IL TRIBUNALE

    Sulla  richiesta  del  p.m.  di convalida dell'arresto di Powezka
Adam   Waldemar,   nato  in  Polonia  il  25 dicembre  1978,  per  la
contravvenzione  prevista  e  punita  dall'art. 14,  comma 5-ter, del
decreto   legislativo   n. 286/1998   come   modificato  dalla  legge
n. 189/2002;
    Premesso   che   l'arrestato   e'   stato  espulso  con  regolare
provvedimento  del  Prefetto di Bologna in data 15 novembre 2002, che
successivamente  in  data 15 novembre 2002 il Questore di Bologna gli
ha ordinato di allontanarsi dal territorio dello Stato entro 5 giorni
ai  sensi  dell'art. 14, comma 5-bis, decreto legislativo n. 286/1998
come   modificato   dalla  legge  n. 189/2002,  e  che  egli  non  ha
ottemperato  all'ordine,  venendo  arrestato a Bologna il 13 dicembre
2002  ai  sensi  dell'art. 14, comma 5-quinquies, decreto legislativo
n. 286/1998;
    Rilevato   che   l'ordine   di   espulsione  del  prefetto  e  di
allontanamento   del   questore   risultano  regolarmente  notificati
all'arrestato  anche  privi  della traduzione nella sua lingua madre:
egli   infatti   all'udienza   di  convalida  non  ha  avuto  bisogno
dell'ausilio  dell'interprete  mostrando di comprendere adeguatamente
la   lingua   italiana,   ed  ha  altresi'  espressamente  dichiarato
nell'interrogatorio  di  aver  compreso  il  contenuto  degli  ordini
impartitigli  giustificando la sua permanenza oltre il termine con la
mancanza  di  denaro per l'acquisto di un biglietto di ritorno al suo
paese di origine;
    Dato   atto   che   l'arrestato   e'   privo   di   documenti  di
identificazione   validi   ed   e'   stato   sottoposto   a   rilievi
dattiloscopici  per  la  sua  identificazione, in base ai quali si e'
accertato  che  lo  stesso - con le generalita' con le quali e' stato
arrestato o eventualmente con diverse generalita' - non ha precedenti
penali   definitivi   a  carico  ne'  pendenze  giudiziarie:  l'unica
segnalazione  di  polizia  a  suo  carico  - del tutto sommaria nelle
indicazioni  riportate  nello  stralcio  CED - non ha infatti portato
all'iscrizione   di   un  procedimento  penale  a  suo  carico  (vedi
certificato  negativo  dei  carichi pendenti dell'ufficio giudiziario
territorialmente  competente),  il  che  non  consente  quindi un suo
apprezzamento come indice concreto di pericolosita' dell'arrestato;
    Osservato  che sussistono dubbi sulla legittimita' costituzionale
dell'arresto   obbligatorio   come   previsto   dall'art. 14,   comma
5-quinquies,  decreto legislativo n. 286/1998 - come modificato dalla
legge n. 189/2002 - e che la questione di legittimita' di tale norma,
sollevata  dalla  difesa,  appare non manifestamente infondata per le
ragioni   che   seguono,  con  essenziale  riferimento  ai  parametri
costituzionali di cui agli artt. 13 e 3 della Costituzione;
    Quanto al parametro dell'art. 13, terzo comma della Costituzione,
che  consente  provvedimenti  limitativi  della liberta' personale da
parte  della  P.S. solo "in casi eccezionali di necessita' ed urgenza
indicati  tassativamente  dalla  legge",  la  previsione dell'arresto
obbligatorio   contenuta   nell'art. 14,  comma  5-quinquies,  appare
contrastarvi per le seguenti ragioni:
        la   tutela   costituzionale   della  liberta'  personale  e'
assoluta:  essa viene definita come inviolabile al primo comma, ne e'
consentita  la  limitazione  solo  con  provvedimento  dell'autorita'
giudiziaria  e  nei  casi  previsti  dalla legge al secondo comma, al
terzo  comma  ne e' consentita una eccezionale limitazione temporanea
ad   opera   della   P.S.   solo   se   successivamente   convalidata
dall'autorita'  giudiziaria  e nei casi "eccezionali di necessita' ed
urgenza"  previsti  dalla  legge.  Al  terzo comma - diversamente dal
secondo  -  e'  prevista  quindi  una  riserva  di legge qualificata,
poiche'   al   legislatore   ordinario   non  spetta  di  determinare
liberamente   i  casi  in  cui  la  liberta'  personale  puo'  venire
provvisoriamente  limitata  dalla  P.S.,  ma puo' farlo solo nei casi
eccezionali di necessita' ed urgenza).
    La  giurisprudenza  costituzionale  ha  chiarito  le  nozioni  di
eccezionalita',  necessita'  ed  urgenza  che  giustificano l'arresto
obbligatorio.  Proprio  perche'  l'art. 14, comma 5-quinquies prevede
l'obbligatorieta' dell'arresto ogni volta che si accerti la fragranza
della  contravvenzione  dell'art. 14,  comma  5-ter, le condizioni di
eccezionale  necessita'  ed urgenza della misura precautelare debbono
essere  valutate in astratto in relazione al reato a cui e' collegata
la  previsione  dell'arresto  obbligatorio e non ne e' consentita una
modulazione in relazione al caso concreto.
    La  condotta  contravvenzionale  a  cui  e'  collegato  l'arresto
obbligatorio  e'  quella  dello straniero gia' espulso dal territorio
nazionale  in  quanto  clandestino  ed  inottemperante  al successivo
ordine di allontanamento del questore: si tratta cioe' di un reato di
mera  condotta,  di doppia disobbedienza ad un ordine dell'autorita',
dato  prima nella forma del decreto di espulsione e dopo con l'ordine
di  allontanamento.  La struttura del reato non prevede quindi ne' la
lesione  o  la  messa  in  pericolo  di  un  bene  costituzionalmente
protetto,  ne'  una  condizione soggettiva di pericolosita' specifica
dell'autore,  che  non e' gia' imputato o condannato per altri reati,
non  e'  socialmente  pericoloso  (vedi C. cost. n. 64/1977 in cui la
legittimita'  dell'arresto era collegata al preesistente accertamento
giudiziale  delle  condizioni di pericolosita' sociale), ne' versa in
una  condizione  di  pericolosita'  specifica  per  le sue condizioni
personali   (vedi   C. cost.   n. 126/1972  in  cui  la  legittimita'
dell'arresto  era  collegata  all'ubriachezza  in  atto):  va infatti
considerato  che  la clandestinita' sul territorio dello stato, cioe'
la  permanenza  dello  straniero  in  Italia senza i documenti che la
legittimano  formalmente, e' condizione che legittima l'espulsione ma
che  non integra alcun reato e che, proprio perche' e' collegata alla
formale  assenza  di  documenti, non puo' essere indice di per se' di
una  specifica  pericolosita' del soggetto (si pensi all'innumerevole
numero   di   "badanti"   che   per   periodi   lunghissimi  lavorano
irregolarmente    nelle    famiglie   italiane   in   condizioni   di
clandestinita',   per   i   quali   e'  evidente  l'assenza  di  ogni
pericolosita' sociale). Per quanto descritto nella fattispecie tipica
del  reato,  ne'  la  condotta punita, ne' le condizioni dell'agente,
appaiono  quindi assumere quei connotati di eccezionale necessita' ed
urgenza   che   giustificano  il  potere  limitativo  della  liberta'
personale da parte della P.S. ai sensi del terzo comma, dell'art. 13,
Cost.
    L'arresto  e'  in  questo caso obbligatoriamente previsto per una
contravvenzione punita con l'arresto da 6 mesi ad un anno. Il sistema
processuale  vigente  non consente l'applicazione di misure cautelari
personali per contravvenzioni (artt. 280 e 287, c.p.p.), iI che rende
evidente  come  in  questo  caso  l'arresto  non  sia  in  alcun modo
collegato  alla successiva applicazione di una misura cautelare. Esso
si  affianca ad altri eccezionali casi in cui e' consentito l'arresto
a  prescindere  dalla successiva applicazione di misura cautelare, ma
si   discosta   da   tali   ipotesi   per  aspetti  molto  rilevanti.
Significativo  e' il raffronto con le ipotesi di arresto in flagranza
previsto  per  il  delitto  p.p.  dall'art. 189, c.d.s., (la cui pena
edittale  e'  inferiore  ai  limiti  che consentono l'applicazione di
misure  cautelari)  e  per  le contravvenzioni p.p. dai commi primo e
secondo, art. 4, legge n. 110/1975, o dai commi quarto e quinto dello
stesso  articolo,  in  questo  caso  se  aggravate dalla finalita' di
discriminazione  o  odio  etnico,  razziale  ecc. Nella prima ipotesi
l'arresto  e'  consentito  per  consentire  "la  possibilita'  di  un
intervento  immediato  di chi si sia dato alla fuga abbia abbandonato
le  vittime  di incidenti stradali a lui riconducibili ed abbia messo
in   pericolo   la  sicurezza  individuale  e  collettiva"  (C. cost.
n. 305/1996).  Nel  secondo  caso  l'arresto consente che le forze di
P.S. limitino la liberta' personale di soggetti in possesso di armi o
oggetti  atti  ad  offendere  nel  corso di riunioni pubbliche (commi
quarto  e quinto) o con armi od oggetti atti ad offendere fuori dalla
propria  abitazione  il  cui  possesso sia destinato specificamente a
finalita'  di discriminazione o odio razziale (commi primo e secondo,
aggravati dall'art. 3, comma primo, decreto legislativo n. 122/1993),
condotte  entrambe  evidentemente riconducibili ad un pericolo per la
sicurezza   individuale   e  collettiva  evitabile  soltanto  con  la
materiale  apprensione  del  soggetto armato ed il suo allontanamento
dal  luogo pericoloso. In entrambi i casi, l'arresto e' previsto come
facoltativo e non come obbligatorio (art. 189, comma sesto, c.s.d., e
art. 6,  comma  secondo,  legge n. 654/1975).  In entrambe le ipotesi
citate   di   arresto  consentito  a  prescindere  dalla  conseguente
applicabilita'  di  misura  cautelare  si  tratta  di condotte attive
(lesioni  personali con conseguente fuga e porto di armi in occasioni
o con fmalita' non consentite), che concretamente pongono in pericolo
la  sicurezza  individuale  e  collettiva  e  necessariamente dolose,
mentre  l'arresto  previsto dall'art. 14, comma 5-quinquies, riguarda
un reato di mera condotta omissiva, che non pone in concreto pericolo
la  sicurezza  altrui,  punibile  anche  a  titolo  di  colpa  per la
negligente  non  ottemperanza  all'ordine.  Mentre  nelle  prime  due
ipotesi   l'arresto  e'  quindi  previsto  per  casi  in  cui  appare
necessario  ed  urgente  bloccare  l'autore di condotte pericolose da
parte  della  P.S.  che  lo  sorprenda  in flagranza, nel caso di cui
all'art. 14,  comma  5-quinquies,  non  emerge  alcuna  necessita' ed
urgenza  di procedere all'arresto dell'autore di una condotta colposa
e  priva  di  concreta  pericolosita'.  Sul  punto va aggiunto che il
giudice  delle  leggi  nella  sentenza  n. 305/1996  ha confermato la
legittimita' dell'arresto previsto dall'art. 189, c.d.s., ancorandola
alla  sua facoltativita', in quanto tale arresto "richiede pur sempre
la  sussistenza,  nei singoli casi concreti, dei presupposti ai quali
l'art. 381,  comma  quarto,  subordina  in via generale l'adozione di
tale   misura".  Nel  caso  qui  in  esame  invece  l'obbligatorieta'
dell'arresto   prescinde   da   ogni   valutazione   sulla   concreta
pericolosita'  della  condotta  e  nella  sua  generale  ed  astratta
necessita' di applicazione si pone in contrasto con i requisiti della
eccezionale  necessita' ed urgenza della misura imposti dall'art. 13,
terzo comma, Costituzione.
    L'arresto  obbligatorio  non  potrebbe  neppure  trovare  ragione
nell'eccezionale  necessita'  ed  urgenza  di poter procedere al rito
direttissimo  imposto  dallo  stesso  art. 14, comma 5-quinquies, per
l'accertamento  della  contravvenzione  dell'art. 14, comma 5-ter. Il
rito  direttissimo  nel  nostro  ordinamento non e' infatti vincolato
alla  necessaria  presenza  dell'imputato  in  udienza,  come  appare
dall'art. 449,  c.p.p.,  che  lo  prevede  in  tutti  i  casi  in cui
l'imputato - non arrestato ne' detenuto - abbia reso confessione, nei
casi previsti dall'art. 450, c.p.p., secondo comma, che espressamente
dispone  le  regole processuali per l'ipotesi di citazione a giudizio
dell'imputato  a  piede  libero,  oltre  che  nei casi previsti dallo
stesso  decreto  legislativo  n. 286/1998 come modificato dalla legge
n. 189/2002, che all'art. 13, comma 13-ter prevede ipotesi di arresto
facoltativo  disponendo  che  in ogni caso - e quindi anche quando la
facoltativita'   dell'arresto  non  sia  stata  esercitata  e  quindi
l'imputato  resti  libero  - contro l'autore del fatto si proceda con
rito direttissimo.
    Non  puo',  infine,  ritenersi  che  l'eccezionale  necessita' ed
urgenza  dell'arresto  sia  collegata  alla  necessita'  di  eseguire
l'espulsione  dell'arrestato, che di per se' puo' essere eseguita con
accompagnamento  alla frontiera in via generale, ed in modo del tutto
autonomo  ed  indipendente dall'arresto, ai sensi dell'art. 13, comma
4,   decreto   leslativo  n. 286/1998  come  modificato  dalla  legge
n. 189/2002.
    L'arresto    obbligatorio    qui    previsto,   potrebbe   essere
costituzionalmente  rientrante  nella  previsione dell'art. 13, terzo
comma,  Cost.,  solo  se  si  ritenesse eccezionalmente necessario ed
urgente  limitare  la liberta' di uno straniero tutte le volte in cui
egli abbia violato l'ordine di allontanamento del questore successivo
alla  sua espulsione dal territorio nazionale. Tale limitazione della
liberta' puo' perdurare comunque soltanto poche ore (e cioe' soltanto
fino  a  che il p.m. non ritenga di avvalersi dei poteri conferitigli
dall'art. 121,  disp.  att., c.p.p., o al massimo fino all'udienza di
convalida,  alla quale comunque il p.m. non puo' chiedere l'emissione
di  misure cautelari) e non e' necessaria ne' per l'instaurazione del
giudizio  direttissimo,  ne' per la successiva applicazione di misure
cautelari,  ne'  perche'  in  tale  arco  di  tempo  possa  ottenersi
l'identificazione   dell'arrestato,  ne'  perche'  con  l'arresto  si
interrompa  una  situazione  di  pericolo, ne' perche' sia funzionale
all'espulsione,  che  invece  e'  presupposto  dell'arresto  stesso e
comunque   puo'   essere   autonomamente   disposta:  non  e'  quindi
apprezzabile  alcun  profilo di eccezionale necessita' ed urgenza che
renda l'arresto obbligatorio qui in esame rientrante nella previsione
dell'art. 13,  terzo  comma  della  Costituzione,  e  quindi  non  in
contrasto  con  la  inviolabilita'  della  liberta' personale sancita
dall'art. 13 Cost.
    Quanto al parametro dell'art. 3 della Costituzione, che impone al
legislatore   il   rispetto  del  limite  della  ragionevolezza  come
qualificato   nelle   sentenze   C. cost.   n. 26/1979;  n. 103/1982;
n. 409/1989;  n. 341/1994  (vedi  anche C. cost. n. 53/58 secondo cui
"non  si  controlla l'uso del potere discrezionale del legislatore se
si  dichiara  che  il principio dell'uguaglianza e' violato quando il
legislatore  assoggetta  ad  una indiscriminata disciplina situazioni
che   esso  stesso  considera  e  dichiara  diverse),  la  previsione
dell'arresto  obbligatorio contenuta nell'art. 14, comma 5-quinquies,
appare contrastarvi per le seguenti ragioni:
        l'art. 13,  comma  13,  del  decreto legislativo n. 286/1998,
come  modificato  dalla  legge n. 189/2002 prevede la contravvenzione
dello  straniero  che,  espulso  e  materialmente  accompagnato  alla
frontiera,  rientri nel territorio nazionale, punendola con l'arresto
da  6  mesi  ad  1  anno  (si  tratta della prima disobbedienza ad un
ordine,  ma  la  condotta  di  rientro  e'  attiva  e  manifesta  una
intenzionalita'  particolarmente  forte dello straniero poiche' segue
alla  materiale  attivita'  della  pubblica amministrazione che lo ha
accompagnato  alla  frontiera coattivamente, con rilevante impegno di
risorse  umane  e  materiali).  Tale  contravvenzione  e'  punita con
l'arresto  nella stessa misura rispetto alla contravvenzione prevista
dall'art. 14,  comma 5-ter (disobbedienza reiterata di due ordini, ma
con  condotta  meramente  omissiva e anche colposa), il che e' indice
inequivoco  della  valutazione del legislatore di pari gravita' delle
condotte  considerate.  Mentre  nel  primo caso l'arresto e' previsto
come  facoltativo  (art. 13,  comma 13-ter), nel secondo caso esso e'
previsto come obbligatorio (art. 14, comma 5 quinquies);
        l'art. 13,  comma 13-bis, del decreto legislativo n. 286/1998
come  modificato  dalla  legge  n. 189/2002  prevede il delitto dello
straniero  che  rientri  in Italia dopo l'espulsione disposta in sede
giudiziale, punendolo con la reclusione da 1 a 4 anni. In questo caso
di delitto con pena edittale fino a 4 anni e' previsto l'arresto come
facoltativo  dall'art. 13,  comma  13-ter, mentre nel caso piu' lieve
della contravvenzione dell'art. 14, comma 5-ter, punita con l'arresto
fino  a  1  anno  l'arresto  e' previsto come obbligatorio dal citato
art. 14, comma 5-quinquies.
    Dall'esame  delle  disposizioni  sopra  citate  emerge quindi che
anche   all'interno   del   decreto   legislativo  n. 286/1998,  come
modificato   dalla  legge  n. 189/2002,  la  previsione  dell'arresto
obbligatorio   contenuta   nel   comma  5-quinquies  dell'art. 14  e'
irragionevole, sia poiche' a situazioni di analoga gravita' (art. 13,
comma  13)  conseguono  modalita' d'arresto facoltative e quindi piu'
lievi,  senza  che emergano apprezzabili ragioni che giustifichino il
differente  trattamento della liberta' personale dell'arrestato nelle
due  ipotesi, sia perche' a situazioni di maggiore gravita' (art. 13,
comma 13-bis) conseguono addirittura modalita' di arresto facoltative
e  quindi  piu'  lievi,  senza  che  vi  siano ragioni specifiche che
giustifichino  il  piu'  lieve  trattamento di reati piu' gravi nella
fase della previsione delle misure precautelari.
    Che  la  questione  e' rilevante per la pronuncia sulla convalida
dell'arresto   poiche'  l'eventuale  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale   dello  stesso,  farebbe  venir  meno  il  fondamento
normativo  della  richiesta  di  convalida  proposta dal p.m. Infatti
nella  fattispecie  Powezka  Adam Waldemar e' stato tratto in arresto
perche' tale misura e' prevista come obbligatoria dall'art. 14, comma
5-quinquies, decreto legislativo n. 286/1998, mentre egli non sarebbe
stato  passibile  di arresto se tale misura fosse stata prevista come
facoltativa  in quanto non sussistono nella fattispecie le condizioni
richieste  dall'art. 381,  quarto  comma della gravita' del fatto (il
reato  contestato  e' una contravvenzione punita da 6 mesi a 1 anno),
ne'  della  pericolosita' del soggetto desunta dalla sua personalita'
(l'arrestato  e'  privo  di  pregiudizi penali ed e' qui per la prima
volta  accusato  di  una  contravvenzione;  il  fatto  che  egli  sia
clandestino  sul  territorio nazionale non e' previsto come reato dal
nostro  ordinamento)  o  dalle  circostanze  del  fatto  (la condotta
contestata  e'  meramente  passiva,  di  disobbedienza  ad  un ordine
dell'autorita).
    Osservato  che la rilevanza della questione permane nonostante la
necessaria  liberazione dell'arrestato imposta dall'art. 391, settimo
comma,  c.p.p., e "(...) trova ragione nell'interesse generale ad una
pronuncia   sulla   legittimita'  dell'arresto,  che  ha  pur  sempre
determinato   una  privazione  della  liberta'.  La  rilevanza  della
questione,   dunque,   permane,   trattandosi   di  stabilire  se  la
liberazione    dell'arrestato    debba    considerarsi    conseguente
all'applicazione    dell'art. 391,    settimo   comma   ovvero   piu'
radicalmente   alla   caducazione   con   effetto  retroattivo  della
disposizione   in  base  alla  quale  gli  arresti  furono  eseguiti"
(C. cost. n. 54/1993);
    Ritenuto  quindi  conclusivamente  la  questione  di legittimita'
costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-quinquies, decreto legislativo
n. 286/1998,  come modificato dalla legge n. 189/2002, nella parte in
cui  prevede  come  obbligatorio  l'arresto  per  il  reato  previsto
dall'art. 14,  comma  5-ter,  appare  non  manifestamente infondata e
rilevante  nel  giudizio  di convalida in corso, per cui va sollevata
per le ragioni sopra esposte.