IL GIUDICE DI PACE

    Facendo propria l'ordinanza gia' emessa dal pretore di Palermo in
data  14  luglio  1999, che qui' si intende integralmente richiamata,
dichiara  rilavante  e non manifestatamente infondata la questione di
leggittimita' costituzionale delle norme in essa richiamata e dispone
la  nuova  trasmissione  degli  atti  alla  Corte costituzionale e la
sospensione del giudizio in corso.
    Manda alla cancelleria per le comunicazioni previste dall'art. 23
ultimo comma.
                       Il giudice: Chiaramonte
                                                             Allegato
                  PRETURA CIRCONDARIALE DI PALERMO
                          Sezione II Penale
    Ha pronunziato la seguente ordinanza.
    Premesso  che  con  decreto  di  citazione  emesso  dalla procura
circondariale di Palermo Grottanelli De Santi Giovanni, Mazzoni della
Stella   Vittorio,   Andriani   Antonio  Silvano,  Brandani  Alberto,
Bruschini  Alberto,  Cappugi Luigi, Salvatici Nilo, Orzali Ottaviano,
Veglianti  Bernardino,  Bocci  Osvaldo,  Gentili  Domenico, Giannelli
Emilio,  La  Terza  Angelo, Panzieri Renato, Pierotti Lucio e Ranucci
Alberto,  tutti  meglio  generalizzati  in  atti,  venivano  tratti a
giudizio   avanti   a  questo  pretore  per  rispondere,  nelle  loro
rispettive  qualita',  "del  reato  p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1
c.p.,  331  comma 1 c.p. perche', in concorso tra loro, i primi sette
quali  componenti  del  consiglio  di amministrazione della Monte dei
Paschi  Banca S.p.a., Societa' azionista unico della Monte dei Paschi
Banca  S.p.a.,  societa'  azionista  unico  della  MontePaschi  Serit
S.p.a.,  mediante  l'adozione della delibera assunta nella seduta del
consiglio  di  amministrazione  del  13  giugno  1996  con  la  quale
deliberavano  di comunicare alla Societa' Montepaschi Serit S.p.a. la
necessita'  della  adozione  di  una delibera volta a notificare alla
Regione  Sicilia  l'unilaterale  recesso dall'incarico di commissario
governativo per la riscossione dei tributi, predisponendo ed inviando
alla  predetta  Societa'  MontePaschi  Serit  il  testo  dell'atto di
significazione  e  recesso,  ed  istigando  quindi  i  componenti del
consiglio  di amministrazione di tale Societa' controllata a porre in
essere i comportamenti di seguito specificati;
        gli altri nove, in qualita' di consiglieri di amministrazione
della MontePaschi Serit S.p.a., ente nominato commissario governativo
per  la riscossione dei tributi nella Regione Sicilia, giusta decreto
assessoriale  n. 1  del  9  gennaio 1991, attraverso l'adozione della
delibera  del  18 giugno 1996 successivamente notificata alla Regione
Sicilia,  con  la  quale si dava comunicazione all'ente dell'avvenuto
recesso   dal  predetto  incarico  commissariale,  e  la  conseguente
chiusura  al  pubblico  degli  stabilimenti  e  degli sportelli della
societa',  esercitando  un'impresa  di servizi pubblici o comunque di
pubblica  necessita',  interrompevano  il servizio di riscossione dei
tributi,  non  consentendo  tra  l'altro  ai  contribuenti di recarsi
presso  gli sportelli della societa' per versare le somme dovute, non
fornendo  agli  stessi informazioni, omettendo di ricevere i ruoli in
riscossione  per  le  rate di febbraio 1997 e successive, turbando la
regolarita' del servizio di riscossione dei tributi;
        in  Palermo (e nella Regione Sicilia), il 28 dicembre 1996, e
succ. sino al 20 gennaio 1997;
        che  i  difensori  degli imputati, alla udienza del 26 giugno
1998, eccepivano la illegittimita' costituzionale dell'art. 24 d.P.R.
28  gennaio  1988 e, conseguentemente, dell'art. 18 legge regionale 5
settembre   1990   n. 35,  in  relazione  agli  artt. 3  e  41  della
Costituzione,  per  violazione  del  principio  di  uguaglianza  e di
liberta'   dell'iniziativa   economica,   in   quanto   impongono  al
commissario  governativo  delegato provvisoriamente alla esazione dei
tributi,   gli   obblighi,   ma   non   i  diritti,  riconosciuti  al
concessionario  privato,  alla  cui  disciplina normativa viene fatto
espresso  rinvio;  con  il conseguente determinarsi di una situazione
obbligatoria svincolata dalle esigenze di economicita' della gestione
aziendale,  e  potenzialmente  in  antitesi  ad essa, senza che nelle
norme censurate venga in alcun modo determinato, ne' cronologicamente
ne'  con  altro  criterio legale, un limite ragionevole all'esercizio
eccezionale   e   provvisorio  del  potere  impositivo  dell'obbligo,
attribuito all'ente pubblico;
        che a causa del mutamento della persona fisica del giudicante
la   questione  di  legittimita'  costituzionale  veniva,  nuovamente
sollevata avanti a questo pretore;
        che tale prospettata situazione di incostituzionalita' appare
rilevante  per  la  decisione  del  presente processo, attinendo alla
ricorrenza  degli elementi integrativi della fattispecie criminosa in
contestazione,   nonche',  per  i  motivi  di  seguito  esposti,  non
manifestamente infondata;

                            O s s e r v a

    Il  reato  di  cui all' art. 331 codice penale oggi contestato ai
soprammenzionati  imputati  attiene  alla  sospensione dell'attivita'
esattoriale, al 31 dicembre 1996 previo formale preavviso di sei mesi
con  contestuale  messa a disposizione della Regione Sicilia di tutto
il  personale  e  le  attrezzature  necessarie  alla prosecuzione del
servizio,  a  cagione  della pesante esposizione debitoria che l'ente
accusava  nei confronti della MontePaschi Serit, societa' controllata
dall'Istituto  di  credito toscano, nominata d'ufficio, con decreti 3
gennaio   1991   del   Ministero  delle  finanze  e  9  gennaio  1991
dell'assessore  per  il  bilancio e le finanze della Regione Sicilia,
commissario  governativo  delegato  provvisoriamente alla riscossione
dei  tributi  e  delle  altre  entrate  nel  territorio  siciliano ex
artt. 24  e  ss.  d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, e 18, comma 2, legge
regionale 5 settembre 1990, n. 35;
    La  situazione  di fatto, cosi' come emerge sin dalla prospettiva
accusatoria  cristallizzata  nel  capo  di  imputazione,  deve essere
necessariamente  ricollegata  ad un quadro normativo, quale e' quello
prospettato  dal capo V del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, ove, da un
lato,   vengono   imposti   al   commissario   governativo,  delegato
provvisoriamente  alla riscossione dei tributi, obblighi in relazione
ai  quali il concorso di volonta' negoziale dell'oggetto e' del tutto
inesistente   ed   irrilevante,   dall'altro  contiene  un  esplicito
riferimento  allo status generale del concessionario, la cui liberta'
di   iniziativa   non   puo'  subire  coartazioni  e  neppure  essere
indirizzata  in  senso  antieconomico.  Quindi  abbiamo una normativa
caratterizzata  dai  concetti  di provvisorieta', di contingenza e di
eccezionalita',   ma  che  non  rinuncia  a  richiedere  al  soggetto
investito  dei  poteri di riscossione di gestire il servizio non solo
secondo  le  regole  del  concessionario,  vale  a  dire  con  l'alea
imprenditoriale,  ma  contestualmente con l'obbligo contributivo "del
non riscosso come riscosso" (v. art. 26 d.P.R. n. 43/1988);
    Appare di palmare evidenza come il combinato disposto delle norme
sopra  richiamate  rischi  di creare, sotto il profilo della liberta'
economica  e  dei principi di uguaglianza e ragionevolezza, scompensi
di  natura  economicofinanziaria,  laddove il legislatore, conferendo
pubblici  poteri,  ne  preveda l'esercizio discrezionale senza limiti
cronologici  e/o funzionali. Piu' volte la Corte costituzionale si e'
criticamente  soffermata sul concetto di "provvisorieta'" in numerose
materie   (si   pensi   alla  declaratoria  di  illegittimita'  della
reiterazione  dei decreti-legge, oppure a quella relativa all'art. 67
l.r.  Sic  in  tema  di  interventi  nei comparti produttivi ed altre
disposizioni di carattere finanziario a carico di societa' o consorzi
aventi un appalto lavori di censimento di beni culturali);
    Nel  caso  di  specie l'incarico ricevuto dalla Montepaschi Serit
S.p.a.  si e' protratto per oltre cinque anni (negazione evidente del
concetto   di  provvisorieta),  e  inibire  alla  detta  societa'  la
possibilita'  di  recesso,  pur  in presenza di rilevanti crediti nei
confronti  della  regione  siciliana  cagionati  dal soprammenzionato
principio  "del  non riscosso come riscosso", nonche' dell'obbligo di
gestire il servizio secondo la forma dell'impresa con tutti gli oneri
derivanti,  in primis quello penalmente sanzionato dall'art. 2621 del
codice   civile,   espone   l'Istituto   di  credito  a  pesantissime
conseguenze  sul  piano  finanziario  che  finirebbero con l'incidere
anche  sugli  interessi  dei  cittadini  che abbiano investito i loro
risparmi presso l'istituto medesimo riscosso;
    Alla  luce  delle  considerazioni  che  precedono, la prospettata
questione  di legittimita' costituzionale, la cui definizione risulta
rilevante   rispetto   al   giudizio   in   corso,  va  ritenuta  non
manifestamente  infondata,  con  conseguente  avvio  del procedimento
innanzi al giudice delle leggi;