ha pronunciato la seguente Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 6, comma 2, della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive), promosso con ordinanza emessa il 28 gennaio 2002 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da Franchi Claudio, iscritta al n. 214 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, 1a serie speciale, dell'anno 2002. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 23 ottobre 2002 il giudice relatore Ugo De Siervo. Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza depositata il 28 gennaio 2002, la terza sezione penale della Corte di cassazione ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di costituzionalita' dell'articolo 6, comma 2, della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive), nella parte in cui, disciplinando una misura restrittiva della liberta' personale applicabile dalla autorita' di pubblica sicurezza, oltre a prevederne la successiva convalida da parte dell'autorita' giudiziaria, non ne subordina l'adozione al presupposto della "eccezionale necessita' ed urgenza" richiesto dall'art. 13, terzo comma, della Costituzione. 2. - La questione trae origine dal ricorso presentato avverso l'ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Udine che convalidava il provvedimento con cui il questore di Udine - ai sensi dell'art. 6 della legge n. 401 del 1989 - aveva disposto a carico di Franchi Claudio, oltre al divieto di accesso agli stadi ove si svolgono partite della squadra del Brescia, anche l'obbligo di presentarsi presso la Questura di Brescia mezz'ora dopo l'inizio di ogni incontro di calcio disputato dalla medesima squadra; il provvedimento - notificato in data 28 maggio 2001 - si riferiva ai fatti commessi da Franchi Claudio durante la partita Brescia Udinese giocata il 1 ottobre 2000. Rispetto ai diversi motivi di gravame prospettati dal ricorrente - tra i quali la violazione della stessa norma impugnata - il giudice remittente ritiene logicamente prioritaria la prospettazione della questione di costituzionalita' dell'art. 6, comma 2, della legge n. 401 del 1989, questione che ritiene rilevante e non manifestamente infondata per le ragioni che seguono. 3. - In primo luogo, il giudice a quo richiama l'orientamento univoco della giurisprudenza costituzionale ed ordinaria nel configurare il provvedimento di cui al comma 2 dell'art. 6 della legge n. 401 del 1989 come misura limitativa della liberta' personale (a differenza della misura prevista dal primo comma dell'articolo impugnato); in base a tale qualificazione, il provvedimento con il quale il questore dispone l'obbligo di presentarsi presso l'ufficio di polizia dovrebbe rispettare le norme previste dall'art. 13, terzo comma, della Costituzione. Cio' non e', in quanto, ai sensi del comma 2 dell'art. 6 della legge n. 401 del 1989, il questore puo' disporre l'obbligo di comparizione personale del "tifoso pericoloso" a prescindere da qualsiasi urgenza. Infine, in punto di rilevanza, la Corte di cassazione osserva che se la norma impugnata avesse previsto il presupposto della "eccezionale necessita' ed urgenza", il provvedimento convalidato risulterebbe chiaramente illegittimo, in quanto disposto fuori da ogni urgenza (i fatti contestati risalgono al 1 ottobre 2000, mentre il provvedimento del questore e' del 28 maggio 2001). 4. - E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di inammissibilita' od infondatezza della questione, sostenendo che, anche in assenza di una prescrizione esplicita, nella disposizione impugnata, concernente i requisiti della necessita' e dell'urgenza, "non pare dubbio che tali requisiti debbono sussistere". La giurisprudenza costituzionale, infatti, avrebbe evidenziato, da un lato, come sia riservato al legislatore individuare i casi di necessita' ed urgenza in presenza dei quali - ai sensi dell'art. 13 della Costituzione - possono essere adottati provvedimenti provvisori restrittivi della liberta' personale al di fuori della riserva di giurisdizione nel medesimo articolo prevista; dall'altro, avrebbe messo in luce come all'autorita' di pubblica sicurezza sia demandata la verifica della sussistenza, in concreto, dei presupposti di necessita' ed urgenza. L'autorita' di pubblica sicurezza, peraltro - sempre secondo la giurisprudenza costituzionale citata dalla Avvocatura dello Stato - avrebbe l'obbligo di adottare le proprie decisioni nella materia in questione sulla base di una ponderata valutazione delle circostanze oggettive e soggettive che giustificano l'adozione delle misure preventive. Tale quadro sarebbe completato dalla configurazione del giudizio di convalida del provvedimento del questore da parte dell'autorita' giurisdizionale - operata dall'Avvocatura anche sulla scorta della considerazione di alcune decisioni della Corte costituzionale - non come un "mero controllo estrinseco di legalita'", ma come "una rilevante ed incisiva forma di controllo sulla legittimita' del provvedimento". Sulla base di tali argomentazioni, nell'atto di intervento si afferma che - contrariamente a quanto sostenuto nell'ordinanza di rimessione - "il legislatore ordinario non ha necessita' di fare espresso riferimento ai presupposti della necessita' e dell'urgenza": viceversa, e' sufficiente "che si limiti a individuare le fattispecie nelle quali si concretizzano i predetti presupposti", essendo poi demandato all'autorita' di pubblica sicurezza - ed alla autorita' giurisdizionale in sede di controllo - verificarne la sussistenza in concreto. Quanto alla questione concernente la possibilita' che i requisiti della necessita' e dell'urgenza sussistano anche a distanza di tempo rispetto ai fatti che hanno dato luogo alla misura del questore, l'Avvocatura dello Stato ritiene che i predetti requisiti vadano rapportati non al momento della commissione del fatto, ma "al momento in cui viene adottata, anche successivamente, la prescrizione in argomento, ossia al momento in cui si manifestano oggettivi elementi che rendano necessario (e urgente, ai fini di prevenzione) ricorrere all'obbligo della comparizione personale". Considerato in diritto 1. - La Corte di cassazione, nel corso di un giudizio sulla legittimita' di una ordinanza di convalida resa dal giudice per le indagini preliminari di Udine, dubita della legittimita' costituzionale dell'articolo 6, comma 2, della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive), nella parte in cui, disciplinando una misura restrittiva della liberta' personale applicabile dalla autorita' di pubblica sicurezza, oltre a prevederne la successiva convalida da parte dell'autorita' giudiziaria, non ne subordina l'adozione alla verifica della sussistenza della "eccezionale necessita' ed urgenza" di cui all'art. 13, terzo comma, della Costituzione. 2. - L'oggetto evocato dall'ordinanza di rimessione consiste nella disciplina legislativa del provvedimento con il quale il questore puo' prescrivere al soggetto, cui sia stata applicata la misura del divieto di accesso a competizioni sportive, di comparire nell'ufficio o comando di polizia competente per il luogo di residenza od in quello specificamente indicato, in orario compreso nel periodo di tempo in cui si svolgono le competizioni per le quali opera il divieto di accesso di cui sopra. Tale provvedimento, nella sua definizione legale, presenta alcune caratteristiche la cui sintetica illustrazione appare necessaria per affrontare la questione sottoposta dalla Corte suprema di cassazione. 2. 1 - In primo luogo, il provvedimento che dispone l'obbligo di comparizione puo' essere adottato dal questore, ai sensi del comma 2 dell'art. 6 della legge n. 401 del 1989, esclusivamente nei confronti di persone alle quali sia stata applicata la misura del divieto di accesso di cui al comma 1 dell'art. 6 della medesima legge, dunque di persone che risultino denunciate o condannate per porto ingiustificato di armi o di oggetti atti ad offendere, ovvero che abbiano preso parte attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive o che nelle medesime abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza. In secondo luogo, l'obbligo di comparizione non segue automaticamente al divieto di accesso di cui al comma 1 dello stesso articolo; esso, pur avendo una funzione accessoria rispetto a quest'ultima misura, e' frutto di una autonoma valutazione del questore, il quale deve stabilire se esistano specifiche circostanze in base alle quali affiancare al divieto di accesso alle competizioni anche l'obbligo di comparizione presso gli uffici della polizia. In terzo luogo, il provvedimento de quo deve contenere l'indicazione specifica delle competizioni sportive per le quali opera l'obbligo di comparizione, nonche' la durata del medesimo, durata che - come si evince dal comma 5 dell'articolo 6 della legge n. 401 del 1989 - deve essere ragionevolmente commisurata alle condizioni che lo giustificano e, comunque, non superiore ad un anno (termine elevato, solo successivamente alla vicenda che ha originato il presente giudizio, a tre anni dal decreto legge 20 agosto 2001, n. 336, convertito, con modificazioni, in legge 19 ottobre 2001, n. 377). Infine, il provvedimento del questore cosi' configurato, dev'essere comunicato al procuratore della Repubblica, il quale, ove ritenga sussistenti i presupposti previsti dalla legge, entro quarantotto ore dalla notifica del provvedimento, ne chiede la convalida al giudice per le indagini preliminari, che nelle quarantotto ore successive deve provvedere; in caso contrario, la prescrizione della autorita' di pubblica sicurezza perde efficacia. Contro l'ordinanza di convalida e' proponibile ricorso per cassazione. 3. - Piu' volte questa Corte e' stata chiamata a pronunciarsi su tale assetto normativo; le indicazioni che provengono dalla giurisprudenza costituzionale permettono di precisare ulteriormente il quadro appena descritto in ordine alla questione sottoposta. 3. 1 - Una linea giurisprudenziale pacificamente acquisita anche dalla giurisprudenza ordinaria e richiamata tanto nell'ordinanza di rimessione quanto nell'intervento dell'Avvocatura generale, e' nel senso che il provvedimento di cui si sta discutendo - a differenza del divieto di accesso alle competizioni sportive - configura "un atto idoneo ad incidere sulla liberta' personale del soggetto tenuto a comparire, imponendone la presenza negli uffici addetti al controllo dell'osservanza della misura" (sentenza n. 193 del 1996). Dunque, ancorche' prefiguri una compressione di "portata e conseguenze molto piu' limitate sulla liberta' personale del destinatario" rispetto a misure quali l'arresto o il fermo di polizia giudiziaria (sentenza n. 144 del 1997), il provvedimento del questore rientra pur sempre ed a pieno titolo nelle previsioni dell'art. 13 della Costituzione (come d'altronde testimoniano i lavori parlamentari riguardanti l'articolo in questione). 3. 2 - Da tale qualificazione discendono alcuni corollari. In primo luogo, la necessita' di una adeguata motivazione del provvedimento da parte del questore, il quale, come questa Corte ha ribadito nella gia' richiamata sentenza n. 193 del 1996, e' sempre tenuto a documentare e valutare accuratamente le "circostanze oggettive e soggettive" che lo inducono a ritenere necessario, oltre il divieto di accesso, anche l'obbligo di presentazione al posto di polizia. In secondo luogo, la natura di atto suscettibile di incidere sulla liberta' personale impone che il giudizio di convalida effettuato dal giudice per le indagini preliminari non possa limitarsi ad un mero controllo formale, bensi', come la giurisprudenza ordinaria ha precisato, debba essere svolto in modo pieno. A questo proposito, la Corte ha specificato ulteriormente alcuni caratteri fondamentali di tale giudizio di convalida: esso deve coinvolgere la personalita' del destinatario e le modalita' di applicazione della misura (sentenza n. 143 del 1996), sostanziandosi in un controllo sulla ragionevolezza ed "esigibilita'" della misura disposta con il provvedimento medesimo (sentenza n. 136 del 1998) e consentendo, infine, al destinatario una piena e previa conoscenza dei diritti di difesa di cui puo' fruire in tale giudizio (sentenza n. 144 del 1997). 4. - Tanto premesso, la questione di legittimita' costituzionale risulta basata su una ricostruzione parziale del quadro normativo e costituzionale in cui si inserisce il provvedimento la cui disciplina e' oggetto del presente giudizio e, percio', risulta infondata. Il presupposto della eccezionale necessita' ed urgenza, richiesto dall'art. 13 della Costituzione, affinche' l'autorita' di pubblica sicurezza possa temporaneamente adottare provvedimenti incidenti sulla liberta' personale, al contrario di quanto ritiene il remittente, e' pienamente vigente nell'ordinamento giuridico, rappresentando attualmente sia un presupposto dell'azione amministrativa, sia un criterio per il relativo giudizio di convalida effettuato dall'autorita' giudiziaria. Come la Corte ha gia' avuto modo di affermare con riferimento ad altre misure restrittive della liberta' personale emanate da autorita' di pubblica sicurezza (sentenza n. 64 del 1977), il fatto stesso che tali misure siano qualificate dalla legge come facoltative - come accade nel caso di specie - obbliga il soggetto titolare del potere a "verificare la ricorrenza in concreto della necessita' ed urgenza dell'intervento", consentendo, conseguentemente al giudice della convalida di verificarne l'effettiva esistenza. Il fatto che la legge, in ossequio all'art. 13 della Costituzione, abbia definito tassativamente i casi in cui il questore puo' imporre l'obbligo di comparizione, implica infatti che la stessa autorita' di pubblica sicurezza debba motivare il provvedimento in relazione all'esistenza di situazioni di eccezionale necessita' ed urgenza. La non automaticita' del provvedimento e, quindi, la necessita' di una sua ponderata motivazione e conformazione, richiedono anzitutto che l'autorita' amministrativa, in presenza di un soggetto al quale ha irrogato il divieto di accesso, valuti comunque le ragioni di necessita' e di urgenza che richiedono anche l'adozione dell'obbligo di comparizione (e cio' a maggior ragione in seguito alla recente modifica, introdotta dal d.l. n. 336 del 2001, convertito, con modificazioni in legge n. 377 del 2001, in base alla quale il provvedimento puo' arrivare ad una durata massima di tre anni). In secondo luogo, spettera' alla autorita' giudiziaria, in ossequio al sistema di garanzie previsto dall'art. 13 della Costituzione, valutare, in sede di convalida del provvedimento, la sussistenza delle condizioni richieste per la sua adozione sul piano della necessita' ed urgenza, nonche' l'adeguatezza del suo contenuto anche sotto il profilo della durata.