ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 2 del regio
decreto   legislativo   31 maggio  1946,  n. 511  (Guarentigie  della
magistratura),  promosso  con  ordinanza  emessa l'11 luglio 2001 dal
Tribunale  amministrativo regionale del Lazio, iscritta al n. 942 del
registro  ordinanze  2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 48, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visti  l'atto  di  costituzione  della parte privata nel giudizio
principale, nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio
dei ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  18 giugno  2002  il  giudice
relatore Carlo Mezzanotte;
    Uditi  l'avvocato  Franco  G.  Scoca  per  la  parte  privata nel
giudizio  principale  e  l'avvocato  dello  Stato Enrico Arena per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Chiamato  a  decidere  sul ricorso proposto da un magistrato
contro  il  Consiglio superiore della magistratura per l'annullamento
della  deliberazione  con  cui,  in  data  12 aprile  2001, era stato
disposto  il  suo  trasferimento  d'ufficio  ai sensi dell'art. 2 del
regio  decreto  legislativo 31 maggio 1946, n. 511 (Guarentigie della
magistratura),  il  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,
sezione I, ha sollevato, su eccezione della difesa del ricorrente, in
riferimento  agli  articoli  3,  24,  104  e  107 della Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale  del citato art. 2, nella
parte  in cui esclude che il magistrato sottoposto al procedimento di
trasferimento d'ufficio possa farsi assistere da un avvocato.
    In  punto  di  rilevanza, il remittente premette che il Consiglio
superiore   della   magistratura  aveva  respinto  la  richiesta  del
ricorrente  di farsi assistere, per la propria difesa, da un avvocato
del libero Foro.
    Quanto  alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo ritiene
che  le  ragioni  che hanno indotto questa Corte a dichiarare, con la
sentenza  n. 497  del 2000, l'illegittimita' costituzionale dell'art.
34,  comma 2, del r.d.lgs. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte in cui
escludeva  che  il  magistrato sottoposto a procedimento disciplinare
potesse  farsi  assistere  da  un  avvocato, ricorrerebbero anche nel
procedimento   di   trasferimento   d'ufficio,  per  incompatibilita'
ambientale, di cui all'art. 2 del citato r.d.lgs. n. 511 del 1946.
    Benche'  tale  procedimento - argomenta il remittente - non abbia
carattere    sanzionatorio,    essendo    preordinato    a   tutelare
l'indipendenza  della funzione giurisdizionale nella sua oggettivita'
e potendo essere avviato anche in assenza di colpa del magistrato, il
trasferimento    d'ufficio    sarebbe   comunque   un   provvedimento
suscettibile  di  incidere  sullo status del magistrato, specie se si
considerano  i  riflessi  che  potrebbe  avere  nella  valutazione di
idoneita' ad assumere la titolarita' di altri uffici giudiziari.
    Sotto   un   convergente   profilo,   la  disposizione  censurata
colliderebbe  con  il  principio  di  indipendenza della magistratura
enunciato  nell'art. 104,  primo  comma,  della  Costituzione,  e  si
porrebbe  inoltre in contrasto con la previsione dell'art. 107, primo
comma,  Cost.,  secondo  la  quale  i  magistrati  non possono essere
dispensati  o  sospesi  dal  servizio,  ne' destinati ad altre sedi o
funzioni  se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della
magistratura  adottata  o  per  i  motivi e con le garanzie di difesa
stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso.
    2. - Si  e'  costituito  in  giudizio  il magistrato sottoposto a
trasferimento  d'ufficio ai sensi dell'art. 2 del r.d.lgs. n. 511 del
1946,  chiedendo l'accoglimento della questione. Egli sostiene che la
sentenza  di  questa  Corte  n. 497  del  2000,  sebbene  riguardi il
procedimento   disciplinare,   contenga   una  massima  di  decisione
estensibile   al   procedimento   di   trasferimento   d'ufficio  per
incompatibilita'  ambientale.  Anche  in  tale  ipotesi,  infatti, il
magistrato  interessato  deve  servirsi  di un avvocato per ricorrere
davanti  al giudice amministrativo e, in caso di accoglimento del suo
ricorso,   egli   deve   tornare   necessariamente  all'autodifesa  o
all'assistenza  di  un  collega  davanti al Consiglio superiore della
magistratura,  con  un  dispendio  di energie difensive del quale non
sarebbe ravvisabile alcun fondamento giustificativo.
    Non  diversamente da quanto accade nel procedimento disciplinare,
anche il provvedimento di cui all'art. 2 del r.d.lgs. n. 511 del 1946
potrebbe incidere sullo status del magistrato, come attesterebbero le
svariate  delibere  con  le quali lo stesso Consiglio superiore della
magistratura  ha  riconosciuto  al  magistrato sottoposto al relativo
procedimento il diritto di essere sentito "con l'eventuale assistenza
di  un altro magistrato" analogamente a quanto era all'epoca previsto
in relazione al procedimento disciplinare.
    3. - E' intervenuto in giudizio anche il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  e  ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o
infondata.
    L'Avvocatura  dello  Stato  pone al centro del suo argomentare la
diversa  natura  del  procedimento  disciplinare rispetto a quello di
trasferimento d'ufficio: mentre il primo avrebbe ad oggetto un vero e
proprio   accertamento   giurisdizionale  della  responsabilita'  del
magistrato  incolpato,  quello  di cui all'art. 2 del r.d.lgs. n. 511
del  1946  avrebbe  natura  amministrativa  e potrebbe essere avviato
anche  in  relazione a fatti dei quali il magistrato non sia in alcun
modo  responsabile  e  che  tuttavia  determinino  una  situazione di
incompatibilita' ambientale.
    4. - In  prossimita'  della  pubblica  udienza, il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  ha depositato memoria nella quale svolge in
maniera  ancor  piu'  articolata  le  suesposte deduzioni, ponendo in
rilievo  come  il procedimento disciplinare sia volto all'irrogazione
(eventuale) di una sanzione, mentre quello di trasferimento d'ufficio
miri ad eliminare il cosiddetto strepitus fori derivante da cause non
necessariamente ascrivibili ad una colpevole condotta del magistrato.
In  definitiva,  se il primo tenderebbe alla punizione del magistrato
colpevole  della  violazione  dei  propri  doveri, il secondo sarebbe
finalizzato  alla  salvaguardia  della  serena  amministrazione della
giustizia e del prestigio dell'ordine giudiziario.

                       Considerato in diritto

    1. - Il  Tribunale  amministrativo regionale del Lazio dubita, in
riferimento  agli articoli 3, 24, 104 e 107 della Costituzione, della
legittimita' costituzionale dell'art. 2 del regio decreto legislativo
31 maggio  1946, n. 511 (Guarentigie della magistratura), nella parte
in  cui  esclude  che  il  magistrato  sottoposto  al procedimento di
trasferimento d'ufficio possa farsi assistere da un avvocato.
    Ad  avviso  del  remittente, la disposizione censurata sarebbe in
contrasto  con  gli  articoli 3 e 24 della Costituzione, in quanto il
trasferimento  per  incompatibilita'  ambientale, benche' non rivesta
carattere    sanzionatorio,    essendo    preordinato    a   tutelare
l'indipendenza  della funzione giurisdizionale nella sua oggettivita'
e  potendo prescindere dalla colpa, sarebbe comunque un provvedimento
suscettibile  di  incidere  sullo  status  del  magistrato, anche con
riferimento ai riflessi che il provvedimento stesso potrebbe avere in
ordine  alla sua idoneita' ad assumere la titolarita' di altri uffici
giudiziari.  Ricorrerebbero,  quindi,  le  medesime ragioni che hanno
indotto  questa  Corte  a  dichiarare l'illegittimita' costituzionale
dell'art.  34  del  r.d.lgs.  n. 511  del  1946,  nella  parte in cui
escludeva  che  il  magistrato sottoposto a procedimento disciplinare
potesse farsi assistere da un avvocato (sentenza n. 497 del 2000).
    Il  Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio rileva inoltre
che  l'art. 2  del citato regio decreto, escludendo che il magistrato
sottoposto  al  procedimento  di  trasferimento d'ufficio possa farsi
assistere da un avvocato, non sarebbe compatibile ne' con l'art. 107,
primo   comma,   della   Costituzione,   il   quale,   nel  prevedere
l'inamovibilita'  dei  magistrati,  contiene  anche un "richiamo alla
garanzia  costituzionale  del diritto di difesa", ne' con l'art. 104,
primo  comma,  della  Costituzione,  che  sancisce  il  principio  di
indipendenza della magistratura.
    2. - La questione non e' fondata.
    Nell'ordinanza   di   rimessione,   il   diritto  del  magistrato
sottoposto   al   procedimento   di   trasferimento  di  ufficio  per
incompatibilita'  ambientale,  ex art. 2 del r.d.lgs. 31 maggio 1946,
n. 511,  ad  essere  assistito  da  un  avvocato  del  libero Foro e'
postulato  quale naturale estensione dei principi affermati da questa
Corte  nella  sentenza  n. 497 del 2000. Se tuttavia si considera che
quella  sentenza procede dalla correlazione necessaria tra natura del
procedimento   disciplinare   a   carico   dei  magistrati  e  tutela
giurisdizionale, una simile estensione non risulta costituzionalmente
necessaria.
    Il  cuore  della  argomentazione  di  quella sentenza stava tutto
nello  stretto  legame  esistente  tra  il  diritto  di  difesa  e la
configurazione  del  procedimento  disciplinare  secondo paradigmi di
carattere   giurisdizionale,  preordinati  al  soddisfacimento  della
duplice  esigenza,  da  un  lato,  che  il corretto svolgimento delle
funzioni  giudiziarie  sia  tutelato nella forma piu' confacente alla
posizione  costituzionale  della  magistratura  e  al  suo statuto di
indipendenza  e,  dall'altro,  che  al  magistrato, incolpato di aver
commesso  un illecito, sia riconosciuto quell'insieme di garanzie che
solo  la  giurisdizione puo' assicurare. Entrambe le esigenze sottese
alla   giurisdizionalizzazione   della  responsabilita'  disciplinare
conducono   a   riconoscere  al  magistrato  sottoposto  al  relativo
procedimento  la facolta' di avvalersi di un difensore di professione
anziche'  consentirgli  soltanto la nomina di un difensore "interno",
appartenente all'ordine giudiziario.
    Non puo', al contrario, dirsi che abbia carattere giurisdizionale
il  procedimento  di  trasferimento  di  ufficio, nel quale non e' un
illecito compiuto dal magistrato che viene immediatamente in rilievo,
ma  una  situazione  obiettiva che si determina nell'ufficio ove egli
esercita  le  sue  funzioni.  Regolato dal legislatore solo per sommi
capi   e  con  disciplina  che  precede  l'entrata  in  vigore  della
Costituzione  del  1948, l'attuale assetto di tale procedimento e' il
risultato  anche  di atti organizzativi del Consiglio superiore della
magistratura,  che  ha  adottato  uno  schema tipico del procedimento
amministrativo. L'assenza di una deliberazione in camera di consiglio
e  il suo svolgersi, nella fase culminante, in sedute dell'assemblea,
nelle  quali  ciascun  componente  del  Consiglio  puo' intervenire e
manifestare, di regola pubblicamente, la propria opinione, e che sono
destinate a concludersi con una votazione pubblica, sulla proposta di
una  commissione  referente,  imprimono al procedimento connotati non
assimilabili all'attivita' giurisdizionale, come dimostrato anche dal
fatto  che  il  provvedimento  finale  e'  esternato  con decreto del
Presidente della Repubblica.
    Se  queste  sono  le  caratteristiche  del  procedimento,  e'  da
ritenere  per  esso  sufficiente la regola del contraddittorio, nella
sua  accezione  di previa audizione del soggetto interessato, che nel
nostro   Stato  democratico  si  eleva  a  principio  di  tendenziale
osservanza  in  tutti i casi in cui il provvedimento sia suscettibile
di  incidere  su  situazioni  soggettive.  E'  in  conformita' a tale
principio  che  l'art. 4  del  r.d.lgs. n. 511 del 1946 prescrive che
dell'avvio  del  procedimento  per  trasferimento  d'ufficio sia data
comunicazione  all'interessato e che questi abbia diritto di prendere
visione  e  di  estrarre  copia degli atti, nonche' di essere sentito
personalmente.  Sulla  base  di tale scarna previsione legislativa il
Consiglio  superiore  della  magistratura, a maggior salvaguardia del
magistrato, ha previsto, con atti di organizzazione interna, che egli
possa essere assistito da un collega. L'ulteriore eventualita' che il
magistrato  interessato  possa  scegliere un difensore professionale,
avvocato del libero Foro, sebbene non sia impedita dalla formulazione
dell'art. 4,   non  e'  costituzionalmente  imposta  e  non  risponde
all'attuale   configurazione   del   procedimento  per  trasferimento
d'ufficio.  La  previsione di una difesa personale o a mezzo di altro
magistrato  appare  infatti  idonea ad assicurare il nucleo minimo di
difesa  richiesto  dall'art. 107, primo comma, della Costituzione nei
procedimenti  amministrativi  che  possono approdare al trasferimento
d'ufficio.  La  pienezza  della  tutela giurisdizionale e' assicurata
nella   fase   di  giudizio  vera  e  propria  che  puo'  seguire  al
procedimento  amministrativo  in virtu' dell'esercizio del diritto di
impugnazione  spettante al magistrato. E' infatti questo lo specifico
strumento  indicato  dalla  Corte, fin dalla sentenza n. 44 del 1968,
come  idoneo  a  realizzare,  per gli appartenenti alla magistratura,
quella ampiezza di tutela giurisdizionale, coessenziale allo Stato di
diritto,  nei  confronti delle possibili violazioni di legge da parte
del  Consiglio  superiore della magistratura. Si aggiunga che davanti
al  giudice  amministrativo puo' venire in considerazione non solo la
violazione   di  legge  ma  anche  l'eccesso  di  potere,  il  quale,
denunciato  in  alcuna  delle  sue  figure  sintomatiche, consente al
giudice un penetrante sindacato sul provvedimento di trasferimento di
ufficio per incompatibilita' ambientale.