ha pronunciato la seguente
Ordinanza
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2,
del codice di procedura penale, promosso, nell'ambito di un
procedimento penale, dal Tribunale di Verona, sezione distaccata di
Soave, con ordinanza del 19 ottobre 2001, iscritta al n. 253 del
registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 22, 1a serie speciale, dell'anno 2002.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 4 dicembre 2002 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
Ritenuto che il Tribunale di Verona, sezione distaccata di Soave,
ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25 e 97 della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34,
comma 2, del codice di procedura penale, come risultante a seguito
della sentenza n. 186 del 1992, nella parte in cui prevede
l'incompatibilita' alla funzione di giudizio del giudice che nella
fase degli atti introduttivi del dibattimento abbia respinto la
richiesta di applicazione della pena concordata ex art. 444 cod.
proc. pen;
che il rimettente premette di aver rigettato la richiesta di
applicazione della pena formulata dall'imputato con il consenso del
pubblico ministero prima delle formalita' di apertura del
dibattimento e che - rinviato il processo ad altra udienza - la
difesa ha formulato istanza di giudizio abbreviato;
che il giudice a quo rileva che, per effetto della sentenza
n. 186 del 1992, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede
l'incompatibilita' a partecipare al giudizio del giudice che prima
dell'apertura del dibattimento ha respinto la richiesta di
applicazione della pena concordata tra le parti, egli sarebbe
incompatibile a giudicare l'imputato nel merito;
che ad avviso del rimettente tale ipotesi di incompatibilita'
si pone in contrasto con la piu' recente giurisprudenza
costituzionale e, in particolare, con l'ordinanza n. 232 del 1999 che
- nel dichiarare manifestamente infondata una questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 34 cod. proc. pen. nella parte
in cui non prevede l'incompatibilita' ad emettere sentenza del
giudice del dibattimento che abbia rigettato istanza di oblazione -
ha ribadito il principio generale secondo cui l'imparzialita' del
giudice non puo' ritenersi "pregiudicata da una valutazione, anche di
merito, compiuta nella medesima fase del procedimento", affermando
che devono ritenersi "superate le conclusioni cui e' pervenuta questa
Corte nella sentenza n. 186 del 1992";
che il giudice a quo da' atto di aver gia' sollevato identica
questione di legittimita' costituzionale, dichiarata manifestamente
inammissibile da questa Corte con ordinanza n. 108 del 2001, in
quanto diretta a censurare una precedente decisione di accoglimento,
ma ritiene di dover nuovamente sollevare la questione di
costituzionalita';
che, a sostegno della ammissibilita' della questione, il
giudice a quo rileva che, secondo la giurisprudenza
assolutamente maggioritaria della Corte, la reiterazione di eccezioni
gia' sollevate e risolte e' sempre stata ritenuta possibile, salvo a
dichiararne l'inammissibilita' per ragioni di merito, legate alla
loro manifesta infondatezza, e che in alcuni casi la Corte ha accolto
l'eccezione di incostituzionalita' di una norma gia' dichiarata
incostituzionale, "modificando con la seconda pronunzia l'ambito
della prima";
che, come ripetutamente affermato dalla stessa Corte
costituzionale, le sentenze interpretative di rigetto "cre(a)no - con
il loro effetto parzialmente abrogativo della precedente - una nuova
norma, suscettibile come ogni altra di censure di costituzionalita'";
che ai sensi dell'art. 23, comma secondo, della legge n. 87
del 1953, il giudice ha il dovere di sollevare questione di
costituzionalita' ogniqualvolta la stessa non risulti manifestamente
infondata;
che, quanto al merito della questione, il giudice a quo
ribadisce che la incompatibilita' al giudizio del giudice che abbia
rigettato nella fase degli atti introduttivi del dibattimento la
richiesta di pena patteggiata determina una irragionevole disparita'
di trattamento rispetto a situazioni analoghe (come quella - oggetto
dell'ordinanza n. 232 del 1999 - del giudice del dibattimento che
abbia rigettato istanza di oblazione), e nello stesso tempo
assoggetta irragionevolmente alla medesima disciplina situazioni
processuali non comparabili, "prevedendo l'incompatibilita' al
giudizio sia del giudice che abbia legittimamente espresso
valutazioni di merito nell'ambito della medesima fase processuale,
sia del giudice che le abbia espresse nell'ambito di fase processuale
diversa";
che la disciplina censurata violerebbe inoltre i principi del
buon andamento della pubblica amministrazione e del giudice naturale
precostituito per legge, realizzando per un verso "un'assurda
frammentazione del procedimento" e per l'altro consentendo alle
parti, mediante "studiata proposizione" di istanze inaccoglibili di
applicazione della pena, di ""sbarazzarsi del loro giudice naturale,
costringendolo all'astensione";
che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e
comunque infondata.
Considerato che la medesima questione, sollevata in altri
procedimenti dallo stesso rimettente, e' gia' stata dichiarata
manifestamente inammissibile con le ordinanze n. 58 del 2002,
successiva all'ordinanza di rimessione, e n. 108 del 2001, in quanto
diretta a censurare una precedente decisione di accoglimento di
questa Corte;
che le considerazioni svolte dal giudice a quo per superare i
profili di inammissibilita' non sono pertinenti, posto che ad essere
impugnato e' proprio l'enunciato normativo frutto della sentenza
n. 186 del 1992, e che con l'accoglimento della questione verrebbe
ripristinata la norma censurata dalla predetta sentenza;
che la questione deve pertanto essere dichiarata
manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.