IL GIUDICE DI PACE

    Letto   il  ricorso  ex  art. 13,  comma 8,  decreto  legislativo
n. 286/1998  depositato  in data 5 febbraio 2003 da Diana Maria Velez
Quijano avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti da
parte  del  prefetto  della  provincia di Sondrio in data 10 dicembre
2002, notificatole in pari data;
    Visto  il  provvedimento  di  nomina  del sottoscritto emesso dal
presidente del tribunale in data 5 febbraio 2003;
    Accertata  la  tempestivita'  e  conseguente  ammissibilita'  del
ricorso, ex artt. 13-bis, comma 1, e 13, comma 8, decreto legislativo
cit.;
    Rilevato  che  la  ricorrente  risulta  allo  stato  sfornita  di
difensore  di  fiducia, onde occorre nominarle difensore d'ufficio, a
norma   del   combinato  disposto  di  cui  agli  artt. 13,  comma 8,
d.lgs. cit.   e   29,   disp.  att.,  c.p.p.  (all'uopo  attingendosi
dall'apposito  elenco  trasmesso dal locale ordine degli avvocati), e
che invece non vi e' luogo a provvedere in ordine alla sua ammissione
al  patrocinio a spese dello Stato, chiesta dalla ricorrente, essendo
siffatta ammissione conseguente ad effetto ex lege (art. 13, comma 8,
decreto  legislativo cit.: "lo straniero e'... ammesso al... gratuito
patrocinio a spese dello Stato...");
    Ritenuta   l'insussistenza   della  "necessita'"  -  ex  art. 13,
comma 8, cit., - di nominare un interprete alla ricorrente, posto che
la  stessa  ha  redatto  personalmente il ricorso (come sua facolta',
ibidem)  ed ha in tal modo palesato una buona conoscenza della lingua
italiana;
    Rilevato  che,  pertanto,  dovrebbe  ora disporsi la convocazione
delle  parti ex art. 13-bis, comma 1, non condividendo questa giudice
l'interpretazione  propugnata da una parte della dottrina secondo cui
l'abrogazione  del comma 9 dell'art. 13 avrebbe determinato il venire
meno  dell'obbligo  di  sentire  (anche)  il ricorrente, giacche' una
siffatta interpretazione porrebbe la norma de qua in contrasto con il
disposto  di  cui  agli  artt. 24  e  111  Cost.,  che devono trovare
applicazione  anche  nei  procedimenti  in  camera di consiglio (cfr.
Cass. 9084 del 21 giugno 2002), ed essendo ben possibile nella specie
un'interpretazione   conforme   a  Costituzione,  potendosi  desumere
l'obbligo  di  instaurazione  del  contraddittorio  nei confronti del
ricorrente  - pur in difetto di esplicita indicazione normativa - sia
dal  richiamo  operato  dalla  norma  in esame alla fissazione di una
"udienza"  (che non puo' che avvenire alla presenza di tutte le parti
del procedimento), sia allo stesso obbligo per il giudice di nominare
un difensore d'ufficio al ricorrente che sia privo di un difensore di
fiducia,  nomina  che  non  avrebbe ragione d'essere se l'udienza non
comportasse la partecipazione del ricorrente;
    Osservato  che  nella  specie  il  questore di Sondrio, a seguito
dell'emanazione da parte del prefetto di Sondrio di decreto espulsivo
della   Velez   Quijano  immediatamente  esecutivo,  ha  con  proprio
provvedimento  del  10 dicembre 2002 dato atto dell'impossibilita' di
eseguire  l'espulsione  perche'  non  era "immediatamente disponibile
idoneo  vettore o altro mezzo di trasporto" ed ha conseguentemente in
tale  provvedimento  ordinato  alla  Quijano  Velez  "di  lasciare il
territorio  dello  Stato  entro  il  termine  di  cinque  giorni", ex
art. 14, comma 5-bis;
        che  la  ricorrente  non  ha  ottemperato  a siffatto ordine,
giacche'  ancora  alla  data del 5 febbraio 2003 risulta presente nel
territorio dello Stato, come si desume dalla stessa sua presentazione
personale  del  ricorso  e  dell'indicazione  ivi  operata  di essere
domiciliata  in  comune  di Segrate (Milano) e di ivi vivere "insieme
alla sorella Cateherine Quijano";
        che   tale   situazione  di  fatto  determina,  di  per  se',
l'integrazione  della  fattispecie  criminosa  prevista dall'art. 14,
comma 5-ter,   ritenendo   questo  giudice  che  la  scriminante  ivi
disciplinata   del  "giustificato  motivo"  non  sia  applicabile  ad
un'ipotesi  generale qual e' l'esigenza di trattenersi nel territorio
nazionale  per  predisporre  il ricorso e successivamente partecipare
all'udienza,  che  sarebbe  stata senz'altro disciplinata ex professo
dal  legislatore,  ma  e' integrabile soltanto da specifiche esigenze
dello  straniero  (motivi  di salute, di famiglia, etc.) di rilevanza
tale   da  giustificare  in  modo  individualizzato  il  suo  mancato
adempimento  al  predetto  obbligo,  e  comunque  essendo  rimessa al
giudice   penale   ogni   piu'  compiuta  valutazione  in  proposito,
sussistendo  senza  meno  -  per  quel  che  qui  interessa - notitia
criminis del reato de quo;
    Ritenuto che la norma da ultimo in esame si appalesa, in modo non
manifestamente  infondato,  in contrasto con gli artt. 24 e 111 della
Costituzione,  posto che viene sanzionato penalmente un comportamento
che  costituisce mera esplicazione del diritto di agire in giudizio e
di  partecipare al contraddittorio nel procedimento di opposizione al
decreto  espulsivo,  giacche'  per  la piena esplicazione del proprio
diritto  di  presentare  ricorso  (entro  sessanta giorni dal decreto
espulsivo) il ricorrente deve potersi trattenere nel territorio dello
Stato  al  fine di esaminare compiutamente gli atti, conferire con un
legale,  reperire  documenti a proprio favore, rintracciare testimoni
da  indicare,  etc.,  e successivamente presentarsi avanti al giudice
per essere interrogato liberamente sui fatti;
        che   pertanto   l'art. 13,   comma 5-ter  appare  violare  i
richiamati  artt. 24  e  111  Cost. nella parte in cui prevede che il
reato  ivi  disciplinato  si  consuma in data antecedente all'inutile
decorso   del   termine  di  giorni  sessanta  per  la  presentazione
dell'opposizione  al  decreto  espulsivo  ovvero  all'esaurimento con
decisione irrevocabile dell'opposizione eventualmente proposta;
        che  la  predetta  questione e' rilevante gia' nella presente
fase  poiche'  questo  giudice  sin  da  ora  dovrebbe inoltrare - ex
art. 331,  ultimo  comma, c.p.p. ("...senza ritardo...") - al p.m. in
sede denuncia di reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, nei confronti
della  ricorrente  (cosi'  trovando applicazione sin da ora - seppure
mediata - la norma penale de qua), e venendo meno invece tale obbligo
in  ipotesi  di accoglimento della presente questione di legittimita'
costituzionale;
    Osservato  inoltre  che  a norma dell'art. 14, comma 5-quinquies,
"per  i  reati  previsti  ai commi 5-ter... e' obbligatorio l'arresto
dell'autore del fatto...", e ritenuto che anche nei confronti di tale
norma  sussistono  autonomi  motivi  non  manifestamente infondati di
contrasto  con  gli  artt. 24  e  111 Cost. (la questione in oggetto,
ovviamente,  verrebbe  assorbita  dall'eventuale  accoglimento  della
questione  in  ordine al comma 5-ter), giacche' la convocazione della
ricorrente  che qui ed ora dovrebbe disporsi viene del tutto svuotata
di   significato,   giacche'  all'adempimento  di  tale  convocazione
conseguirebbe   in  capo  alla  Velez  Quijano  l'arresto  in  limine
dell'udienza, di modo che l'udienza non potrebbe comunque tenersi con
la  presenza  della  ricorrente  (al  giudice dell'opposizione non e'
normativamente  conferito  in  proposito  alcun  potere  inibitorio o
sospensivo);
        che  pertanto  l'art. 13,  comma 5-quinquies appare violare i
richiamati  artt. 24  e  111  Cost.  nella  parte  in cui prevede che
l'obbligatorieta'    dell'arresto   decorre   da   data   antecedente
all'inutile   decorso   del   termine   di  giorni  sessanta  per  la
presentazione    dell'opposizione   al   decreto   espulsivo   ovvero
all'esaurimento    con    decisione   irrevocabile   dell'opposizione
eventualmente proposta;
    Ritenuto  che  anche  tale  questione  e'  rilevante  gia'  nella
presente   fase,   precludendo   la   norma   di   cui   all'art. 14,
comma 5-quinquies  la  proficua convocazione della ricorrente al fine
dell'instaurazione  del  contraddittorio  e  del di lei esercizio del
diritto di difesa;
    Osservato  infine  brevemente che, a monte, la stessa provvisoria
esecutivita' del decreto espulsivo ora prevista dall'art. 13, comma 3
appare  sollevare  dubbi  di legittimita' costituzionale, non essendo
disciplinato  il  diritto  per  lo  straniero espulso di rientrare in
Italia  per  partecipare  all'udienza  (diritto concesso dall'art. 17
soltanto  in relazione al processo penale) e non essendo conferito al
giudice  dell'opposizione  alcun  potere  di  sospensione cautelare e
dunque  apparendo tale normativa "mutila" (richiamandosi in proposito
quanto  argomentato  da  codesta  Corte  nella  sentenza  n. 161  del
31 maggio  2000),  ma  tale questione non si appalesa rilevante nella
fattispecie   in  esame,  in  cui  appunto  la  predetta  provvisoria
esecutivita'  non  ha in concreto avuto seguito, onde la questione de
qua  non  puo' essere sollevata per difetto di rilevanza nel presente
procedimento;