ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  ammissibilita'  del  conflitto di attribuzione tra
poteri  dello  Stato  sorto a seguito della delibera della Camera dei
deputati  in  data  8 aprile  1999  con  la  quale  si afferma che le
dichiarazioni  fatte  dall'on. Umberto  Bossi nei confronti del dott.
Enzo  Biagi,  oggetto  del presente procedimento, riguardano opinioni
espresse  dal  deputato  nell'esercizio  delle  sue funzioni ai sensi
dell'articolo  68,  secondo comma, della Costituzione, promosso dalla
Corte  di appello di Bologna - sezione II civile, con atto depositato
il  4 dicembre 2001 ed iscritto al n. 205 del registro ammissibilita'
conflitti.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 4 dicembre 2002 il giudice
relatore Francesco Amirante.
    Ritenuto che con ordinanza del 29 novembre 2001, depositata nella
cancelleria  della  Corte  il 4 dicembre 2001, la Corte di appello di
Bologna  -  sezione II civile, ha sollevato conflitto di attribuzione
tra  poteri  dello  Stato  nei confronti della Camera dei deputati in
relazione alla delibera adottata nella seduta dell'8 aprile 1999, con
la  quale - in difformita' rispetto alla proposta della Giunta per le
autorizzazioni  a  procedere  - e' stato dichiarato che i fatti per i
quali  Enzo  Biagi  aveva  intrapreso  azione  risarcitoria contro il
deputato Umberto Bossi riguardavano opinioni espresse da quest'ultimo
nell'esercizio  delle  sue  funzioni  parlamentari  ed erano, quindi,
insindacabili ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
        che  la  Corte  di appello premette in fatto che, con atto di
citazione  notificato  il  9 ottobre 1996, Enzo Biagi ha convenuto in
giudizio Umberto Bossi e la Poligrafici editoriale s.p.a. chiedendone
la  condanna  al  risarcimento del danno arrecato al suo onore e alla
sua  reputazione  con una intervista al deputato Bossi pubblicata sul
quotidiano   "Il   Resto  del  Carlino"  del  giorno  11 agosto  1996
contenente espressioni che l'attore ha ritenuto diffamatorie;
        che nella ordinanza si soggiunge che il Tribunale di Bologna,
in  primo grado, aveva accolto la domanda, fondandosi sul presupposto
ermeneutico secondo cui l'autorita' giudiziaria e' libera di valutare
autonomamente  se  ricorra  o  meno  uno dei casi di insindacabilita'
previsti dall'art. 68, primo comma, della Costituzione tutte le volte
in  cui  la  Camera  di appartenenza del parlamentare non si sia gia'
pronunciata al riguardo;
        che,  ad  avviso della Corte di appello di Bologna, la Camera
dei  deputati,  adottando la delibera di cui si e' detto, ha fatto un
uso  non  corretto  del potere di decidere in ordine alla sussistenza
dei  presupposti  di  applicabilita' dell'art. 68, primo comma, della
Costituzione   ed  ha  cosi'  menomato  le  attribuzioni  del  potere
giudiziario,  ponendosi  in contrasto con la giurisprudenza di questa
Corte  la quale, secondo la Corte di appello stessa, ha affermato che
"la   prerogativa  di  insidacabilita'  non  si  estende  a  tutti  i
comportamenti  di  chi  sia  membro  delle  Camere,  ma solo a quelli
realmente  funzionali  all'esercizio  delle  attribuzioni proprie del
potere  legislativo  e non, invece, a quelli che assumano la funzione
politica   quale  semplice  pretesto  per  attivita'  sostanzialmente
diverse" (v. sentenze n. 375 del 1997 e n. 379 del 1996);
        che,  specificamente,  nella  ordinanza  si sostiene che, nel
caso  di  specie,  non  e'  ravvisabile  alcun  collegamento  "tra le
espressioni  contestate  all'onorevole  Bossi  ed  una  attivita'  di
esplicazione,  propaganda,  diffusione  o  contestazione  di principi
politici",  mentre cio' che "risulta di tutta evidenza e' la serie di
insulti   e   minacce  rivolte  al  Biagi  e  ad  altri,  non  meglio
identificati, avversari politici";
        che  viene,  inoltre,  precisato  che  non puo' indurre ad un
diverso   risultato   l'affermazione,  contenuta  nella  delibera  in
oggetto,  secondo  cui  l'onorevole  Bossi ha espresso "dichiarazioni
contenutisticamente  fedeli  al  programma  politico  della Lega", in
quanto  le  espressioni  adoperate  dal  deputato Bossi non rivestono
alcun  contenuto  di  critica  politica,  ma  "costituiscono  un mero
pretesto  per rivolgere al Biagi una serie di contumelie" nelle quali
"non  e' possibile rintracciare una connessione con atti tipici della
funzione, ne' risulta possibile individuare un intento divulgativo di
una  scelta o di una attivita' politico-parlamentare" (secondo quanto
si desume dalla sentenza n. 289 del 1998 di questa Corte);
        che le suddette considerazioni inducono la Corte d'appello di
Bologna a promuovere il presente conflitto di attribuzione tra poteri
dello Stato.
    Considerato che l'adozione, da parte di un organo giurisdizionale
che  solleva  un  conflitto  fra  poteri  dello  Stato,  della  forma
dell'ordinanza  anziche'  del  ricorso  per  l'atto  introduttivo del
giudizio - come e' accaduto nel caso di specie - non comporta, di per
se'  sola,  la irricevibilita' del conflitto (v., per tutte, sentenze
n. 10  e n. 11 del 2000, nonche' ordinanze n. 129 e n. 238 del 1999 e
n. 81 del 2000);
        che  in  questa  fase la Corte - come costantemente affermato
(v.,  da  ultimo,  ordinanze  n. 379 del 2002 e n. 414 del 2002) - e'
chiamata,  a  norma  dell'art. 37,  terzo e quarto comma, della legge
11 marzo  1953,  n. 87,  a  deliberare,  senza contraddittorio tra le
parti  e  prima  facie se sussistano il requisito soggettivo e quello
oggettivo di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato;
        che,  sotto  l'aspetto  soggettivo,  la  Corte  di appello di
Bologna  e'  legittimata  a  sollevare  il  conflitto,  in  quanto e'
competente a dichiarare definitivamente, in relazione al procedimento
di  cui  e'  investita,  la  volonta'  del  potere cui appartiene, in
ragione   della   posizione   di   indipendenza,   costituzionalmente
garantita,  nella  quale i singoli organi giurisdizionali svolgono le
proprie funzioni;
        che,  parimenti,  la  Camera  dei deputati, che ha deliberato
l'insindacabilita'  delle  opinioni espresse da un proprio membro, e'
legittimata   ad   essere  parte  del  conflitto,  in  quanto  organo
competente  a dichiarare in via definitiva la volonta' del potere che
rappresenta;
        che,  sotto  il  profilo  oggettivo,  il  giudice  ricorrente
lamenta   la   lesione   della   propria   sfera   di   attribuzioni,
costituzionalmente  garantita,  da  parte  della citata deliberazione
della Camera dei deputati, asseritamene arbitraria;
        che,  pertanto,  esiste  materia  di  un  conflitto,  la  cui
risoluzione   spetta   alla  competenza  di  questa  Corte,  restando
impregiudicata  ogni  ulteriore  decisione  definitiva  su  qualsiasi
aspetto del giudizio, ivi compresa l'ammissibilita' del ricorso.