IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa penale contro Agoub Ahmed, nato a Dovar Laharga (Marocco) il 2 aprile 1975. Si procede nei confronti di Agoub per il reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998, cosi' come modificato dalla legge n. 189/2002, vale a dire per non avere, senza giustificato motivo, ottemperato all'ordine del questore di lasciare entro cinque giorni il territorio dello Stato. Arrestato alle ore 21 del giorno 17 dicembre 2002 nella flagranza del reato, Agoub e' stato tempestivamente messo a disposizione del p.m., mediante conduzione alla casa circondariale, e poi altrettanto tempestivamente presentato a questo giudice per la convalida ed il successivo giudizio direttissimo. Prima che il giudice provvedesse sulla convalida, la difesa ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale che segue, che il giudice medesimo, sempre per le ragioni che si esporranno di seguito, ritiene rilevanti e non manifestamente infondate. Questione di legittimita' costituzionale sull'art. 14, comma 5-quinquies, del d.lgs. n. 286/1998, nel testo oggi in vigore a seguito delle modifiche introdotte con la legge n. 189/2002. 1. - La questione e' rilevante in questo procedimento e, in particolare, in questa sua fase, perche' i presupposti previsti dalla legge per la convalida del provvedimento restrittivo paiono tutti sussistere, come accennato, sicche' l'alternativa se convalidare o meno dipende per intero da quella che sara' la pronuncia della Corte costituzionale che con questa ordinanza si chiede. Ne' la rilevanza viene meno soltanto perche', non potendosi provvedere sulla convalida nei termini di legge, per via della presente ordinanza, l'arrestato va comunque rimesso in liberta': "La rilevanza della questione - spiega la sent. n. 54/1993 di codesta Corte - permane, trattandosi di stabilire se la liberazione" dell'arrestato "debba considerarsi conseguente all'applicazione dell'art. 391, settimo comma, ovvero, piu' radicalmente, alla caducazione con effetto retroattivo della disposizione in base alla quale" l'arresto e' stato eseguito. 2. - Quanto alla non manifesta infondatezza, la disposizione in discorso pare confliggere con diverse disposizioni della Costituzione. 2.1. - In primo luogo con l'art. 3 Cost., sotto il profilo della disparita' di trattamento. Nel nostro ordinamento l'arresto obbligatorio in flagranza (art. 380 c.p.p.) e' previsto solo ed esclusivamente per delitti e di consistente gravita': in linea generale quando si tratti di reati per i quali sia prevista la pena dell'ergastolo o quella della reclusione ad almeno cinque anni di reclusione; a questa ipotesi si aggiungono altri casi specificamente previsti, per illeciti sanzionati con pene inferiori, la piu' modesta delle quali va pur sempre da uno a sei anni di reclusione. A questo si deve aggiungere che anche l'arresto facoltativo, nel nostro ordinamento, e' previsto solo ed esclusivamente per dei delitti. Il reato per il quale e' previsto l'arresto obbligatorio della cui legittimita' costituzionale si dubita e' invece una semplice contravvenzione, punita con sanzioni oltretutto assai piu' modesta rispetto ad altre contravvenzioni previste dal nostro ordinamento: in altri termini, quella di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. 286/1998 e' l'unica contravvenzione nella legge italiana alla quale si accompagni l'obbligo dell'arresto in flagranza, laddove per tutte le altre contravvenzioni, anche se punite con sanzioni detentive fino a tre volte piu' elevate, non e' previsto nemmeno l'arresto facoltativo. Anzi, per essere piu' precisi nella legge italiana vi e' oggi un'altra contravvenzione assistita da un provvedimento "pre-cautelare": si tratta del reato di cui all'art. 13, comma 13, del medesimo d.lgs. 286/1998, quale recentemente modificato dalla legge piu' volte menzionata: ma questo elemento a poco giova rispetto alla coerenza nei confronti del sistema della norma in questione, perche' questa prevede un arresto obbligatorio, mentre quella contravvenzione e' accompagnata da un arresto semplicemente facoltativo (art. 13 comma 13-ter): e tutto cio' malgrado per entrambi gli illeciti sia prevista la stessa pena edittale e malgrado quello di cui all'art. 13 esiga, per forza di cose, un elemento intenzionale certamente piu' consistente (trattandosi di un rientro nel territorio italiano a seguito di espulsione eseguita). Certo e' vero che al legislatore compete un potere di determinazione discrezionale insindacabile, ma nel caso di specie questa sfera sembra esser stata superata, considerando che entra in gioco il diritto alla liberta' personale - cosa che impone il rispetto rigoroso del principio di coerenza del sistema, alla stregua dei dettami costituzionali - e che, come si vedra' fra poco, la misura in discorso non ostacola in alcun modo il protrarsi del pregiudizio a carico del bene giuridico tutelato dalla norma penale alla quale essa si accompagna - bene giuridico rappresentato dall'interesse dell'ordinamento al rispetto dell'ordine di espulsione emesso dall'autorita' di pubblica sicurezza e, piu' in generale, alla permanenza sul territorio nazionale solamente dei cittadini extracomunitari in regola con le norme sul soggiorno. 2.2. - Un secondo, autonomo profilo di incostituzionalita' pare infatti ravvisabile in relazione all'art. 13, terzo comma, Cost., laddove consente la limitazione della liberta' personale solamente "in casi eccezionali di necessita' ed urgenza". Nel nostro ordinamento l'arresto in flagranza ad opera della polizia giudiziaria ha natura di "provvedimento provvisorio" (v. Corte cost. sent. n. 109/1999), di carattere "precautelare", finalizzato dunque alla successiva applicazione, da parte del giudice, di un provvedimento propriamente cautelare. Da qui il serio dubbio circa l'utilita' della misura in discorso - e quindi della sua necessita' ed urgenza - ove si consideri che, pacificamente, sulla base dell'ordinamento vigente, ad essa non puo' far seguito alcuna misura cautelare, nemmeno di carattere interdittivo (essendo le misure cautelari consentite solo nei confronti di ipotesi di delitto), sicche' ad essa non puo' che succedere, in sede di convalida, un ordine di immediata liberazione da parte del giudice (e ancor prima, ai sensi dell'art. 121 disp. att. c.p.p., da parte del p.m., visto che, come icasticamente spiega codesta Corte nella sua sentenza da ultimo citata, la materia della liberta' personale "non tollera franchigie temporali a favore di alcuna autorita'"). Nella legge italiana vi e' un solo caso nel quale e' consentito - ma comunque non imposto - l'arresto, senza che poi sia data la possibilita' di applicare una misura cautelare: si tratta dell'ipotesi in cui il conducente di un veicolo, dopo un sinistro stradale che abbia dato luogo a lesioni, si dia alla fuga. Ma qui il fondamento del potere restrittivo in flagranza e' palese: si tratta di fermare, immediatamente, chi si sta dileguando, sottraendosi cosi' alla propria eventuale responsabilita' penale e civile per quanto appena accaduto. Nel caso che qui interessa pero', come gia' accennato, con l'arresto non viene mosso alcun concreto ed effettivo passo verso il ristoro del bene giuridico protetto dalla norma sostanziale. In ogni caso infatti, l'arresto non puo' preludere ad una espulsione effettiva e concreta: non solo perche' e' proprio a causa dell'impossibilita' di far luogo a questa che l'autorita' di pubblica sicurezza ha in precedenza adottato il piu' blando ordine di allontanamento (v. art. 14, comma 5-bis, d.lgs. 286/1998), ma anche perche', se davvero nel frattempo tale autorita' fosse riuscita a rimuovere gli ostacoli che le avevano impedito di mettere alla porta lo straniero, nulla le impedirebbe di farlo, immediatamente, a prescindere dall'arresto (v. art. 13, commi 1, 2 e 3, d.lgs. cit.). E nemmeno - tornando nella prospettiva dell'ipotesi eccezionale dianzi trattata, relativa all'arresto facoltativo di chi, dopo un sinistro stradale che abbia causato lesioni, si dia alla fuga - si puo' sospettare che la misura restrittiva in discorso sia necessaria per assicurare un proficuo accertamento delle responsabilita', mediante l'instaurazione del successivo, altrettanto obbligatorio rito direttissimo: e questo non solo perche' il codice di procedura penale e diverse leggi speciali contemplano ipotesi di giudizio direttissimo nei confronti di soggetti a piede libero, addirittura per reati per i quali l'arresto non e' possibile, ma anche perche' nel caso in discorso la "disponibilita' materiale" dell'indagato, procurata mediante l'arresto, in ogni caso non sarebbe assicurata, ne' per il processo ne' tanto meno per l'eventuale esecuzione della pena, per le ragioni che appresso si esporranno, e comunque perche', a differenza del caso eccezionale dianzi prospettato, essa a nulla gioverebbe ai fini dell'accertamento processuale (sotto questo aspetto l'unica utilita' processuale che viene in mente e' quella dell'accertamento del motivo della permanenza sul territorio nazionale dell'arrestato, mediante il suo interrogatorio, ma si tratta di una mera eventualita', posto che l'indagato si puo' avvalere della facolta' di non rispondere e puo' addirittura rifiutarsi di comparire; ne' il sistema conosce casi analoghi di privazione della liberta' ai fini dell'interrogatorio, tutt'altra cosa essendo l'accompagnamento coattivo di cui all'art. 132 c.p.p.). Tantomeno l'arresto in questione puo' giovare, come accennato, ai fini della effettiva esecuzione della eventuale sanzione definitiva, dal momento che, non essendo applicabile alcuna misura cautelare, l'arrestato puo' addirittura evitare di assistere al giudizio di primo grado nella forma del processo per direttissima, avendo pacificamente diritto, per le ragioni gia' indicate, subito dopo la convalida dell'arresto, alla propria immediata liberazione, e comunque potendo chiedere un termine per apprestare la propria difesa (fino a cinque giorni: art. 558, comma 7, c.p.p.). 2.3. - Le considerazioni fin qui svolte portano a sollevare altri rilievi sul piano della legittimita' costituzionale. A cominciare dall'art. 27, secondo comma, Cost. Se infatti, come si e' sin qui detto, l'arresto in questione non ha una funzione precautelare, ne' comunque puo' tornare utile alle indagini, all'accertamento processuale, all'eventuale esecuzione della pena od al ripristino della legalita' violata commettendo il reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998, riesce inevitabile dedurre che ci si trovi di fronte ad un provvedimento restrittivo dal contenuto sostanzialmente sanzionatorio: basato non su un accertamento giudiziale ma sulla semplice flagranza, e percio' in violazione del principio della presunzione di innocenza. 2.4. - Vengono inoltre in rilievo gli art. 2 e 13, primo comma, Cost. La liberta' personale e' un diritto inviolabile dell'individuo. In quanto tale puo' soffrire restrizioni o limitazioni solamente ove si ponga l'inderogabile necessita' di soddisfare un interesse pubblico primario costituzionalmente rilevante, sempreche' l'intervento limitativo posto in essere sia strettamente necessario alla tutela di quell'interesse (principio stabilito dalla Corte cost. a proposito della liberta' e segretezza della corrispondenza, ma in questi termini sicuramente valido per un diritto inviolabile altrettanto pregnante quale quello alla liberta' personale): come in precedenza si e' osservato, l'arresto obbligatorio previsto dall'art. 14, comma 5-quinquies, del d.lgs. n. 286/1998, proprio per via del contesto normativo nel quale si colloca, non costituisce una difesa anticipata dell'interesse alla cui difesa e' stata posta la contravvenzione di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998 (se non nella sua impropria funzione sanzionatoria di cui poco fa si e' detto), cosi' come non puo' servire, sempre per le ragioni gia' espresse, ai fini dell'accertamento processuale, delle indagini preliminari, dell'esigenza di assicurare il responsabile alla giustizia. In altre parole, con la misura in discorso il legislatore ha collocato nell'ordinamento una restrizione della liberta' personale che non puo' soddisfare l'interesse pubblico alla cui tutela e' stata posta, e che di conseguenza e' ancor meno necessaria a tale fine. 2.5. - Un ulteriore profilo d'illegittimita' costituzionale appare ravvisabile, spostando l'attenzione verso il funzionamento dell'apparato amministrativo e giudiziario, in relazione all'art. 97, primo comma, Cost. Va infatti tenuto presente che la misura in discorso impone alla polizia giudiziaria, al sistema carcerario - ed anche all'apparato giurisdizionale, inteso nel suo complesso e non soltanto in relazione alla funzione giurisdizionale che gli compete - una serie di incombenti che, partendo dall'arresto medesimo, giungono sino all'apprestamento del giudizio di convalida: si tratta evidentemente di attivita' che comportano costi e sottrazioni di risorse umane e strutturali ad altri compiti, alle quali non corrisponde alcuna utilita' - per le ragioni gia' esposte - ne' pratica, ne' giuridica.