IL TRIBUNALE

    Visto il decreto di giudizio immediato emesso nei confronti degli
imputati  Manzi  Pasquale  e  Amato Domenico dal g.i.p. presso questo
Tribunale in data 20 aprile 2002;
    Vista  l'istanza  di  rimessione  alla Corte costituzionale della
questione   di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 455,  c.p.p.,
formulata dall'avv. Pignatelli difensore degli imputati;
    Vista l'opposizione del p.m. di udienza;
    Ha pronuciato la seguente ordinanza.
    Nel  disciplinare  la  decisione  del  g.i.p.  sulla richiesta di
giudizio  immediato formulata dal p.m., l'art. 455, c.p.p., statuisce
che  il  giudice,  entro  cinque  giorni  dalla  presentazione  della
richiesta,  emette  il  decreto  con  il  quale  dispone  il giudizio
immediato   ovvero  rigetta  la  richiesta,  senza  prevedere  alcuna
preventiva  comunicazione  al  difensore  al  fine di consentirgli di
valutare,  ed eventualmente controdedurre, circa la sussistenza della
condizione   dell'evidenza  della  prova,  presupposto  indefettibile
dell'ammissibilita' del giudizio immediato.
    Ora,  non  vi  e'  dubbio  che  questa  mancata  previsione della
possibilita'  di  intervento  del  difensore  dell'imputato  dopo  la
richiesta  del p.m. e prima che il giudice delle indagini preliminari
si  pronunci  su  quest'ultima,  non  appare conforme alla disciplina
costituzionale   del  processo  penale,  in  particolare,  alla  luce
dell'inserimento  nella  Carta  Costituzionale del principio del c.d.
"giusto  processo"  -  cosi'  come  previsto dall'art. 111, secondo e
terzo  comma  -  secondo  il  quale  il  processo  deve svolgersi nel
contradditorio delle parti ed in condizioni di parita'.
    Tali   garanzie   devono   ritenersi   previste  dal  legislatore
costituzionale  non solo con riferimento alla fase processuale, nella
quale  si  forma  la prova, in relazione alla quale la necessita' del
contraddittorio  e' espressamente prevista dal quarto comma dell'art.
111, ma devono essere estese all'intero procedimento penale, e quindi
sin dalla fase delle indagini preliminari.
    Cio'  premesso,  questo  giudice  ritiene che la lacuna normativa
esistente  nella  disciplina  del  procedimento,  cosi' come previsto
dall'art. 455,  c.p.p.,  con  il  quale, sulla richiesta del p.m., il
giudice  delle  indagini  preliminari  dispone  il giudizio immediato
senza alcuna possibilita' di intervento del difensore degli imputati,
debba   essere  necessariamente  colmata,  non  essendo  conforme  ai
principi costituzionali vigenti.
    Conseguentemente,   ritenuta   la   questione   di   legittimita'
costituzionale   prospettata   dalla  difesa  dei  due  imputati  non
manifestamente  infondata e ritenuta la stessa rilevante nel presente
procedimento,  posto  che,  in  caso  di accoglimento della medesima,
potrebbe  derivare  la  nullita'  del  decreto di giudizio immediato,
rilevabile  anche  d'ufficio  ai  sensi dell'art. 178, c.p.p., questo
giudice  ritiene  che detta questione debba essere rimessa alla Corte
costituzionale,  con  la  conseguente sospensione dei procedimento in
attesa della pronuncia della Corte, cui gli atti vanno trasmessi.