ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di  attribuzione  sorto  a seguito del
decreto  8 ottobre  1998  del  Ministro  dei lavori pubblici, recante
"Promozione  di  programmi  innovativi  in  ambito  urbano denominati
"Programmi  di  riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del
territorio  "  al  connesso  bando  e relativi allegati, promosso con
ricorso   della   Regione  Veneto,  notificato  il  26 gennaio  1999,
depositato  in cancelleria il 5 febbraio 1999 ed iscritto al n. 7 del
registro conflitti 1999.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 4 giugno 2002 il giudice relatore
Carlo Mezzanotte;
    Uditi gli avvocati Alfredo Bianchini e Luigi Manzi per la Regione
Veneto  e  l'avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del
Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.1. -   Con  ricorso  notificato  il  26 gennaio 1999 la Regione
Veneto  ha  sollevato  conflitto  di  attribuzione  nei confronti del
Presidente  del  Consiglio dei ministri in riferimento al decreto del
Ministro  dei  lavori  pubblici  in  data  8 ottobre  1998,  recante:
"Promozione  di  programmi  innovativi  in  ambito  urbano denominati
"Programmi  di  riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del
territorio  ",  al  connesso bando ed ai relativi allegati "A" e "B",
per  violazione  degli  articoli  117 e 118 della Costituzione, degli
artt. 1, 2, 3 e 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo
per  il  conferimento  di  funzioni  e  compiti  alle regioni ed enti
locali,  per  la  riforma  della  pubblica  amministrazione  e per la
semplificazione  amministrativa),  degli  artt. 1,  52,  54  e 98 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e
compiti  amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali,
in  attuazione  del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), e degli
artt. 79,  80, 81 e ss. del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione
della  delega  di  cui  all'articolo  1  della  legge 22 luglio 1975,
n. 382), e successive modificazioni.
    La  ricorrente premette che con il decreto impugnato il Ministero
dei   lavori  pubblici  ha  approvato,  d'intesa  con  la  Conferenza
unificata,  una  disciplina  di promozione di programmi innovativi in
ambito  urbano, denominati "programmi di riqualificazione urbana e di
sviluppo   sostenibile  del  territorio"  (PRUSST),  richiamando  gli
artt. 52  e  54 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, che conservano allo
Stato  le  funzioni  relative a tali programmi, nonche' l'art. 98 del
medesimo  decreto, che tra le funzioni mantenute allo Stato individua
la  pianificazione  pluriennale  della viabilita', la programmazione,
progettazione,  realizzazione  e  gestione  della  rete  stradale  ed
autostradale e la determinazione dei criteri relativi alla fissazione
dei canoni delle licenze e delle concessioni.
    Ad avviso della Regione Veneto il decreto del Ministro dei lavori
pubblici  invaderebbe  la  sfera di attribuzioni, sia legislative che
amministrative,  delle  regioni nella materia della urbanistica, loro
riservata  dall'art. 117 della Costituzione, e in quella della difesa
del suolo e dell'assetto del territorio, gia' trasferita alle regioni
dagli  artt. 79,  80  e  ss.  del  d.P.R.  24 luglio  1977,  n. 616 e
successive  modificazioni,  e  ricondurrebbe  alla materia, mantenuta
allo Stato, dei programmi innovativi funzioni ed attivita' che non si
identificherebbero  con  i  compiti  di  rilievo  nazionale  definiti
dall'art. 1,  comma 4, lettera c), della legge n. 59 del 1997 e dallo
stesso  art. 52 del d.lgs. n. 112 del 1998, ma si sostanzierebbero in
"normalissimi  interventi  sul  territorio", come tali rientranti, in
base alla citata normativa, nella competenza regionale.
    1.2. - Secondo  la  ricorrente  il  Ministro  avrebbe  omesso  la
definizione non solo dei contenuti dei programmi innovativi, ma anche
dei   principi   o  criteri  di  carattere  generale  che  dovrebbero
consentirne  l'individuazione,  giacche',  in  base  al  primo  comma
dell'art. 2 del decreto censurato, tali programmi sono concepiti come
"un  metodo  (sperimentale)  di  azione  amministrativa allo scopo di
attivare  finanziamenti  sulle  aree  urbane".  Il  bando allegato al
decreto  (che  doveva  limitarsi,  ai sensi dell'art. 2, comma 3, del
decreto  stesso,  a  stabilire  le  modalita'  di  presentazione e di
selezione  di  programmi  innovativi)  ne  individuerebbe,  invece, i
possibili  contenuti,  che  non  riguarderebbero  tanto e soltanto la
sperimentazione  sulle  azioni  amministrative e sui moduli operativi
(come  prescritto  dal citato art. 2), ma contemplerebbero interventi
concreti  riguardanti  strutture  direzionali,  ricettive, sanitarie,
interventi   di   edilizia   residenziale   ed  abitativa,  opere  di
urbanizzazione,  insediamenti  produttivi,  recupero  di  aree  e  di
edilizia  degradata.  Il  vero  contenuto  dei  cosiddetti  programmi
innovativi  consisterebbe, quindi, nell'essere "per lo piu' programmi
edilizi  di  normalissimo  assetto  del  territorio",  senza  nessuna
particolare  connotazione  che li possa far ricondurre a quei compiti
di  rilievo  nazionale dello Stato o a quel carattere di innovazione,
che  avrebbero  potuto  giustificare  il  mantenimento delle relative
funzioni allo Stato stesso.
    1.3. - La  Regione  Veneto  rileva  inoltre  come,  in  base agli
artt. 4  e  5 del bando allegato al decreto ministeriale, il soggetto
promotore  dei  programmi  innovativi  non  sarebbe  lo  Stato, ma il
comune,  il  quale  dovrebbe  coordinarli  con  i propri strumenti di
pianificazione,   mentre  le  regioni  sarebbero  relegate  (come  le
province,    le   comunita'   montane,   lo   stesso   Stato,   varie
amministrazioni   pubbliche   e  soggetti  privati)  tra  i  soggetti
proponenti,  legittimati  soltanto ad avanzare le proprie proposte ai
"comuni  promotori". Ne risulterebbe cosi' capovolto il sistema della
riserva  allo  Stato  della  promozione  di programmi innovativi e le
disposizioni   citate   determinerebbero   "una  sorta  di  impropria
sub-delega  dallo  Stato  ai  comuni",  con  relativa  sottrazione di
competenza alle regioni.
    1.4. - Ad   avviso   della   Regione   Veneto  l'invasione  delle
competenze  regionali si realizzerebbe anche con riferimento ai mezzi
per   attuare   i  citati  programmi  innovativi.  Tanto  il  decreto
ministeriale  (art. 1)  che il bando (artt. 1, 6-9 e 14) - osserva la
ricorrente - disciplinano la modalita' di finanziamento dei programmi
e  sottopongono il finanziamento stesso all'esame ed all'approvazione
del  Ministero:  si tratterebbe, percio', di erogazioni gestite dallo
Stato  in  una  materia di competenza regionale. Lo stesso sistema di
finanziamento  disciplinato  dal  decreto  ministeriale impugnato non
sarebbe  riconducibile  alla  funzione  di  promozione dei programmi,
mantenuta  allo  Stato  dall'art. 54  del  d.lgs.  n. 112 del 1998, e
finirebbe  con  l'invadere  il campo della gestione amministrativa di
competenza  regionale,  come  sarebbe  dimostrato, tra l'altro, dalla
dettagliata procedura per la valutazione dei programmi innovativi che
attribuisce  al  Ministro tutta la fase propriamente amministrativa e
gestionale  dei  programmi  stessi,  compresa  la predisposizione dei
modelli per la loro presentazione da parte dei proponenti.
    2.1. - Si  e'  costituito in giudizio il Presidente del Consiglio
dei ministri, tramite l'Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto
che il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque respinto.
    Ad   avviso   della   difesa  erariale  il  decreto  ministeriale
impugnato,  attuativo  degli  artt. 52 e 54, comma 1, lettera c), del
d.lgs.  n. 112  del 1998, dovrebbe essere qualificato come "strumento
fondamentale  di  programmazione  e  promozione"  e sarebbe del tutto
inidoneo  a  ledere  le sfere di attribuzioni regionali in materia di
urbanistica,   difesa   del  suolo  e  assetto  del  territorio,  con
conseguente inammissibilita' del ricorso.
    In  ogni  caso,  il  ricorso  sarebbe  anche  infondato  perche',
contrariamente  a  quanto  ritenuto  dalla  ricorrente, l'oggetto del
decreto  sarebbe quello di fissare le modalita' di individuazione dei
contenuti  dei  programmi  innovativi  attraverso  una  articolata  e
definita  procedimentalizzazione, all'interno della quale non sarebbe
stato   trascurato   l'apporto   delle   istanze  centrali  o  locali
interessate.
    2.2. - Secondo l'Avvocatura la scelta dei comuni (e, d'intesa con
essi,  anche  delle province e delle regioni) come enti promotori dei
programmi  sarebbe "coerente con gli assetti istituzionali vigenti" e
non  potrebbe  essere  considerata  come  una  "sub-delega  statale",
giacche'  il  decreto  non  intende  trasferire  funzioni scavalcando
soggetti gerarchicamente sovraordinati, ma utilizzare una metodologia
di ricognizione delle esigenze prioritarie, anche al fine di reperire
i  relativi  finanziamenti,  senza  che  cio'  significhi  abdicare a
compiti  istituzionalmente appartenenti alla amministrazione centrale
e sovvertire l'assetto delle competenze istituzionali.
    Ne' risponderebbe a verita' l'affermazione secondo cui le regioni
sarebbero  relegate al mero ruolo di proponenti, in quanto il decreto
distinguerebbe  opportunamente  i  soggetti  "promotori" dai soggetti
"proponenti" (artt. 4 e 5 del bando), ricomprendendo nei primi i soli
enti territoriali (tra cui sarebbe inclusa anche la regione).
    2.3. - L'Avvocatura   dello  Stato  rileva  poi  che  le  risorse
finanziarie  destinate direttamente dal decreto non atterrebbero alla
realizzazione  dei  contenuti  dei  programmi,  ma  sarebbero  invece
finalizzate all'attuazione della fase programmatoria, come dimostrato
dal  fatto  che  l'art. 6  del  bando  attribuisce  l'importo massimo
stanziato  per  ogni  programma  (quattro miliardi di lire) alla sola
copertura   dei   costi   relativi   all'assistenza  tecnica  per  la
predisposizione  dei  programmi  medesimi  e  alla  copertura,  anche
parziale,  dei  costi  relativi  alla  progettazione,  oltre  che  al
concorso   alla   realizzazione  di  infrastrutture  pubbliche  e  ad
incentivi per il recupero del patrimonio edilizio residenziale.
    2.4. -   Secondo  la  difesa  erariale,  infine, lo Stato, con il
decreto  oggetto  di  ricorso, avrebbe individuato, proprio nella sua
veste   di  promotore,  un  meccanismo  organizzatorio  generale  per
giungere  alla  definizione  dei  programmi  e  avrebbe coerentemente
regolato  anche  le  fasi successive a quelle meramente promozionali,
garantendo,  con  un procedimento concorsuale a modalita' rigidamente
predeterminate,  la  selezione  delle sole esigenze primarie, in base
alla  loro  rispondenza ai criteri prefissati. In questo quadro anche
la  predisposizione di moduli dettagliati, da utilizzare da parte dei
proponenti,  sarebbe soltanto strumentale alle finalita' promozionali
e  programmatorie proprie del decreto, che punterebbe in definitiva a
porre  in  essere  un  coordinato  strumento  di  supporto formativo,
culturale e finanziario per gli enti locali.
    3.1. - In  prossimita' dell'udienza pubblica del 12 dicembre 2000
hanno depositato memorie tanto la Regione Veneto quanto il Presidente
del Consiglio dei ministri.
    3.2. - La   Regione   Veneto,   ribadite   le   deduzioni   e  le
argomentazioni  gia'  svolte  nell'atto  introduttivo  del  giudizio,
afferma   che  il  meccanismo  procedimentale  previsto  nel  decreto
ministeriale   8 ottobre   1998   per   i   programmi   in  questione
evidenzierebbe  una  compressione ingiustificata ed illegittima delle
competenze regionali attuata sia "dall'alto" che "dal basso".
    Sotto  il  primo profilo, la procedura di valutazione e selezione
dei programmi (art. 13 del bando) attribuirebbe alla regione un ruolo
tutt'altro  che  preminente,  essendo previsto un solo rappresentante
per  ciascuna  regione  nel  comitato  di  valutazione e selezione, a
fronte della massiccia partecipazione delle amministrazioni centrali,
e  potendo  le  regioni  esprimere  in  sede  di  valutazione,  su un
punteggio complessivo pari a 100, soltanto 20 punti.
    Quanto  al  secondo profilo, la ricorrente rileva che le esigenze
prioritarie   sulle  quali,  a  detta  dell'Avvocatura  dello  Stato,
dovrebbe  operarsi  la selezione dei programmi verrebbero individuate
da enti locali sottordinati, e cioe' dai comuni, che sarebbero i veri
(e sostanzialmente unici) soggetti promotori dei programmi medesimi.
    La  Regione  Veneto,  infine,  a  dimostrazione  del fatto che le
risorse  finanziarie  previste  dal decreto ministeriale atterrebbero
all'attuazione  non  solo  della  fase  programmatoria,  ma anche dei
contenuti  del programma, segnala che l'art. 2 del bando ne individua
gli   obiettivi   nella   realizzazione,   nell'adeguamento   e   nel
completamento  di  attrezzature  finalizzate allo sviluppo economico,
ambientale  e sociale, o nella messa in opera di un sistema integrato
di   attivita'   dirette  all'ampliamento  e  alla  realizzazione  di
insediamenti  industriali,  commerciali  e artigianali, o ancora alla
riqualificazione  di  zone  urbane, e che l'art. 6 dello stesso bando
destina  i  finanziamenti  anche  al  "concorso alla realizzazione di
infrastrutture", prevedendo "incentivi per il recupero del patrimonio
edilizio",   che   implicherebbero   "veri   e  propri  obiettivi  di
intervento".
    3.3. - Nella  propria  memoria, l'Avvocatura generale dello Stato
ribadisce che i PRUSST non sarebbero altro che programmi economici di
sostegno  finanziario e non configurerebbero strumenti di governo del
territorio, tant'e' che l'art. 4 del bando precisa che gli interventi
devono  essere  "in coerenza" con gli strumenti urbanistici e che, in
mancanza  di  tale coerenza, occorre una intesa cui partecipino anche
la regione o la provincia interessate.
    Una  volta  sgomberato  il  campo  dall'erroneo  riferimento alla
materia  "urbanistica",  l'Avvocatura  osserva  che  l'alternativa al
finanziamento  statale dei programmi in questione non potrebbe essere
il  dirottamento dei fondi presso le casse delle regioni, ma, semmai,
la  soppressione  dell'intervento  finanziario  dello  Stato a favore
degli  enti  locali, soppressione che nessun parametro costituzionale
imporrebbe.
    4.1.  -  In  prossimita'  della  successiva  udienza pubblica del
25 settembre  2001,  alla  quale  il giudizio era stato nel frattempo
rinviato,  hanno  depositato ulteriori memorie la Regione Veneto e il
Presidente del Consiglio dei ministri.
    4.2.  - Nella propria memoria la Regione Veneto eccepisce che dal
verbale  in data 10 settembre 1998 emerge che la Conferenza unificata
aveva  sancito  l'intesa  sullo  schema  di  decreto del Ministro dei
lavori pubblici a condizione che fossero recepite alcune richieste di
modifica  avanzate  in  corso di seduta, fra le quali, espressamente,
l'eliminazione  del  comma  3  dell'art. 11  e  dei  commi  6, 7 ed 8
dell'art. 13  del  bando, disposizioni che riguardavano la disciplina
del  procedimento  e  i  criteri di valutazione dei PRUSST. Ad avviso
della  ricorrente l'amministrazione centrale non avrebbe pero' tenuto
in  alcuna  considerazione  le istanze correttive avanzate ed avrebbe
anzi  "mantenuto  nel testo definitivo del corpus anche le norme alla
cui  eliminazione  era  stata  tuttavia condizionata la stessa intesa
della Conferenza unificata".
    4.3.  -  Il  Presidente del Consiglio dei ministri rileva che dal
raffronto tra l'intesa raggiunta in data 10 settembre 1998 in sede di
Conferenza  unificata  e il decreto ministeriale oggetto di conflitto
emergerebbe  che  quest'ultimo  ha puntualmente recepito le modifiche
richieste  e  che  sul testo cosi' concordato sarebbe stato acquisito
l'assenso  di  regioni  ed  enti locali; ne' il verbale attestante la
raggiunta  intesa  recherebbe menzione di alcun dissenso o riserva da
parte della Regione Veneto.
    Ad  avviso  dell'Avvocatura  un  atto  statale  emanato  in piena
conformita'  con  un'intesa  multilaterale  regolarmente raggiunta in
seno  alla  Conferenza  Stato-regioni o alla Conferenza unificata non
potrebbe  essere  oggetto di un conflitto di attribuzione da parte di
una  soltanto  delle regioni partecipanti alla Conferenza. Tale atto,
infatti,  sarebbe  solo  formalmente  riferibile  allo Stato, poiche'
nella  sostanza  esso  sarebbe  espressione di una convenzione, della
quale  - se multilaterale - sarebbero parti stipulanti anche le altre
regioni.  Agli  accordi ed alle intese andrebbe riconosciuta, quindi,
la  capacita'  di produrre impegni e vincoli giuridici e non soltanto
una valenza politica, sicche' nel caso in cui una regione, dopo avere
partecipato  alla  Conferenza  unificata,  rimanendo  in  quella sede
isolata,  non  accetti  la  volonta'  ivi  collegialmente  espressa e
proponga   un  individuale  ricorso  per  conflitto  di  attribuzione
tendente  a  demolire  quella  volonta', tale ricorso dovrebbe essere
dichiarato inammissibile.
    Nel  merito,  l'Avvocatura dello Stato ribadisce che i PRUSST non
sarebbero  strumenti urbanistici e non conformerebbero il territorio,
dovendo anzi in linea di principio (salva l'intesa di cui all'art. 4,
comma 1, del bando tra comune proponente, regione e provincia) essere
"in  coerenza"  con  le  vigenti  previsioni urbanistiche; con il che
sarebbe esclusa ogni lesione delle competenze regionali in materia di
urbanistica.
    La  difesa  erariale  conclude,  quindi,  ricordando che numerosi
programmi  di  riqualificazione  urbana e di sviluppo sostenibile del
territorio  (PRUSST)  sono  gia'  stati finanziati e sono in corso di
realizzazione  o  gia'  realizzati  in  varie regioni italiane, e tra
questi  anche  un  programma  proposto  dalla  Regione  Veneto, e che
dall'annullamento   del   decreto   impugnato  non  potrebbe  giammai
discendere l'attribuzione dei fondi alle regioni.
    4.4.  - In data 11 settembre 2001 il Presidente del Consiglio dei
ministri  ha  depositato copia del provvedimento in data 19 settembre
2000,  n. 1354,  della  Direzione generale coordinamento territoriale
del  Ministero  dei lavori pubblici, avente ad oggetto la definizione
dei  criteri  di  valutazione dei programmi di iniziativa comunitaria
per  promuovere  uno sviluppo urbano sostenibile (URBAN II), analoghi
ai PRUSST.
    5. - All'esito   dell'udienza  pubblica  del  25 settembre  2001,
questa  Corte  ha  disposto l'acquisizione, tramite la Presidenza del
Consiglio  dei  ministri,  dello  schema  di decreto del Ministro dei
lavori  pubblici,  recante "Programmi di riqualificazione urbana e di
sviluppo  sostenibile del territorio", in attuazione dell'art. 54 del
d.lgs.  31 marzo  1998, n. 112, nel testo trasmesso con nota 7 agosto
1998,  cosi'  come  modificato con la successiva nota del 2 settembre
1998,  oggetto dell'intesa sancita in sede di Conferenza unificata in
data 10 settembre 1998.
    6. - In  prossimita'  della  nuova  udienza pubblica del 4 giugno
2002,  la  sola  Regione  Veneto  ha depositato memoria, con la quale
contesta  la  tesi  del Presidente del Consiglio dei ministri secondo
cui   dalla   propria   partecipazione   alla   Conferenza  unificata
discenderebbe  il  difetto di legittimazione a proporre conflitto. La
veste  definitiva  del  provvedimento  rappresenterebbe,  infatti, il
prodotto  di una concertazione e non certo la posizione dichiarata di
un  soggetto  specifico  e,  in  ogni caso, tale soggetto non sarebbe
l'organo  di  concertazione  (la  Conferenza  unificata)  ne'  un suo
componente  (una  regione),  ma  piuttosto lo Stato nell'espletamento
esclusivo della funzione legislativa.
    Nella  memoria,  peraltro, si ricorda che la Regione Veneto aveva
espresso  voto  contrario  in  sede  di  Conferenza  unificata, cosi'
anticipando  con  il  proprio  dissenso  le doglianze manifestate nel
successivo   ricorso,   la   cui   proposizione  rappresenterebbe  il
presupposto  di  un  potere  autonomo rispetto a quello esercitato in
sede di concertazione.
    La  documentazione  trasmessa  dalla Presidenza del Consiglio dei
ministri  a  seguito  della ordinanza istruttoria di questa Corte, in
ogni  caso,  non  consentirebbe  di verificare se i commi espunti dal
testo  definitivo  del decreto siano effettivamente quelli cui faceva
riferimento  la  Conferenza  unificata,  del  che,  anzi, si potrebbe
dubitare,  giacche'  le disposizioni residue rappresenterebbero buona
parte   della   disciplina   operativa  che  riguarda  una  serie  di
procedimenti  di  estremo  dettaglio,  alla  eliminazione delle quali
ragionevolmente la Conferenza aveva condizionato l'intesa.

                       Considerato in diritto

    1.  - La Regione Veneto ha proposto conflitto di attribuzione nei
confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento al
decreto  del  Ministro  dei  lavori  pubblici in data 8 ottobre 1998,
recante:   "Promozione  di  programmi  innovativi  in  ambito  urbano
denominati  "Programmi  di  riqualificazione  urbana  e  di  sviluppo
sostenibile  del  territorio  ",  al  connesso  bando  ed ai relativi
allegati  "A"  e  "B",  per violazione degli articoli 117 e 118 della
Costituzione,  degli  artt. 1,  2,  3  e 4 della legge 15 marzo 1997,
n. 59  (Delega  al  Governo per il conferimento di funzioni e compiti
alle   regioni   ed  enti  locali,  per  la  riforma  della  pubblica
amministrazione  e  per  la  semplificazione  amministrativa),  degli
artt. 1,  52,  54  e 98 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112
(Conferimento  di  funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni  ed  agli  enti  locali, in attuazione del Capo I della legge
15 marzo  1997,  n. 59),  e  degli  artt. 79, 80, 81 e ss. del d.P.R.
24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'articolo 1
della legge 22 luglio 1975, n. 382), e successive modificazioni.
    Ad avviso della ricorrente gli atti impugnati, nel loro complesso
e  nelle  singole previsioni, invaderebbero la sfera di attribuzioni,
sia legislative che amministrative, delle regioni nella materia della
urbanistica,  loro  riservata  dall'art. 117 della Costituzione, e in
quella  della  difesa  del  suolo e dell'assetto del territorio, gia'
trasferita alle regioni dagli artt. 79, 80 e ss. del d.P.R. 24 luglio
1977,   n. 616   e  successive  modificazioni,  in  quanto  farebbero
rientrare   nella   materia,  mantenuta  allo  Stato,  dei  programmi
innovativi funzioni ed attivita' che in realta' non potrebbero essere
ricomprese  tra  i compiti di rilievo nazionale definiti dall'art. 1,
comma  4,  lettera  c),  della  legge  n. 59  del 1997 e dallo stesso
art. 52   del   decreto   legislativo   n. 112   del   1998,   ma  si
sostanzierebbero  in  "normalissimi  interventi sul territorio", come
tali   riconducibili,   sulla   base  della  citata  normativa,  alla
competenza regionale.
    2.  - L'Avvocatura dello Stato ha eccepito l'inammissibilita' del
ricorso  poiche'  sarebbe  stata  raggiunta  in  sede  di  Conferenza
unificata  un'intesa  con  le  regioni  e  gli  enti  locali.  A tale
eccezione  ha  replicato  la Regione Veneto asserendo, da un lato, di
avere  espresso  voto contrario in sede di Conferenza unificata, cio'
che  renderebbe comunque proponibile il ricorso per conflitto innanzi
a  questa Corte, e dall'altro che l'intesa raggiunta era condizionata
al  recepimento  di alcune modifiche, richieste dalle regioni e dagli
enti  locali, che non sarebbero state trasfuse nell'impugnato decreto
del Ministro.
    Entrambe  le  allegazioni  della  Regione  Veneto sono, in fatto,
prive  di fondamento. Dal verbale della seduta del 10 settembre 1998,
data  in  cui l'intesa e' stata raggiunta, non risulta che la Regione
Veneto  fosse  presente  e  che  avesse  in quella sede espresso voto
contrario,  ne'  la  regione  stessa  ha  allegato  un  suo dissenso,
manifestato   in   una   qualche   forma,   in   data  anteriore.  La
documentazione trasmessa dalla Presidenza del Consiglio dei ministri,
in  ottemperanza  alla ordinanza istruttoria in data 24 ottobre 2001,
conferma inoltre la veridicita' della prospettazione dell'Avvocatura,
secondo  cui  tutte le modificazioni concordate in sede di Conferenza
unificata  e  che  costituivano condizioni esplicite dell'intesa sono
state effettivamente trasfuse nel decreto impugnato.
    I  documenti  in atti smentiscono gli assunti della ricorrente in
ordine  al  mancato  perfezionamento  di  una  valida intesa. Anche a
prescindere  dalla  questione  se  in simili casi sia consentito alla
regione  promuovere  conflitto di attribuzione a tutela delle proprie
competenze costituzionali, il ricorso e' inammissibile.
    3.  - Va premesso che il ricorso deve essere scrutinato alla luce
delle   disposizioni  costituzionali  sulla  competenza  vigenti  nel
momento  in  cui  il  decreto  impugnato  e'  stato adottato, a nulla
rilevando   il   successivo   mutamento   del  parametro  conseguente
all'entrata  in  vigore  del nuovo Titolo V della Parte seconda della
Costituzione.   Il   procedimento   predisposto   dal   decreto   per
l'ammissione  al  finanziamento  e  la  conseguente allocazione delle
risorse  si  e'  esaurito  prima  dell'entrata  in vigore della legge
costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3,  ne'  a  questa  e'  data la
capacita'  di rendere invalidi atti posti in essere in conformita' al
previgente riparto di competenze.
    4.  -  E'  del  resto  alla  disciplina previgente che la Regione
Veneto  ha  affidato  il suo ricorso, evitando anche nei piu' recenti
scritti difensivi qualsiasi attualizzazione, seppure lessicale, delle
censure  alla  luce  del  nuovo  Titolo  V  e continuando, quindi, ad
indicare come materia di propria competenza l'urbanistica, alla quale
la  difesa  del  suolo  e  l'assetto  del territorio accederebbero in
virtu'  dei  successivi  trasferimenti  operati  sotto  il vigore del
"vecchio" articolo 117.
    Ma  l'impugnato  decreto  e' privo di qualsiasi attitudine lesiva
delle competenze della regione in materia urbanistica.
    Gli  artt. 52  e  54 del decreto legislativo n. 112 del 1998, che
individuano,  nell'ambito  della  materia  urbanistica,  i compiti di
rilievo  nazionale  e,  rispettivamente,  le  funzioni mantenute allo
Stato,  tra  le quali espressamente, alla lettera e), quelle relative
alla   promozione  di  programmi  innovativi  in  ambito  urbano  che
implichino  un  intervento coordinato di diverse amministrazioni, non
sarebbero  stati  rispettati  dal  decreto  impugnato,  in quanto, ad
avviso   della  ricorrente,  i  programmi  in  esso  individuati  non
afferirebbero   a  compiti  di  rilievo  nazionale  e  non  avrebbero
alcunche'  di  innovativo, ma si risolverebbero in normali interventi
sul  territorio  rientranti  nelle  competenze  regionali  in materia
urbanistica.
    Cosi'  argomentando,  la  Regione Veneto trascura il fatto che, a
mente  dell'art. 4, comma 1, del decreto impugnato, i programmi che i
comuni  hanno  la  facolta' di promuovere devono essere conformi agli
strumenti urbanistici di pianificazione e programmazione territoriale
e   che,   se   difformi,   devono   essere   promossi  d'intesa  con
l'amministrazione   provinciale   o   regionale,   titolare  di  tali
strumenti.  Se  dunque il programma e' conforme, la sua realizzazione
ricade   nella  competenza  dei  comuni  promotori  e  le  competenze
urbanistiche   della   regione   non   ricevono   alcun   pregiudizio
dall'apporto  finanziario  dello  Stato.  Se invece e' difforme, tali
competenze  non  subiscono  menomazione, poiche' esso non puo' essere
realizzato  in assenza di un'intesa: tanto basta per affermare che le
attribuzioni regionali in materia urbanistica sono salvaguardate. Non
mette  conto a questo punto indagare oltre sulle singole prescrizioni
del  decreto  e dei suoi allegati, che la regione assume illegittime.
Poiche'  il  conflitto  di  attribuzione  innanzi  a  questa Corte e'
preordinato  alla  tutela  di  competenze  costituzionali,  una volta
accertato che l'atto impugnato, per il suo contenuto, non e' idoneo a
incidere sulle rivendicate competenze della Regione Veneto in materia
urbanistica,  ne  risulta  dimostrata l'inammissibilita' del ricorso.
Ulteriori  censure  che  non si attengano alla difesa di attribuzioni
costituzionali non possono essere infatti introdotte in questa sede.
    5.  -  Alcune  argomentazioni  difensive  della stessa ricorrente
pongono  peraltro  in  evidenza  il  reale  interesse che ha mosso la
regione  al  ricorso per conflitto: esso e' inteso a provocare, quale
conseguenza  dell'eventuale  annullamento del decreto, l'acquisizione
alle  regioni  delle  risorse  finanziarie  destinate  a  sostenere i
programmi in questione.
    Ma una simile conseguenza non avrebbe alcun fondamento normativo.
Va,   infatti,   ricordato  che  l'art. 1  del  decreto  ministeriale
impugnato  stabilisce che i programmi di riqualificazione urbana e di
sviluppo  sostenibile  del territorio (PRUSST) sono finanziati con le
disponibilita' del Ministero dei lavori pubblici - Direzione generale
del  coordinamento territoriale, derivanti dalle somme non utilizzate
per  i  precedenti  programmi  di  riqualificazione  urbana di cui al
decreto  ministeriale  21 dicembre 1994, provenienti a loro volta dal
fondo  di  lire  288 miliardi di cui all'art. 2, comma 2, della legge
17 febbraio   1992,  n. 179  (Norme  per  l'edilizia  residenziale  e
pubblica)  e  successive modificazioni ed integrazioni. L'art. 61 del
decreto legislativo n. 112 del 1998 stabilisce che dal 1 gennaio 1999
sono  accreditate  alle singole regioni le disponibilita' finanziarie
concernenti le funzioni conferite in materia di edilizia residenziale
pubblica relativamente agli impegni di spesa previsti da una serie di
disposizioni  di  legge  specificamente elencate, tra le quali non e'
inclusa quella del menzionato art. 2, comma 2, della legge n. 179 del
1992; tali disponibilita' restano pertanto di pertinenza dello Stato.
    Se   dunque   l'interesse   che   sostiene  il  ricorso  consiste
soprattutto  nell'acquisizione  e nella disponibilita' delle somme da
parte  della  Regione Veneto, ne e' evidente l'inconsistenza. Esso e'
infatti  basato  su  una  erronea  rappresentazione  della disciplina
finanziaria  della  materia. L'eventuale accoglimento del ricorso non
potrebbe  giammai  comportare il dirottamento dei fondi statali verso
le  casse  della  regione, ma al piu' la soppressione dell'intervento
finanziario  dello  Stato e il dovere di rifondere le somme percepite
in virtu' di un titolo invalido.