IL TRIBUNALE Vista la richiesta di convalida dell'arresto, operato nei confronti di Militaru Ionut in atti generalizzato; Interrogato l'imputato; O s s e r v a t o Che in forza del combinato disposto degli articoli 558 c.p.p. e 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998, cosi' come modificato dalla legge n. 189/2002, l'arresto dell'imputato, effettuato in relazione al reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, t.u. cit., dovrebbe essere convalidato da questo giudice e si dovrebbe procedere a giudizio direttissimo. Si ritiene tuttavia che la novella alle norme del testo unico presenti dei profili di incostituzionalita' rilevanti gia' nella fase della convalida, in quanto attinenti alla stessa costituzionalita' della previsione dell'arresto obbligatorio per la fattispecie di cui si tratta, e che pertanto la questione relativa sia rilevante anche in questa sede, ai fini della decisione sulla convalida dell'arresto. Infatti, la novella prevede l'arresto per reati contravvenzionali puniti nel massimo con un anno di arresto, quindi con un massimo edittale lontano da quello generale previsto per le contravvenzioni, il che e' significativo di una valutazione di non eccessiva gravita' da parte del legislatore. Nel codice di procedura penale, invece, l'arresto in flagranza - misura fortemente restrittiva della liberta' personale - in generale e salvi i casi tassativamente previsti al secondo comma dell'art. 381 c.p.p., non e' consentito per i delitti puniti con la pena della reclusione pari o inferiore, nel massimo a tre anni. Ancor piu' ristretti sono i casi di arresto obbligatorio previsti dall'art. 380 c.p.p., con i quali occorre istituire il raffronto in questo caso, dato che, come s'e' gia' detto, la novella prevede tale categoria di arresto. Il sistema penale, in altri termini, prescrive l'obbligatorieta' della misura restrittiva della liberta' personale solo per reali, obiettive situazioni di singolare gravita', ma in questo caso, derogando in maniera evidente alla disciplina generale, introduce l'arresto obbligatorio per una contravvenzione neppure particolarmente grave. Ne' puo' obiettarsi che il principio di ragionevolezza, prima implicitamente richiamato, che trova la sua fonte normativa costituzionale nell'art. 3 C., non puo' venire in rilievo in quanto si tratta di normativa dettata solo in relazione agli stranieri, dal momento che lo stesso art. 3 limita il suo ambito di applicazione ai cittadini. Infatti, e' del tutto pacifico che la norma richiamata deve coordinarsi con l'art. 2 Cost., che garantisce i diritti inviolabili dell'uomo indipendentemente dalla nazionalita'. Il principio di ragionevolezza pertanto deve ritenersi applicabile a tutti gli esseri umani in quanto tali, quando si tratta di norme relative ai diritti inviolabili dell'uomo, quale e' quello alla liberta' personale, che l'art. 13 Cost. riconosce ad ogni individuo a prescindere dalla cittadinanza, a differenza dell'art. 16 Cost. che riconosce il diritto di circolare e soggiornare nel territorio nazionale soltanto ai cittadini italiani. Pertanto la previsione dell'arresto obbligatorio in flagranza appare abnorme rispetto ai beni-interessi tutelati dalla norma e in contrasto con gli articoli 2 e 3 della Carta fondamentale, oltre che ovviamente con l'art. 13 Cost. Quanto al rilevato contrasto della previsione criminosa di cui all'art. 14, comma 5-ter, con l'art. 27 Cost. che prevede la finalita' rieducativa della pena, si osserva che la norma da un lato prevede la pena detentiva come conseguenza dell'inottemperanza di un ordine impartito dalla pubblica amministrazione, dall'altro prevede che in caso di espulsione il giudice "se non e' stato ancora emesso il provvedimento che dispone il giudizio" - come avviene nel caso di giudizio direttissimo monocratico, che non conosce tale provvedimento, ben diversa essendo la forma e la natura del decreto di presentazione dell'arrestato da parte del pubblico ministero di cui all'art. 558 c.p.p. - "pronuncia sentenza di non luogo a procedere". Non si ravvisano estremi di incostituzionalita' per contrasto con l'art. 27 Cost., in quanto siamo in presenza di una condizione di procedibilita' - quella della mancata espulsione - prevista per ragioni di opportunita' quando lo straniero e' gia' stato allontanato dallo Stato e pertanto l'interesse di questo e' gia' stato realizzato. Si tratta di una valutazione di opportunita' che non ha niente a che vedere con il principio della funzione rieducativa della pena, che viene in gioco nel momento in cui il legislatore prevede un fatto come reato, collegandovi una sanzione di natura penale. Da questo punto di vista non e' la prima volta che la legge prevede come reato contravvenzionale l'inottemperanza ad un provvedimento amministrativo, basti pensare all'art. 650 c.p. Caso mai si pone un altro problema di costituzionalita', derivante dall'utilizzazione da parte del legislatore delle forme del giudizio direttissimo a seguito della convalida dell'arresto. Infatti il giudice a seguito della convalida dell'arresto non puo' applicare nessuna misura cautelare della custodia in carcere e lo straniero potra' essere espulso, in quanto dall'art. 13, terzo comma, del testo unico cit., cosi' come novellato, risulta evidente che solo l'applicazione di tale misura costituisce impedimento assoluto all'espulsione disposta dal questore; in caso di mancata applicazione della custodia in carcere, il giudice deve rilasciare il nulla osta all'espulsione, salvo che sussistano "inderogabili esigenze processuali valutate in relazione all'accertamento della responsabilita' di eventuali concorrenti nel reato ... etc." o si tratti dei reati previsti dall'art. 407, secondo comma, lettera a), c.p.p. Nella maggioranza dei casi conseguentemente l'espulsione e' certa e in base all'art. 13, comma 3-quater, non essendovi comunque un decreto che dispone il giudizio, non si avra' una decisione nel merito. Cio' non solo rende ancora piu' irragionevole la misura dell'arresto obbligatorio, relativamente ad una fattispecie di reato che e' una contravvenzione non particolarmente grave che nella maggior parte dei casi non sara' procedibile, ma impedisce allo straniero di accedere ad un giusto processo quanto ai fatti contestati, con violazione dell'art. 111 Cost., dell'art. 24 Cost. quanto al diritto di difesa, ed ancora degli articoli 5 e 6 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, con conseguente violazione dell'art. 10 Cost., che prevedono il diritto per ogni persona privata della propria liberta' con un arresto a presentare ricorso davanti a un tribunale affinche' decida sulla legittimita' della propria detenzione, ed ancora il diritto a che la sua causa sia esaminata imparzialmente, pubblicamente ed in tempo ragionevole da parte di un tribunale indipendente e imparziale costituito dalla legge quanto al fondamento di ogni accusa penale. La rilevanza e la non manifesta infondatezza delle eccezioni sollevate dalla difesa relativamente al contrasto con gli articoli 2 e 3 della Costituzione, nonche' la questione di legittimita' costituzionale sollevata da questo giudice in relazione agli articoli 24, 111, 10 e 13 Cost., comportano la sospensione del giudizio di convalida. Non si puo' procedere al giudizio direttissimo, che presuppone l'avvenuta convalida, che in questo caso manca a causa della sospensione del relativo giudizio. Ulteriore conseguenza ad avviso di questo giudice e' la restituzione degli atti al p.m. perche' proceda col rito ordinario, non potendosi sospendere il giudizio direttissimo che ancora non si e' istaurato. Quanto alla liberta' personale dell'imputato, non puo' che ribadirsi che non e' consentita alcuna misura cautelare in materia contravvenzionale e quindi lo si deve rimettere in liberta'.