IL GIUDICE DI PACE

    Letti   gli   atti   del   procedimento  penale  n. 827/2002/reg.
gen. dib.;
    Contro  Messadaa  Omar,  nato  a  Beni  Chenana  (Algeria)  il 24
febbraio   1975,   in   Italia   senza  fissa  dimora,  elettivamente
domiciliato  presso  la  persona  e  lo  studio  dell'avv.  Nazzareno
Siccardi  del  Foro  di  Savona (con studio in Albenga), imputato del
reato  p.  e  p.  dall'art. 14,  comma 5-ter, del decreto legislativo
n. 286/1998  perche',  senza  giustificato  motivo, si tratteneva nel
territorio  dello  Stato,  in  violazione  dell'ordine  impartito dal
questore di lasciare il territorio dello Stato entro 5 giorni (ordine
notificato  il  29  ottobre 2002). Accertato in Albenga il 6 novembre
2002.
    A  scioglimento  della  riserva in ordine all'emissione del nulla
osta all'espulsione, dopo la convalida dell'arresto;

                           P r e m e s s o

    Che  l'imputato  e'  stato condotto in stato di arresto davanti a
questo  giudice  per  il  giudizio direttissimo a norma dell'art. 14,
comma  5-quinquies,  del  decreto legislativo n. 286/1998 (modificato
dalla legge n. 189/2002);
    Che l'arresto e' stato convalidato;
    Che  al  termine  del  rito della convalida l'imputato ha chiesto
termine   a   difesa,   manifestando   l'intenzione   di  partecipare
personalmente al processo;
    Che  l'art. 13,  comma 3-bis, del decreto legislativo n. 286/1998
(modificato  dalla  legge  n. 189/2002),  stabilisce l'obbligo per il
giudice  di  rilasciare,  all'atto  della  convalida  dell'arresto in
flagranza (o del fermo), il nulla osta all'espulsione, senza riguardo
alle esigenze di difesa dell'imputato;

                            O s s e r v a

    1)  La  riforma  approvata  con  legge  n. 189/2002  ha reso piu'
incisive  le  disposizioni  volte  a  realizzare  l'espulsione  degli
stranieri  indesiderati  dal  territorio  nazionale.  Nel  perseguire
questo  obbiettivo,  ha  del  tutto disancorato il rilascio del nulla
osta  da  parte  del  giudice,  nell'ipotesi di arresto in flagranza,
dalla  considerazione  delle  esigenze  processuali  connesse  con la
difesa dell'imputato.
    A  tal  fine  ha precisato le "inderogabili esigenze processuali"
considerate  nel  testo  precedente dell'art. 13, comma 3, espungendo
dal novero di queste le ragioni concernenti la persona dell'imputato,
le   sue  esigenze  difensive,  la  sua  volonta'  di  partecipazione
personale  al  giudizio  e  limitando le ipotesi in cui il nulla osta
puo'  non  essere  rilasciato  alla  sola  considerazione di esigenze
processuali  concernenti  eventuali  concorrenti  nel reato dei quali
occorra  accertare  la responsabilita' o la persona offesa (salvo che
si proceda per i delitti piu' gravi, previsti dall'art. 407, comma 2,
lett. a), c.p.p.: art. 13, comma 3-sexies).
    Anche  prima  della recente novella, la norma disciplinava - come
fa  ora  -  unitariamente,  il rilascio del nulla osta all'atto della
convalida,  sia  da parte del giudice delle indagini preliminari, sia
da parte del giudice del giudizio direttissimo.
    Mentre  pero',  nell'ipotesi  di  espulsione conseguente al nulla
osta  rilasciato  dal  g.i.p.,  l'esercizio  del  diritto  di  difesa
dell'indagato,  trova  la  sua tutela nel disposto dell'art. 17 della
legge,  per  cui,  terminate  le  indagini  preliminari  ed emesso il
decreto  che  dispone  il  giudizio, l'imputato straniero puo' essere
autorizzato al rientro in Italia per partecipare al dibattimento, nel
giudizio  direttissimo  l'espulsione  -  che  segue  al nulla osta da
rilasciare   immediatamente,   all'atto   della   convalida  -  priva
l'imputato della possibilita' di partecipazione ovvero il giudice del
potere di procedere.
    Il  nulla  osta  infatti,  pur  non determinando l'espulsione dal
territorio nazionale, consente che essa sia eseguita; se cio' e' vero
e  non  puo'  non  esserlo,  la  norma,  che  ne  impone  il rilascio
obbligatorio all'atto della convalida, e' in contrasto con l'art. 24,
secondo comma e 111, terzo comma, della Costituzione.
    Queste  norme proclamando la inviolabilita' del diritto di difesa
in  ogni  stato  e  grado del procedimento e i diritti, nel processo,
della  persona  accusata di un reato, hanno come primo presupposto la
possibilita'  della  partecipazione personale, della presenza fisica,
dell'imputato al giudizio.
    Non  sono  applicabili  per  analogia;  al  caso  di  specie  (di
espulsione  dell'imputato),  le norme che regolano il procedimento in
contumacia,  poiche'  esse concernono la condizione di persone che si
sottraggono volontariamente al giudizio o che ne sono assenti perche'
irreperibili,  non  la condizione di persone cui la partecipazione al
giudizio e' impedita.
    Il  legislatore pare rendersi conto della questione qui sollevata
quando  stabilisce,  all'art. 13,  comma 3-quater, del citato decreto
legislativo,  che  "il  giudice,  acquisita  la  prova  dell'avvenuta
espulsione,  se  non  e'  ancora  stato  emesso  il provvedimento che
dispone  il  giudizio,  pronunzia sentenza di non luogo a procedere",
eliminando  per  questa  via,  con  la  definizione  del processo, la
necessita' della presenza della persona sottoposta a processo penale.
    Ma  tale  soluzione e' possibile soltanto nel procedimento penale
nella fase degli atti preliminari, com'e' fatto palese dalla menzione
del  "provvedimento che dispone il giudizio" e della "sentenza di non
luogo   a   procedere",  atto  funzionale  del  giudice  dell'udienza
preliminare, non prevista nel giudizio direttissimo.
    Nel  caso  di specie, il giudizio direttissimo, reso obbligatorio
per il reato per cui si procede, dall'art. 14, comma 5-quinquies, del
decreto legislativo citato, non puo' che essere condotto - in forzosa
assenza  dell'imputato  -  fino  alla  sua normale conclusione, senza
possibilita' di pronuncia che equivalga, negli effetti, alla sentenza
di   non   luogo  a  procedere,  prevista  soltanto  per  il  giudice
dell'udienza preliminare.
    Il  rilievo non e' soltanto formale, ma ha carattere di sostanza,
dovendosi  il  dibattimento  celebrare  anche  ad avvenuta espulsione
dell'arrestato e concludersi con sentenza di stretto merito.
    La questione proposta non e' dunque manifestamente infondata.
    2)  La  questione  e'  rilevante  per la decisione, a prescindere
dall'effettiva  esecuzione  dell'espulsione,  essendo evidente che il
rilascio  immediato  del nulla osta e' finalizzato, nella mens legis,
all'immediata espulsione.
    L'art. 17  del decreto legislativo di cui trattasi mentre prevede
l'autorizzazione al rientro in Italia dello straniero espulso, per il
tempo  strettamente necessario per l'esercizio del diritto di difesa,
non prevede analoga autorizzazione per lo straniero espellendo.
    All'udienza   fissata   per   il   dibattimento   (per   esigenze
organizzative,  il 28 novembre 2002), l'imputato espulso non potrebbe
essere  dichiarato  contumace, per le ragioni che sono state esposte;
ne'  sarebbe  applicabile  nel  caso  di  specie,  per  essere  stato
l'imputato presente nella fase della convalida, la regola processuale
"semel praesens sempre praesens" (art. 420-quinquies, comma 2, c.p.p.
-  484,  comma 2-bis - 549 c.p.p.), poiche' essa presuppone la libera
scelta dell'imputato di partecipare o non partecipare.
    Involgendo  la  questione  prospettata la stessa legittimita' del
processo  in  assenza forzosa dell'imputato, il presente giudizio non
puo' essere definito indipendentemente dalla sua risoluzione.