IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso n. 1159/00
proposto  dai  proff.  Rapisarda  Vincenzo,  Scrofani Alfio, Rampello
Liborio, Raffaele Rocco, Lanaia Filippo, Di Benedetto Aurelio, Grassi
Giuseppe, Pennini Giovanni, Garozzo Rosaria in Sorge, Sorge Giovanni,
Biondi  Roberto,  Pavone  Lorenzo,  Mazzone Domenico, Virzi' Antonio,
Calafato Matteo, Furnari Rosaria, Nicoletti Francesco, Corso Emanuele
Antonio,  Campo  Giorgio,  Calandra Carmela, Petraia Antonino, Verzi'
Placido,   Motta   Mario   Salvatore,   Bonomo  Virgilio,  Sorrentino
Francesco,  Nigro  Pasquale,  La  Rosa  Mario, rappresentati e difesi
dall'avv.  Salvatore  Mauceri  ed elettivamente domiciliati presso lo
studio di questi in Catania, via Conte Ruggero n. 9.
                             C o n t r o
    L'Universita'  degli  studi  di Catania, in persona del Magnifico
Rettore   pro   tempore,   rappresentata   e  difesa  dall'Avvocatura
distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria ex lege.
    Il  Ministero  della sanita' in persona del Ministro pro tempore,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di
Catania domiciliataria ex lege;
    L'Azienda policlinico dell'Universita' degli studi di Catania, in
persona  del  Direttore  generale pro tempore, rappresentata e difesa
dall'avv. prof. Michele  Ali'  ed elettivamente domiciliata presso lo
studio di questi in Catania, via Crociferi n. 60;
    L'Azienda  ospedaliera  Garibaldi  - S. Luigi - Curro' - Ascoli -
Tomaselli,  in  persona  del  Direttore  generale  pro  tempore,  non
costituitasi in giudizio.
    Per l'annullamento del provvedimento del rettore dell'Universita'
degli studi di Catania, protocollo n. 176/R del 28 febbraio 2000, con
il  quale  i ricorrenti sono stati invitati a comunicare l'opzione di
cui all'art. 5, comma 8, del d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517 entro il
13 marzo  2000  ed,  altresi',  avverso tutti gli atti propedeutici e
conseguenti volti a modificare ed a comprimere il diritto dei docenti
universitari   all'esercizio   delle   attivita'   istituzionali   di
didattica,  di  ricerca, di direzione delle strutture assistenziali e
di   assistenza   nonche'   di  quelle  libero-professionali  secondo
l'ordinamento proprio di cui al d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visti  gli atti di costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello
Stato  per  l'Universita'  degli  studi di Catania e per il Ministero
della   sanita'   e   dell'avv.   prof. Michele  Ali'  per  l'Azienda
policlinico universitario di Catania;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Designato  relatore  per la Camera di Consiglio del 4 aprile 2000
il Presidente dott. Luigi Passanisi;
    Uditi i difensori delle parti come da verbale;
    Vista l'ordinanza cautelare della sezione n. 1085/2000;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue;

                              F a t t o

 e    d i r i t t o       I  ricorrenti  sono  tutti  docenti  presso
l'Universita'   degli   studi   di   Catania   e   taluni   hanno  la
responsabilita'  della  direzione  di strutture assistenziali e tutti
esplicano  attivita'  didattiche  ed  assistenziali  presso l'Azienda
policlinico.
    Con  l'art. 5  del  decreto  legislativo  21 dicembre, n. 517, in
attuazione  della legge di delega 30 novembre 1998 n. 419, il Governo
ha  equiparato  i  docenti  universitari  al  personale  del Servizio
sanitario   nazionale   limitando   l'accesso  alla  direzione  delle
strutture  ed  all'assistenza soltanto a quelli di detti che avessero
optato  per  il  rapporto  esclusivo  e fissando strettissimi margini
temporali per l'opzione.
    In  dipendenza  di  tale disposizione il rettore dell'Universita'
degli  studi  di Catania, con la nota innanzi indicata, ha invitato i
ricorrenti ad esercitare l'opzione entro il 13 marzo 2000, avvertendo
che in difetto sarebbero andati incontro alle conseguenze di legge.
    Il  ricorso  investe  vari profili della legislazione delegata di
riforma  del  settore  sanitario,  pur  tuttavia  questo giudice deve
incentrare il proprio esame esclusivamente sull'oggetto di diretta ed
immediata   lesione,   contestata   giudizialmente  e  cioe'  a  dire
l'esercizio  della  detta  opzione  da parte dei ricorrenti, sanitari
universitari, e le conseguenze che ne derivano alla loro posizione di
status.
    In sede di esame dell'istanza cautelare la Sezione ha ritenuto di
accordare   il  chiesto  provvedimento  di  sospensione  rinviando  a
separata    ordinanza    la    proposizione    della   questione   di
costituzionalita'  del  sistema normativo posto a base dell'impugnata
opzione  per possibile contrasto con gli artt. 3, 33, 35, 36, 76 e 97
della Costituzione.
    In  punto  di  rilevanza  si  ricorda  l'orientamento della Corte
costituzionale  secondo  il  quale  il  requisito della rilevanza non
viene  meno  nel  caso in cui il giudice abbia disposto, con separato
provvedimento la sospensione stessa, in via provvisoria e temporanea,
(cfr. sentenze nn. 44 del 1990, 367 del 1991 e 4 del 2000).
    Con  riferimento  ancora  alla  rilevanza  va  evidenziato che la
opzione  per  cui  e'  causa e' imposta dall'art. 5, commi 7 e 8, del
d.lgs.   n. 517/1999   per   cui,   dovendosi   fare  necessariamente
applicazione  di  dette  disposizioni,  il  giudizio  non puo' essere
definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della  questione  di
legittimita' costituzionale.
    L'eliminazione  di  dette disposizioni dal mondo giuridico, poste
alla  base  dell'impugnato  provvedimento di opzione concreterebbe il
soddisfacimento dell'interesse sostanziale dei ricorrenti.
    La  questione,  oltre  che  rilevante,  non appare manifestamente
infondata   atteso   che   la   Sezione   dubita  della  legittimita'
costituzionale    delle   disposizioni   poste   a   fondamento   del
provvedimento  che  intima l'opzione e delle disposizioni alle stesse
sottese;  ritiene, pertanto, di dover sollevare la relativa questione
di  costituzionalita' per contrasto con gli artt. 3, 33, 35, 36, 76 e
97 della Costituzione.
    L'art. 5, comma 8, del citato d.lgs n. 517/1999 impone un termine
perentorio per l'esercizio dell'opzione ai sensi e per gli effetti di
cui  al  precedente comma 7, il quale stabilisce che i professori e i
ricercatori  universitari  della  facolta'  di  medicina  e chirurgia
optano  rispettivamente  per  l'esercizio  di attivita' assistenziale
intramuraria  (ai sensi dell'art. 15-quinquies del d.lgs. 30 dicembre
1992,  n. 502  e  successive modificazioni e secondo tipologie di cui
alle  lettere  a),  b),  c)  e  d) del comma 2 dello stesso articolo)
ovvero    per   l'esercizio   di   attivita'   libero   professionale
extramuraria;   tali   tipologie   fanno  espresso  riferimento  alle
strutture  aziendali  individuate dal direttore generale d'intesa con
il  collegio  di direzione, con cio' ponendo una stretta correlazione
tra  l'individuazione  delle strutture destinate all'attivita' libero
professionale e l'esercizio dell'attivita' medesima.
    La  stretta  correlazione  e,  del resto, logico corollario della
"compenetrazione  tra  l'attivita'  sanitaria  assistenziale e quella
didattica  scientifica  dei  docenti  universitari  della facolta' di
medicina  e  chirurgia  che  operano  nelle cliniche e negli istituti
universitari   di   ricovero   e   cura"  che  costituisce  "il  dato
caratterizzante  le  loro funzioni ed il conseguente stato giuridico"
(cfr: Corte cost. 16 maggio 1997, n. 134).
    Nel  senso  della "inscindibilita'" delle attivita' assistenziali
del  personale  universitario  da quelle di didattica e di ricerca si
pone  anche  l'art. 5 del D.M. 31 luglio 1997 che reca le linee guida
per la stipula dei protocolli d'intesa Universita' - Regioni.
    Nel sistema normativo scaturente dall'art. 5, comma 7, del d.lgs.
n. 517/1999 e dall'art. 15-quinquies, comma 2, del d.lgs n. 502/1992,
e'   quindi   configurabile   un   obbligo   dell'amministrazione  di
individuare   le   strutture   aziendali   entro  cui  va  esercitata
l'attivita' assistenziale intramuraria (o le soluzioni alternative di
cui  all'art. 72, comma 11, della legge 23 dicembre 1998, n. 448) si'
da rendere concretamente disponibili le strutture stesse ed i servizi
(cfr.  in  proposito  anche  Cons.  Stato VI ordinanza 24 marzo 2000,
n. 1431).
    Tale   obbligo   dell'amministrazione  e'  correlato  al  diritto
all'esercizio  di  attivita'  libero  professionale  individuale  ...
nell'ambito  delle  strutture  aziendali (art. 15-quinquies, punto 2,
lett  a)  del  d.lgs  30 dicembre  1992,  n. 502 nel testo introdotto
dall'art. 13 del d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229) da parte dei sanitari
universitari, diritto il cui esercizio sembra di dubbia attualita' in
assenza  della detta individuazione e predisposizione delle strutture
non  apparendo  rilevante  sul  piano  della effettivita' del diritto
stesso  la  mera  possibilita'  di  tutela  nelle competenti sedi nei
confronti dei funzionari inadempienti.
    Appare  quindi ravvisabile una intrinseca contraddittorieta', pur
nel  medesimo  contesto  normativo,  tra  il  comma 8 dell'art. 5 del
d.lgs.  n. 517/1999 nella parte in cui introduce il censurato termine
perentorio   per  l'opzione,  omettendo  di  subordinare  o  comunque
correlare  l'opzione  medesima  alla  concreta  disponibilita'  delle
strutture  ed  il comma 7 nella parte in cui rinviando alle tipologie
di  cui  alle  lettere a), b), c), d) comma 2, dell'art. 15-quinquies
del  d.lgs.  n. 502/1992  e  successive modificazioni) fa riferimento
all'individuazione   delle   strutture   medesime,   con  conseguente
configurabilita'  per  tale profilo di un ipotesi di contrasto tra la
censurata  disposizione dell'art. 5, comma 8, del d.lgs. n. 517/1999,
per  manifesta  irragionevolezza ed intrinseca contraddittorieta' con
il  sistema  normativo  in cui si colloca l'art. 3 Cost., inteso come
generale  canone  di coerenza e ragionevolezza dell'ordinamento Corte
Cost.  n. 204/1982)  nonche'  con  il  principio di buon andamento ex
art. 97  Cost.  Quest'ultimo  sotto  il  profilo  della  mancanza  di
proporzionalita'   dei   mezzi  prescelti  dal  legislatore  delegato
rispetto  alle  esigenze  obiettive da soddisfare o alle finalita' da
perseguire  nonche'  sotto  il profilo della razionale organizzazione
dei servizi.
    Appare  quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
costituzionalita'  dell'art. 5, comma 8, del d.lgs. n. 517/1999 nella
parte  in  cui  imponendo  di  compiere  una  scelta entro un termine
perentorio,  e  attribuendo  alla mancata opzione dell'interessato un
significato  legale  tipico  (equivalenza alla scelta per l'attivita'
assistenziale   esclusiva)   non  condiziona  o  correla  l'esercizio
dell'opzione   alla  concreta  disponibilita'  delle  strutture,  per
contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. sotto gli indicati profili.
    La  Sezione  individua  ancora  una possibile non conformita', ai
principi affermati in Costituzione dall'art. 3, dell'art. 5 commi 7 e
8,  del  d.lgs. n. 517/99, nella parte in cui impone la detta opzione
relativamente   al  personale  sanitario  universitario,  in  quanto,
all'evidenza,  discrimina  detto personale rispetto a tutti gli altri
docenti    universitari   delle   altre   facolta'   (giurisprudenza,
ingegneria, economia, ecc.) ai quali non e' imposta opzione alcuna in
ordine  all'esercizio  "intramurario  o  extramurario" dell'attivita'
professionale  privata.  Cio'  malgrado  la  unicita' dello status di
professore universitario.
    Il  Collegio ritiene, ancora, che potrebbe essere non conforme ai
parametri  costituzionali  dettati dall'art. 33 Cost. l'art. 5, comma
7, del d.lgs. n. 517/1999, nella parte in cui impone la detta opzione
relativamente  al  personale  sanitario  universitario  in uno con le
disposizioni  allo stesso sottese, o comunque connesse (art. 5, commi
da  1  a 6 e da 8 a 11 e art. 3 in parte qua), in quanto sembra porsi
ex  se  indipendentemente  cioe'  dal  profilo  dalla  necessita'  di
prescrizione  della previa individuazione delle strutture altresi' in
contrasto   con   il   principio   di   autonomia  universitaria  nel
perseguimento dei fini istituzionali didattici e scientifici.
    Stabilisce  il  comma  7  citato  che  "l'opzione per l'attivita'
assistenziale esclusiva e' requisito necessario per l'attribuzione ai
professori  universitari  di  incarichi  di  direzione  di  struttura
nonche' dei programmi di cui al comma 4".
    Detta  disposizione  indubbiamente  incide  sullo stato giuridico
degli interessati, atteso che le conseguenze derivanti alla posizione
degli stessi (cfr. in particolare commi 4, 5 e 6 dello stesso art. 5)
con  riferimento  ai programmi di cui al comma 4 che sono chiaramente
finalizzati   "alla   integrazione   delle  attivita'  assistenziali,
didattiche  e  di  ricerca  con particolare riguardo alle innovazioni
tecnologiche   ed   assistenziali   nonche'  al  coordinamento  delle
attivita'  sistematiche  di  revisione  e  valutazione  della pratica
clinica ed assistenziale".
    La  preclusione  della attribuzione della responsabilita' e della
gestione  di  detti programmi per i sanitari universitari non optanti
per  l'attivita'  assistenziale  esclusiva  appare con tutta evidenza
lesiva  di  quel principio di compenetrazione tra attivita' sanitaria
assistenziale  e  attivita'  didattica  e  di ricerca scientifica che
costituisce    dato    caratterizzante   l'attivita'   dei   sanitari
universitari  e  che  trova  tutela  anche  nei principi di autonomia
didattico scientifica di cui all'art. 33 della Costituzione.
    Ad  avviso  della sezione anche la opzione stessa per l'attivita'
assistenziale  esclusiva  -  tra  l'altro irretrattabile ai sensi del
comma 10 del medesimo art. 5 (fatta eccezione per limitate specifiche
ipotesi)   sembra   vulnerare   i  principi  di  autonomia  didattica
scientifica affermati dall'art. 33 della Costituzione.
    L'opzione comporta l'assoggettamento dell'attivita' assistenziale
del   sanitario   universitario   alle  determinazioni  organizzative
assistenziali  del  direttore  generale dell'Azienda ospedaliera (sia
pure  d'intesa  con  il  rettore  o  su  proposta del responsabile di
struttura  complessa;  cfr. commi 1, 2, 5, 6 dell'articolo 5 citato);
dell'adempimento  delle attivita' assistenziali che pure si integrano
con  quelle didattiche e di ricerca a norma del comma 2, dell'art. 5,
il  personale  universitario  risponde al solo direttore generale, ai
sensi  dello stesso comma; l'attribuzione e la revoca degli incarichi
di  struttura  semplice  e degli incarichi di natura professionale e'
disposta  dal  direttore  generale su proposta del responsabile della
struttura   complessa   di  appartenenza  del  sanitario  (comma  6);
l'incarico  di  direzione  di  struttura  complessa  e'  attribuito e
revocato  dal  direttore  generale  sulla  base di mera intesa con il
rettore,  ai sensi del comma 5 (analogamente a quanto disposto per il
direttore del dipartimento ad attivita' integrata dall'asta dell'art.
3, comma 4.
    Da  quanto  innanzi  evidenziato  discende la possibile incidenza
delle  dette determinazioni del direttore generale sulle attribuzioni
in   materia   didattica   e  di  ricerca  riservate  all'istituzione
universitaria,   anche   per   cio'   che   riguarda  l'attivita'  di
programmazione  di  tali  aspetti;  la stessa collocazione funzionale
assistenziale  per  effetto  della  esercitata  opzione,  rimessa  al
direttore generale, ben puo' incidere, in concreto, sulla liberta' di
insegnamento.
    L'attivita' di insegnamento appare, all'evidenza, suscettibile di
condizionamenti   in   relazione   alle   determinazioni  in  materia
assistenziale   di  un  direttore  generale  che  ha  come  obiettivo
gestionale   essenzialmente   la  realizzazione  di  un  progetto  di
assistenza   sanitaria  ospedaliera  e  non  certo  di  un  programma
universitario scientifico-didattico.
    Rivestono,   infatti,   una   posizione  marginale,  nel  sistema
normativo  in  esame,  gli  organi  istituzionali dell'universita' in
materia   di   coordinamento   degli   interessi   che   sono  propri
dell'autonomia    dell'istituzione   (di   insegnamento   e   ricerca
scientifica),   posizione   non   bilanciata   dalla   previsione  di
partecipazione   (mediante   intesa)  del  rettore  alla  nomina  del
direttore del dipartimento ad attivita' integrata ex art. 3, comma 4,
quale centro di collegamento tra esistenza, didattica e ricerca.
    Ancorche'  tale  organismo  sia  stato  concepito in funzione del
necessario  coordinamento  e'  fuori  di  dubbio  che  gli  interessi
istituzionali    dell'universita'    restano    comunque   ampiamente
condizionati  dalle  scelte gestionali del direttore del dipartimento
in    termini    di   programmazione,   organizzazione   e   gestione
dell'attivita'   di   insegnamento   e  di  aggiornamento  e  ricerca
scientifica     che    la    Costituzione    assegna    all'autonomia
dell'Universita'.
    Infatti  il  direttore del dipartimento assume la responsabilita'
gestionale  nei  confronti  del  direttore  generale  in  ordine alla
razionale   e   corretta  programmazione  e  gestione  delle  risorse
assegnate  per  la  realizzazione degli obiettivi attribuiti, tenendo
anche  conto  della  necessita'  di  soddisfare le peculiari esigenze
connesse   alle   attivita'   didattiche  e  scientifiche,  con  cio'
conferendo    nelle   scelte   decisionali   priorita'   ai   profili
dell'assistenza rispetto a quelli della ricerca e della didattica, in
violazione del disposto dell'art. 6 citato della legge delega laddove
si  intende  assicurare  lo svolgimento delle attivita' assistenziali
"funzionali  alle  esigenze  della  didattica  e  della  ricerca" con
inversione   quindi   del  processo  logico  voluto  dal  legislatore
delegante.
    Quanto  innanzi  mette  in  dubbio,  anche in via derivata, della
conformita'   al  dettato  costituzionale  delle  norme  in  tema  di
organizzazione  interna  delle  aziende  di  cui l'art. 3 del decreto
legislativo  in argomento per i riflessi sulla posizione dei sanitari
optanti  per  l'attivita'  assistenziale esclusiva nella parte in cui
non  prevedono una partecipazione diretta di organi universitari alle
scelte decisionali in tema di collegamento tra assistenza didattica e
ricerca.
    Appare  quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
costituzionalita'  dell'art. 5,  comma  7,  del  d.lgs. n. 517/1999 e
delle norme connesse e sottese in parte qua (art. 5, commi da l a 6 e
da 8 a l l e art. 3) per contrasto con l'art. 33 Cost.
    Non sembra, altresi', che la delega ex art. 6, lett. c) contenuta
nella  legge  30  novembre  1998,  n. 419,  abbia ad oggetto anche la
modificazione   dello   stato   giuridico   del  personale  sanitario
universitario.
    Allorche'   si  va  ad  alterare,  quantomeno  per  il  personale
universitario non optante per l'attivita' assistenziale esclusiva, il
quadro   di   ragionevole  compenetrazione  tra  attivita'  didattico
scientifica  e  attivita'  assistenziale,  come consolidato anche dal
complessivo  andamento  della pluriennale legislazione in materia, si
incide sostanzialmente sulla particolare connotazione della posizione
dei  sanitari universitari che costituisce il dato caratterizzante le
loro  funzioni  ed  il  conseguente stato giuridico (cfr. Corte cost.
n. 134/1997).
    L'art.  6  della  legge  delega  alla  lett. c), si e' limitato a
demandare   al   legislatore   delegato   l'emanazione   di   "idonee
disposizioni  in  materia  di  personale" nel quadro dell'esigenza di
assicurare  la  "coerenza"  tra l'attivita' assistenziale e quella di
formazione  e  ricerca  e  non  ha  inteso,  ad  avviso del Collegio,
consentire  lo  stravolgimento  dello  stato  giuridico  dei sanitari
universitari.   Infatti   l'oggetto  della  delega  e'  espressamente
definito  nella  prima  parte del comma 1 laddove la delega stessa e'
intesa  all'emanazione di decreti legislativi specificamente "volti a
ridefinire   i   rapporti   tra   Servizio   sanitario   nazionale  e
universita'". Detti limiti appaiono, invece, superati.
    Ne'   e'   riferibile   ai   professori   universitari,  per  via
dell'inequivoco   richiamo   al   "solo   personale  della  dirigenza
sanitaria"  in servizio al 31 dicembre 1998, il criterio direttivo di
cui  all'art. 2,  lettera  q)  della legge n. 419/1998 in ordine alla
previsione  di  modalita' per pervenire all'esclusivita' del rapporto
di lavoro quale scelta individuale.
    Sembra  quindi che possa configurarsi il contrasto della norma di
opzione  e  delle  norme connesse o sottese innanzi specificate anche
con l'art. 76 Cost.
    Rileva  ancora  la Sezione che potrebbe configurarsi il contrasto
tra  l'art. 5  del d.lgs. n. 517/1999 piu' volte citato con l'art. 35
della   Costituzione,   atteso   che  i  docenti  che  optassero  per
l'esercizio  dell'attivita'  extramuraria  sarebbero  privati  di una
delle tre attivita' istituzionali di cui il loro lavoro si compone.
    Al  Collegio  inoltre  appare  non  manifestamente  infondata  la
questione   di   costituzionalita'   del  citato  art. 5  del  d.lgs.
n. 517/1999  anche  con  riferimento  all'art. 36  della Costituzione
avendo  riguardo  ai  consistenti  apporti  economici  di cui sarebbe
privato   il   docente  optante  per  la  prestazione  "extramuraria"
(dimezzamento degli appannaggi e perdita degli incentivi).
    Per  innanzi  esposte considerazioni va sollevata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 5, commi 7 e 8, del d.lgs. 21
dicembre 1999, n. 517 per contrasto con gli artt. 3, 33, 35, 36, 76 e
97  della  Costituzione, nonche' dell'art. 5, commi da 1 a 6 e da 8 a
11  e  dell'art. 3 del d.lgs. n. 517/1999, in parte qua per contrasto
con gli artt. 33 e 76 della Costituzione.
    Dispone,   pertanto,   la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale,  con  conseguente  sospensione  del giudizio ai sensi
dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per la pronuncia sulla
legittimita' costituzionale delle innanzi indicate norme.