ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 268, comma 3,
e  271,  comma  1,  del  codice  di  procedura  penale, promosso, con
ordinanza  del  1 marzo 2002, dal giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di Bergamo, nel procedimento penale a carico di L.A. ed
altro,  iscritta  al  n. 155 del registro ordinanze 2002 e pubblicata
nela  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 16, 1a serie speciale,
dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 9 ottobre 2002 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che  con ordinanza emessa il 1 marzo 2002, nel corso di
un  procedimento  penale nei confronti di persone imputate di delitti
in  materia  di  stupefacenti, il giudice per le indagini preliminari
del  Tribunale  di  Bergamo  ha sollevato, in riferimento all'art. 76
della  Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale degli
artt. 268,  comma  3, e 271, comma 1, del codice di procedura penale,
nella  parte  in  cui  -  secondo  l'interpretazione  della  Corte di
cassazione  - prevedono che tutte le operazioni di intercettazione, e
non    soltanto   quelle   telefoniche,   possono   essere   compiute
esclusivamente  per  mezzo  degli  impianti  installati nella procura
della Repubblica, salvo motivato provvedimento di deroga del pubblico
ministero  in  ragione  della  insufficienza  o  inidoneita' di detti
impianti  e  della  sussistenza  di eccezionali ragioni di urgenza: e
cio' a pena di inutilizzabilita' dei risultati delle operazioni;
          che  il  giudice  a  quo  premette  di  essere  chiamato  a
pronunciarsi,  nell'udienza  preliminare, sull'eccezione della difesa
di  inutilizzabilita'  delle  intercettazioni  di  comunicazioni  tra
presenti,  effettuate  all'interno  di  un  autocarro nel corso delle
indagini  preliminari:  inutilizzabilita' conseguente al fatto che le
operazioni  erano  state eseguite mediante apparati in dotazione alla
polizia  giudiziaria,  in  assenza  di  un provvedimento motivato del
pubblico   ministero  circa  la  insufficienza  o  inidoneita'  degli
impianti   installati   presso  la  procura  della  Repubblica  e  la
sussistenza di eccezionali ragioni di urgenza;
        che   l'eccezione   si   basava   sul   recente  orientamento
giurisprudenziale, espresso da una sentenza della Corte di cassazione
a  sezioni unite (sentenza 31 ottobre 2001, Policastro), in forza del
quale  le  "garanzie  tecniche"  di  espletamento delle operazioni di
intercettazione,  di  cui all'art. 268, comma 3, cod. proc. pen., ivi
compresa  quella  di  motivazione  del  provvedimento  derogatorio  -
garanzie  finalizzate,  in  conformita' alla sentenza di questa Corte
n. 34 del 1973, ad assicurare il controllo dell'autorita' giudiziaria
circa   il   fatto  che  si  proceda  soltanto  alle  intercettazioni
autorizzate  e  nei  limiti  dell'autorizzazione - debbono intendersi
riferite,  unitamente  alla  sanzione  di  inutilizzabilita'  che  le
presidia  ai  sensi  dell'art. 271,  comma  1,  cod.  proc. pen., non
soltanto    alle   intercettazioni   telefoniche,   ma   anche   alle
intercettazioni di comunicazioni fra presenti;
        che in simile lettura - cui il giudice rimettente dichiara di
doversi  uniformare  "in  osservanza  del  principio  di nomofilachia
sancito   dall'art. 65   dell'ordinamento  giudiziario"  -  le  norme
impugnate  risulterebbero  peraltro  viziate da eccesso di delega, in
rapporto  ai principi e criteri direttivi dettati dall'art. 2, numero
41,  della  legge 16 febbraio 1987, n. 81, circa la "disciplina delle
intercettazioni di conversazioni e di altre forme di comunicazioni";
        che  mentre,  infatti, i principi stabiliti dalle lettere a),
b),  c) ed e) della norma di delega - relativi, rispettivamente, alla
predeterminazione  dei  reati  per  i  quali  le intercettazioni sono
ammesse;  alla  predeterminazione  della  durata  e  delle modalita';
all'annotazione  in apposito registro dei decreti; alla conservazione
e  alla distruzione della documentazione - concernono indistintamente
le  "intercettazioni",  intese  come  genus  comprensivo  tanto delle
intercettazioni  di conversazioni telefoniche che delle conversazioni
tra  presenti;  il  principio  dettato dalla lettera d) - riguardante
l'individuazione  degli impianti presso i quali le operazioni possono
essere  effettuate  -  risulta  invece  riferito  esclusivamente alle
intercettazioni "telefoniche";
        che,  al  riguardo,  il  rimettente ricorda come - secondo le
reiterate  indicazioni di questa Corte - l'esame del vizio di eccesso
di delega vada condotto, da un lato, definendo la portata delle norme
che  fissano  i  criteri  e  i  principi  direttivi,  alla  luce  del
complessivo  contesto  normativo  e  delle  finalita' che ispirano la
delega;  e,  dall'altro  lato,  considerando che i principi posti dal
legislatore  delegante  costituiscono  non  solo la base ed il limite
delle  norme delegate, ma anche strumenti per l'interpretazione della
portata  delle norme stesse, le quali vanno lette, pertanto, fin dove
possibile, nel significato compatibile con detti principi;
        che,  nella specie, la previsione della legge delega, per cui
il codice di procedura penale, nella disciplina delle intercettazioni
di  conversazioni  e di altre forme di comunicazione, era chiamato ad
individuare  "gli  impianti presso cui le intercettazioni telefoniche
possono  essere effettuate", non potrebbe significare se non che solo
per  queste - e non anche per le intercettazioni di comunicazioni fra
presenti  -  tale  individuazione doveva avvenire: e cio' - come piu'
volte  sottolineato  in  precedenti  decisioni  della stessa Corte di
cassazione  - nella considerazione che le intercettazioni ambientali,
potendo essere realizzate solo a mezzo di apparecchiature vicine alla
fonte  sonora  e  che  necessitano  di  centrali  di  ascolto mobili,
richiederebbero  l'uso  di  strumenti non installati, ne' agevolmente
installabili presso le procure della Repubblica;
        che,  a sua volta, la lettera f) della citata norma di delega
prevedeva   l'introduzione   di  "sanzioni  processuali  in  caso  di
intercettazioni  compiute  in violazione della disciplina di cui alle
lettere   precedenti":   sicche'  -  stante  la  riferibilita'  della
precedente  lettera  d) alle sole intercettazioni telefoniche - anche
la  sanzione  della  inutilizzabilita' avrebbe dovuto essere prevista
esclusivamente  in  rapporto  alla  violazione delle disposizioni che
individuano  il  luogo  di  effettuazione  di  tale ultima species di
intercettazioni;
        che  nel  giudizio  di  costituzionalita'  e'  intervenuto il
Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  il  quale ha chiesto che la
questione sia dichiarata inammissibile o infondata.
    Considerato  che  il  giudice rimettente sottopone a scrutinio di
costituzionalita',  sotto  il  profilo  dell'eccesso  di  delega,  le
disposizioni  degli  artt. 268,  comma  3, e 271, comma 1, cod. proc.
pen.,  nella  lettura  giurisprudenziale  -  avallata  da una recente
pronuncia  delle  sezioni  unite  della  Corte  di  cassazione  - che
attribuisce  alle  regole in tema di localizzazione degli impianti di
intercettazione  ed  alla  connessa  sanzione  di  inutilizzabilita',
previste dalle disposizioni stesse, una valenza non circoscritta alle
sole    intercettazioni    telefoniche,    ma   estesa   anche   alle
intercettazioni di comunicazioni tra presenti;
        che   il   giudice  a  quo  dichiara  di  doversi  uniformare
all'orientamento  interpretativo espresso dalla citata pronuncia - la
quale  si  inserisce in una situazione di contrasto giurisprudenziale
nell'ambito  delle  sezioni  semplici,  contrasto a sua volta insorto
dopo   che,   per   alcuni   anni,   la  Corte  di  cassazione  aveva
reiteratamente  adottato  la  soluzione  opposta - "in osservanza del
principio   di  nomofilachia  sancito  dall'art. 65  dell'ordinamento
giudiziario":  "principio" che notoriamente non si traduce, peraltro,
in  un  vincolo  cogente  all'autonomia  decisionale  del  giudice di
merito;
        che,  in effetti, il rimettente, sotto la veste della censura
di  costituzionalita',  svolge  considerazioni critiche nei confronti
dell'orientamento   in  questione,  che  mostra  chiaramente  di  non
condividere:  come  quando evoca - facendo eco a sentenze della Corte
di   cassazione   espressesi   in   senso   contrario   -  il  canone
interpretativo  in  forza  del  quale  le norme delegate vanno lette,
finche'  e'  possibile (e il rimettente non dice che non lo sia), nel
significato  compatibile  con i principi di delega; principi che, nel
frangente  -  ad  avviso  dello stesso giudice a quo e delle sentenze
sopra   ricordate   -,   limiterebbero  il  campo  applicativo  della
disciplina    sulla   localizzazione   degli   impianti   alle   sole
intercettazioni  telefoniche,  sia  per il loro tenore letterale, sia
per  ragioni  di ordine tecnico, correlate alle caratteristiche delle
apparecchiature richieste per le intercettazioni ambientali, ritenute
non  compatibili con impianti fissi e centralizzati presso le procure
della Repubblica;
        che  la questione appare dunque diretta non tanto a risolvere
un dubbio di legittimita' costituzionale, quanto piuttosto a ricevere
dalla  Corte  un improprio avallo ad una determinata interpretazione,
ritenuta  preferibile  -  attivita',  questa,  rimessa  al giudice di
merito,  tanto  piu'  in  presenza di indirizzi giurisprudenziali non
stabilizzati - utilizzando cosi' il giudizio di costituzionalita' per
un  fine  ad esso estraneo (cfr., ex plurimis ordinanze n. 199, 233 e
351 del 2001);
        che,  pertanto,  la  questione  va  dichiarata manifestamente
inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.