ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 101, comma 2,
del  decreto  legislativo  30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione
dei  reati  minori  e  riforma  del  sistema  sanzionatorio, ai sensi
dell'art. 1   della  legge  25 giugno  1999,  n. 205),  promosso  con
ordinanza  in  data  19 gennaio  2001  dal  giudice  per  le indagini
preliminari del Tribunale di Firenze, iscritta al n. 284 del registro
ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 24, 1a serie speciale, dell'anno 2002.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 4 dicembre 2002 il giudice
relatore Valerio Onida.
    Ritenuto  che,  con  ordinanza  del  19 gennaio 2001, pervenuta a
questa   Corte   il  25 maggio  2002,  il  giudice  per  le  indagini
preliminari   del  Tribunale  di  Firenze,  in  qualita'  di  giudice
dell'esecuzione   penale,  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale,  in  riferimento  all'articolo  3 della Costituzione,
dell'art. 101,  comma  2,  del  decreto legislativo 30 dicembre 1999,
n. 507  (Depenalizzazione  dei  reati  minori  e  riforma del sistema
sanzionatorio,  ai  sensi  dell'art. 1  della  legge  25 giugno 1999,
n. 205),  "nella  parte  in  cui non prevede che, in caso di condanna
irrevocabile  alla  pena  della  reclusione  per emissione di assegno
senza  provvista, si debba procedere alla conversione di tale pena in
pena   pecuniaria,   secondo   il   criterio  di  ragguaglio  di  cui
all'art. 135 cod. pen., per procedere quindi alla sua riscossione con
l'osservanza  delle  norme  sull'esecuzione  delle  pene  pecuniarie,
ovvero   non   prevede  che,  in  tali  casi,  competa  all'autorita'
amministrativa di applicare la sanzione amministrativa prevista";
        che  il  giudice  a  quo osserva che colui il quale sia stato
condannato  definitivamente  ad  una pena pecuniaria per emissione di
assegni  senza copertura - fattispecie gia' punita con pena detentiva
o  in  alternativa  pecuniaria, e oggi depenalizzata dall'art. 29 del
decreto  legislativo  n. 507  del 1999, che punisce tale condotta con
una  sanzione  amministrativa  prima  dell'entrata  in  vigore  della
normativa  di  depenalizzazione,  ora, in forza dell'articolo 101 del
d.lgs.  n. 507  del  1999,  mentre  vede revocato il provvedimento di
condanna  (comma  1),  deve  pero' egualmente sottostare al pagamento
della  multa "con l'osservanza delle norme sull'esecuzione delle pene
pecuniarie",  e  non  ha titolo per ottenere la ripetizione di quanto
eventualmente  gia'  pagato per quel titolo (comma 2); mentre chi per
lo  stesso  reato  e'  stato  condannato  -  come  il soggetto cui si
riferisce  il  procedimento  a  quo  - a pena detentiva fruisce della
revoca  della  sentenza  di  condanna  (art. 101  cit., comma 1) e va
esente   da   ogni  sanzione,  non  potendosi  nemmeno  applicare  la
previsione della trasmissione degli atti all'autorita' amministrativa
per  l'applicazione  della  sanzione amministrativa, come e' previsto
solo  per  i  procedimenti  ancora  in  corso  (art. 102  del decreto
legislativo n. 507 del 1999);
        che  da  cio'  deriverebbe  una disparita' di trattamento, in
violazione dell'art. 3 della Costituzione, in quanto coloro che hanno
commesso  una  violazione  piu'  grave, punita con pena detentiva non
ancora  espiata,  vengono  a fruire di un trattamento piu' favorevole
rispetto a coloro cui e' stata inflitta una pena pecuniaria.
    Considerato  che, successivamente all'emissione dell'ordinanza di
rimessione,  l'art. 101,  comma 2, del decreto legislativo n. 507 del
1999 - cioe' la medesima disposizione oggi denunciata - che prevedeva
la  riscossione  delle  multe  e delle ammende inflitte con pronuncia
definitiva   prima   dell'entrata   in   vigore  della  normativa  di
depenalizzazione, e' stato, con la sentenza n. 169 del 2001 di questa
Corte,  dichiarato  costituzionalmente illegittimo per violazione del
principio di eguaglianza, ancorche' secondo una prospettiva opposta a
quella  della  questione  oggi  in  esame,  e cioe' nel suo contenuto
dispositivo relativo alla predetta riscossione (che nella prospettiva
del giudice odierno remittente rappresenta il tertium comparationis),
anziche'  nella  parte  in  cui  non  estendeva analoga previsione di
conservazione di sostanziale efficacia alle pene detentive;
        che  pertanto  e'  opportuno restituire gli atti al giudice a
quo per nuovo esame della questione a seguito del mutamento normativo
recato dalla predetta sentenza di illegittimita' costituzionale.