ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 30-bis del
codice   di  procedura  civile,  promosso  con  ordinanza  emessa  il
15 gennaio 2002 dalla Corte di appello di Campobasso nel procedimento
civile  vertente  tra  Giuseppe  Di  Nardo  ed  altra e Lloyd Italico
S.p.a.,  iscritta  al n. 116 del registro ordinanze 2002 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 13, 1a serie speciale,
dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 23 ottobre 2002 il giudice
relatore Franco Bile.
    Ritenuto  che,  con l'ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di
appello  di  Campobasso  - nel corso di un giudizio d'appello avverso
una  sentenza  emessa  dal Tribunale di Isernia nella controversia di
risarcimento  di  danni  da  circolazione  stradale,  promossa  da un
magistrato esercitante le funzioni nel distretto della Corte medesima
e  da  sua moglie nei confronti di una societa' di assicurazioni e di
altri  -  ha  sollevato  d'ufficio, in riferimento all'art. 111 della
Costituzione,    la    questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 30-bis  del  codice di procedura civile, nella parte in cui
non  ha  previsto  l'applicabilita' della disciplina, da esso dettata
per  l'individuazione  del  giudice  competente nelle cause in cui e'
parte  un  magistrato, anche ai processi pendenti alla data della sua
entrata in vigore;
        che  il  giudice  rimettente  rileva, con interpretazione non
implausibile,  che,  non  contenendo la legge 2 dicembre 1998, n. 420
(Disposizioni  per  i  procedimenti  riguardanti magistrati) - il cui
art. 9  ha  introdotto  l'art. 30-bis  cod. proc. civ. - disposizioni
relative  ai  processi pendenti all'atto della sua entrata in vigore,
il giudizio a quo e' sottratto all'operare della nuova disciplina, in
applicazione   dell'art. 5   cod.   proc.   civ.,   (secondo  cui  la
giurisdizione  e  la  competenza  si  determinano  in base alla legge
vigente al momento della proposizione della domanda);
        che,  tuttavia,  ad  avviso  del  rimettente,  la  regola  di
competenza  espressa  dall'art. 30-bis cod. proc. civ., risponderebbe
"ad  un'esigenza  di rango costituzionale, quale certamente e' quella
di   assicurare,  con  la  terzieta'  e  l'imparzialita'  dell'organo
giudicante,  assoluta  trasparenza  alla funzione giurisdizionale, la
quale  nelle  cause in cui e' parte un magistrato, sarebbe offuscata,
se  alla  sua  trattazione  e  decisione  fosse  deputato  un ufficio
giudiziario del distretto, in cui quel magistrato esercita le proprie
funzioni";
        che l'art. 111 della Costituzione prescrive che ogni processo
deve  svolgersi  davanti  ad  un  giudice  terzo ed imparziale e tale
precetto  deve essere soddisfatto in tutte le fasi del processo e non
solo con riferimento al momento dell'instaurazione del giudizio, come
dimostrerebbe  la  circostanza  che  lo stesso art. 30-bis cod. proc.
civ. ha previsto il venir meno della competenza del giudice, adito in
applicazione della regola di competenza derogatoria, se nel distretto
individuato  ai sensi dell'art. 11 del codice di procedura penale, la
parte magistrato sia venuta ad esercitare le funzioni "posteriormente
alla sua chiamata in giudizio";
        che il legislatore, in tal modo, avrebbe mostrato di reputare
il  principio della terzieta' ed imparzialita' del giudice durante il
corso  del  giudizio  prevalente su ogni altro e, particolarmente, su
quello  della  perpetuatio  della  giurisdizione  e  della competenza
esistente  al  momento  della domanda, dettato dall'art. 5 cod. proc.
civ;
        che  - dovendo, dunque, ritenersi che anche il giudizio a quo
ancorche'  in  corso all'atto dell'entrata in vigore dell'art. 30-bis
cod.  proc.  civ.,  dovrebbe continuare a svolgersi davanti a giudice
terzo ed imparziale - il giudice rimettente, "per valutazione ex ante
fatta  dal legislatore" non sarebbe piu' in possesso dei requisiti di
terzieta' ed imparzialita';
        che,  d'altro  canto,  avendo  l'art. 30-bis cod. proc. civ.,
risolto  "non  solo  e  non  tanto  un  problema  di  mera competenza
territoriale,  quanto  piuttosto  salvaguardata  l'essenza stessa del
processo  che,  se non costantemente governata da un giudice terzo ed
imparziale,  non  e'  un  processo  ma  una sua finzione" si dovrebbe
ritenere  che  il  processo  debba  trasmigrare  dal giudice divenuto
incompetente,  per avere perduto quei requisiti, al giudice provvisto
degli   stessi,   senza  che  possano  esservi  d'ostacolo  eventuali
preclusioni  processuali,  non  diversamente da quanto accadrebbe per
l'ipotesi,  di  cui  all'art. 30-bis,  secondo  comma,  del codice di
procedura civile;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  tramite  l'Avvocatura  generale  dello  Stato, che ha
depositato   memoria,   nella   quale   ha   sostenuto  la  manifesta
infondatezza  della  questione, in quanto gia' decisa in tal senso da
questa Corte con l'ordinanza n. 216 del 2001.
    Considerato   che   la   questione   della   mancata   estensione
dell'art. 30-bis  del  codice di procedura civile ai giudizi pendenti
all'entrata  in  vigore della norma che l'ha introdotto (art. 9 della
legge  2 dicembre  1998,  n. 420,  Disposizioni  per  i  procedimenti
riguardanti  magistrati)  e'  stata  gia' esaminata da questa Corte e
decisa  con  l'ordinanza  n. 216  del 2001, nel senso della manifesta
infondatezza;
        che  in  tale  ordinanza  - che il giudice rimettente mostra,
peraltro,  di  non  conoscere,  ancorche'  essa sia stata pronunciata
anteriormente  al provvedimento di rimessione - la suddetta questione
e'  stata  esaminata  anche alla stregua del parametro costituzionale
invocato  dalla Corte di appello ed in riferimento anche alle ragioni
da essa prospettate;
        che,  conseguentemente,  la questione proposta dall'ordinanza
in epigrafe deve essere dichiarata manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.