ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 423 del codice
della  navigazione  promosso  con  ordinanza  del 6 febbraio 2002 dal
Tribunale  di  Genova  nel procedimento civile vertente tra Nuvoletta
Giovanni e la Tourship Italia S.p.A. ed altro, iscritta al n. 274 del
registro  ordinanze  2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 24, 1a serie speciale, dell'anno 2002.
    Visto l'atto di costituzione della Tourship Italia S.p.A. nonche'
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 29 gennaio 2003 il giudice
relatore Romano Vaccarella.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Nel  corso  di  un  giudizio  civile,  promosso,  davanti al
Tribunale  di  Genova,  da  Giovanni  Nuvoletta  nei  confronti della
societa'  Tourship  Italia S.p.A. e di Giuseppe Pacilio, per ottenere
la  condanna  dei  convenuti al risarcimento dei danni cagionati alla
sua autovettura durante l'imbarco sul traghetto "Sardinia Nova" della
predetta societa', il giudice dell'adito tribunale, con ordinanza del
6 febbraio    2002,   ha   sollevato   questione   di   legitti-mita'
costituzionale,  in  riferimento  all'articolo 3  della Costituzione,
dell'art. 423  del  codice  della  navigazione,  nella  parte  in cui
"disciplina   la   limitazione   di   responsabilita'   del   vettore
nell'ipotesi   di   trasporto   nazionale  in  modo  meno  favorevole
all'utente  privato occasionale rispetto alla disciplina prevista, in
materia  di  colpa  grave  e  in materia di misura per sola unita' di
carico,  per le ipotesi di trasporto internazionale", nonche' "per la
parte  che  la  misura del risarcimento fissato per legge non e' piu'
stata aggiornata da oltre 50 anni".
    Riferisce  il  giudice  rimettente  che  l'attore,  quale "utente
privato  occasionale",  aveva  stipulato con la convenuta societa' un
contratto  di  trasporto  marittimo,  per  recarsi in Sardegna per le
proprie  vacanze;  che dalle prove raccolte appare emergere una colpa
grave  della  societa'  convenuta;  che  tale  societa' ha, tuttavia,
eccepito  la  limitazione  del  debito del vettore marittimo prevista
dall'art. 423 cod. nav., il quale, al primo comma, stabilisce che "il
risarcimento  dovuto  dal  vettore  non  puo', per ciascuna unita' di
carico,  essere  superiore  a lire duecentomila (limite cosi' elevato
dalla   legge   16 aprile   1954,   n. 202)   o  alla  maggior  cifra
corrispondente  al  valore  dichiarato  dal  caricatore anteriormente
all'imbarco".
    1.1. - Quanto  alla non manifesta infondatezza della questione di
legittimita'  costituzionale,  il  giudice  rimettente  rileva che il
cittadino  italiano,  che  stipuli  un  contratto  di  trasporto,  e'
soggetto  ad  una disciplina diversa, quanto alla responsabilita' del
vettore  per la perdita o le avarie delle cose trasportate, a seconda
che  si  tratti di un trasporto nazionale o internazionale, in quanto
il  viaggio tocchi porti compresi solo nello Stato italiano ovvero in
Stati diversi.
    Il   regime   del   trasporto   marittimo   nazionale,  stabilito
dall'art. 423   cod.   nav.,  infatti,  differirebbe  da  quello  del
trasporto  marittimo  internazionale, risultante dalla Convenzione di
Bruxelles,  come  modificata  dai Protocolli di Visby e di Bruxelles,
per i seguenti aspetti:
        a)  il  limite  del  risarcimento dovuto dal vettore, a norma
dell'art. 423  cod.  nav.,  e'  -  secondo  la  giurisprudenza  della
Cassazione  -  operativo  anche  in  caso  di colpa grave del vettore
medesimo o dei suoi ausiliari, mentre per il trasporto internazionale
la  normativa  convenzionale uniforme prevede che il vettore non puo'
beneficiare  della limitazione di responsabilita', da essa stabilita,
"se  viene fornita la prova che il danno e' risultato da un atto o da
una  omissione del vettore che ha avuto luogo sia con l'intenzione di
provocare  un danno sia temerariamente e con la consapevolezza che un
danno probabilmente ne sarebbe risultato";
        b)  il  limite dell'art. 423 cod. nav. e' rapportato soltanto
alla  "unita' di carico", mentre la disciplina convenzionale uniforme
adotta  un doppio parametro, stabilendo un limite di somma "per collo
o unita'" in concorso con un limite di somma "per chilogrammo di peso
lordo  delle merci perdute o danneggiate" e prevedendo l'applicazione
del limite, in concreto, piu' elevato.
    Ad  avviso  del giudice rimettente, la differenziazione di regime
tra  i due tipi di trasporto, porta, quanto ai trasporti nazionali, a
risarcimenti  palesemente  irrisori  e  sperequati  rispetto a quelli
ottenibili   nei   trasporti   internazionali,   ed   e'   del  tutto
irragionevole,  poiche',  se  e'  vero  che  vi e' la possibilita' di
derogare al limite legale, mediante la dichiarazione del valore delle
cose   trasportate,   tale   possibilita'   "realizza  un  equilibrio
accettabile   per   parti   sufficientemente  edotte  sui  meccanismi
giuridici  vigenti",  ma  non  e' soddisfacente per l'"utente privato
occasionale",  il  quale,  "per  carenza di informazioni e conoscenze
puo'  trovarsi  esposto  ad un regime di debito iniquo (in quanto non
sufficientemente   valutato  ed  accettato),  con  importi  di  poche
centinaia  di  migliaia  di  lire  a  fronte di carichi valutabili in
decine di milioni".
    Inoltre,  l'art. 423 cod. nav. "viola l'art. 3 della Costituzione
sotto  il  profilo della irragionevolezza del limite del risarcimento
in  relazione  al mai avvenuto adeguamento di tale limite da oltre 50
anni".
    1.2. - Quanto   alla   rilevanza   della  questione,  il  giudice
rimettente osserva che:
        a) nella specie e' incontestato che il caricatore danneggiato
abbia la qualifica di "utente privato occasionale";
        b)  e'  evidente  la  palese difficolta' per l'utente privato
occasionale  di  dichiarare  il  valore  della merce, "per le tipiche
modalita'  di  carico  dei  traghetti, per la mancanza di modulistica
all'uopo  predisposta,  per  la mancanza di informativa e addirittura
per  una  confusione  in  materia  in  base  alle caratteristiche dei
biglietti, per il tipo di utente estraneo a normative particolarmente
specialistiche,  considerato  che il principio della conoscenza delle
leggi  si  deve  applicare  nel  campo  penale,  ma  non e' principio
assoluto  in  campo civilistico, per la tutela accordata in ogni caso
al  consumatore  non professionale che deve essere messo a conoscenza
dei propri diritti e dei modi per farli valere ed attuare";
        c)  l'applicazione  della  disciplina convenzionale uniforme,
sussistendo   la  colpa  grave  del  vettore,  comporterebbe  per  il
danneggiato  la  possibilita' di ottenere l'integrale risarcimento o,
comunque,  in base ai parametri da essa stabiliti, un "serio ristoro"
dei danni subiti.
    2. - Costituitosi  in  giudizio  a mezzo dell'Avvocatura generale
dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri osserva che:
        a)   non  si  puo'  dare  apoditticamente  per  acquisita  la
particolare  difficolta' di dichiarare il valore della merce solo per
il  carattere "non professionale" del contraente e per le particolari
modalita' di carico dei traghetti;
        b)  la  differenziazione  di regime fra trasporti nazionali e
internazionali  e' irrilevante, non essendo preclusa al contraente la
possibilita'  di ottenere un risarcimento proporzionato al valore del
bene trasportato;
        c) il mancato aggiornamento della misura del risarcimento non
implica di per se' violazione dell'art. 3 della Costituzione.
    Il   Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  conclude  per  la
dichiarazione   di   infondatezza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale.
    3. - La  societa'  Tourship  Italia  S.p.A.,  costituitasi  fuori
termine,   ha  depositato  memoria  sostenendo  l'infondatezza  della
questione.

                       Considerato in diritto

    1. - Il  Tribunale  di  Genova dubita, in riferimento all'art. 3,
primo  e  secondo  comma,  Cost.,  della  legittimita' costituzionale
dell'art. 423  cod.  nav. per la limitazione che esso pone - in punto
sia  di entita' del risarcimento, sia di rilevanza della colpa grave,
sia  ancora  di  riferimento  alla  sola  unita'  di  carico  -  alla
responsabilita'   del   vettore  marittimo  nel  trasporto  nazionale
rispetto  a  quello  internazionale, nonche' per essere il limite del
risarcimento  fissato  in  un  ammontare non piu' aggiornato da circa
cinquanta anni.
    2. - La  questione  non  e'  fondata  sotto  alcuno  dei  profili
prospettati.
    2.1. - La  questione,  sotto il profilo della comparazione con il
trasporto   internazionale,   appare   manifestamente  infondata  per
l'evidente  diversita'  -  anche quanto alla fonte della disciplina -
delle  due  situazioni e, in particolare, per non avere il rimettente
considerato  che  anche nel trasporto internazionale - come in quello
interno  -  il  limite  di  responsabilita'  non e' eliso dalla colpa
grave, bensi' soltanto "da un atto o da una omissione del vettore che
ha  avuto  luogo  sia  con  l'intenzione  di  provocare  un danno sia
temerariamente  e con la consapevolezza che un danno probabilmente ne
sarebbe   risultato"  (art. 4,  comma 5,  lett.  e),  Convenzione  di
Bruxelles  del 1924, come modificato dai Protocolli di Visby del 1968
e di Bruxelles del 1979).
    2.2. - Venendo, ora, alla questione della legittimita' in se' del
limite  di  responsabilita' del vettore marittimo, questa Corte lo ha
ritenuto  non  contrastante  con la Costituzione (sentenza n. 401 del
1987;  analogamente sentenza n. 64 del 1993 a proposito del trasporto
terrestre), in quanto, prevedendo la legge la facolta' dell'utente di
dichiarare  il  valore  della  merce  trasportata, l'operativita' del
limite  e'  rimessa ad una scelta unilaterale dell'utente stesso alla
quale il vettore deve conformarsi.
    La  circostanza  che  il caricatore sia un utente occasionale e',
sotto  il  profilo  qui  considerato,  irrilevante,  dal  momento che
l'equilibrio  costruito  dalla norma tra esigenze del vettore (con la
fissazione  del  limite  di  responsabilita) ed esigenze dell'utente,
occasionale  o  non  che  questi  sia,  non viola l'indicato precetto
costituzionale  in quantoal caricatore e' data la possibilita' di non
sottostare  al  limite, usufruendo del diritto potestativo di rendere
la  dichiarazione  del  valore della merce affidata al vettore, senza
che  quest'ultimo  -  se  il  titolo in base al quale esercita la sua
attivita'  lo  obbliga a contrarre - possa rifiutare di prendere atto
della dichiarazione stessa.
    Conclusivamente,  deve  ribadirsi  che,  poiche'  "l'entita'  del
risarcimento  e'  in  funzione del costo dell'operazione di trasporto
(in  quanto)  il vettore, conoscendo, attraverso la dichiarazione del
caricatore,  l'effettivo  valore  della  merce,  e' posto al corrente
dell'entita'  della  sua  eventuale  obbligazione risarcitoria e puo'
percio'  adeguare  ad  essa  il  nolo"  (sentenza  n. 401 del 1987) e
poiche', come si e' detto, la determinazione dell'ammontare dei danni
risarcibili,    in    sostituzione   del   limite   legale,   dipende
esclusivamente   dalla  dichiarazione  (di  volonta)  del  caricatore
produttiva  ex  se  del  sopra  descritto  effetto  (quale che sia il
comportamento  del  vettore),  la  norma  censurata non contrasta con
l'invocato precetto costituzionale.
    3. - Quanto  alla  censura  che  investe il mancato aggiornamento
dell'entita' del limite di responsabilita', questa Corte non puo' che
ribadire   la   sua   incensurabilita'   per  essere  "l'entita'  del
risarcimento  in  funzione  del  costo dell'operazione di trasporto",
auspicando  ancora una volta che il legislatore provveda analogamente
a  quanto  da tempo ha fatto per il trasporto aereo (sent. n. 401 del
1987).
    4. - La  circostanza  che  l'equilibrio  realizzato  dalla  norma
contestata  tra  i  contrapposti  interessi  non  violi il richiamato
precetto  costituzionale  non  esclude  che  -  pur  non  essendo per
definizione  "vessatorie  le clausole che riproducono disposizioni di
legge"  (art. 1469-ter;  comma  terzo,  del codice civile) - sussiste
anche  per tali clausole l'esigenza che "nel caso di contratti di cui
tutte  le  clausole  siano proposte al consumatore per iscritto, tali
clausole devono sempre essere redatte in modo chiaro e comprensibile"
(art. 1469-quater  cod.  civ.), e pertanto deve risultare chiaramente
anche il maggior costo dell'operazione di trasporto in relazione alla
eventuale dichiarazione di valore resa dal consumatore.