ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  ammissibilita'  del  conflitto di attribuzione tra
poteri  dello  Stato  sorto a seguito della delibera della Camera dei
deputati  del  18 giugno  1998  relativa  alla insindacabilita' delle
opinioni  espresse  dal  deputato  Vittorio  Sgarbi nei confronti dei
magistrati  Gherardo  Colombo e Ilda Boccassini, promosso dalla Corte
d'appello  di  Brescia  con  ricorso  depositato  il 15 marzo 2002 ed
iscritto al n. 214 del registro ammissibilita' conflitti.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 6 novembre 2002 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
    Ritenuto  che  la  Corte  d'appello di Brescia, con ordinanza del
24-25 gennaio  2002, depositata presso la cancelleria di questa Corte
il   15 marzo  2002,  ha  sollevato  conflitto  di  attribuzione  nei
confronti  della  Camera  dei deputati in relazione alla delibera, da
quest'ultima  adottata  nella  seduta  del  18 giugno  1998,  che  ha
stabilito  che  le  dichiarazioni  pronunciate  dal deputato Vittorio
Sgarbi  nel  corso  della trasmissione televisiva "Sgarbi quotidiani"
nei  riguardi  di  Ilda  Boccassini e Gherardo Colombo, magistrati in
servizio  presso la Procura della Repubblica di Milano, costituiscono
opinioni  espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari e sono,
in  quanto  tali,  insindacabili  a  norma dell'art. 68, primo comma,
della Costituzione;
        che  la  ricorrente  premette  che nei confronti del deputato
Vittorio  Sgarbi  e'  in corso un procedimento penale per il reato di
diffamazione  aggravata  e  continuata  in  danno dei magistrati Ilda
Boccassini  e Gherardo Colombo per le dichiarazioni rese nel corso di
una trasmissione televisiva;
        che,  ad  avviso  della  ricorrente,  dalla  deliberazione di
insindacabilita'  della  Camera  dei deputati consegue un'illegittima
interferenza  nella sfera di attribuzioni dell'autorita' giudiziaria,
con  effetto  inibitorio  della prosecuzione del giudizio, potendo il
giudice   solo  sollevare  conflitto  di  attribuzione,  al  fine  di
verificare  se sussistano i presupposti richiesti dall'art. 68, primo
comma,  della  Costituzione,  e  cioe' la riferibilita' alle funzioni
parlamentari della condotta ascritta al deputato Vittorio Sgarbi;
        che, secondo la Corte d'appello, nella condotta contestata al
deputato   Sgarbi   come  diffamatoria  mancherebbe  un  collegamento
funzionale  con  la sua attivita' parlamentare, in quanto consistente
in  frasi  "pronunciate  al  di fuori di un dibattito o di un comizio
politico,  nel  corso  di una trasmissione televisiva" condotta dallo
stesso deputato in virtu' di "un contratto privatistico" e "risultate
altresi'   prive  di  connessione  con  atti  tipici  delle  funzioni
parlamentari (...)".
    Considerato  che  in  questa  fase  la Corte e' chiamata, a norma
dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
a deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile in
quanto  esiste  "la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti
alla   sua   competenza",   restando  impregiudicata  ogni  ulteriore
decisione, anche relativamente all'ammissibilita';
        che,   relativamente   al   requisito  soggettivo,  la  Corte
d'appello  e'  legittimata  a sollevare conflitto di attribuzione tra
poteri   dello  Stato,  in  quanto  organo  competente  a  dichiarare
definitivamente,  per  il  procedimento  del  quale  e' investita, la
volonta'   del   potere   cui   appartiene,  in  posizione  di  piena
indipendenza  garantita  dalla  Costituzione  (ex plurimis, ordinanza
n. 379 del 2002);
        che la Camera dei deputati e' parimenti legittimata ad essere
parte  del conflitto, essendo competente a dichiarare definitivamente
la  volonta'  del potere che rappresenta in ordine all'applicabilita'
ai suoi componenti dell'art. 68, primo comma, della Costituzione (tra
le piu' recenti, ordinanza n. 414 del 2002);
        che,  sotto  il  profilo  oggettivo,  sussiste la materia del
conflitto,  poiche'  la Corte d'appello denuncia che la propria sfera
di   attribuzioni,   costituzionalmente   garantita,   sarebbe  stata
illegittimamente menomata dalla suindicata deliberazione della Camera
dei deputati;
        che,   infine,  dal  ricorso  si  ricavano  le  "ragioni  del
conflitto"  e "le norme costituzionali che regolano la materia", come
stabilito  dall'art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.