IL TRIBUNALE

    A  scioglimento della riserva assunta all'udienza camerale del 24
settembre  2002  nel  procedimento  R.G.  24312/01  ha pronunciato la
seguente ordinanza. Rilevato che il ricorrente aveva proposto reclamo
ex  artt. 6,  quarto  comma,  e  12  quarto comma, legge n. 217/1990,
avverso  il  provvedimento di diniego dell'ammissione al patrocinio a
spese  dello  Stato  e  della  liquidazione dei compensi richiesti in
dipendenza  dell'attivita'  defensionale  spiegata nell'ambito di sei
procedimenti radicati ex art. 13 d.lgs. n. 286/1998;
    rilevato  che  il  citato  provvedimento  di  diniego  era  stato
pronunciato  in  data  12  gennaio  2001 in conseguenza dell'asserita
mancanza  dei  presupposti  di  legge,  stante  l'assenza  di  idonea
documentazione   atta   a   provare   le  condizioni  economiche  del
richiedente;
    rilevato che con il reclamo di cui oggi si discute, il ricorrente
aveva  affermato  l'illegittimita' del citato provvedimento, per aver
subordinato  l'ammissione  al  patrocinio  a  spese  dello Stato alla
sussistenza  di  presupposti  non richiesti normativamente, posto che
l'art. 13  d.lgs.  n. 286/1998, prevede l'automatica ammissione dello
straniero al patrocinio a spese dello Stato;
    rilevato  che  all'esito  dell'udienza  camerale del 24 settembre
2001  ed  a  scioglimento  della  relativa riserva, il Collegio aveva
sollevato eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 11 legge
n. 40/1998  e dell'art. 13 d.lgs. n. 286/1998 in relazione all'art. 3
Cost.,  nella  parte  in  cui prevedono l'automatica ammissione degli
stranieri   al   beneficio   del  patrocinio  a  spese  dello  Stato,
indipendentemente  dalla  sussistenza  e dal controllo in merito alla
sottostante situazione reddituale;
    rilevato che con ordinanza n. 359/2002 la Corte costituzionale ha
disposto  la  restituzione degli atti al Tribunale di Milano, al fine
di  valutare  se  la  questione  sollevata  possa  ritenersi  tuttora
rilevante,  stante  il  mutato  quadro  normativo, come determinatosi
all'esito   dell'entrata   in   vigore   dell'art. 142   del   d.lgs.
n. 113/2002;
    fissata  nuova  udienza camerale per la discussione sul ricorso e
sulla  questione,  a scioglimento della riserva cosi' assunta in data
24 settembre 2002, il collegio

                            O s s e r v a

    Le  considerazioni  che  erano  state espresse con riferimento ai
dubbi di legittimita' costituzionale degli artt. 11 legge n. 40/1998,
e  13  d.lgs. n. 286/1998, debbono essere in questa sede reiterate in
riferimento   all'art. 13   d.lgs.   n. 286/1998,   come   modificato
dall'art. 12,  legge  n. 189/2002  nonche'  all'art. 142,  del d.lgs.
n. 113/2002  e del d.P.R. n. 115/2002, (cioe' alle norme sopravvenute
e che - attualmente - regolano la medesima materia), onde deve essere
nuovamente   sollevata   d'ufficio,   ritenendola   rilevante  e  non
manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale
delle   norme   da  ultimo  citate,  nella  parte  in  cui  prevedono
l'ammissione generalizzata degli stranieri alla misura del patrocinio
a spese dello Stato.
    L'art. 12,  legge  n. 189/2002  ha reintrodotto la previsione per
cui  "lo  straniero  e'  ammesso al gratuito patrocinio a spese dello
Stato..."  (analogamente  a  quanto  previsto  dall'art. 13  comma 10
d.lgs. n. 286/1998, abrogato dal d.lgs. n. 113/2002) e l'art. 142 del
gia'  citato  decreto  legislativo  n. 113/2002, ha previsto che "nel
procedimento  avverso il provvedimento di espulsione del cittadino di
Stati  non  appartenenti  all'Unione  Europea,  l'onorario e le spese
spettanti  all'avvocato e all'ausiliario del magistrato sono a carico
dell'erario  e  sono  liquidati  dal magistrato nella misura e con le
modalita'  rispettivamente previste dagli artt. 82 e 83 ed e' ammessa
opposizione a, sensi dell'art. 84".
    Orbene,  la  lettura  del combinato disposto delle due norme come
sopra  riportate non puo' essere interpretata se non nel senso che lo
straniero  che  attiva  il  procedimento  di  impugnazione avverso il
decreto  di  espulsione  risulta  ammesso  ex officio al patrocinio a
spese  dello Stato, indipendentemente dalla sussistenza del requisito
reddituale nonche' da qualsivoglia relativo controllo.
    Sul    punto    non    sembra,    infatti,   di   poter   aderire
all'interpretazione  offerta dalla difesa erariale in occasione della
verifica  della  precedente eccezione di costituzionalita' (conf. sul
punto  ordinanza Corte costituzionale n. 359/2002) e secondo la quale
"il  riferimento all'ammissione al patrocinio a spese dello Stato non
dovrebbe  essere  inteso  come ammissione generalizzata ed automatica
degli   stranieri   ma   come  richiamo  e  rinvio  della  disciplina
dell'istituto,  ivi  comprese  pertanto le disposizioni relative alle
condizioni di ammissibilita' ed accoglibilita' della relativa istanza
di  ammissione  previste  dalla legge n. 217/1990 come confermato dal
combinato  disposto degli artt. 3, comma 4, e 20 del d.P.R. 31 agosto
1999   n. 394,   che   prevedono   espressamente   la  subordinazione
dell'ammissione  al  patrocinio  a spese dello Stato alla sussistenza
dei presupposti indicati dalla citata legge n. 217/1990".
    Deve,  infatti,  segnalarsi  come  gli  artt. 3  e  20 del d.P.R.
n. 394/1999   -  nella  parte  in  cui  subordinano  l'ammissione  al
patrocinio a spese dello Stato alla ricorrenza dei presupposti di cui
alla   legge   n. 217/1990,  nella  versione  attualmente  in  vigore
all'esito  della promulgazione del d.P.R. n. 115/2002 - si pongano in
contrasto  con  le disposizioni della legge quadro sull'immigrazione,
di   cui   il   citato  d.P.R.  n. 394/1999  costituisce  regolamento
attuativo,  subordinando  l'ammissione  al  patrocinio  a spese dello
Stato  alla  sussistenza dei requisiti di cui alla legge n. 217/1990,
laddove,  invece,  le  sopra  citate  disposizioni  di cui alla legge
n. 40/1998  e  d.lgs  n. 286/1998  (nella  nuova  formulazione di cui
all'art. 12,  legge  n. 189/2002) non avevano previsto la sussistenza
di  tali presupposti ed avevano sancito l'ammissione automatica dello
straniero al beneficio in parola.
    Stante   tale   contrasto  e  la  preminenza  della  disposizione
normativa  di  cui  alla  legge  quadro,  non  puo'  che ritenersi la
necessita' di disapplicare la normativa di cui al d.P.R. n. 394/1999.
    Del  resto,  tale lettura appare oggi ancora piu' necessitata ove
si  consideri il disposto di cui all'art. 142, d.lgs. n. 113/2002 che
-  dettando la specifica disciplina per la liquidazione degli onorari
e  delle  spese ai difensori nel processo avverso il provvedimento di
espulsione  -  espressamente  ribadisce che dette spese sono a carico
dell'erario   (senza  prevedere  la  necessita'  di  alcun  ulteriore
requisito ovvero controllo).
    E  che  la  volonta'  del  legislatore  fosse  proprio  quella di
prevedere  un'ammissione  generalizzata  al  beneficio risulta ancora
piu'  evidente  ove  si dia lettura della relazione illustrativa alla
citata  disposizione,  laddove  si  afferma testualmente che: "non e'
stata  prevista l'apertura dell'articolo di campione per il recupero,
mancandone  i presupposti anche teorici: in caso di soccombenza dello
Stato non si pone il problema; in caso di soccombenza dell'espellendo
non  ci  sarebbero  state  le  condizioni  per  il  recupero nei suoi
confronti,  perche', sia con riferimento alla disciplina del gratuito
patrocinio (civilistica), sia con riferimento a quella del patrocinio
a  spese  dello  Stato  (penalistica),  per  il  recupero  vengono in
questione  profili  reddituali  che,  per  queste ipotesi, sono stati
radicalmente  esclusi.  Nulla  e'  detto  nella legge n. 134/2001 per
questi  giudizi, ne' la nuova disciplina del patrocinio a spese dello
Stato pone problemi di interferenza; infatti, quest'ultima disciplina
il  patrocinio  a spese dello Stato a domanda, mentre quella in esame
e' un'ammissione d'ufficio".
    Stante la chiarezza di intendimento del legislatore, non puo' che
farsi  applicazione  delle  disposizioni  di  cui agli artt. 12 legge
n. 189/2002,  142  d.lgs.  n. 113/2002 e d.P.R. n. 115/2002 nel senso
sopra  riportato  -  in conformita', anche, alla richiesta effettuata
dal  legale  cui  e'  stata  assegnata  la  difesa  d'ufficio  di sei
stranieri  nell'ambito  di  altrettanti  procedimenti  instaurati  ex
art. 13,  d.lgs.  n. 286/1998  -  ed  in  conseguenza di cio' si deve
rilevare  la  sospetta  incostituzionalita'  delle  norme  citate per
contrasto con art. 3 della Costituzione.
    Ed  infatti,  qualsiasi  cittadino  italiano  non abbiente ovvero
qualsiasi  straniero  non  abbiente  (per  il  quale vige la completa
equiparazione  al  cittadino)  che  sia  imputato  (ed  adesso  anche
indagato  o condannato, ex d.lgs n. 113/2002 e d.P.R. n. 115/2002) di
reato  puo'  chiedere  l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato
sussistendo  determinati  presupposti  di ammissibilita' dell'istanza
(richiesta  scritta con sottoscrizione autenticata, indicazione delle
generalita',  dichiarazione  sostitutiva  di  certificazione da parte
dell'interessato,  attestante  la  sussistenza  delle  condizioni  di
reddito  di  cui  all'art. 76,  impegno  a  comunicare  variazioni di
reddito  e,  se  l'istante e' straniero, certificazione consolare che
attesti la veridicita' di quanto affermato nell'istanza).
    Anche  i  casi di impossibilita' alla produzione dei documenti di
cui  all'art. 79 commi 2 e 3 (certificazione dell'autorita' consolare
e   documentazione   attestante   i   requisiti   di   ammissibilita'
dell'istanza)   risultano  espressamente  disciplinati  dall'art. 94,
d.P.R.  n. 115/2002,  prevedendosi la possibilita' della sostituzione
di   detta   documentazione  con  una  dichiarazione  sostitutiva  di
certificazione.
    Orbene,  nessuno  di tali presupposti risulta, invece, necessario
per  procedere  all'ammissione  al  patrocinio a spese dello Stato in
subiecta  materia  ai sensi delle disposizioni normative qui sospette
di incostituzionalita'.
    La non esigenza del rispetto di tali requisiti di ammissibilita',
da  un  lato  determina  un'ingiustificata  disparita' di trattamento
rispetto ai cittadini italiani ed agli stranieri che siano sottoposti
a  procedimento penale (il cui accesso al patrocinio deve superare il
vaglio  delle condizioni di cui sopra) con conseguente violazione del
disposto  di  cui all'art. 3 della Costituzione, dall'altro determina
quella stessa intrinseca irragionevolezza della normativa che e' gia'
stata  rilevata  dalla  Corte  costituzionale  con sentenza 219/1995,
allorche'  la  Corte  ha  evidenziato  come  il legislatore non possa
"rinunciare  solo per lo straniero a prevedere una qualche verifica e
controllo  che non siano legati all'eventualita', meramente ipotetica
e  casuale,  che  all'autorita'  consolare gia' risultino elementi di
conoscenza utili a valutare l'autocertificazione del presupposto".
    In  conseguenza  di  tale rilievo, la Corte costituzionale con la
pronuncia   citata   ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 5,  comma  3, legge n. 217/1990, per contrasto con l'art. 3
Cost.,  "nella  parte  in  cui  consente  che  l'autorita'  consolare
competente  possa  limitarsi  ad  attestare  che l'autocertificazione
dello  straniero  circa  le proprie condizioni di reddito non e', per
quanto a sua conoscenza, mendace".
    Orbene, se nella fattispecie sopra citata (relativa ad un'ipotesi
di sottoposizione dello straniero a procedimento penale e, quindi, in
situazione  deteriore  rispetto a quella dello straniero espulso) non
era stata ritenuta conforme ai dettami della Carta costituzionale una
disposizione  che  non  consentiva  l'espletamento  di un adeguato ed
effettivo   controllo   giudiziale   sulla  realta'  dei  presupposti
indispensabili  per  l'ammissione al beneficio, a maggior ragione non
puo'  ritenersi  aderente  al  dettato  costituzionale  una norma che
svincola  la  concessione  del beneficio persino dall'allegazione del
presupposto medesimo.
    Ne'  diversa  valutazione  (di aderenza al dettato costituzionale
puo'  essere  effettuata  ove  si  raffronti  la  disposizione di cui
all'art. 142  citato  con quelle dettate per le ipotesi di ammissione
degli stranieri al patrocinio a spese dello Stato nei giudizi civili,
laddove,  oltre ad essere ritenute necessarie le condizioni di cui al
sopra  richiamato  art. 79,  e'  anche richiesto che lo straniero sia
"regolarmente  soggiornante nel territorio dello Stato" e che vengano
indicate  -  sempre  a  pena di inammissibilita' - le enunciazioni in
fatto  ed  in  diritto utili a valutare la non manifesta infondatezza
della pretesa che si vuoi far valere.
    Il   sospetto  di  incostituzionalita'  della  normativa  citata,
infine,  appare  ancor  piu'  evidente  ove  si  consideri come dette
disposizioni  risultino  espressamente dettate per l'espletamento dei
giudizi  ex  art. 13, d.lgs. n. 286/1998, mentre nulla viene, invece,
detto in relazione allo svolgimento delle udienze di convalida presso
il  centro  di  accoglienza,  cioe' all'ipotesi - ben piu' deteriore,
trovandosi  lo  straniero  in situazione di limitazione della propria
liberta'  personale  -  in  cui  lo  stesso  risulta  assistito da un
difensore di fiducia ovvero - in mancanza - da un difensore d'ufficio
designato  dal giudice, con ammissione, ricorrendone i presupposti al
gratuito   patrocinio   a   spese   dello   Stato  (art.  20,  d.P.R.
n. 394/1999).
    Per   tutto   quanto  sopra  esposto,  appare  evidente  come  il
trattamento  attribuito in subiecta materia allo straniero che attivi
il  rimedio  di cui all'art. 13, d.lgs. n. 286/1998 sia tale da porsi
in  contrasto  con  i dettami dell'art. 3 Cost., ove raffrontato alla
differente  tipologia  di  trattamento prevista per gli stranieri che
richiedano  accesso  al  patrocinio  a  spese  dello Stato in sede di
udienza   di  convalida  del  trattenimento  nonche'  alla  parimenti
differente  tipologia  di  trattamento prevista per i cittadini e per
gli  stranieri  che richiedano analogo beneficio sia in ambito penale
sia  in  ambito  civile (settore - da ultimo - che potrebbe ritenersi
direttamente  coinvolto  nella  valutazione  della  vicenda stante il
richiamo  all'art.  737  c.p.c., contenuto nella vecchia formulazione
dell'art. 13, d.lgs. n. 286/1998).