LA CORTE DI ASSISE

    Nel  procedimento  n. 13/2002 Reg. Corte Assise, ha deliberato la
seguente ordinanza.
    All'udienza del 16 ottobre 2002 i difensori dell'imputato, subito
dopo  l'accertamento  per  la  prima  volta  della costituzione delle
parti, premesso in punto di fatto che:
        in  data  3  luglio 2002 il g.i.p. del Tribunale di Catanzaro
aveva  respinto  la richiesta di incidente probatorio, avanzata dagli
stessi   difensori   il   25   giugno   2002  ed  avente  ad  oggetto
l'espletamento    di    una    perizia    psichiatrica    finalizzata
all'accertamento   della   capacita'   di   intendere   e  di  volere
dell'imputato al momento del delitto;
        in  data  27  giugno  2002 il p.m. aveva presentato al g.i.p.
richiesta di giudizio immediato;
        in  data  24 luglio 2002, dopo l'emissione (il 2 luglio 2002)
del  decreto  che  disponeva  il  giudizio  immediato,  essi  avevano
presentato  al  g.i.p.  tempestiva  richiesta di giudizio abbreviato,
subordinando  la  stessa ad integrazione probatoria consistente nella
gia' inutilmente invocata perizia psichiatrica;
        in   data   13   settembre  2002  il  g.i.p.  aveva  ritenuto
inammissibile tale ultima istanza;
    Hanno  sollevato,  svolgendo le compiute argomentazioni di cui al
verbale di udienza, le seguenti questioni preliminari, prospettate in
linea gradatamente subordinata:
        A) il  decreto  di giudizio immediato e' affetto da nullita',
conseguente  a  violazione  del diritto di difesa, per aver il g.i.p.
dichiarato  inammissibile  la richiesta di giudizio abbreviato di cui
sopra  all'esito di una valutazione circa la necessita' ai fini della
decisione  dell'integrazione  probatoria proposta e la compatibilita'
della   stessa   con   le   finalita'  di  economia  processuale  del
procedimento,  mentre  lo  scrutinio  di  ammissibilita'  concesso al
giudice  dall'art. 458, comma 2, c.p.p. riguardava esclusivamente gli
aspetti  formali  e  procedurali  di  cui  al  primo comma del citato
articolo,  essendo  rimesse  le  questioni  di  merito, concernenti i
presupposti   per  il  giudizio  abbreviato,  all'esito  dell'udienza
camerale,   nella   quale   le  parti  avrebbero  potuto  liberamente
interloquire  in  proposito;  la  predetta  nullita' deriva anche dal
mancato  rispetto  da parte del p.m. del termine di due giorni di cui
all'art.  396  c.p.p.  (in  termini  piu' espliciti: il p.m., essendo
stata  presentata  dalla  difesa  richiesta  di incidente probatorio,
avrebbe  dovuto  attendere  lo  spirare  del  suddetto  termine,  per
consentire  alle  parti l'esercizio dei diritti di cui al primo comma
del  citato  articolo,  e  non,  come  invece ha fatto, affrettarsi a
presentare  richiesta di giudizio immediato, con conseguente paralisi
per l'esercizio dei predetti diritti);
        B)  la  difesa  puo'  essere  ammessa,  in questa fase, dalla
Corte,  ed  in  tal  senso  avanza  richiesta, al giudizio abbreviato
condizionato  nei  termini di cui sopra ovvero al giudizio abbreviato
tout  court  (i  difensori  traggono  argomenti a sostegno delle loro
richieste  dalla  nota pronuncia della Corte costituzionale n. 54 del
2002);
        C)  la  normativa  (combinato  disposto degli artt. 458 e 438
c.p.p.)  che "non prevede che ci sia uno spazio processuale nel quale
il  soggetto  che si e' visto negato il giudizio abbreviato, e per il
quale  il  p.m.,  abbia  chiesto  il  giudizio  immediato,  non possa
richiedere  il  giudizio  abbreviato  senza condizione" e' attinta da
seri dubbi di costituzionalita'.
    Il  difensore  delle  parti  civili ed il p.m., con le articolate
motivazioni  di  cui  al  citato verbale d'udienza, si sono opposti a
tutte le questioni sopra illustrate.
    La Corte ritiene che le pregiudiziali questioni indicate ai punti
A) e B) siano infondate e debbano, pertanto, essere disattese.
    Anzitutto, si osserva che dalle disposizioni dell'art. 458 c.p.p.
non  puo'  assolutamente  ricavarsi  che  il g.i.p., di fronte ad una
richiesta    di    giudizio   abbreviato   condizionato   conseguente
all'emissione    del    decreto    di   giudizio   immediato,   debba
necessariamente   fissare   l'udienza   camerale,  potendo  sindacare
l'ammissibilita'   della  richiesta  solo  per  quanto  attiene  alle
formalita'  di presentazione (modalita' di espressione della volonta'
dell'imputato   e   deposito  della  richiesta  notificata)  ed  alla
tempestivita'  della  stessa.  Al  contrario,  dall'ultima  parte del
secondo  comma  dell'art. 458  c.p.p., che prevede la possibilita' di
revocare  l'ordinanza  dispositiva  del  giudizio abbreviato solo nel
caso  di  cui  all'art. 441-bis  c.p.p.,  si evince che il preventivo
scrutinio  di  ammissibilita'  del  g.i.p.  investe anche gli aspetti
relativi  alla  necessita'  dell'integrazione probatoria richiesta ed
alla  compatibilita'  della  stessa  con  le  finalita'  di  economia
processuale  (altrimenti si sarebbe prevista la revoca della suddetta
ordinanza  anche  nel caso di accertata insussistenza dei presupposti
per   l'abbreviato   condizionato).   Del   resto,   la   prospettata
interpretazione  non  risponde  ad  alcuna  esigenza  di garanzia dei
diritti  della  difesa,  poiche'  e'  fin  troppo  evidente  che, nel
richiedere  l'abbreviato  condizionato l'imputato deve immediatamente
farsi  carico  di  dimostrare l'esistenza dei relativi presupposti di
ammissibilita'   (il  contraddittorio  qui  non  rileva,  poiche'  il
principio  generale  processuale  applicabile e' quello in virtu' del
quale   chi   richiede   un   rito  speciale  deve  giustificarne  l'
ammissibilita).
    Quanto  al  mancato rispetto da parte del p.m. dei termini di cui
all'art. 396  c.p.p.,  si  osserva  che  la  richiesta  del  giudizio
immediato  non  paralizza  affatto  l'esercizio dei diritti di cui al
primo  comma  del  citato  articolo, per il semplice motivo che i due
subprocedimenti in questione (concernenti rispettivamente l'incidente
probatorio  ed  il giudizio immediato) sono fra loro indipendenti ed,
una   volta   che  il  primo  sia  stato  tempestivamente  introdotto
(l'art. 392   c.p.p.   stabilisce   che  la  "richiesta"  d'incidente
probatorio  sia proposta "nel corso delle indagini preliminari" ed il
successivo  art. 393  c.p.p.  ribadisce  che la richiesta deve essere
presentata   entro   i  termini  d'indagine  e,  comunque,  in  tempo
sufficiente  per  l'assunzione  della  prova prima della scadenza dei
temini  stessi),  la  successiva  presentazione  della  richiesta  di
giudizio immediato non impedirebbe, ad esempio, al g.i.p. di disporre
l'incidente   probatorio   e,  quindi,  dichiarare  inammissibile  il
giudizio   immediato   per   difetto  del  presupposto  dell'evidenza
probatoria.
    In ordine alle richieste di cui al punto B), la Corte si limita a
rilevare  che  le stesse non potrebbero mai essere accolte, stante la
mancanza  di  un'espressa disposizione di legge che consenta, in casi
come  quello  in  esame,  all'imputato  di  reiterare la richiesta di
abbreviato  condizionato  dichiarata inammissibile dal g.i.p. (ovvero
di  avanzare  ex novo richiesta di abbreviato assoluto) ed al giudice
del dibattimento, che invece ritenga ammissibile la richiesta stessa,
di disporre davanti a se' il giudizio abbreviato condizionato (ovvero
il  giudizio  abbreviato assoluto mai chiesto prima). In sostanza, la
Corte  si  trova  di  fronte ad una lacuna normativa assoluta che non
puo' essere colmata mediante interpretatio legis, di qualsiasi tipo.
    A   questo  punto,  non  rimarrebbe  da  esaminare  che  l'ultima
questione,  tuttavia  questa  corte  ritiene  necessario interrogarsi
circa   la   legittimita'   costituzionale   della  segnalata  lacuna
normativa,  nella  misura  in  cui  impedisce la "rinnovazione" della
richiesta   di   abbreviato   condizionato  davanti  al  giudice  del
dibattimento.
    Giova,    incidentalmente,   chiarire,   con   riferimento   alla
prospettazione della questione di cui al punto C), che la preclusione
a  chiedere l'abbreviato assoluto non chiesto entro il termine di cui
all'art. 458  c.p.p.  non appare affatto irragionevole ne' lesiva del
diritto  di  difesa  se  calata  in  un sistema normativo come quello
vigente,  che,  in  caso  di  tempestiva e rituale proposizione della
richiesta,  non consente al giudice alcun sindacato di ammissibilita'
(e permette, invece, alla parte di reagire con ricorso per cassazione
avverso  quei  provvedimenti,  da  ritenersi  abnormi, con i quali un
simile  sindacato  sia  stato  effettuato - vedi: Cass. Sez. 1, sent.
n. 28942  del  2001,  imp.  Saliko;  Cass. Sez. 1, sent. n. 30276 del
2001,  imp.  Sangani;  Cass.  Sez.  1,  sent. n. 11272 del 2001, imp.
Strangio; Cass. Sez. 1, sent. n. 958 del 2001, imp. Litrico).
    Ora,  nell'avviare  la riflessione circa l'abbozzata questione di
costituzionalita',  la  prima  verifica  da  compiere deve senz'altro
riguardare  la  correttezza  della valutazione operata dal g.i.p. nel
caso  di  specie  in  ordine  all'insussistenza  dei  presupposti  di
ammissibilita'  dell'abbreviato condizionato, poiche' e' evidente che
la  menzionata  questione  perderebbe ogni rilevanza se questa Corte,
sulla  base  di tutti gli atti a disposizione, dovesse concordare con
il  g.i.p.  In  tal caso, infatti, neppure un intervento additivo del
giudice  delle  leggi potrebbe giovare all'imputato, la cui richiesta
andrebbe  inesorabilmente  respinta  per  difetto  dei presupposti di
ammissibilita' dell'invocato abbreviato condizionato.
    La  Corte,  pero',  considera l'integrazione probatoria richiesta
come  indispensabile  ai fini della decisione. Ed invero, l'imputato,
in  base  alla  documentazione  gia'  prodotta  al g.i.p., in sede di
richiesta   d'incidente   probatorio  (le  argomentazioni,  anche  di
carattere  scientifico,  svolte  nell'ordinanza  di  rigetto di detta
richiesta, sono state poi richiamate integralmente nell'ordinanza con
cui   e'  stata  dichiarata  inammissibile  l'istanza  di  abbreviato
condizionato),  aveva  dimostrato  di  essere  affetto,  quanto  meno
dall'eta'  di  12  anni, da "epilessia generalizzata idiopatica" e di
aver  ricevuto  in  data 2 maggio 2002 la prescrizione di una "visita
specialistica  neurologica per disturbi del comportamento in soggetto
in  trattamento  con antiepilettici". Importanti conferme al riguardo
si  traggono  dall'ulteriore  produzione  documentale,  concernente i
ripetuti  ricoveri  dell'imputato  in  ospedali militari in occasione
della  valutazione  della  sua  idoneita'  al  servizio  militare. Ed
infatti,   l'Arcidiacono,   dopo   varie   diagnosi   di   "epilessia
generalizzata   in   trattamento,  personalita'  immatura"  e'  stato
riformato.
    Il  quadro  clinico descritto giustifica l'accertamento in ordine
alla  capacita'  d'intendere  e  volere  dell'imputato al momento del
fatto,   ne'   la  Corte  ritiene  di  poter  risolvere  il  problema
utilizzando   le   proprie   (acquisite   o   acquisende)  conoscenze
scientifiche.  L'art. 220 c.p.p. recita "la perizia e' ammessa quando
occorre   svolgere  indagini  o  acquisire  dati  o  valutazioni  che
richiedono    specifiche   competenze,   tecniche,   scientifiche   o
artistiche"  e cio', a parere dell'organo giudicante, non puo' essere
inteso  se non come obbligo per il giudice di disporre perizia quando
si  profili un problema la cui risoluzione richieda l'applicazione di
un  "sapere  scientifico"  che esuli da quelle conoscenze che possono
dirsi patrimonio di tutti gli uomini mediamente istruiti. Sotto altro
profilo,  la  stessa  disposizione  soddisfa  l'esigenza che anche le
conoscenze  scientifiche  da  utilizzare  nel ragionamento probatorio
vengano  "fondate"  nel  contraddittorio fra le parti. In seguito, il
giudice  potra'  sottoporre  le  conclusioni degli esperti al proprio
vaglio  critico  ma  questa  Corte  ritiene che il predetto passaggio
procedurale  non  possa  essere  omesso  mediante  l'introduzione nel
percorso decisionale (e poi motivazionale) di un elemento "a sopresa"
rappresentato    dalle    peculiari   conoscenze   scientifiche   dei
giudici-persone  fisiche  (i  quali, in tal modo svolgerebbero non il
ruolo,  legittimo  ed ineludibile, di "periti dei periti", ma quello,
non consentito, di periti essi stessi).
    L'espletamento  della  perizia psichiatrica richiesta, necessario
per  la  decisione, e' inoltre del tutto compatibile con le finalita'
di  economia  processuale proprie del giudizio abbreviato. Si tratta,
infatti, dell'unico atto istruttorio da compiere, il che non vanifica
il  vantaggio  connesso alla scelta del rito in argomento, poiche' il
fatto reato di cui all'imputazione non richiederebbe alcuna attivita'
istruttoria, potendo essere accertato (positivamente o negativamente)
sulla  base degli atti esistenti. Ne' la circostanza che nella specie
l'abbreviato  si  innesti  su  un  giudizio  immediato puo' indurre a
diversa   conclusione,  poiche'  l'economia  processuale  realizzanda
consiste   nell'evitare  lo  svolgimento  dcl  dibattimento,  la  cui
istruttoria  ben  puo' risultare molto articolata anche in ipotesi di
giudizio  immediato  (per tutte le parti rimane, infatti, il problema
di  trasformare in prova il materiale predibattimentale, problema che
l'abbreviato, appunto, risolve in radice).
    Tanto  premesso,  si  osserva  che  il  combinato  disposto degli
artt. 458,  comma  2, 438, comma 3 e 5, 441 e 442 c.p.p. non consente
all'imputato,  la  cui richiesta di abbreviato condizionato sia stata
dichiarata inammissibile dal g.i.p. (con provvedimento insindacabile,
avverso  il  quale  non e' previsto alcun gravame), di riproporla, in
limine   litis,   al  giudice  del  dibattimento  e  non  permette  a
quest'ultimo,   verificata   l'ammissibilita'   della  richiesta,  di
disporre il giudizio abbreviato.
    Tale  disciplina  appare  in contrasto con gli artt. 3 e 24 della
Costituzione.  Risulta,  infatti,  irragionevole e contemporaneamente
lesivo  del  diritto di difesa un sitema normativo che non preveda un
"meccanismo di reazione" all'eventuale errore di valutazione commesso
dal  g.i.p.,  poiche'  in  tal  modo  si verrebbe irrimediabilmente a
privare  l'imputato dello "sconto di pena" cui pure aveva diritto, in
virtu'  della scelta del rito deflattivo. L'irragionevolezza risulta,
poi,  ancor  piu'  evidente se si confronta la predetta normativa con
quella  disciplinante  il  caso, diverso ma certamente analogo, della
richiesta  di  applicazione della pena. Anche in tal caso, l'imputato
puo'  vedersi  sbarrare la strada al c.d. "patteggiamento" (oltre che
dal  dissenso  del  p.m.)  da  una decisione del g.i.p. ma il sistema
prevede una serie di rimedi avverso l'errore del g.i.p. Ed invero, ai
sensi  dell'art. 448  c.p.p. l'imputato, prima della dichiarazione di
apertura del dibattimento di primo grado, puo' rinnovare la richiesta
ed  il  giudice,  verificatane  la  fondatezza,  puo'  immediatamente
pronunciare  sentenza.  Addirittura,  anche  in  assenza di richiesta
rinnovata,  il  giudice  puo'  provvedere  nello  stesso modo quando,
all'esito   del   dibattimento,  ritenga  ingiustificato  il  rigetto
dell'originaria richiesta.
    Va,   per   finire,   osservato  che  questa  Corte  non  ritiene
praticabile,  nel  caso  di  specie, la soluzione del ricorso al c.d.
"conflitto  analogo",  di  cui  all'art. 28,  comma  2, c.p.p. Per la
verita',  la  s.c.,  con  le  decisioni  in precedenza richiamate, ha
affermato  la  proponibilita'  di  detto  conflitto in casi in cui il
g.i.p.  aveva  dichiarato  inammissibile  la  richiesta di abbreviato
incondizionato ed ha qualificato come abnorme tale provvedimento. Ben
diversa  e',  pero', la situazione in cui l'ordinanza pregiudizievole
per  l'imputato,  aspirante all'abbreviato condizionato, sia ritenuta
errata   dal   giudice  del  dibattimento,  quanto  alla  valutazione
dell'insussistenza  dei presupposti per l'ammissione al rito speciale
richiesto.  In  tal caso, il conflitto non e' proponibile, poiche' il
provvedimento  del  g.i.p.  non  e'  certamente  abnorme (e, per tale
ragione,   l'interessato   non   puo'  neppure  "reagire"  proponendo
immediato  ricorso  per Cassazione), ne' illegittimo ma infondato nel
merito  e la s.c. sarebbe chiamata ad operare proprio una valutazione
"di  merito"  sulla  necessita' della prova ai fini della decisione e
sulla compatibilita' del rito con l'economia processuale.
    In  conclusione, questa Corte ritiene che gli artt. 458, comma 2,
438,  comma  3  e 5, 441 e 442 c.p.p. confliggano con le disposizioni
costituzionali  di  cui  sopra  e  che  la relativa questione, per le
ragioni illustrate, sia rilevante e non manifestamente infondata.