ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 103, secondo
comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza
universitaria,  relativa fascia di formazione nonche' sperimentazione
organizzativa e didattica), promosso con ordinanza emessa il 9 maggio
2001  dal  Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio sul ricorso
proposto  dal  Margaret Loseby Venzi contro l'Universita' degli studi
della Tuscia e altro, iscritta al n. 12 del registro ordinanze 2002 e
pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, 1a serie
speciale, dell'anno 2002.
    Visti l'atto di costituzione di Margaret Loseby Venzi e l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 2 luglio 2002 il giudice relatore
Gustavo Zagrebelsky;
    Uditi  l'avvocato  Lorenzo  Fascione  per Margaret Loseby Venzi e
l'avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio
dei ministri.
    Ritenuto  che  con  ordinanza  del  9 maggio  2001  il  Tribunale
amministrativo  regionale del Lazio ha sollevato, in riferimento agli
articoli 3   e  97  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 103,  secondo  comma,  del d.P.R. 11 luglio
1980,  n. 382  (Riordinamento  della  docenza universitaria, relativa
fascia   di   formazione   nonche'  sperimentazione  organizzativa  e
didattica),  "nella  parte  in  cui  non  contempla, tra i periodi di
servizio   riconoscibili   ai  fini  della  carriera  in  favore  dei
professori  associati  all'atto della conferma in ruolo, i periodi di
effettivo  servizio prestati in qualita' di professore a contratto ai
sensi degli articoli 100 e 116 dello stesso d.P.R. n. 382 del 1980";
        che   nel   giudizio  principale  la  ricorrente,  professore
associato  confermato  presso la facolta' di agraria dell'Universita'
della  Tuscia,  ha  impugnato  due  decreti  rettorali concernenti il
riconoscimento  dei  servizi  pregressi  ai  sensi  dell'art. 103 del
d.P.R.  n. 382  del  1980,  nella  parte  in  cui  non le riconoscono
precedenti  periodi  di  insegnamento  svolti presso l'Universita' di
Napoli  e  presso  la  stessa Universita' della Tuscia in qualita' di
docente  a  contratto  a  norma degli articoli 100 e 116 dello stesso
d.P.R.    n. 382,    in    quanto    -    secondo   l'interpretazione
dell'amministrazione  universitaria  posta  a base del diniego - tale
servizio  non  rientra  tra quelli tassativamente indicati dal citato
art. 103, secondo comma, e di conseguenza non puo' essere valutato ai
fini  della  ricostruzione  della  carriera dei professori associati,
all'atto della conferma in ruolo;
        che  -  prosegue  il  rimettente  -  a fondamento del ricorso
l'interessata   prospetta   una   diversa  interpretazione,  tale  da
ricomprendere  nella generica espressione di "professore incaricato",
impiegata  dalla  norma  impugnata  ai  fini  del  riconoscimento dei
servizi  prestati,  anche  la  posizione  del  professore a contratto
(articoli 100 e 116 del d.P.R. n. 382 del 1980), quale titolare di un
vero  e  proprio  incarico  di  insegnamento al pari di un professore
universitario di ruolo incaricato;
        che   il   giudice   a   quo   esclude   di   poter   seguire
l'interpretazione  prospettata  dalla  ricorrente,  sia  in base alla
natura  tassativa  dell'elencazione  contenuta  nell'art. 103, sia in
base  alla  ulteriore  considerazione  che,  data la diversita' delle
figure  di  "professore  incaricato"  e di "professore a contratto" -
caratterizzate,    rispettivamente,   l'una   dall'"incarico",   atto
autoritativo  di  natura  pubblicistica, l'altra da un vero e proprio
contratto  di diritto privato a tempo determinato - si deve escludere
che  "con  la  dizione  tecnica "professore incaricato il legislatore
abbia inteso riferirsi ad entrambe";
        che il rimettente premessa l'affermazione dell'"ampio margine
di   discrezionalita'   nella   scelta   di  merito  in  ordine  alla
riconoscibilita'   o   meno  di  determinati  servizi",  lasciato  al
legislatore  delegato  dall'art. 12,  primo  comma, lettera i), della
legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il riordinamento
della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la
sperimentazione  organizzativa  e didattica) solleva quindi questione
di  costituzionalita' dell'art. 103, secondo comma, del d.P.R. n. 382
del  1980,  per  contrasto  con  gli artt. 3 e 97 della Costituzione,
"laddove,  sia nell'elencare direttamente i servizi riconoscibili per
due  terzi,  sia  nel  limitarsi  a  rinviare  alle  figure  previste
dall'art. 7  della  legge  n. 28  del  1980  per l'individuazione dei
servizi  riconoscibili  per  meta',  trascura  di  includere tra tali
servizi  quello  prestato  in qualita' di "professore a contratto" di
cui agli articoli 100 e 116 dello stesso d.P.R.";
        che,   in  particolare,  la  disparita'  di  trattamento  nei
riguardi  della  categoria  dei  professori  a  contratto - nel senso
anzidetto   dell'esclusione  di  essa  dal  novero  di  categorie  di
personale  i cui periodi di servizio sono riconoscibili ai fini della
carriera  dei  professori  associati - sarebbe rilevabile proprio dal
raffronto  con  le  altre  categorie menzionate dall'art. 103, ed "in
particolare  con  quella,  simile,  dei  "professori incaricati e dei
"professori  incaricati  supplenti  ,  nonche'  con  altre  di minore
rilevanza  nel  mondo  accademico e minor impegno, quali le categorie
degli "assistenti di ruolo o incaricati , degli "assistenti supplenti
, dei "ricercatori , dei "medici interni universitari , e soprattutto
dei   "lettori   (questi  ultimi,  peraltro,  anch'essi  titolari  di
contratti  di  diritto  privato), ovvero a cui l'attivita' di docenza
non  e'  richiesta  affatto  (tecnici  laureati e perfezionandi) o e'
richiesta  al  limitato  fine della formazione didattica (titolari di
borse   o   assegni  di  formazione  o  addestramento  scientifico  e
didattico),   cioe'   nell'interesse  dello  stesso  soggetto  e  non
dell'universita'", nonche' ulteriormente con i titolari dei contratti
previsti  dall'art. 5  del d.l. 10 ottobre 1973, n. 580, nominati per
svolgere attivita' di assistenza agli studenti, di controllo del loro
profitto  e  di  esercitazione  in collaborazione con i docenti nello
svolgimento  dei  corsi  e  nella valutazione degli studenti, esclusa
espressamente  la  sostituzione  dei  docenti stessi, con conseguente
impegno temporale e qualitativo inferiore a quello del titolare di un
contratto  previsto  dagli  articoli 100  e 116 del d.P.R. n. 382 del
1980;
        che   inoltre,  a  sostegno  della  questione  sollevata,  il
Tribunale   amministrativo   regionale   del   Lazio   osserva   che,
diversamente   dal   "professore   a  contratto"  nominato  ai  sensi
dell'art. 25 del d.P.R. n. 382 per l'attivazione di corsi integrativi
di  quelli  ufficiali,  il titolare dei contratti previsti dai citati
articoli 100  e  116  e'  nominato  -  in caso di facolta' o corsi di
laurea di nuova istituzione o, rispettivamente, in attesa della prima
tornata dei giudizi di idoneita' a professore associato - proprio per
l'attivazione    degli    insegnamenti    ufficiali,   necessari   al
funzionamentodei  singoli  anni  di  corso, qualora non sia possibile
provvedervi  nei  modi ordinari, e che pertanto "l'attivita' che egli
e'   chiamato  a  svolgere  e'  sostanzialmente  quella  di  titolare
dell'insegnamento, in puntuale ed integrale sostituzione di questi";
        che  nel giudizio cosi' promosso e' intervenuto il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri,  tramite  l'Avvocatura  generale dello
Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione;
        che si e' altresi' costituita la parte privata ricorrente nel
giudizio  principale,  che,  anche  con  una  memoria  depositata  in
prossimita'  dell'udienza,  ha  concluso  nel senso dell'accoglimento
della questione.
    Considerato  che  il Tribunale amministrativo regionale del Lazio
ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione,
questione   di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 103,  secondo
comma,  del  d.P.R.  11 luglio  1980,  n. 382,  in  quanto  esso, nel
disporre  che  ai  professori  associati,  all'atto della conferma in
ruolo  o  della  nomina  in  ruolo  a norma dell'art. 50 del medesimo
decreto,  sia riconosciuto, ai fini della carriera, (a) per due terzi
il  servizio  prestato  in  qualita'  di  professore  incaricato,  di
ricercatore   universitario   o  di  enti  pubblici  di  ricerca,  di
assistente  di  ruolo  o  incaricato, di assistente straordinario, di
tecnico  laureato,  di  astronomo  e  ricercatore  degli  osservatori
astronomici, astrofisici e Vesuviano, di curatore degli orti botanici
e  di conservatore di musei, (b) per la meta' il servizio prestato in
una  delle  figure previste dall'art. 7 della legge 21 febbraio 1980,
n. 28,  e  infine  (c) per un terzo il servizio reso quale assistente
volontario,  omette  di  considerare altresi', agli stessi fini della
carriera  dei  professori  associati,  la  figura  del  professore  a
contratto  di  cui agli articoli 100 e 116 del medesimo d.P.R. n. 382
del  1980,  in tal modo creando una ingiustificata discriminazione di
detta   figura,   in   violazione   dei  principi  di  uguaglianza  e
ragionevolezza e del principio di buon andamento dell'amministrazione
pubblica;
        che  le censure mosse dal rimettente alla norma denunciata di
incostituzionalita' si basano sul raffronto tra la categoria, esclusa
dal  riconoscimento  a  fini  di  carriera quale professore associato
confermato,  dei  professori a contratto, cioe' dei soggetti cui sono
stati attribuiti - a norma degli articoli 100 e 116 del d.P.R. n. 382
del  1980  e  secondo  le  modalita' stabilite dal precedente art. 25
dello stesso decreto - incarichi di insegnamento attraverso contratti
"sostitutivi"  degli  ordinari  affidamenti  ai  titolari, e le altre
figure indicate dalla norma, il cui servizio viceversa e' considerato
utile  agli  stessi fini, seppure in misura differenziata, come sopra
precisato;
        che  la  figura  del  professore  a contratto, della quale il
Tribunale    amministrativo    regionale   rimettente   lamenta   una
discriminazione     incostituzionale,    e'    disciplinata,    dagli
articoli 100,  primo  comma,  lettera d), e 116 del d.P.R. n. 382 del
1980,   secondo   modalita'   di   affidamento   e   di   svolgimento
dell'insegnamento  caratterizzate dall'assenza di una qualsiasi forma
di  selezione  concorsuale,  dalla  durata  limitata del rapporto (di
norma   annuale  e  non  rinnovabile  piu'  di  due  volte)  e  dalla
conformazione  privatistica  dello  stesso  (v.  l'art. 25 del d.P.R.
n. 382  del  1980,  cui  gli articoli 100 e 116 fanno rinvio quanto a
modalita' e contenuto del contratto);
        che, coerentemente con l'anzidetta disciplina della peculiare
tipologia  di  insegnamento,  affidato  dalle  universita' a soggetti
provenienti da categorie extra-universitarie (art. 25 citato) nonche'
attivato  sul  presupposto  dell'impossibilita'  di provvedere, nelle
facolta'  e  nei  corsi  di  nuova  istituzione, attraverso modalita'
"ordinarie"  [art. 100,  primo  comma,  lettere  a),  b) e c)] ovvero
dell'impossibilita'  di  coprire  gli  insegnamenti  vacanti  con gli
incarichi  in  corso  in  attesa  della  prima tornata dei giudizi di
idoneita'  per  professori  associati  (art. 116),  la  disciplina di
riforma  universitaria  esclude  la figura del professore a contratto
dall'inserimento nella carriera universitaria, e cio' diversamente da
quanto  e'  stabilito  in  generale  per  le  categorie  di personale
universitario  assunte  dal  giudice  a  quo  a termini di raffronto,
connotate  tutte  da  forme  di  selezione  pubblica e collegate alla
previsione di posti nell'ambito della struttura universitaria (v. gli
articoli 50   e   58   del   d.P.R.   n. 382,   per   l'inquadramento
rispettivamente   nelle   fasce   dei   professori  associati  e  dei
ricercatori   universitari   in   sede  di  "prima  applicazione  del
[presente] decreto");
        che   pertanto   la   richiesta   del  rimettente  nel  senso
dell'assimilazione   della   categoria  dei  professori  a  contratto
affidatari  di insegnamenti in "sostituzione" temporanea dei titolari
alle  altre  figure  di personale indicate quali tertia comparationis
non puo' essere accolta, alla stregua dell'art. 3 della Costituzione,
trattandosi  di categorie eterogenee e non potendosi dunque estendere
alla  prima  la  disciplina posta per le seconde (v. analogamente, in
relazione  agli  affidamenti di insegnamento a contratto di carattere
"integrativo"  di  cui  all'art. 25  del  d.P.R.  n. 382 del 1980, la
sentenza n. 412 del 1992);
        che,  sotto  altro  profilo,  neppure  puo' essere seguita la
prospettazione  del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, nel
senso   dell'introduzione   di   una   nuova  categoria  di  servizio
riconoscibile  ai  fini  di carriera, per il raffronto, che lo stesso
rimettente  istituisce,  tra i professori a contratto e la figura dei
professori incaricati, poiche' per questo aspetto la censura assume a
termine  di riferimento la disciplina di una categoria che la riforma
universitaria  ha  abolito,  secondo  quanto  prescrive espressamente
l'art. 1,  sesto comma, del d.P.R. n. 382 citato, e che come tale non
si   presta   in   radice  a  una  estensione  oltre  l'ambito  anche
temporalmente  delimitato  che le e' proprio, cosicche' la scelta del
legislatore  non  puo'  neppure in questa prospettiva essere definita
arbitraria o irragionevole;
        che  infine,  quanto alla dedotta violazione del principio di
buon   andamento   dell'amministrazione  -  censura  argomentata  dal
rimettente  essenziamente  secondo le stesse osservazioni addotte per
sostenere  la violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza
-,  questa  Corte  deve ribadire, da un lato, che il principio di cui
all'art. 97   della  Costituzione  non  puo'  essere  richiamato  per
conseguire miglioramenti economici di categoria (tra molte, ordinanza
n. 94 del 2002; sentenze n. 273 del 1997, n. 15 del 1995), dall'altro
che  sarebbe proprio la piena equiparazione a tutti gli effetti di un
servizio  prestato in svolgimento di un rapporto diverso da quello di
pubblico   impiego   a  collidere  con  il  principio  costituzionale
invocato,   risolvendosi  tale  assimilazione  in  un  ingiustificato
privilegio  dei  soggetti  titolari  di  contratto rispetto a chi sia
stato  assunto  a  seguito di procedure selettive pubbliche (sentenze
n. 109 del 2000, n. 320 del 1997, n. 59 del 1996);
        che  la questione di costituzionalita' sottoposta al giudizio
di   questa   Corte  deve  quindi  essere  dichiarata  manifestamente
infondata sotto ogni profilo.