IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi riuniti nn. 2705/1996 e 4504/1996 R.G., proposti dai dott. Guastalla Gabriella, Vinci Sebastiano, Pensabene Lionti Nunzia, De Gregorio Teresa, Zammito Maria, Biamonte Carmela Eliana, Di Buono Gabriella, Cardella Stefano, Di Cristina Anna, Passalacqua Maria Antonietta, tutti rappresentati e difesi dall'avv. prof. Salvatore Pensabene Lionti, presso lo studio del quale sono elettivamente domiciliati in Palermo, via G. Giusti n. 45; Contro l'azienda Unita' sanitaria locale n. 6 di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa in giudizio dall'avv. Francesco Mistretta ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso, in Palermo, via Liberta' n. 171, limitatamente al ricorso rg. n. 2705/1996; Per l'annullamento: A) quanto al ricorso rg. n. 2705/1996, del silenzio rifiuto formatosi sull'istanza del 16 dicembre 1994 e sull'atto di diffida e messa in mora del 3 aprile 1996, e per il riconoscimento del diritto al trattamento economico e giuridico spettante ai psicologi coadiutori addetti ai servizi psichiatrici assunti secondo la normativa precedente a quella prevista dal d.P.R. n. 761/1979; B) quanto al ricorso rg. n. 4504/1996, per l'annullamento delle note del 26 luglio 1996 dell'azienda USL n. 6 di Palermo, con le quali e' stata respinta la richiesta di riconoscimento del diritto al trattamento economico e giuridico spettante ai psicologi coadiutori addetti ai servizi psichiatrici assunti secondo la normativa precedente a quella prevista dal d.P.R. n. 761/1979. Visti i ricorsi con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione depositato in data 12 giugno 2001, relativamente al ricorso rg. n. 4704/1996; Viste le memorie prodotte dai ricorrenti in data 27 giugno 2001; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore il referendario Maria Cristina Quiligotti; Uditi, alla pubblica udienza dell'11 luglio 2001, l'avv. S. Pensabene Lionti per le ricorrenti e l'avv. Fulvio Sinagra, in sostituzione dell'avv. Francesco Mistretta, per l'Amministrazione resistente; Ritenuto in fatto e considerato in diritto: F a t t o 1. - Con il ricorso sub A), notificato il 28 giugno 1996 e depositato il 3 luglio 1996 e con il ricorso sub B), notificato il 12 novembre 1996 e depositato il giorno 28 seguente i dott. Guastalla Gabriella, Vinci Sebastiano, Pensabene Lionti Nunzia, De Gregorio Teresa, Zammito Maria, Biamonte Carmela Eliana, Di Buono Gabriella, Cardella Stefano, Di Cristina Anna, Passalacqua Maria Antonietta, premesso di essere "psicologi dirigenti di primo livello" in servizio presso il dipartimento di salute mentale dell'azienda USL n. 6 di Palermo, di svolgere, sin dalla data di assunzione, funzioni psicoterapiche e di avere richiesto all'Amministrazione (con istanze del dicembre 1994 ed atto di diffida del 3 aprile 1996) il riconoscimento del trattamento economico e giuridico spettante ai psicologi coadiutori addetti ai servizi psichiatrici assunti secondo la normativa precedente a quella prevista dal d.P.R. n. 761/1979, impugnano rispettivamente silenzio rifiuto formatosi sull'istanza del 16 dicembre 1994 e sull'atto di diffida e messa in mora del 3 aprile 1996, nonche' le note del 26 luglio 1996 dell'azienda USL n. 6 di Palermo, con cui l'Amministrazione ha respinto tale richiesta. 2. - Con unico articolato motivo, i ricorrenti deducono in entrambi i ricorsi violazione e falsa applicazione dell'art. 14, legge 20 maggio 1985, n. 207, eccesso di potere per erroneita' dei presupposti, violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione. 3. - L'Amministrazione si e' costituita in giudizio depositando memoria in data 12 giugno 2001, limitatamente al ricorso rg. n. 2705/1996 con la quale ne ha dedotto l'infondatezza nel merito, chiedendone il rigetto, con vittoria delle spese del giudizio. 4. - Con memorie d'identico contenuto depositate il 27 giugno 2001, i ricorrenti hanno insistito per l'accoglimento del gravame, soffermandosi in particolare sul fatto che l'art. 14, comma 3, della legge 20 maggio 1985, n. 207; non sarebbe norma di interpretazione autentica; non sarebbe norma transitoria; sarebbe applicabile anche a coloro che non hanno acquisito il diritto alla equiparazione (tra psicologi con funzioni psicoterapeutiche e medici psichiatrici) a norma delle leggi 18 marzo 1969, n. 431, e 21 giugno 1971, n. 515. Osservano, inoltre, che: a) "l'Autorita' garante della concorrenza e del mercato, con la nota n. 32305 del 7 novembre 1997, ... ha espressamente ritenuto che l'equiparazione tra la figura di psicoterapeuta-psicologo e la figura di psicoterapeuta-medico risulta in termini inequivoci dal tenore letterale dell'art. 3, comma 1, della legge n. 56/1989 e che, i decreti del Ministro della sanita' del 28 febbraio 1997 e del 31 luglio 1997, che hanno previsto che soltanto alcuni psicoterapeuti-psicologi siano equiparati agli pscicoterapeuti-medici, viola(no) la predetta fonte di grado primario"; b) "qualora l'art. 14, comma 3, legge 20 maggio 1985, n. 207, venisse interpretato in senso difforme da quello propugnato dai ricorrenti, la disposizione ... si porrebbe ... in contrasto con gli artt. 3 e 36 Cost.", dato che, per "copiosa giurisprudenza costituzionale ..., la discrezionalita' del legislatore incontra pur sempre il limite della ragionevolezza, con la conseguenza che la norma non puo' in ogni caso avere un contenuto arbitrario e prevedere una ingiustificata diversita' di trattamento rispetto alle situazioni poste a raffronto ... a parita' di condizioni soggettive ed oggettive di lavoro". 5. - Alla pubblica udienza dell'11 luglio 2001, presenti i difensori delle parti - che si sono riportati agli scritti difensivi insistendo nelle rispettive conclusioni - la causa e' stata posta in decisione. D i r i t t o 1. - Va preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi, stante la connessione oggettiva e soggettiva. 2. - I ricorrenti, psicologi con funzioni psicoterapiche, in servizio dalla data di assunzione con rapporto di dipendenza dal Servizio sanitario nazionale, assumono di avere diritto, in applicazione dell'art. 14, comma 3, della legge 20 maggio 1985, n. 207, alla equiparazione giuridica ed economica al medico-psichiatrico; cio' in quanto l'articolo citato non sarebbe norma di interpretazione autentica, non avrebbe natura transitoria e pertanto sarebbe applicabile anche a coloro che - come le ricorrenti - non hanno potuto beneficiare, a suo tempo, della equiparazione (tra psicologi con funzioni psicoterapeutiche e medici psichiatrici) stabilita nella legge 18 marzo 1969, n. 431, e nella legge 21 giugno 1971, n. 515. L'assunto di parte ricorrente non puo' essere condiviso, alla stregua della costante ed uniforme giurisprudenza secondo la quale l'art. 14, comma 3, legge 20 maggio 1985, n. 207 (in forza del quale "gli psicologi psichiatri, equiparati agli psichiatri a norma delle leggi 18 marzo 1968, n. 431, e 21 giugno 1971, n. 515, in quanto svolgenti funzioni psicoterapiche, hanno il trattamento giuridico normativo di equiparazione anche ai fini dell'inquadramento nei ruoli nominativi regionali"), ha natura interpretativa e transitoria, nel senso che l'equiparazione agli psichiatri degli psicologi psichiatrici dipendenti dalle USL, ai fini dello svolgimento delle funzioni psicoterapiche presso ospedali psichiatrici o servizi e centri di igiene mentale, spetta soltanto a coloro che alla data di entrata in vigore del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, avevano gia' acquisito il diritto a tale equiparazione sulla base della previgente legislazione (cfr. da ultimo, Cons. St., sez. V, 27 marzo 2000, n. 1764). In sostanza, applicandosi l'equiparazione ex art. 14, comma 3, legge n. 207/1985 soltanto in sede di primo inquadramento nei ruoli nominativi regionali, i relativi presupposti debbono sussistere alla data prevista dal d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, che - come e' noto - da tale data ha attuato il nuovo ordinamento del personale sanitario (ex legge n. 833/1978), nell'ambito del quale ha nettamente separato la posizione dei medici (tabella A) da quella degli psicologi (tabella G) (cfr. in tal senso Tribunale amministrativo regionale Lombardia sez. Brescia, 18 aprile 1998, n. 315). Ad analoghe conclusioni e' pervenuto il Consiglio di giustizia amministrativa, secondo il quale la ratio della equiparazione sancita dall'art. 14, comma 3, cit., va individuata nella sostanziale omogeneita' delle funzioni psicoterapeutiche svolte dal personale in argomento (psicologo e medico) (C.g.a., Sez. giurisd., 28 settembre 1998, n. 537). Nella stessa ottica argomentativa, infine, si e' collocata la suprema Corte di cassazione, la quale (cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., 13 luglio 2000, n. 9287) ha avuto modo di precisare: che l'equiparazione degli psicologi psicoterapeuti ai medici e' stata prevista per un periodo limitato dalle leggi 18 marzo 1968, n. 431 e 21 giugno 1971, n. 515, venendo poi meno a seguito della riforma sanitaria attuata con la legge n. 833 del 1978 e in particolare a seguito del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, sullo stato giuridico dei dipendenti delle USL; che la salvaguardia delle posizioni pregresse, prevista dall'art. 14, legge 20 maggio 1985, n. 207, riguarda solo gli psicologi che abbiano maturato il diritto alla equiparazione prima dell'entrata in vigore del richiamato d.P.R. n. 761 del 1979 (v. anche: Cons. St., Sez. IV, 10 luglio 1999, n. 1206; Sez. V, 3 febbraio 1999, n. 97; C.g.a., Sez. giurisd., 26 febbraio 1998, n. 105). Dunque, puo' ritenersi "diritto vivente" il principio secondo il quale l'equiparazione giuridico-economica degli psicologi-psicoterapisti al personale medico ha costituito, per cosi' dire, una parentesi temporalmente segnata dalle leggi 18 marzo 1968, n. 431 e 21 giugno 1971, n. 515, ed in ultimo dalla data di entrata in vigore delle nuove qualifiche di cui al d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761; una parentesi rispetto alla quale il ricorrente non puo' che restare escluso per il solo fatto di essere stato assunto in servizio in epoca successiva. 2. - Cio' posto, il collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata la dedotta questione di costituzionalita' dell'art. 14, comma 3, della legge 20 maggio 1985, n. 207, nella parte in cui, a prescindere dalla immutata posizione lavorativa del personale in argomento (relativamente ai ricorrenti l'esercizio di funzioni psicoterapeutiche risulta da vari attestati prodotti in causa), prevede un diverso inquadramento degli psicologi-psicoterapeuti solo per effetto del tempo della loro assunzione: se prima o dopo la data del 20 dicembre 1979, di entrata in vigore del d.P.R. n. 761 cit. Non ignora il collegio che la Corte costituzionale ha sempre sancito che: in materia di inquadramento ed articolazione delle carriere nel pubblico impiego, il legislatore gode di ampia discrezionalita', censurabile soltanto per arbitrarieta' o irragionevolezza, tali da ledere il principio di buon andamento della pubblica amministrazione ovvero determinare discriminazioni tra soggetti interessati (Corte cost., 22 luglio 1999, n. 344; 30 aprile 1999, n. 151); la discrezionalita' del legislatore nella determinazione della perequazione del trattamento economico di diversi settori dei pubblici dipendenti entro il limite della ragionevolezza comprende: a) la differenziazione del trattamento economico di categorie prima egualmente retribuite, che di per se' non incorre nella violazione degli artt. 3 e 36 Cost.; b) la possibilita' che siano attribuite voci retributive o indennita' particolari in maniera uniforme per personale appartenente a figure e livelli differenti, purche', in tal caso, non vi siano appiattimenti retributivi o altre forme sintomatiche di palese arbitrarieta'; c) la modificabilita' in aumento o in diminuzione dei livelli retributivi; d) la riunificazione di trattamenti economici (Corte cost. 30 aprile 1999, n. 151). Ma non puo' trascurarsi di considerare anche come la stessa Corte abbia puntualmente individuato parametri ben precisi di ragionevolezza, circa le scelte legislative in materia, come: la necessita' che la qualifica di inquadramento sia rapportata alle funzioni realmente espletate (quindi senza tenere conto di criteri meramente nominalistici - cfr. Corte cost. 29 settembre 1983, n. 278); la necessita' che le differenziazioni degli inquadramenti trovino riscontro nelle esigenze proprie del "riassetto degli ordinamenti", allorche' si perseguano obiettivi di omogeneizzazione di carriere, attribuzioni e trattamenti economici e di sostanziale equiordinazione dei compiti, raggiungibili, appunto, anche attraverso modifiche degli ordinamenti e dei ruoli con le opportune disposizioni transitorie relative agli inquadramenti (25 maggio 1999, n. 189). Nella specie, tali limiti non sembrano rispettati, in quanto il confine temporale segnato dal 20 dicembre 1979, ai fini dell'applicazione dell'art. art. 14, comma 3, legge n. 207/1985, non appare collegabile ad alcun effettivo mutamento organizzativo-funzionale-professionale del personale in argomento; ne' ad un effettivo cambiamento di mansioni (si vedano in tal senso le attestazioni di servizio prodotte dai ricorrenti, tutte indicanti lo svolgimento di specifiche attivita' psicoterapeutiche). Anzi, la perdurante omogeneita' delle posizioni lavorative svolte dagli psicologi-psicoterapeuti (e quindi il perdurare dei presupposti dell'equiparazione funzionale col personale medico psicoterapeuta), risulta ulteriormente evidenziata dal quadro normativo successivo alla data di entrata in vigore del d.P.R. 20 dicembre 1976, n. 761 e della stessa legge 20 maggio 1985, n. 207. In particolare rilevano: l'art. 3, legge 18 febbraio 1989, n. 56 (Ordinamento della professione di psicologo) che, dettando, al comma 1, la disciplina per "l'esercizio dell'attivita' psicoterapeutica", a) individua un unico quadro formativo sia per i laureati in psicologia che in medicina e chirurgia; b) sancisce, al comma 3, che entrambe le figure professionali, lo psicoterapeuta e il medico curante, "previo consenso del paziente ..., sono tenuti alla reciproca informazione", ognuno nel proprio ambito professionale (comma 2); l'art. 35 della stessa legge n. 56 (come modificato dall'art. 1, comma 2, legge n. 4/1999) che consente l'esercizio dell'attivita' psicoterapeutica a coloro i quali, medici o psicologi siano iscritti al relativo ordine e siano in possesso di "una specifica formazione professionale in psicoterapia"; articolo, a sua volta, richiamato dall'art. 2, comma 3, della legge 29 dicembre 2000, n. 401 di cui infra; la unitarieta' del regime delle incompatibilita' e dell'attivita' libero-professionale intramuraria originariamente disposta per il solo personale medico del S.S.N. dall'art, 4, comma 7, legge 30 dicembre 1991, n. 412, e quindi estesa a tutto il personale del S.S.N. dall'art. 1, comma 5, legge 23 dicembre 1996, n. 662; cui ha fatto seguito l'art. 3 del d.P.C.M. 27 marzo 2000 ("Atto di indirizzo e coordinamento concernente l'attivita' liberoprofessionale intramuraria del personale della dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale" - nella G.U.R.I. 26 maggio 2000, n. 121 -) che espressamente accomuna gli psicologi al personale medico: ("Le disposizioni del presente atto di indirizzo e coordinamento, relative all'attivita' libero-professionale intramuraria ed alle modalita' per garantire la progressiva riduzione delle liste d'attesa per le attivita' istituzionali, si applicano a tutto il personale medico chirurgo odontoiatra, veterinario e delle altre professionalita' della dirigenza del ruolo sanitario - farmacisti, biologi, chimici, fisici e psicologi - nonche', ai soli fini dell'attribuzione degli incentivi economici, al restante personale sanitario dell'equipe ed al personale che collabora per assicurare l'esercizio dell'attivita' libero-professionale"); l'art. 2, comma 3, della legge 29 dicembre 2000, n. 401 ("Norme sull'organizzazione e sul personale del settore sanitario"), che - occupandosi di personale del S.S.N. - cosi' dispone: "il titolo di specializzazione in psicoterapia, riconosciuto, ai sensi degli articoli 3 e 35 della legge 18 febbraio 1989, n. 56, come equipollente al diploma rilasciato dalle corrispondenti scuole di specializzazione universitaria, deve intendersi valido anche ai fini dell'inquadramento nei posti organici di psicologo per la disciplina di psicologia e di medico o psicologo per la disciplina di psicoterapia, fermi restando gli altri requisiti previsti per i due profili professionali". Effettivamente, pertanto, anche il piu' recente quadro normativo (ed in particolare tale ultima disposizione) evidenzia la perdurante ed invariata peculiarita' della posizione lavorativa-professionale degli psicologi con funzioni psicoterapeutiche, sicche' appare oggettivamente difficile cogliere una qualche ratio, costituzionalmente valida, tale da giustificare la discriminazione "temporale" operata, ai fini dell'inquadramento, dall'art. 14, comma 3, legge n. 207/1985, cosi' come interpretato dalla giurisprudenza sopra richiamata. Si aggiunga che la questione relativa all'unitaria disciplina dell'attivita' libero-professionale intramuraria di psicoterapia fu, a suo tempo, sollevata dall'Autorita' garante della concorrenza e del mercato, con apposita segnalazione (v. in atti la nota 7 novembre 1997, n. 32305), nella quale, richiamata la equiparazione tra psicoterapeutapsicologo e psicoterapeuta-medico risultante dall'art. 3, comma 1, della citata legge n. 56/1989, ritenne illegittimi i decreti del Ministro della sanita' del 28 febbraio 1997 e del 31 luglio 1997 nella parte in cui limitavano la detta equiparazione soltanto ad alcuni psicoterapeuti-psicologi, alterando la concorrenza professionale tra psicologi e medici. In particolare, secondo quanto risulta dalla nota in atti del 7 novembre 1997 a firma del segr. gen. della detta Autorita', nella adunanza del 30 ottobre 1997, fu testualmente segnalato al Ministro della sanita', ai sensi dell'art. 21 della legge n. 287/1990: a) "... che l'equiparazione tra la figura di psicoterapeuta-psicologo e la figura di psicoterapeuta-medico risulta in termini inequivoci dal tenore letterale dell'art. 3, primo comma, della legge n. 56/1989 e che, pertanto, qualsiasi fonte secondaria che non si uniformi alla scelta operata dal legislatore in quella sede appare - oltre che in palese contrasto con il principio dettato dalla legge - suscettibile di introdurre ingiustificate distorsioni nella concorrenza tra le predette due figure, in particolare attraverso la creazione di barriere all'esercizio dell'attivita' professionale in danno degli psicoterapeuti-psicologi"; b) "... che, sebbene le problematiche attinenti alle limitazioni imposte agli psicoterapeuti-psicologi dipendenti del S.S.N. nell'esercizio di attivita' libero-professionale privata sembrassero superate dall'art. 1, quinto comma, della legge n. 662/1996, nell'ambito del quale il legislatore ha eliminato ogni riferimento ai "medici" - contenuto nella legge n. 412/1991 -, adottando una definizione piu' generica, quella di "personale dipendente del Servizio sanitario nazionale", come tale suscettibile di riguardare anche gli psicoterapeuti-psicologi, i decreti sopra ricordati hanno previsto che soltanto alcuni psicoterapeuti-psicologi siano equiparati agli psicoterapeuti-medici, in violazione del principio sancito dal predetto art. 3, primo comma, della legge n. 56/1989". Da tale segnalazione scaturi' il d.m. 28 novembre 1997 del Ministero della sanita' (recante: "estensione della possibilita' di esercizio di libera attivita' professionale agli psicologi che svolgono funzioni psicoterapeutiche", pubblicato nella G.U.R.I. del 24 febbraio 1998, n. 45) nelle cui premesse e' dato leggere: che "... fra i destinatari delle disposizioni sull'attivita' libero-professionale extramuraria, di cui al ... d.m. 31 luglio 1997 del Ministro della sanita'" vanno ricompresi anche "tutti gli psicologi che svolgono funzioni psicoterapeutiche"; che (e cio' rileva significativamente nella presente fattispecie) "la eliminazione di non giustificati vincoli all'esercizio dell'attivita' psicoterapeutica, anche quando sia svolta nell'ambito di un rapporto di dipendenza dal Servizio sanitario nazionale ...", costituisce "... un obiettivo di interesse generale alla luce del quale e' doveroso rimuovere ogni forma di discriminazione fra la figura di psicoterapeuta-psicologo e la figura di psicoterapeuta-medico". E gli esatti profili della rilevata discriminazione (come anche la pertinenza degli stessi con la controversia in esame) emergono chiaramente dalla parte dispositiva del citato d.m. 28 novembre 1997, consistente nella elisione (dall'art. 2, comma 2, del precedente d.m. 31 luglio 1997, concernente la stessa materia) della limitazione dell'attivita' di psicoterapia ai soli psicologi: "equiparati ai medici psichiatri a norma della legge 18 marzo 1968, n. 431, e della legge 21 giugno 1971, n. 515"; ossia proprio la limitazione che emerge dall'art. 14, comma 4, della legge n. 207/1985 della cui legittimita' costituzionale il collegio dubita. In sostanza, dal complesso contesto normativo e regolamentare di cui sopra, successivo alla stessa legge n. 207/1985, sembra possa agevolmente desumersi che gli psicologi-psicoterapeuti del S.S.N. erano e sono tuttora impegnati sul medesimo piano operativo-professionale dei medici-psicoterapeuti, che nulla e' cambiato, sotto tale aspetto, dopo il 20 dicembre 1979 (di entrata in vigore del d.P.R. n. 761/1979), onde - ancora una volta - non e' dato cogliere alcuna ragione costituzionalmente accettabile in forza della quale potere affermare la razionalita' della scelta legislativa, (operata con l'art. 14, comma 3, della legge 20 maggio 1985, n. 207), di limitare l'eguale inquadramento col personale medico-psicoterapeuta ai soli psicologi in servizio alla data del 20 dicembre del 1979, gia' fruitore delle disposizioni di cui alle leggi nn. 431/1968 e 515/1971. Anzi, proprio il susseguirsi di disposizioni normative e regolamentari tutte univocamente nel senso della perdurante e costante equiparazione del personale in parola finisce col rimarcare ulteriormente la non manifesta razionalita' di una scelta legislativa che in tutto e per tutto accomuna le dette figure professionali tranne che ai fini dell'inquadramento nei ruoli del S.S.N., fatta salva la inspiegabile "finestra temporale" (di cui alla norma denunciata) segnata, a monte, dalle citate leggi nn. 431/1968 e 515/1971 e, a valle, dalla data di entrata in vigore del d.P.R. n. 761/1979. Cio' posto, il collegio, rilevato che gli psicoterapeuti-psicologi assunti - come nel caso di specie - successivamente alla data del 20 dicembre 1979 svolgono, nell'ambito del S.S.N., la stessa identica attivita' di quelli assunti prima, soggiacendo alla stessa disciplina giuridica, sia per cio' che concerne i diritti, sia per cio' che riguarda gli obblighi di servizio, sussistono tutti gli elementi di fatto e di diritto per sospettare che l'art. 14, comma 3, della legge 20 maggio 1985, n. 207 (cosi' come fino ad oggi costantemente interpretato dalla giurisprudenza) sia inficiato da eccesso di potere legislativo per irragionevolezza e quindi in contrasto con gli artt. 3 e 36 Cost. Non manifestamente infondata appare, poi, la dedotta violazione dell'art. 97 della Costituzione, dato che secondo l'insegnamento della stessa Corte costituzionale (cfr. sent. n. 301/1985) un naturale rapporto di corrispondenza tra qualifiche, mansioni e trattamenti economici costituisce elemento essenziale dello stesso principio di imparzialita' e di buon andamento della P.A.