  proprio
difensore,  ha  depositato  in data 25 giugno 2001 una memoria, nella
quale  si  ribadiscono le prospettazioni del ricorso e si insiste per
l'accoglimento   del   conflitto,   sottolineandosi  come  almeno  le
dichiarazioni  rilasciate dall'on. Sgarbi il 14 ottobre 1995 e quelle
diffuse  il  17 ottobre  1995 siano precedenti agli atti parlamentari
sui    quali    la    Camera    fonda    la   propria   deliberazione
d'insindacabilita'.  Non  si  tratterebbe, pertanto, di dichiarazioni
riproduttive di opinioni gia' espresse in sede parlamentare.
    Ferme  le precedenti richieste, in via subordinata, si chiede che
la  Corte  affermi che non spetta alla Camera dei deputati deliberare
l'insindacabilita',   a   norma   dell'art. 68   della  Costituzione,
quantomeno di tali dichiarazioni, e annulli per l'effetto la delibera
nelle parti che ad esse si riferisce.
    1.5. - Anche  la  Camera  dei  deputati  ha  depositato,  in data
26 giugno  2001,  una  memoria  difensiva,  nella  quale  riepiloga e
ribadisce le precedenti deduzioni.
    1.6. - In   prossimita'   dell'udienza   del   9 luglio  2002  il
ricorrente ha depositato una ulteriore memoria nella quale, dopo aver
richiamato integralmente le considerazioni svolte nel ricorso e nella
propria  precedente  memoria,  ricorda la piu' recente giurisprudenza
costituzionale  (sentenze  n. 207, n. 51 e n. 50 del 2002; n. 289 del
2001),  secondo  la  quale  l'immunita'  prevista dall'art. 68, primo
comma,  della  Costituzione puo' essere riconosciuta solo in presenza
di  un  nesso  funzionale  tra  l'attivita'  svolta  in  qualita'  di
parlamentare  e  quella  oggetto  del  sindacato  giurisdizionale. In
particolare, rileva il Tribunale di Caltanissetta, non e' sufficiente
la  "semplice  comunanza di argomenti", ne' la riconducibilita' delle
dichiarazioni  "a  un  medesimo contesto politico", richiedendosi che
l'opinione  espressa  dal  membro  di  una  delle  Camere costituisca
"espressione  di attivita' parlamentare", circostanza che si verifica
allorche' tra le due dichiarazioni vi sia "sostanziale corrispondenza
di significati".
    La  difesa  del  Tribunale  di  Caltanissetta richiama inoltre la
giurisprudenza  statunitense e tedesca in materia di insindacabilita'
dei  parlamentari  per  le opinioni espresse, giurisprudenza che - ad
avviso  del  ricorrente  - sarebbe orientata, al pari di quella della
Corte  costituzionale,  in  senso  restrittivo,  mentre il Parlamento
italiano  manifesterebbe  la  tendenza  ad  estendere  eccessivamente
l'immunita'  dei  propri  membri,  al  punto da snaturare la funzione
dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
    Nel  caso  in  esame le dichiarazioni dell'on. Sgarbi, rese nella
veste  di conduttore televisivo, e in particolare quelle del 14 e del
17 ottobre   1995,   sono   precedenti  a  quelle  espresse  in  sede
parlamentare  e,  prive  di  contenuto politico, si risolverebbero in
"mera  denigrazione"  e  "insulto  personale" nei confronti del dott.
Matassa.
    1.7. - La  Camera  dei  deputati  ha  a  sua volta depositato una
memoria,  nella quale ribadisce le argomentazioni svolte nell'atto di
costituzione,  deduce  che  la  richiesta  subordinata del Tribunale,
formulata  nella  memoria, costituisce un inammissibile mutamento del
petitum  e, nel merito, richiama la giurisprudenza costituzionale che
afferma  ricorrere  la  "sostanziale contestualita'" anche quando gli
atti  tipici  siano  svolti nei giorni immediatamente successivi alle
dichiarazioni  (sentenza  n. 10 del 2000), ricordando inoltre che una
applicazione  meccanica  del  criterio della contestualita' finirebbe
per  affidare "alle variabili del calendario dei lavori parlamentari"
l'operativita' della garanzia costituzionale.
    2.1. - Il  Tribunale  di  Caltanissetta,  I  sezione  penale, con
ordinanza  del  7 aprile  2000,  pronunciata nel corso di un giudizio
penale  nei  confronti  del  deputato  Vittorio  Sgarbi,  ha promosso
ricorso  per  conflitto  di  attribuzione  tra poteri dello Stato nei
confronti  della  Camera dei deputati in relazione alla deliberazione
di insindacabilita' adottata dall'Assemblea il 16 novembre 1999 (atti
Camera,  doc.  IV-quater  n. 87)  ai sensi dell'art. 68, primo comma,
della Costituzione.
    Il  Tribunale premette che dinanzi a esso e' pendente un giudizio
nel  quale  l'onorevole  Vittorio  Sgarbi  e'  imputato  del reato di
diffamazione  aggravata  per  avere,  nel  corso  della  trasmissione
televisiva   "Sgarbi   quotidiani"   del   13 aprile   1999,  diffusa
dall'emittente  "Canale 5", offeso la reputazione di Lorenzo Matassa,
sostituto   procuratore  della  Repubblica  presso  il  Tribunale  di
Palermo,  affermando,  nel  contesto della lettura del quotidiano "La
Repubblica"  del  10 aprile  1999, che dava notizia dell'emissione di
un'ordinanza   municipale  di  divieto  di  sosta  in  corrispondenza
dell'edificio  nel quale Lorenzo Matassa aveva festeggiato il proprio
compleanno: a) che quest'ultimo nella sua attivita' professionale non
avrebbe   fatto  nient'altro  che  perseguitare  i  benemeriti  della
cultura;  b)  che, invece di lavorare, passerebbe il tempo a scrivere
inutili  denunce  e  querele;  c)  che avrebbe preteso e ottenuto che
tutto il centro della citta' di Palermo rimanesse bloccato in seguito
al  divieto  di  sosta ricordato; d) che avrebbe inoltre arrestato ed
umiliato,   per  dare  sfogo  a  fini  illegittimi  ed  illeciti  non
precisati, il sovrintendente di Siracusa, dott. Giuseppe Voza; e) che
avrebbe  tenuto  analoga  condotta  anche  nei  confronti  di Leoluca
Orlando  per la vicenda relativa al Teatro Massimo di Palermo; f) che
Lorenzo Matassa nulla aveva fatto per essere protetto; g) infine, che
lo stesso magistrato sarebbe afflitto da "alterazione dello sguardo".
    Il  Tribunale  di Caltanissetta, rilevato che il 22 novembre 1999
il  Presidente della Camera dei deputati ha comunicato la delibera di
insindacabilita',  assunta  dall'Assemblea,  ai  sensi  dell'art. 68,
primo comma, della Costituzione, in relazione ai fatti per i quali e'
in  corso  il procedimento penale, osserva che tale provvedimento "e'
di  ostacolo  alla  prosecuzione  dell'azione  penale" e che si rende
necessario  valutare  se la Camera dei deputati abbia invaso la sfera
delle attribuzioni giurisdizionali sottraendo la cognizione dei fatti
contestati al sindacato della giurisdizione penale.
    Il  ricorrente richiama la recente giurisprudenza costituzionale,
dalla  quale  desume che non vi puo' essere automatica estensione del
regime  di insindacabilita' previsto dall'art. 68, primo comma, della
Costituzione,  agli  atti compiuti al di fuori dell'ambito dei lavori
delle  Camere - soluzione questa che trasformerebbe la garanzia in un
mero  privilegio personale -, dovendosi rinvenire un nesso funzionale
stretto  che consenta di collegare le opinioni espresse all'esercizio
delle  funzioni  parlamentari,  non  essendo  sufficiente il semplice
collegamento  di argomento o di contesto tra l'attivita' parlamentare
e la dichiarazione.
    Ad  avviso  del  ricorrente  e'  da  escludere  che  la  garanzia
costituzionale  di insindacabilita' comprenda tutte le manifestazioni
di  pensiero,  espresse  in  qualunque  circostanza, anche quando non
siano    collegabili   funzionalmente   all'attivita'   parlamentare.
Sarebbero  pertanto  suscettibili  di  valutazione  in sede penale le
dichiarazioni non riconducibili, nemmeno indirettamente, a specifiche
forme  di  esercizio di funzioni parlamentari, anche qualora l'autore
ne  affermi  l'appartenenza  ad  un  "contesto politico" o le ritenga
manifestazione   di   un   sindacato   ispettivo;  quando  invece  le
dichiarazioni  rese all'esterno siano riproduttive di altre gia' rese
nell'esercizio  di  funzioni  parlamentari, l'insindacabilita' potra'
essere   riconosciuta   solo   ove   sia   possibile  riscontrare  la
"sostanziale corrispondenza" tra i contenuti delle une e delle altre.
    Nel  caso di specie, il ricorrente ritiene erronea la valutazione
di insindacabilita' compiuta dalla Camera dei deputati, in quanto non
sussisterebbe  il richiesto nesso funzionale tra le dichiarazioni del
deputato  che  hanno  dato  luogo  al  procedimento  penale  e la sua
attivita' parlamentare.
    Il  Tribunale  di  Caltanissetta  esamina quindi il resoconto del
dibattito    parlamentare   che   ha   preceduto   la   delibera   di
insindacabilita',  soffermandosi  sulle  dichiarazioni  del relatore,
on. Saponara,  il  quale aveva affermato: a) che le dichiarazioni del
deputato Sgarbi a proposito del divieto di sosta richiesto da Lorenzo
Matassa erano da ritenersi una manifestazione di critica politica nei
confronti di un atto amministrativo, critica legittima da parte di un
parlamentare  che,  come  l'imputato,  da  tempo  conduce  un'intensa
battaglia politica, sia in Parlamento che al di fuori del Parlamento,
contro  i  possibili abusi nell'esercizio delle funzioni giudiziarie;
b)  che  le  critiche rivolte al magistrato per l'arresto di Giuseppe
Voza  riguardavano  un  fatto  che  aveva suscitato clamore nel mondo
dell'arte  e  della  cultura  e che era stato oggetto di dibattito il
17 ottobre 1994, nella Commissione cultura della Camera dei deputati,
presieduta  dall'on. Sgarbi,  il  quale  aveva  inoltre  firmato  una
risoluzione   proposta  in  Commissione  dall'on. Prestigiacomo,  che
esprimeva solidarieta' allo studioso e stupore per il suo arresto.
    Ad  avviso  del  Tribunale ricorrente, contrariamente a quanto ha
ritenuto  la Camera, le affermazioni del deputato Sgarbi criticano il
comportamento e la persona di Lorenzo Matassa senza alcun riferimento
ad  atti  riconducibili  all'esercizio  delle  funzioni parlamentari,
trattandosi di valutazioni "strettamente personali" che non risultano
comprese  nella  risoluzione  di  solidarieta'  citata e che sembrano
espresse,  anziche'  da  un  membro  del  Parlamento,  "da  un comune
cittadino",  potendosi  ravvisare  soltanto  una  mera  comunanza  di
tematiche  che  sarebbe  irrilevante  ai  fini della dichiarazione di
insindacabilita'.
    A  sostegno di tali argomentazioni il Tribunale ricorda, in primo
luogo,  che  le  ricordate opinioni sono state espresse nel quadro di
una  trasmissione  televisiva  che  non  aveva  lo scopo di divulgare
iniziative  o  attivita'  parlamentari,  ma  di  commentare  fatti di
cronaca  e argomenti di attualita' e, inoltre, che (come risulterebbe
dagli  atti  di  causa) il deputato svolgeva, in quella trasmissione,
una attivita' retribuita di "attore/conduttore/entertainer" in favore
della societa' privata cui fa capo l'emittente "Canale 5". Il vincolo
contrattuale  assunto  dal  deputato,  consistente  nell'esprimere le
proprie   opinioni   sugli   articoli  di  stampa,  attenendosi  alle
indicazioni  fornite  dalla  citata  societa', induce il ricorrente a
ritenere  che  le dichiarazioni espresse nel corso della trasmissione
televisiva non possano essere ricondotte all'esercizio delle funzioni
parlamentari.
    Pertanto  il  Tribunale  di  Caltanissetta  chiede  che  la Corte
costituzionale  dichiari  che  non  spetta  alla  Camera dei deputati
affermare  l'insindacabilita',  ai  sensi  dell'art. 68, primo comma,
della  Costituzione,  delle  opinioni  espresse dal deputato Vittorio
Sgarbi,   secondo   quanto   deliberato   il   16 novembre   1999  e,
conseguentemente, annulli la citata deliberazione.
    2.2. - Il  conflitto  e'  stato  dichiarato ammissibile da questa
Corte con ordinanza n. 198 del 2001.
    Il   ricorso  e'  stato  notificato  alla  Camera  dei  deputati,
unitamente  all'ordinanza  di ammissibilita', il 24 luglio 2001 ed e'
stato  depositato  lo  stesso  giorno presso la cancelleria di questa
Corte.
    2.3. - Si  e'  costituita  in  giudizio  la  Camera dei deputati,
sostenendo,  innanzitutto,  che  il  ricorrente avrebbe trascurato di
indicare  specificamente le "ragioni del conflitto", non prendendo in
considerazione   gli  atti  tipici  (in  particolare  la  risoluzione
adottata  dalla  VII  Commissione  permanente il 19 ottobre 1995) sui
quali  si  fonda  la  relazione  della Giunta per le autorizzazioni a
procedere e, conseguentemente, la deliberazione della Camera. Da tale
omissione  deriverebbero  carenze  di motivazione del ricorso tali da
determinarne   l'inammissibilita',  alla  luce  della  giurisprudenza
costituzionale (sentenza n. 363 del 2001).
    Nel  merito,  la  circostanza  che  le  affermazioni del deputato
Sgarbi sono state rese nel corso di una trasmissione televisiva della
quale   egli  e'  conduttore  non  consentirebbe  per  cio'  solo  di
escludere,    diversamente    da   quanto   afferma   il   Tribunale,
l'applicazione della garanzia di insindacabilita' nel caso di specie,
ove  sia ravvisabile il nesso funzionale con l'attivita' parlamentare
(sentenze n. 289 del 2001; n. 321 e n. 320 del 2000).
    Neppure potrebbero avere influenza nella valutazione rimessa alla
Corte  costituzionale  le  osservazioni  del ricorrente relative alla
natura  privatistica del rapporto che intercorre tra il deputato e la
societa'  cui  fa  capo  l'emittente televisiva, posto che questo non
implica  l'obbligo  per  il primo di esprimere "sempre e comunque" le
opinioni  della  seconda  anziche' le proprie e in particolare quelle
che costituiscono divulgazione dell'attivita' parlamentare.
    Ad  avviso  della  Camera dei deputati occorre invece soffermarsi
sull'accertamento dell'oggettiva sussistenza del nesso funzionale tra
le  opinioni  espresse  dal  deputato  e  l'esercizio delle attivita'
parlamentari.  Nel  caso  in esame vi sarebbe piena corrispondenza di
contenuti   tra   le   opinioni  espresse  al  di  fuori  della  sede
parlamentare  e  le  posizioni assunte dall'on. Sgarbi in due diversi
momenti  della  sua  attivita'  di  deputato, puntualmente richiamati
nella  relazione  della  Giunta per le autorizzazioni a procedere: il
dibattito  svoltosi  sotto  la presidenza dell'onorevole Sgarbi nella
VII  commissione  permanente  della Camera dei deputati il 17 ottobre
1995,  e  la  Risoluzione  n. 7/00471  presentata  in  Commissione il
19 ottobre  1995 dall'on. Prestigiacomo, della quale lo stesso Sgarbi
e' primo cofirmatario.
    Precisa inoltre la resistente che tra le dichiarazioni rese nella
trasmissione  televisiva  e  le  attivita'  parlamentari del deputato
Sgarbi  non  vi  e',  come  afferma il ricorrente, mera "comunanza di
tematiche",  ma  una  "corrispondenza  sostanziale  di contenuti", in
quanto  il  deputato  non  si  sarebbe limitato a riferire le vicende
inerenti  l'arresto  del  sovrintendente  Voza,  ma  avrebbe,  con la
diversita'  terminologica  e di accenti richiesta dalla comunicazione
di   massa,  richiamato  l'attenzione  del  pubblico  televisivo  sui
medesimi  temi  affrontati  in  Commissione,  perseguendo le medesime
finalita' di critica politica.
    Analogamente,   il   riferimento  (contenuto  nelle  affermazioni
dell'on. Sgarbi)  alla  paralisi  del  traffico nel centro di Palermo
attribuita  all'ordinanza  di  divieto di sosta in corrispondenza del
luogo dove si festeggiava il compleanno di Lorenzo Matassa sarebbe da
intendersi  innanzitutto  non  quale "opinione" del deputato ma quale
"notizia   di   pubblico   dominio",   ricavata  dal  quotidiano  "La
Repubblica"  del  10 aprile  1999.  Inoltre,  riferendo  tale  fatto,
l'on. Sgarbi avrebbe corroborato l'immagine del sostituto procuratore
Matassa  in  precedenza  illustrata  negli  interventi svolti in sede
parlamentare,  incentrando le sue critiche sull'"uso arbitrario delle
prerogative, dei poteri, dell'influenza" del magistrato.
    Per  quanto  concerne  le  affermazioni  addebitate  al  deputato
Sgarbi,  secondo  le  quali  Lorenzo  Matassa  "nulla aveva fatto per
usufruire  di  misure  di  protezione" ed inoltre sarebbe "affetto da
alterazione  dello  sguardo", per la difesa della Camera dei deputati
di  esse  "non si comprende il senso, ne' la portata offensiva". Tali
dichiarazioni,  per  il  loro  carattere  marginale  e  di "contorno"
rispetto al complesso delle dichiarazioni del deputato, non sarebbero
pertanto  sufficienti,  secondo  la  giurisprudenza costituzionale, a
determinare  il venir meno della corrispondenza di contenuti rispetto
alle opinioni espresse in sede parlamentare.
    La   resistente   ricorda  inoltre  che  il  deputato  Sgarbi  ha
presentato  due interrogazioni, di cui il ricorrente non tiene conto,
rispettivamente  il  28 ottobre 1997 e il 30 luglio 1998, nelle quali
evidenzia  i  "gravi  abusi"  di cui si sarebbero resi responsabili i
magistrati,  sollecitando  provvedimenti del Governo volti a ottenere
da  questi  un maggiore  rispetto  dei  loro  doveri,  in particolare
richiedendo,   nella  prima  interrogazione,  un'ispezione  presso  i
Tribunali di Palermo e Caltanissetta.
    La  difesa  della  Camera  sostiene  infine  che  non deve essere
confusa  la  sostanza, unitaria, delle opinioni espresse dal deputato
con i toni, gli accenti e la costruzione del fraseggio utilizzati nel
corso  della  trasmissione televisiva: toni "da comune cittadino" che
sarebbero    sintomatici    della   profonda   trasformazione   della
comunicazione   politica   nella   societa'   contemporanea   e   che
risentirebbero,  in  definitiva,  della  natura  del mezzo impiegato,
senza  implicare,  nel  caso  in esame, una distinzione dei contenuti
rispetto all'attivita' parlamentare.

                       Considerato in diritto

    1. - Il  Tribunale  di  Caltanissetta, sezione II penale, solleva
conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della
Camera dei deputati, in relazione alla delibera da questa adottata il
17 novembre  1999  con  la  quale si afferma che le dichiarazioni del
deputato  Sgarbi,  trasmesse  dall'emittente  "Canale  5" il 17, 18 e
23 ottobre  1995  e  diffuse  il  14 ottobre  1995  tramite l'agenzia
giornalistica ANSA - dichiarazioni per le quali si procede penalmente
per   diffamazione   aggravata   davanti   al  Tribunale  medesimo  -
costituiscono   opinioni   espresse   da  un  membro  del  Parlamento
nell'esercizio  delle  sue  funzioni  e,  a norma dell'art. 68, primo
comma, della Costituzione, sono percio' insindacabili.
    Lo  stesso  Tribunale di Caltanissetta, sezione I penale, solleva
altresi'  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato  nei
confronti  della Camera dei deputati, in relazione ad altra delibera,
da  questa  adottata il 16 novembre 1999, con la quale si afferma che
anche le dichiarazioni dello stesso deputato trasmesse dall'emittente
"Canale 5" il 13 aprile 1999 - per le quali si procede penalmente per
diffamazione  aggravata davanti al Tribunale medesimo - costituiscono
opinioni  espresse  da  un membro del Parlamento nell'esercizio delle
sue   funzioni   e,   a   norma   dell'art. 68,  primo  comma,  della
Costituzione, sono percio' insindacabili.
    2. - Trattasi  di  due conflitti di attribuzione tra poteri dello
Stato  sollevati  dal medesimo Tribunale davanti alle cui sezioni I e
II  pendono due giudizi per diffamazione aggravata nei quali medesimi
sono  il  querelante  -  magistrato,  sostituto procuratore presso il
Tribunale   di   Palermo  -  e  il  querelato  -  un  deputato  della
Repubblica -,  con  riferimento  a diverse dichiarazioni, riguardanti
bensi'  fatti  distinti  ma riconducibili le une alle altre in quanto
espresse  per stigmatizzare i caratteri personali e professionali del
medesimo  soggetto.  Conseguentemente, i due giudizi per conflitto di
attribuzione  possono  essere  riuniti  per  essere  decisi con unica
sentenza.
    3. - Entrambi i ricorsi sono fondati.
    3.1. - Nel  primo conflitto menzionato, proposto dalla II sezione
penale  del  Tribunale  di  Caltanissetta, si tratta di dichiarazioni
(testualmente  richiamate nell'esposizione dei fatti) con le quali il
deputato, dopo aver ironizzato sul cognome di due magistrati (uno dei
quali  parte  offesa) e averli additati all'attenzione e alla memoria
della  pubblica  opinione, essendo necessario "fermarli finche' si e'
in   tempo"   e   combatterli   come  "complici",  ha  affermato  con
sovrabbondanza  di espressioni colorite: a) che i medesimi magistrati
appartengono  a  una magistratura cieca e inetta, che si preoccupa di
colpire  la  cultura e di perseguitare, arrestandola e impedendole di
lavorare, una persona quale il sovrintendente ai beni archeologici di
Siracusa,  di cui essi non conoscono il valore e che ha bene meritato
nella  difesa  del  patrimonio artistico siciliano; b) che cio' viene
fatto  in  luogo  di  agire  contro i delinquenti e i criminali e, in
particolare,  contro  la  mafia  che  uccide a Palermo (con specifico
riferimento a una drammatica e non chiarita vicenda che ha portato al
suicidio  di  un  sottufficiale  dell'Arma  dei  Carabinieri); c) che
l'azione  giudiziaria contro difensori della cultura e' intrapresa da
"un  giovane  magistrato,  che  arriva,  li  guarda  in  faccia  e li
arresta";  d)  che,  cosi'  operando, i magistrati mostrano di essere
persone  ignoranti,  peggio  dei  nazisti  nella  persecuzione  della
cultura;  e)  che  essi  sono  "amici  e  sodali"  di esponenti della
magistratura e della vita politica locale i quali hanno fatto la loro
fortuna soltanto usando il nome della mafia.
    La  Camera  dei deputati, nella delibera del 17 novembre 1999 con
la  quale ha invocato l'art. 68, primo comma, della Costituzione, per
opporre  l'insindacabilita'  delle  affermazioni  fatte dal deputato,
dopo avere sottolineato la posizione di quest'ultimo quale presidente
della   Commissione  cultura  della  Camera,  ha  ritenuto,  aderendo
all'impostazione   data   alla   questione   dalla   Giunta   per  le
autorizzazioni a procedere, che "nella specie ci si trova in presenza
di  una manifestazione di critica politica nei confronti di un'azione
processuale che aveva provocato un grande clamore nel mondo dell'arte
e  della  cultura  in  genere, suscitando anche una grande attenzione
dell'opinione pubblica siciliana e nazionale".
    Le  citate  dichiarazioni,  secondo  la  Camera,  costituirebbero
"divulgazione  e continuazione" di affermazioni fatte dal deputato in
sede  parlamentare,  e  precisamente  in  un  dibattito  svoltosi  il
17 ottobre 1995 presso la Commissione stessa e in una Risoluzione del
19 ottobre  1995,  di cui egli e' stato cofirmatario con altri membri
della  Commissione.  In  tali atti parlamentari (riportati per esteso
nell'esposizione  dei  fatti),  oltre ad apprezzamenti negativi sullo
stato  della  legislazione  regionale  siciliana  in  materia di beni
culturali e sulla "sorta di "federalismo " ch'essa realizzerebbe, con
"danni  cosi'  gravi  al  patrimonio  artistico  che  e' di interesse
generale per il paese", e oltre alla segnalazione della necessita' di
promuovere  iniziative  per  la  riforma  di  tale  legislazione,  si
trovano:   a)   nel   primo,   una  valutazione  critica,  oltre  che
dell'operato  della  magistratura  con  riferimento ad altro contesto
regionale,  dell'arresto,  richiesto  dal sostituto procuratore-parte
lesa nel giudizio per diffamazione, e disposto da altro magistrato di
Palermo  - autori, entrambi, di comportamenti "autoritari al punto di
poterli  definire  "nazisti  "  e  qualificati come "aggressione alla
cultura"   operata  da  magistrati  che,  ignari  del  grande  valore
scientifico  e tecnico del sovrintendente arrestato, "usano il codice
come  una  clava per distruggere la dignita' delle persone" -; b) nel
secondo,  un  riconoscimento  dei meriti acquisiti dal sovrintendente
nella  difesa  e  valorizzazione  del  patrimonio  archeologico della
Sicilia  orientale  e  una  dichiarazione  di  solidarieta'  nei suoi
confronti  per  un  arresto  che  e'  definito  causa  di "amarezza e
perplessita'".
    Ai  fini  della  definizione del conflitto aperto dal ricorso del
Tribunale  di  Caltanissetta,  non rileva il fatto che gli interventi
del  deputato  in  questione possano definirsi di "critica politica",
come  affermato  dalla  Camera  dei  deputati, ne' la notorieta' e il
clamore   della   vicenda   che  li  ha  determinati.  A  stare  alla
giurisprudenza  recente  di  questa  Corte  (a partire dalle sentenze
n. 10  e  n. 11  del  2000), cio' che occorre e' stabilire se, tra le
dichiarazioni del deputato nella sede parlamentare e quelle esterne a
tale  sede,  possa  individuarsi quella corrispondenza sostanziale di
significato  che  permette di qualificare le seconde come divulgative
delle  prime. In questo caso, ma non in quello contrario, puo' essere
invocato   il   primo  comma  dell'art. 68  della  Costituzione,  per
sostenere  l'insindacabilita'  delle  dichiarazioni fatte al di fuori
del  compimento  di atti parlamentari tipici. E questa corrispondenza
non  e'  dato  individuare nella specie poiche', in particolare nelle
affermazioni  riportate  all'inizio del paragrafo alle lettere b), c)
ed   e),   e'  dato  rilevare,  oltre  alla  stigmatizzazione  di  un
provvedimento  giudiziario,  una  serie di valutazioni sulle qualita'
professionali  e personali del magistrato e su sue asserite colpevoli
inerzie  nell'esercizio delle proprie funzioni, che non trovano alcun
riscontro nelle considerazioni svolte in sede parlamentare.
    Questa  constatazione  e'  avvalorata,  del  resto,  dalla stessa
relazione  della  Giunta  per le autorizzazioni a procedere sulla cui
base   l'Assemblea   ha  deliberato.  Per  motivare  la  proposta  di
insindacabilita',  si  dice che le dichiarazioni rappresentano, oltre
che una "divulgazione", anche una "continuazione" di quelle svolte in
sede parlamentare: cioe' un andare al di la', oltre il limite da esse
segnato.
    Il   ricorso  deve  dunque  essere  accolto  e  la  deliberazione
parlamentare  annullata  per  l'anzidetta  ragione  della  carenza di
sostanziale corrispondenza, senza che occorra esaminare gli ulteriori
motivi  prospettati dal Tribunale ricorrente a sostegno del conflitto
proposto,  in  particolare  quelli  circa  la non riconducibilita' di
principio  al  primo  comma  dell'art. 68  della  Costituzione  delle
affermazioni  fatte  nel  corso  di trasmissioni televisive della cui
conduzione  si  e' responsabili in base a un contratto di prestazione
professionale  e  circa l'irrilevanza, quale precedente, di attivita'
parlamentari   svolte   dopo,   sia   pure  di  poco,  rispetto  alle
dichiarazioni tenute al di fuori della sede parlamentare.
    3.2.1. - Del  secondo  conflitto, proposto dalla I sezione penale
del  Tribunale  di Caltanissetta, la difesa della Camera dei deputati
sostiene   l'inammissibilita'   per   carenza   di   una  sufficiente
indicazione  delle  "ragioni  di  conflitto",  secondo  la previsione
dell'art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale.  In  particolare,  il  ricorrente  avrebbe  omesso di
considerare  il  contenuto  dei  due atti parlamentari (verbale della
seduta  della Commissione cultura e risoluzione da questa approvata),
ai  quali la relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere
ha  fatto  espresso  riferimento per motivare la posizione favorevole
all'insindacabilita'.  Ma vale in contrario la constatazione che, nel
ricorso,  tali  atti  sono  menzionati e presi in considerazione, sia
pure per concludere in poche parole per la loro irrilevanza.
    3.2.2. - Nel  conflitto  ora  in esame si tratta di dichiarazioni
televisive  con  le  quali  il  deputato:  a)  ha  affermato  che  il
magistrato-persona  offesa  nel  giudizio  penale nulla avrebbe fatto
nella  sua  vita  professionale  se non perseguire i benemeriti della
cultura  e  che, in luogo di lavorare, passerebbe il tempo a scrivere
inutili denunce e querele; b) ha riferito la notizia, traendola da un
articolo  apparso  su  un  organo di stampa, che il comune di Palermo
avrebbe  emesso  un'ordinanza  di  divieto  di  sosta  in  citta', in
corrispondenza di un luogo di ritrovo aperto al pubblico, per la sera
in  cui  ivi  aveva  da  svolgersi una riunione di festeggiamento del
compleanno del magistrato, affermando inoltre che, in conseguenza del
divieto  di sosta, la citta' di Palermo sarebbe rimasta congestionata
perche'  il  magistrato  avrebbe  abusivamente preteso e ottenuto che
tutto  il centro cittadino rimanesse bloccato per la celebrazione dei
festeggiamenti; c) ha sostenuto che il magistrato avrebbe arrestato e
umiliato,  per non meglio individuati fini illegittimi e illeciti, il
sovrintendente  ai  beni  archeologici  di  Siracusa  e  che  analoga
condotta  sarebbe  stata tenuta nei confronti del sindaco di Palermo,
in  relazione alla vicenda del Teatro Massimo di quella citta'; d) ha
fatto  l'affermazione  insinuante che il magistrato non avrebbe fatto
nulla  per  ottenere  misure  di  protezione  e  che, infine, e) egli
sarebbe afflitto da "alterazione dello sguardo".
    La  Camera  dei deputati, deliberando conformemente alla proposta
della   Giunta   per   le   autorizzazioni   a  procedere  nel  senso
dell'insindacabilita'   delle   affermazioni   sopra   riferite,   ha
considerato   che   quelle   indicate   sub   b)   costituiscono  una
"manifestazione   di  critica  politica  nei  confronti  di  un  atto
amministrativo piu' che legittima da parte di un parlamentare", tanto
piu'  in  quanto da tempo impegnato in "un'intensa battaglia politica
in  Parlamento  e  fuori  del  Parlamento,  contro  i possibili abusi
nell'esercizio  delle  funzioni  giudiziarie".  Quanto  alle critiche
rivolte  al  magistrato  in  relazione  alla vicenda dell'arresto del
sovrintendente di Siracusa [riferite alla lettera c)], e' stato messo
in  rilievo il clamore che ne e' derivato nel mondo dell'arte e della
cultura  e  si sono ricordati gli interventi del deputato, presidente
della  Commissione cultura della Camera, nel dibattito svoltosi nella
Commissione  stessa nella seduta del 17 ottobre 1995 e la Risoluzione
di  cui egli e' stato cofirmatario - atti parlamentari gia' ricordati
a  proposito  del  conflitto  sollevato  dalla  II sezione penale del
Tribunale    di   Caltanissetta,   sopra   esaminato.   Quanto   agli
apprezzamenti  circa  la condotta tenuta dal magistrato nei confronti
del  sindaco  di  Palermo,  si e' ritenuto dovessero valere "analoghe
considerazioni,   se  non  altro  per  il  rilievo  acquistato  dalla
questione  sia in sede giornalistica, sia in sede politica". Nulla si
dice, infine, quanto alle asserzioni di cui ai punti a), d) ed e).
    Trattandosi,   anche  in  questo  caso,  di  stabilire,  al  fine
dell'operativita'  della  garanzia del primo comma dell'art. 68 della
Costituzione, se esista una corrispondenza sostanziale di significati
tra  le  dichiarazioni  del deputato nella sede parlamentare e in una
sede  esterna,  l'unico  elemento  rilevante,  tra quelli prospettati
nella  sede  parlamentare,  e'  costituito - come del resto mostra di
ritenere  la stessa difesa della Camera dei deputati - dalle prese di
posizione  del  deputato  nel dibattito presso la Commissione cultura
della  Camera e nella Risoluzione dal medesimo sottoscritta. Ma, come
gia'  rilevato  a  proposito  del conflitto di attribuzione sollevato
dalla  II sezione penale del Tribunale di Caltanissetta, in tali atti
parlamentari   sono   bensi'   contenute   critiche,  anche  pesanti,
all'operato   della   magistratura   in   generale,   circa   il  suo
atteggiamento verso i responsabili della tutela dei beni culturali in
Sicilia,  e del magistrato-parte lesa, in particolare; ma, rispetto a
tali   critiche,   gli   addebiti  di  abusi  extra-giudiziari  e  le
insinuazioni  circa  l'esistenza di non chiari o ambigui rapporti del
magistrato con la criminalita' mafiosa rappresentano elementi in piu'
("una  continuazione",  secondo  l'espressione  impiegata,  anche  in
questa  circostanza,  dalla  stessa  relazione  della  Giunta  per le
autorizzazioni  a procedere) che non trovano riscontro nei precedenti
parlamentari   ne',  tantomeno,  negli  ulteriori  atti  parlamentari
(menzionati nell'esposizione dei fatti) richiamati dalla difesa della
Camera dei deputati nell'atto di costituzione in giudizio.
    Indipendentemente   dall'ulteriore   ragione   fatta  valere  dal
Tribunale ricorrente, concernente la circostanza che le dichiarazioni
oggetto  del  giudizio  penale  sono  state  rese  nel  corso  di una
trasmissione  televisiva  di cui il deputato era conduttore in base a
contratto  d'opera  che  lo  legava  con  la  societa'  cui  fa  capo
l'emittente televisiva, per la ragione anzidetta anche il ricorso per
conflitto  di  attribuzione  proposto  dalla  I  sezione  penale  del
Tribunale  di  Caltanissetta deve essere accolto e, conseguentemente,
deve  essere  annullata  la  delibera  della  Camera dei deputati del
16 novembre 1999 che di tale conflitto e' all'origine.