Ricorso per la Regione Basilicata, in persona del legale rappresentante, Filippo Bubbico, rappresentata e difesa, in virtu' di mandato a margine del presente atto, dagli avv.ti Mirella Viggiani, Maria Carmela Santoro e Fernanda Cariati, giusta deliberazione della Giunta regionale n. 1972 del 28 ottobre 2002 ed elettivamente domiciliata in Roma, presso l'ufficio di rappresentanza della Regione Basilicata, alla via Nizza n. 56; Contro il Presidente del consiglio dei ministri pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 198, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 13 settembre 2002, avente ad oggetto "Disposizioni volte ad accelerare la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese a norma dell'art. 1, comma 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443", limitatamente alle previsioni di cui agli artt. 1, 3, 7, comma 5 e 9, comma 3. F a t t o Con la legge 21 dicembre 2001, n. 443 il Parlamento conferiva delega legislativa al Governo in materia di infrastrutture e insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attivita' produttive. La delega aveva ad oggetto l'emanazione, nell'arco di dodici mesi dall'entrata in vigore della legge, di uno o piu' decreti legislativi intesi a definire, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle Regioni, un quadro normativo per la celere realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici. L'individuazione di tali infrastrutture e insediamenti sarebbe avvenuta all'esito di un procedimento complesso cui avrebbero partecipato, con finzioni propositive o consultive, le amministrazioni regionali interessate. La legge delega abilitava altresi' il Governo a riformare con le norme delegate le procedure per la valutazione di impatto ambientale e l'autorizzazione integrata ambientale, limitatamente alle opere oggetto di individuazione, nonche' a derogare talune previsioni della legge 11 febbraio 1994, n. 109, nel rispetto dei principi e criteri direttivi che contestualmente venivano dettati. Si stabiliva, ancora, che, in sede di prima applicazione, il programma col quale si sarebbero individuate le infrastrutture e gli insediamenti produttivi strategici avrebbe dovuto essere approvato dal CIPE entro il 31 dicembre 2001. Con deliberazione del 21 dicembre 2001 il CIPE approvava il programma ma, con riguardo al compatto delle telecomunicazioni ometteva di individuare alcuna infrastruttura, limitandosi ad approvare solo un'ipotesi delle risorse finanziarie occorrenti e rinviando ad una successiva intesa con le Regioni l'effettiva individuazione delle opere, la loro localizzazione e le modalita' di realizzazione. Con il decreto legislativo 13 settembre 2002, n. 198, in asserita attuazione della delega, il Governo ha emanato disposizioni che disciplinano in dettaglio le procedure per la realizzazione degli impianti di telecomunicazione strategici, arrogandosi prerogative che gli erano precluse dalla norma attributiva del potere esercitato e invadendo ambiti di competenza rimessi dalla Costituzione alla potesta' legislativa delle Regioni. D i r i t t o Illegittimita' dell'art. 1 per violazione degli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione. L'art. 1 del decreto legislativo n. 198/2002 indica gli obiettivi che la normativa, nel dettare principi fondamentali in materia di installazione e modifica delle categorie di infrastrutture di telecomunicazione considerate strategiche, intende perseguire. La legge n. 443/2001, che il Governo pone a fondamento della delega esercitata, non contiene criteri direttivi finalizzati all'emanazione di norme in materia di infrastrutture di telecomunicazione, ma attiene genericamente a definire un quadro normativo sulla cui scorta pervenire alla realizzazione di insediamenti produttivi strategici, previa l'individuazione specifica degli interventi da eseguire in un programma da formularsi con il concorso delle Regioni, la cui approvazione e' stata rimessa al CIPE. Antecedente logico della disciplina giuridica cui uniformare l'esecuzione degli interventi era quindi, nelle intenzioni del legislatore che ha conferito la delega, la preventiva, specifica indicazione delle opere da realizzare. Per quanto attiene al settore delle telecomunicazioni, che il decreto legislativo qui contestato ha dettagliatamente regolato, non si e' mai proceduto all'individuazione degli interventi, attesoche' la delibera CIPE del 21 dicembre 2001, nell'approvare il programma delle infrastrutture strategiche, si e' limitato a riassumere genericamente i piani di investimento dei principali operatori privati senza effettivamente precisare gli interventi da realizzare, adempimenti di cui ha rinviato l'attuazione alla successiva intesa con le Regioni. La legge delega deve ritenersi percio' violata in quanto il Governo ha assunto il provvedimento legislativo andando a disciplinare un oggetto estraneo a quello che aveva trovato definizione nella legge delega o, quanto meno, estendendo arbitrariamente l'esercizio della potesta' legislativa delegata a materia rispetto alla quale non si erano realizzati i presupposti cui il Parlamento aveva subordinato l'attribuzione della medesima potesta'. Ne' puo' ritenersi che l'omessa individuazione delle infrastrutture strategiche nel comparto delle telecomunicazioni, preliminare adempimento all'emanazione della disciplina legislativa concernente la loro concreta realizzazione, potrebbe essere sostituita da modalita' diverse da quelle previste nella legge di delega perche' questa scandisce i diversi passaggi, non ammettendo forme equipollenti ne' del programma di individuazione delle opere, ne' della partecipazione delle Regioni al procedimento di allocazione delle infrastrutture e insediamenti produttivi. L'Ecc.ma Corte ha piu' volte affermato (per tutte sent. n. 503/2000) che il vizio di eccesso di delega di un decreto legislativo puo' essere invocato dalle Regioni a fondamento di questioni di legittimita' costituzionale sollevate in via principale nei confronti di una legge dello Stato quando 1a violazione denunciata sia in astratto suscettibile di tradursi in una lesione delle attribuzioni regionali. Nel caso di specie il decreto legislativo n. 198/2002, esorbitando dai limiti della delega conferita, indice su competenze regionali costituzionalmente garantite laddove, come enunciato nell'art. 1, interviene a disciplinare con l'intento di razionalizzarle, le procedure autorizzatorie per l'installazione di impianti di telecomunicazioni peraltro da poco demandate alle Regioni con la legge quadro 22 febbraio 2001, n. 36 in ossequio a criteri di snellimento e semplificazione amministrativa. La lesione che la competenza legislativa regionale subisce per effetto delle norme impugnate motiva e legittima anche, sotto il profilo dell'ammissibilita', la censura di violazione degli artt. 76, 2 e 77 della Costituzione. Illegittimita' costituzione dell'art. 3 del d.lgs. n. 198/2002 per contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. Le norme dell'art. 3 del d.lgs. n. 198/2002 risultano invasive della competenza legislativa concorrente della Regione in materia di ordinamento della comunicazione e di governo del territorio. Al primo comma viene previsto che le categorie di infrastrutture di telecomunicazioni considerate strategiche ex art. 1, legge n. 443/2001 sono opere di interesse nazionale, realizzabili unicamente sulla base delle procedure definite dallo stesso decreto, anche in deroga alle disposizioni di cui all'art. 8, comma 1, lettera c), della legge n. 36/2001. Al successivo secondo comma si stabilisce che le infrastrutture di cui all'art. 4 ovvero le infrastrutture di telecomunicazione per impianti radioelettrici sono compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e sono realizzabili in ogni parte del territorio comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento. Da ultimo, al terzo comma, si prescrive che le infrastrutture di cui agli artt. 7, 8 e 9 sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all'art. 16, comma 7, d.P.R. n. 380/2001 (peraltro non ancora in vigore) e che alle stesse si applica la normativa vigente in materia. L'art. 117 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale n. 3/2001, conferisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva nelle materie elencate al secondo comma, attribuendo alla Regione il potere legislativo concorrente nelle materie elencate relativamente alle quali rimane riservata allo Stato solo la determinazione dei principi fondamentali e il potere legislativo esclusivo determinato, in via residuale, in tutte le altre materie. Nella formulazione del terzo comma dell'art. 117 Cost., fra le materie assegnate alla competenza concorrente della Regione, rientrano sia l'ordinamento della comunicazione che il governo del territorio. Per individuare l'ambito dell'ordinamento della comunicazione occorre richiamarsi alla legge n. 249/1997, che costituisce il primo ed unico riferimento legislativo in materia, la quale, nell'adottare il termine "comunicazioni", ha inteso applicarlo sia al settore delle telecomunicazioni sia a quello radiotelevisivo. L'intervento legislativo in via esclusiva dello Stato in subiecta materia si sarebbe potuto giustificare se incidente sui diritti costituzionalmente riconosciuti dagli artt. 15 e 21 della Costituzione, e cio' la liberta' di comunicazione e la liberta' di manifestazione del pensiero ovvero per garantire l'individuazione dei criteri essenziali di godimento di quei diritti. Nulla di tutto questo e' invece oggetto della norma contestata che, al fine di dettare le procedure accelerate per la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazione, sottrae questi interventi alle vigenti norme in materia di procedure concessorie ed autorizzatorie gia' attestate alla sfera di competenza regionale. In tal modo il legislatore delegato si e' indebitamente appropriato, per il soddisfacimento di quali interessi non e' dato sapere, di funzioni che per ragioni di speditezza ed economicita' dell'azione amministrativa si era scelto di porre in capo alle Regioni. In definitiva, in mancanza di principi in materia di ordinamento della comunicazione gia' esistenti al momento di entrata in vigore della legge costituzionale n. 3/2001 e prima che questi siano dettati, sono stati individuati procedimenti amministrativi che, stante l'attribuzione della potesta' legislativa al riguardo in favore delle Regioni, non potevano che promanare unicamente dall'esercizio di quest'ultima. L'articolo in esame si presenta illegittimo anche per violazione della potesta' legislativa concorrente di cui risulta titolare la Regione in materia di governo del territorio. La norma, rendendo ingiustificatamente compatibili le infrastrutture di cui si tratta con ogni destinazione urbanistica, vanifica ogni previsione di pianificazione territoriale, anche a livello comunale, attribuendo alla localizzazione dell'infrastruttura carattere di prevalenza sugli strumenti programmatori di cui si sono dotati gli enti locali, con quali possibili ricadute sugli assetti gia' definiti e' facile immaginare. In sostanza, ci troviamo anche qui di fronte ad una disciplina di dettaglio illegittimamente invasiva delle prerogative regionali rispetto alla quale si invoca il ripristino della legittimita' violata da parte di codesto Supremo Giudice. Illegittimita' costituzione degli artt. 7, quinto comma e 9, terzo comma per violazione dell'art. 117, terzo comma della Costituzione. L'art. 7, V comma, del provvedimento legislativo prevede che, nell'ambito della conferenza di servizi che si sia espressa positivamente sulla installazione di infrastrutture di telecomunicazione che presupponga la realizzazione di opere civili o l'effettuazione di scavi e l'occupazione di suolo pubblico, se sussiste il dissenso motivato di un'amministrazione preposta alla tutela ambientale o alla tutela della salute o alla tutela del patrimonio storico-artistico, la decisione e' rimessa al Presidente del Consiglio dei ministri con applicazione, verificatane la compatibilita', delle disposizioni contenute agli artt. 14 e seguenti della legge n. 241/1990. Analoga disposizione, in caso di dissenso da parte del soggetto preposto alla tutela ambientale o della salute o del patrimonio storico-artistico, si rinviene al terzo comma del successivo art. 9 che contempla anch'esso la convocazione di una conferenza di servizi relativamente all'istanza di installazione di infrastrutture di telecomunicazione da eseguirsi su aree di proprieta' di piu' enti pubblici o privati. Anche in quest'ipotesi il legislatore delegato ha ritenuto discriminante per il superamento del dissenso la decisione del Presidente del Consiglio dei ministri. Il conferimento al Presidente del Coniglio dei ministri della potesta' di adottare la decisione, intesa a dirimere il contrasto fra le amministrazioni interessate, espropria e svilisce le prerogative a queste riconosciute in contrasto peraltro anche con la previsione della legge n. 241/1990 che abilita a tanto il Consiglio dei ministri solo ove l'amministrazione dissenziente o procedente sia un'amministrazione statale e non anche nelle altre ipotesi, nelle quali legittima i competenti organi collegiali esecutivi degli enti territoriali. Anche queste disposizioni si appalesano lesive della potesta' legislativa concorrente regionale di cui al terzo comma dell'art. 117 della Costituzione in materia di governo del territorio e di tutela della salute. Per quanto attiene alla violazione delle competenze in materia di governo del territorio valgono anche qui le argomentazioni in precedenza esposte. Il legislatore delegato viola ogni attribuzione costituzionale nella materia predetta come in quella della tutela della salute. E' vero, cosi' come sostenuto dalla sentenza n. 407/2002 della Corte costituzionale, relativamente alla tutela ambientale, che vi sono dei valori, tutelabili trasversalmente, attraverso l'esercizio di competenze da parte di soggetti diversi, ma e' pur vero che la commistione, peraltro sine causa, degli ambiti di competenza non giova alla chiarezza dei rapporti tra i diversi soggetti preposti e deve quindi trovare una linea di demarcazione che impedisca, com'e' avvenuto, indebite invasioni di campo. La giustificazione dell'esercizio del potere deve essere, per forza di cose, necessariamente espressa; innanzitutto attraverso il richiamo ai valori che si intendono garantire e che trovano tutela nell'esercizio delle prerogative attribuite all'uno o all'altro soggetto; diversamente si corre il rischio di vedere snaturati i poteri conferiti, in spregio al principio della certezza del diritto. Le norme che si censurano attengono a materie attribuite alla potesta' legislativa delle regioni; non contengono principi fondamentali e non esprimono ne' contengono ragioni giustificatrici della invasione, da parte del legislatore delegato, delle competenze di cui si assume la violazione.