IL TRIBUNALE

    Ha  pronunziato,  a scioglimento della riserva di cui all'udienza
dell'8  febbraio  2002,  la  seguente ordinanza prevista dall'art. 23
della  legge  11  marzo  1953 n. 87 nella causa vertente tra Aliperti
Rosa   residente   in   Saviano   (Napoli)  Corso  Umberto  I  n. 181
elettivamente  domiciliata  in Comiziano (Napoli), piazza S. Severino
n. 8  con  gli  avv.  Andrea  Falco  del foro di Adria e Pietrantonio
Ciccone,  dai quali e' rappr. e difesa in virtu' di procura a margine
dell'atto di citazione; parte attrice; e
    1)  Ministero  del tesoro, in persona del Ministro p.t., con sede
in  Roma, elettivamente domiciliato in Napoli, via Diaz n. 11, presso
la   sede   dell'Avvocatura   distrettuale  dello  Stato  da  cui  e'
rappresentato e difeso ope legis;
    2)  Ministero  delle  poste  e  telecomunicazioni, in persona del
Ministro  p.t., con sede in Roma, elettivamete domiciliato in Napoli,
via  Diaz  n. 11,  presso  la sede dell'Avvocatura distrettuale dello
Stato da cui e' rappresentato e difeso ope legis;
    3)  Poste  Italiane  S.p.a., in persona del legale rappresentante
p.t.,   con   sede   in  Roma,  viale  Europa  n. 175,  elettivamente
domiciliato  in  Napoli,  piazza  Matteotti,  rappresentato  e difeso
dall'avv.  Mariarosaria  Librera  dell'ufficio  legale,  in virtu' di
procura a margine della comparsa di risposta;
    4) Cassa Deposti e Prestiti, in persona del legale rappresentante
p.t., con sede in Roma, elettivamente domiciliato in Napoli, via Diaz
n. 11, presso la sede dell'Avvocatura distrettuale dello Stato da cui
e' rappresentato e difesa ope legis; parti convenute.
    Oggetto: pagamento somma.

                      Svolgimento del processo

    Con  atto  di  citazione  notificato  in data 6 ed 8 ottobre 1997
Aliperti Rosa conveniva in giudizio innanzi questo tribunale le parti
convenute in epigrafe per sentir dichiarare:
        a) l'illegittimita' del d.m. 13 giugno 1986 per violazione di
legge  e,  per l'effetto, disapplicare l'art. 6 di questo nella parte
in  cui estende ai buoni fruttiferi della serie O gia' emessi i tassi
di interesse della nuova serie Q;
        b) essere dovute all'Aliperti le somme dovute nella tabella a
tergo dei titoli della serie O in suo possesso, con vittoria di spese
ed onorari con attribuzione ex art. 93 c.p.c.
    A fondamento della sua richiesta deduceva di aver sottoscritto in
data  16 aprile 1982 alcuni buoni postali fruttiferi della serie O di
L. 1.000.000 ciascuno emessi dall'ufficio postale di Saviano, a tergo
dei  quali  era  riportata  una tabella con l'analitico calcolo degli
interessi  in  base  ai  tassi ivi indicati, senza che vi fosse alcun
riferimento alla previsione di un mutamento unilaterale del saggio di
interesse (dal 9% per i primi tre anni fino al 16% del 16o anno), si'
che   ogni  buono  da  L. 1.000.000  rendeva  all'intestataria,  alla
scadenza dei suoi 20 anni, la somma di L. 13.330.503 come chiaramente
indicato.
    Nel settembre 1997, recatasi a riscuotere quanto di sua spettanza
maturato  fino  a quel momento, aveva appreso che, in virtu' del d.m.
13  giugno  1986 che disciplinava l'emissione di una nuova serie Q di
B.P.F.,  erano  stati  approvati  interessi  notevolmente inferiori a
quelli  convenuti e stabiliti con i dd.mm. 15 giugno 1981 e 16 giugno
1984,  e  che  gli  stessi  si applicavano sul montante dei B.P.F. di
tutte  le serie precedenti, tra cui la serie O, per cui, dopo 20 anni
la  cifra  finale  del  buono era notevolmente inferiore a quella che
appariva  dalla  tabella a tergo dei medesimi (8% per 5 anni, 9% fino
al 10o anno, 10,50% fino a 15 anni, 12% fino a 20 anni).
    Deduceva, in conclusione, che il d.m. 13 giugno 1986 era pertanto
illegittimo per violazione del principio della irretroattivita' delle
disposizioni di legge in quanto nessuna seria ragione giustificatrice
esisteva  nella  specie,  e non trattavasi di legge in senso stretto,
tanto  piu'  che  solo  col  d.m.  20 maggio 1987 era stato disposto,
mediante  inclusione  della clausola nella tabella a tergo dei buoni,
che  i  tassi  sono  suscettibili di variazioni successive a norma di
legge  e  l'ammontare  degli  interessi  e'  soggetto alle trattenute
fiscali previste dalla legge.
    Contestatasi  la  lite,  si costituivano i convenuti deducendo la
piena  legittimita'  del  d.m.  13  giugno  1986  in  quanto la nuova
formulazione dell'art. 173 del d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156 (a seguito
delle  modifiche  apportate  con  il  d.l.  30  settembre 1974 n. 460
convertito  nella  legge  25  novembre 1974 n. 588) consentiva che le
variazioni  del  saggio di interesse dei buoni postali fruttiferi, da
disporsi  con  decreto del Ministro del tesoro in concerto con quello
delle  PP.TT.,  non solo erano applicabili ai buoni della nuova serie
(come  recitava  la  vecchia  formulazione  del  citato  articolo) ma
potevano  essere  estesi ad una o piu' delle precedenti serie. In tal
caso,  la tabella riportata a tergo dei buoni delle vecchie serie era
integrata  con  quella  delle nuove serie, che era a disposizione dei
titolari dei buoni stessi presso gli uffici postali.
    Con   ordinanza   del   16   luglio  1999  questo  tribunale,  in
accoglimento  della  eccezione  sollevata da parte attrice in sede di
precisazione  delle conclusioni, sollevava, in riferimento agli artt.
3,  43,  47  e  97  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 173  del  d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, come
modificato  dall'art. 1  del d.l. 30 settembre 1974 n. 460 convertito
nella  legge 25 novembre 1974 n. 588, censurando la norma nella parte
in cui consentiva l'estensione dell'intervenuta variazione del saggio
di   interesse   anche   alle   serie  di  buoni  postali  fruttiferi
precedentemente  emesse,  senza  che  di  tale  variazione  vi  fosse
previsione e sottoscrizione per accettazione del titolare dei buoni e
senza  che  la  intervenuta  variazione del saggio di interesse fosse
comunicata  al  domicilio  del titolare dei buoni per consentirgli il
tempestivo esercizio del diritto di recesso.
    Secondo  lo  scrivente, infatti, nel rapporto concernente i buoni
postali   fruttiferi  l'operato  del  gestore  del  servizio  non  si
discostava,  per  struttura  e  funzione,  da  quello  relativo  agli
analoghi  servizi  offerti  dal  sistema  bancario, rendendo pertanto
incostituzionale la diversita' di disciplina tra i due servizi, e che
il d.lgs. 1 settembre 1993 n. 385 (T.U.B.) prevedeva all'art. 117 che
fosse    espressamente    indicata,   con   clausola   da   approvare
specificamente,  la  possibilita'  di variare in senso sfavorevole al
cliente sia il tasso di interesse che ogni altro prezzo e condizione,
e,  all'art. 118, che le variazioni sfavorevoli fossero comunicate al
cliente  al  fine  di consentirgli l'esercizio del diritto di recesso
senza penalita'.
    Pertanto,  ad  avviso  di  questo  tribunale, la norma impugnata,
diversamente  regolando  la materia, ingenerava una ingiustificata ed
irragionevole  disparita'  di  trattamento fra gli utenti di analoghi
servizi   determinando   altresi'   un  assoluto  scoraggiamento  del
risparmio  postale  privo  delle  garanzie di trasparenza e chiarezza
tecnico-formale  apprestate  per  il risparmio ed investimento presso
istituti di credito.
    Instauratosi   giudizio   di   legittimita'   costituzionale  con
l'intervento   di  tutte  le  parti,  la  Corte  costituzionale,  con
ordinanza  n. 47  del  21  febbraio  2001 - 6 marzo 2001, ordinava la
restituzione  degli  atti  al  Tribunale  di  Napoli  rilevando  che,
successivamente all'emissione dell'ordinanza con cui veniva sollevata
la  questione  in oggetto, era stato emanato il d.lgs. 30 luglio 1999
n. 284 che, all'art. 2, comma 2, prevede la determinazione con dd.mm.
delle  caratteristiche  e  delle  altre  condizioni dei buoni postali
fruttiferi   nonche'   l'emanazione   delle   norme   in  materia  di
pubblicita',  trasparenza e comunicazioni periodiche ai risparmiatori
e  che,  a  norma  dell'art. 7,  comma 3, di tale decreto legislativo
n. 284/1999, era espressamente abrogato l'art. 173 del codice postale
impugnato   a   decorrere  all'entrata  in  vigore  dei  decreti  che
stabiliscono  le  nuove  caratteristiche dei buoni fruttiferi postali
con  la  possibilita', per tali decreti, di disciplinare le modalita'
di applicazione delle nuove norme ai rapporti gia' in essere, al fine
di   consentire  una  disciplina  dei  rapporti  piu'  favorevoli  ai
risparmiatori.
    Rilevava  ancora  la Corte costituzionale che in data 27 dicembre
2000  era  entrato  in  vigore il decreto del Ministro del tesoro del
bilancio  e  della  programmazione  economica  del  19  dicembre 2000
recante  le  condizioni generali di emissione dei B.P.F. ed emissione
di  due  nuove serie di buoni, per modo che - essendo cosi' mutato il
quadro  normativo - si imponeva la restituzione degli atti al giudice
a  quo  per  una  nuova  valutazione,  alla  luce  dell'indicato  jus
superveniens, della rilevanza della questione di costituzionalita' in
oggetto.
    Con  provvedimento del 20 aprile 2001 su analogo ricorso di parte
attrice,  questo  tribunale disponeva la prosecuzione del giudizio in
cui  si  costituiva  anche  la Cassa Depositi e Prestiti ed in data 8
febbraio  2002  parte  attrice  sollevava eccezione di illegittimita'
costituzionale  dell'art. 7,  comma  3,  del  decreto  legislativo 30
luglio  1999  n. 284  (in  relazione agli articoli della Costituzione
citati in epigrafe) che, pur abrogando l'art. 173 del d.p.r. 29 marzo
1956  n. 173  come  modificato dall'art. 1 del d.l. 30 settembre 1974
n. 460 convertito nella legge 25 novembre 1974 n. 588 (che costituiva
la  norma precedentemente impugnata di incostituzionalita), non aveva
assolutamente   eliminato   l'illiceita'  del  d.m.  13  giugno  1986
stabilendo anzi che i rapporti gia' in essere alla data di entrata in
vigore  dei  decreti  stabilenti  le  nuove caratteristiche dei buoni
postali  (primo  dei  quali  il d.m. 19 dicembre 2000), continuano ad
essere  regolati  dalle  norme anteriori, con cio' facendo nuovamente
rivivere una norma che dichiarava di abrogare espressamente.
    Si  imponeva,  pertanto, secondo parte attrice, un nuovo esame da
parte  della  Corte  sulla  eccepita  incostituzionalita' della nuova
normativa.
    All'udienza  dell'8 febbraio  2002  le parti concludevano come da
verbale di udienza riportandosi ai rispettivi scritti difensivi ed il
giudice si riservava la decisione sulla specifica eccezione.

                       Motivi della decisione

    A   parere   di   questo   tribunale   la   nuova   eccezione  di
incostituzionalita'  dell'art. 7,  comma 3, del d.lgs. 30 luglio 1999
n. 284  e, di conseguenza, dell'art. 9, comma 2, del d.m. 19 dicembre
2000  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale del 2 dicembre 2000 n. 300
sollevata  dal  difensore  di parte attrice non appare manifestamente
infondata  e  va  disposta,  pertanto, l'immediata trasmissione degli
atti  alla Corte costituzionale con nuova sospensione del giudizio in
corso a norma dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87.
    Tale  questione,  infatti,  e'  giuridicamente  rilevante perche'
tutte  le  perplessita'  gia'  esistenti alla data del 16 luglio 1999
sotto  la  vigenza dell'art. 173 del d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156 (nel
testo  come  modificato dall'art. 1 del d.l. 30 settembre 1974 n. 460
convertito  nella  legge 25 novembre 1974 n. 588), e che indussero lo
scrivente ad investire con precedente ordinanza la suddetta Corte per
il  contrasto  di  tale  norma  con  gli  artt. 3,  43, 47 e 97 della
Costituzione   per  tutte  le  ragioni  specificamente  indicate  con
l'ordinanza  stessa,  permangono  ancora  oggi  pur con la specifica,
dichiarata  abrogazione  del  suddetto testo modificato dell'art. 173
del citato d.P.R. n. 156/1973 (rientrante tra quelle disciplinate dal
capo  VI,  libro  III) ad opera della nuova normativa emessa (art. 7,
comma  3,  del  d.lgs.  30 luglio 1999 n. 284 ed art. 9, comma 2, del
d.m.  19 dicembre  2000 del Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica).
    Il  citato  art. 7,  comma  3,  invero,  disponendo l'abrogazione
specifica  - a decorrere dal 9 dicembre 2000 corrispondente alla data
di  entrata  in  vigore  del  primo  dei  dd.mm. che stabilisce nuove
caratteristiche  dei  buoni postali fruttiferi - di tutte le norme di
cui  ai  capi  V  e  VI del libro III del d.p.r. n.156/1973 (tra cui,
appunto,  l'art. 173  su  descritto che consentiva l'estensione delle
variazioni del saggio di interesse dei buoni postali fruttiferi anche
alle  serie precedentemente emesse al momento della entrata in vigore
del   decreto  e  che  costituiva,  di  conseguenza,  il  presupposto
giuridico per la legittimita' dell'art. 6 del d.m. 13 giugno 1986 che
aveva esteso il minor saggio di interessi della nuova serie Q anche a
quella precedente O che e' quella acquistata dalla Aliperti) lasciava
intendere  che  era da ritenersi implicitamente abrogata o, comunque,
inefficace  la  disposizione  dell'art. 6  del  citato d.m. 13 giugno
1986,  tanto piu' che la nuova normativa affermava nella parte finale
dello  art. 7  che i nuovi decreti possono modificare le modalita' di
applicazione  delle nuove norme ai rapporti gia' in essere al fine di
consentire   una   disciplina   dei   rapporti   piu'  favorevole  ai
risparmiatori.
    Ma  cosi', invece, non e' stato perche' il suddetto art. 7 subito
si  e'  affrettato  a  specificare che i rapporti gia' in essere alla
data  di  entrata in vigore dei medesimi decreti continuano ad essere
regolati   dalle   norme  anteriori,  confermando  tale  intendimento
all'art. 9  del  d.m.  19  dicembre 2000 in cui, dopo aver nuovamente
precisato che dal 29 dicembre 2000 era abrogato il capo VI del titolo
I  del libro III del d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156 (tra cui l'art. 173)
si  affrettava  a  precisare  che  i  buoni  fruttiferi postali delle
precedenti  serie  esistenti  al  momento della entrata in vigore del
decreto   restavano   regolati   dalle  disposizioni  richiamate  dal
precedente   comma  (cioe'  dal  citato  art. 173!!!),  salvo  quanto
previsto dall'art. 10 successivo.
    Leggendo  tale  ultimo  articolo  si apprende che alle precedenti
serie di buoni emessi e' applicabile solo la disposizione dell'art. 1
e  7  del  decreto  stesso  e  tali  disposizioni concernono soltanto
l'applicabilita'  della  normativa  generale  del  deposito per conto
della Cassa DD.PP. e della normativa di cui alla legge 30 luglio 1951
n. 948  per  i  casi  di  sottrazione,  distruzione o smarrimento dei
B.P.F.,  mentre  tutte  le  altre disposizioni piu' favorevoli di cui
all'art. 6  del decreto concernenti la pubblicita' e le comunicazioni
ai risparmiatori sono applicabili soltanto ai nuovi B.P.F. emessi con
la sigla di serie A/1. Cosi' operando, il legislatore da una parte ha
abrogato   una   norma   che  gia'  tante  critiche  aveva  suscitato
nell'opinione  pubblica  come  testimoniato  dai  vari articoli della
stampa  nazionale  agli  atti  esibiti,  ma  dall'altra  ha  di fatto
reintrodotto  la  norma  abrogata  con  il  disporre  che  alle serie
precedenti di B.P.F. gia' emesse (tra cui la serie O) era applicabile
la  vecchia  disciplina,  pur  riconoscendo  specificamente  sia  con
l'art. 6  del  d.m.  19 dicembre 2000, sia con l'art. 2, comma 3, del
d.P.R. 14 marzo 2001 n. 144 (regolamento recante norme sui servizi di
bancoposta)  la  piena  equiparabilita'  tra  norme  del  Testo Unico
Bancario  e  quelle  disciplinanti i servizi di bancoposta specie per
cio' che concerne la pubblicita' e le comunicazioni ai risparmiatori.
    Cosi'  operando,  invero,  il legislatore, con il disporre che le
nuove  norme si applicano ai rapporti esistenti tra poste e clientela
alla  data  di  entrata in vigore delle stesse (art. 13, comma 1, del
d.P.R.  14  marzo  2001  n. 144),  ha  inteso  perseguire  uno  scopo
dichiaratamente politico per salvare tutti gli atti posti in essere e
gli  effetti  prodotti  in  applicazione della disciplina previgente,
aggravando  ancor  di  piu' la disparita' di trattamento tra vecchi e
nuovi  risparmiatori,  con  violazione del principio dell'uguaglianza
tra  i  cittadini inteso dalla giurisprudenza della stessa Corte come
canone  di  parificazione di situazioni normative omogenee, come gia'
esposto nella precedente ordinanza di rimessione del 16 luglio 1999.
    Scopo  politico,  questo, ampiamente ammesso alla pagina 17 della
comparsa  di  risposta  redatta dall'Avvocatura dello Stato per conto
nella neocostituita Cassa DD.PP. depositata il 14 settembre 2001.
    Pertanto,  richiamando tutto quanto gia' esposto nella precedente
ordinanza  del 16 luglio 1999, gli atti vanno rimessi nuovamente alla
Corte  costituzionale  ed il giudizio in corso deve essere nuovamente
sospeso.