ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 500, comma 2 e
4,  del  codice di procedura penale, promossi con ordinanze emesse il
9 gennaio  2002  dal  Tribunale  di  Savona ed il 29 gennaio 2002 dal
Tribunale  di  Imperia,  iscritte  ai  nn. 251  e  276  del  registro
ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
nn. 22 e 24, 1a serie speciale, dell'anno 2002.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 9 ottobre 2002 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto che il Tribunale di Imperia solleva, in riferimento agli
artt. 2, 3, 24, primo comma, 25, secondo comma, e 101, secondo comma,
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 500,  comma  2, del codice di procedura penale, nella parte
in  cui  non  prevede  che  le dichiarazioni lette al dibattimento al
teste per le contestazioni, valutabili ai fini della credibilita' del
teste stesso, possano essere acquisite e valutate anche ai fini della
prova dei fatti in esse affermati;
        che,  a  parere  del  Tribunale  rimettente,  la disposizione
impugnata,  oltre  a  determinare  una irragionevole preclusione alla
ricerca  della verita', si porrebbe in contrasto con il principio del
libero  convincimento  del giudice e con l'obbligo di dar conto nella
motivazione  dei  criteri  adottati  e  dei  risultati conseguiti, in
quanto   risulterebbe   del   tutto   incoerente  che  la  precedente
dichiarazione,  una  volta  introdotta  nel giudizio ed esaminata nel
contraddittorio delle parti, non possa essere acquisita ed utilizzata
come prova dei fatti in essa affermati;
        che anche il Tribunale di Savona solleva, in riferimento agli
artt. 101,  secondo  comma,  e 25, secondo comma, della Costituzione,
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 500, commi 2 e 4,
cod.   proc.   pen.,   nella  parte  in  cui  non  prevedono  che  le
dichiarazioni   rese   dai   testimoni   nella  fase  delle  indagini
preliminari,  e  successivamente  utilizzate  per  le  contestazioni,
possano  essere acquisite al fascicolo per il dibattimento e valutate
quali fonti di prova;
        che,  pure  ad  avviso del Tribunale di Savona, la disciplina
censurata  violerebbe il principio del libero convincimento, giacche'
la  dichiarazione utilizzata per le contestazioni - ancorche' entrata
nel   patrimonio   di   conoscenza   del  giudice  ed  esaminata  nel
contraddittorio  delle  parti  -  non puo' essere utilmente acquisita
come  prova  dei  fatti  in  essa  affermati,  malgrado  la  ritenuta
attendibilita' della stessa;
        che  sarebbe  compromesso anche il principio di legalita', in
quanto  la  limitazione,  per  il giudice, della piena cognizione del
fatto  reato,  inciderebbe  negativamente sulla "effettiva attuazione
della legge che ha il dovere di applicare";
        che  nei  giudizi  e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo dichiararsi non fondate le questioni.
    Considerato  che  le  ordinanze di rimessione sollevano questioni
fra loro del tutto analoghe e che, pertanto, i relativi giudizi vanno
riuniti per essere definiti con un'unica decisione;
        che  i  quesiti  sollevati  dai giudici rimettenti sono stati
gia'  ampiamente  scrutinati,  sotto  tutti  i profili dedotti, nelle
ordinanze  nn. 36  e 365 del 2002, ove questa Corte ha in particolare
rimarcato  "come  l'art. 111  della  Costituzione abbia espressamente
attribuito  risalto  costituzionale al principio del contraddittorio,
anche  nella  prospettiva  della impermeabilita' del processo, quanto
alla  formazione  della  prova,  rispetto  al  materiale  raccolto in
assenza    della    dialettica    delle   parti":   con   conseguente
predisposizione,   per   la  fase  del  dibattimento,  di  meccanismi
normativi  idonei  alla  salvaguardia  "da  contaminazioni probatorie
fondate  su  atti  unilateralmente  raccolti nel corso delle indagini
preliminari";
        che,  pertanto,  non  essendo stati addotti argomenti nuovi o
diversi  rispetto  a  quelli  gia'  esaminati,  le questioni proposte
devono essere dichiarate manifestamente infondate.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.