ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 11, commi 5, 6,
7,  8, 9 e 10, della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per
ampliare   le  basi  imponibili,  per  razionalizzare,  facilitare  e
potenziare   l'attivita'   di   accertamento;   disposizioni  per  la
rivalutazione  obbligatoria  dei beni immobili delle imprese, nonche'
per  riformare  il  contenzioso  e  per  la definizione agevolata dei
rapporti  tributari  pendenti;  delega al Presidente della Repubblica
per  la  concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei
centri  di  assistenza  fiscale  e  del  conto fiscale), promosso con
ordinanza del 19 febbraio 2002 dalla Commissione tributaria regionale
di  Catanzaro,  sezione  staccata  di  Reggio  Calabria, sull'appello
proposto dall'Agenzia delle entrate di Reggio Calabria contro Barbaro
Vincenza  ed  altre, iscritta al n. 468 del registro ordinanze 2002 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, 1a serie
speciale, dell'anno 2002.
    Visti l'atto di costituzione di Barbaro Vincenza ed altre nonche'
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'11 febbraio  2003  il giudice
relatore Annibale Marini;
    Uditi  l'avvocato  Francesco  Scaglione  per  Barbaro Vincenza ed
altre  e  l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
    Ritenuto  che  la  Commissione tributaria regionale di Catanzaro,
sezione  staccata  di  Reggio Calabria, con ordinanza del 19 febbraio
2002,  nel  corso  di un giudizio promosso nei confronti dell'Agenzia
delle  entrate per l'annullamento del silenzio-rigetto di una istanza
di  rimborso della ritenuta d'acconto relativa ad una somma percepita
a  titolo  di  risarcimento  del  danno  per accessione invertita, ha
sollevato,  in  riferimento agli artt. 3, 42, terzo comma, e 53 della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11,
commi 5,  6,  7,  8,  9  e  10,  della legge 30 dicembre 1991, n. 413
(Disposizioni  per  ampliare  le basi imponibili, per razionalizzare,
facilitare e potenziare l'attivita' di accertamento; disposizioni per
la  rivalutazione  obbligatoria  dei  beni  immobili  delle  imprese,
nonche'  per  riformare il contenzioso e per la definizione agevolata
dei   rapporti   tributari   pendenti;  delega  al  Presidente  della
Repubblica  per  la  concessione  di  amnistia  per  reati tributari;
istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale);
        che   le  norme  impugnate  riguardano  l'assoggettamento  ad
imposta  delle  plusvalenze conseguenti alla percezione di indennita'
di  esproprio,  del corrispettivo di cessioni volontarie nel corso di
procedimenti  espropriativi  nonche'  di  somme  comunque  dovute per
effetto  di  acquisizione  coattiva  conseguente  ad  occupazioni  di
urgenza divenute illegittime;
        che  il  dubbio  di  legittimita'  costituzionale,  quanto ai
parametri  di  cui  agli  artt. 3  e  53  della Costituzione, risulta
sollevato attraverso un mero rinvio alle motivazioni "contenute negli
atti di entrambe le parti";
        che  le  norme  denunciate  sarebbero,  altresi',  lesive, ad
avviso  del rimettente, del diritto dell'espropriato, garantito dagli
artt. 3  e  42, terzo comma, della Costituzione, ad un indennizzo che
non  sia  meramente  apparente  e  simbolico  ma costituisca un serio
ristoro della perdita subita;
        che  si  sono  costituite  in  giudizio  Anna Giuffre', Maria
Teresa  Barbaro  e  Vincenza  Barbaro, ricorrenti nel giudizio a quo,
diffusamente  argomentando  per l'illegittimita' costituzionale delle
norme   denunciate   in  quanto  lesive  degli  artt. 3  e  53  della
Costituzione;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  concludendo per la declaratoria di manifesta inammissibilita'
o infondatezza della questione;
        che,  quanto  ai  parametri  di  cui  agli artt. 3 e 53 della
Costituzione,   l'ordinanza   di   rimessione   sarebbe   -   secondo
l'Avvocatura - sostanzialmente priva di autonoma motivazione in punto
di non manifesta infondatezza;
        che,   riguardo   al   parametro  di  cui  all'art. 42  della
Costituzione,  la  questione difetterebbe di rilevanza, in quanto nel
giudizio  a  quo non sarebbe in discussione la misura dell'indennizzo
(o  del  risarcimento)  per  la  perdita della proprieta', ma solo la
legittimita'    dell'assoggettamento   ad   imposta   dell'indennizzo
medesimo.
    Considerato  che  nell'ordinanza  di  rimessione la non manifesta
infondatezza  della questione e' motivata, quanto ai parametri di cui
agli  artt. 3  e  53  della  Costituzione,  con  "espresso rinvio" al
contenuto di atti di parte;
        che   la   giurisprudenza  di  questa  Corte  e'  consolidata
nell'affermare  che  la motivazione dell'ordinanza di rimessione deve
essere   autosufficiente  e  non  puo'  limitarsi  a  richiamare  per
relationem  il  contenuto  di  altri atti o provvedimenti (ex multis,
sentenza n. 425 del 2000);
        che   il  rimettente  assume,  altresi',  l'esistenza  di  un
contrasto tra le norme denunciate ed il parametro di cui all'art. 42,
terzo  comma, della Costituzione senza, tuttavia, fornire motivazione
alcuna  sui  termini di tale contrasto e sulla sua concreta rilevanza
nel giudizio a quo;
        che  la  questione  va  pertanto dichiarata, in riferimento a
tutti i parametri evocati, manifestamente inammissibile.