ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
degli  artt. 1,  comma 1,  lett. b), e 2 della legge 29 gennaio 1994,
n. 87 (Norme relative al computo dell'indennita' integrativa speciale
nella  determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti), 14 e
36  della  legge  14 dicembre  1973,  n. 829  (Riforma  dell'Opera di
previdenza  a  favore  dell'Azienda  autonoma  delle  ferrovie  dello
Stato),  promosso  con  ordinanza del 29 aprile 2002 dal Tribunale di
Brescia  nel procedimento civile vertente tra Bedulli Angelo ed altri
e  la  Rete  Ferroviaria  Italiana  s.p.a. (gia' Ferrovie dello Stato
s.p.a.),  iscritta al n. 338 del registro ordinanze 2002 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 33, 1a serie speciale,
dell'anno 2002.
    Visti gli atti di costituzione di Bedulli Angelo ed altri e della
Rete  Ferroviaria  Italiana s.p.a. (gia' Ferrovie dello Stato s.p.a.)
nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  25 febbraio  2003  il giudice
relatore Romano Vaccarella;
    Uditi  gli  avvocati Luciano Nardino per Bedulli Angelo ed altri,
Paolo  Tosi per Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. (gia' Ferrovie dello
Stato   s.p.a.)  e  l'avvocato  dello  Stato  Gaetano  Zotta  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con  ordinanza del 29 aprile 2002, il Tribunale di Brescia -
sezione   del  lavoro  e  della  previdenza  sociale  -  solleva,  in
riferimento  agli  artt. 3,  36 e 38 della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  del  combinato  disposto degli artt. 1,
comma 1,  lettera b),  e  2 della legge 29 gennaio 1994, n. 87 (Norme
relative   al  computo  dell'indennita'  integrativa  speciale  nella
determinazione  della  buonuscita  dei  pubblici  dipendenti) nonche'
degli  artt. 14  e  36  della legge 14 dicembre 1973, n. 829 (Riforma
dell'Opera   di  previdenza  a  favore  dell'Azienda  autonoma  delle
ferrovie  dello  Stato)  nella  parte  in  cui per i dipendenti delle
Ferroviedello  Stato  (e  di  altri  lavoratori ad essi assimilabili)
prevedono,  cosi'  come  stabilito per altre categorie di lavoratori,
secondo   l'interpretazione  della  Suprema  Corte,  la  liquidazione
"dell'indennita'  di buonuscita con calcolo della quota di indennita'
integrativa speciale al 48% (80% del 60%), in luogo del 60%", benche'
solo   per   essi  sia  prevista  la  ritenuta  contributiva  del  4%
sull'intero 60% dell'i.i.s.
    Riferisce  il  rimettente  che  Angelo  Bedulli  e  altri avevano
proposto ricorso volto ad ottenere, nei confronti di Rete Ferroviaria
Italiana  s.p.a.  (gia'  Ferrovie  dello  Stato societa' di trasporti
s.p.a.),   l'accertamento  del  loro  diritto  alla  rideterminazione
dell'indennita'  di  buonuscita con inserimento nella base di calcolo
del 60%, piuttosto che del 48% dell'i.i.s., e la conseguente condanna
dell'ente  convenuto  alla  corresponsione  della  differenza del 12%
sull'indennita'  integrativa  speciale,  da  liquidarsi negli importi
specificamente indicati; e cio' in quanto - premesso che i dipendenti
delle   Ferrovie   dello   Stato  avevano  ricevuto  l'indennita'  di
buonuscita,  fino  al  31 maggio  1994 dall'Opafs, ente previdenziale
disciplinato  dalla  legge  n. 829  del  1973,  e  successivamente da
Ferrovie  dello  Stato  s.p.a.,  mentre  a  partire dal 1 giugno 1996
avevano  riscosso, al momento del collocamento a riposo, l'indennita'
di  fine  rapporto  ex art. 2120 cod. civ. - la legge n. 87 del 1994,
disponendo  l'inserimento  nella  base  di calcolo dell'indennita' di
buonuscita   dei   dipendenti   pubblici,   in   determinate   quote,
dell'indennita'  integrativa  speciale, ne aveva graduato il computo,
nelle diverse gestioni, in misura inversamente proporzionale a quella
del  restante  trattamento  economico,  al  fine  di  assicurare,  in
conformita'  alle  indicazioni  formulate  dalla Corte costituzionale
nella  sentenza  243  del  1993, una piu' ragionevole equivalenza nel
risultato  finale di calcolo; che in particolare l'art. 1 della legge
n. 87  del 1994 aveva previsto il computo dell'indennita' integrativa
speciale  nell'indennita'  di  buonuscita nella misura del 30%, per i
dipendenti  degli  enti pubblici di cui alla legge n. 70 del 1975 (in
considerazione  del  fatto che la base di calcolo dell'emolumento era
per   essi   costituita   dal   100%   dell'ultimo   stipendio  annuo
complessivo), e del 60% per tutti gli altri dipendenti pubblici e per
gli  iscritti  all'Opera  di previdenza e assistenza per i ferrovieri
dello Stato (per i quali invece il calcolo veniva effettuato sull'80%
dell'ultimo  stipendio); che la limitazione alla predetta percentuale
della  quota  di  indennita' integrativa speciale da utilizzare nella
liquidazione degli emolumenti dovuti alla cessazione del rapporto, ne
aveva  di  fatto  determinato  l'abbattimento al 48%, tale essendo la
cifra  espressiva  del  valore  dell'80% del 60%; che invece l'art. 1
della  legge  n. 87  del  1994  andava  interpretato, alla stregua di
indici  ermeneutici di carattere letterale, logico e sistematico, nel
senso   che  la  parte  di  indennita'  di  buonuscita  ricollegabile
all'indennita'  integrativa  speciale doveva essere calcolata secondo
criteri  distinti  ed autonomi rispetto a quelli fissati nell'art. 14
della legge n. 829 del 1973, di guisa che, ai fini della liquidazione
della  prima,  gli  importi  ottenuti  attraverso  l'adozione dei due
sistemi   di   calcolo   -   l'80%   dell'ultimo  stipendio  mensile,
dell'eventuale  assegno  personale pensionabile e del compenso per ex
combattenti,  ex  art. 14  della legge n. 829 del 1973, nonche' della
tredicesima  mensilita',  ex  art. 2 della legge n. 75 del 1980, e il
60%  dell'indennita' integrativa speciale ex art. 1 della legge n. 87
del 1994 - dovevano essere sommati e non inseriti in un'unica "base";
che,  a opinare diversamente, si sarebbe irragionevolmente consentito
il  versamento,  da  parte  dei  dipendenti  delle  ferrovie,  di una
contribuzione  del 4% sul 60% di indennita' integrativa speciale, pur
avendo  essi  diritto  al  solo  48% della stessa e per di piu' senza
alcuna  possibilita'  di  controllo sulla destinazione dei contributi
corrisposti  in  eccedenza;  che  l'adozione  dei  criteri di calcolo
utilizzati  dalle  Ferrovie dello Stato determinava un'ingiustificata
disparita'   di  trattamento  tra  dipendenti  privati  e  dipendenti
pubblici   e   all'interno  della  stessa  categoria  dei  dipendenti
pubblici,  tra  quelli  di  cui  alla lettera a) e quelli di cui alla
lettera b) dell'art. 1 della legge n. 87 del 1994, oltre a risolversi
in  una  quantificazione  dell'emolumento  contraria  ai  principi di
adeguatezza e proporzionalita' della retribuzione.
    Riferisce  ancora  il  rimettente  che  Rete Ferroviaria Italiana
s.p.a.  resisteva  alla domanda attrice, osservando che, nel disporre
l'inclusione,  nella  base  di calcolo dell'indennita' di buonuscita,
dell'indennita'  integrativa  speciale  nella  sola  misura  del 60%,
l'art. 1   della  legge  n. 87  del  1994  aveva  fatto  segnatamente
riferimento  ai  gia'  vigenti criteri di calcolo di questa, e quindi
alla  limitazione all'80% del coacervo di voci da moltiplicare per il
numero  di  anni  di  servizio  del  dipendente.  Rilevava  che  tale
approccio  interpretativo  era  conforme alle indicazioni fornite dal
Ministero  del  tesoro  nella  circolare  del 10 novembre 1994 ed era
inoltre stato costantemente condiviso dal Supremo Collegio.
    Tanto  esposto  in  punto  di  fatto,  osserva  il rimettente che
l'art. 1,  lettera b), della legge n. 87 del 1994 ha introdotto anche
per  i dipendenti delle Ferrovie dello Stato l'indennita' integrativa
speciale  nella  misura del 60% nella base di calcolo dell'indennita'
di  buonuscita,  liquidata  fino  al  31 maggio  1994  dall'Opafs,  e
successivamente,  ai  sensi  della  legge  n. 537 del 1993, da s.p.a.
Ferrovie   dello   Stato;   che  in  tale  contesto,  ai  fini  della
determinazione  del  trattamento di fine servizio, disciplinato dalla
legge   n. 829   del  1973,  le  Ferrovie  dello  Stato  hanno  preso
inconsiderazione   l'ultimo   trattamento   retributivo   annuo   del
dipendente  e,  aggiuntovi  un importo pari al 60% dell'i.i.s., hanno
diviso  il  totale per dodici, cosi' ottenendo il trattamento mensile
che,  ridotto  all'80%, viene poi moltiplicato per il numero dei mesi
di  servizio  utile;  che l'assunto della societa' convenuta, fondato
sull'asserita operativita', anche nei confronti della quota di i.i.s.
da  inserire  nella  base  di  calcolo dell'indennita' di buonuscita,
della  regola  della  riduzione  all'80%  di  tutte  le  voci  che la
compongono,  ha trovato riscontro nella costante giurisprudenza della
Corte  di  cassazione,  al punto da costituire vero e proprio diritto
vivente.
    Osserva  quindi  il  Tribunale  che,  per  contro,  in virtu' del
combinato  disposto  degli  artt. 36  della legge n. 829 del 1973 e 2
della   legge   n. 87   del   1994,   ai   fini   della  liquidazione
dell'indennita'   di   buonuscita,  a  carico  del  lavoratore  viene
prelevato  un  contributo  del  4%  riferito all'intera quota del 60%
dell'i.i.s.,  e  non  gia'  alla  percentuale  utile  del 48%; che la
discrasia in tal modo introdotta per i soli dipendenti delle Ferrovie
dello  Stato  non  pare  razionalmente giustificabile, tanto piu' che
anche  per  essi  tutte  le  altre  voci  della  base di calcolo sono
soggette  a contribuzione nei limiti delle percentuali effettivamente
utili  ai  fini  del  computo  dell'indennita'  di buonuscita; che in
particolare,  per  legittimare la menzionata differenza, non convince
il  richiamo  al  principio  di solidarieta' al quale, secondo la pur
autorevole   opinione  espressa  in  sede  di  legittimita',  sarebbe
ispirato  il  nostro  ordinamento  previdenziale  e  nel  cui  ambito
dovrebbe  collocarsi, almeno quanto alla funzione, anche l'indennita'
di buonuscita.
    In ordine a tale ultimo assunto segnala il rimettente che esso si
fonda,  sia  pure  implicitamente,  sul paragone tra la contribuzione
pensionistica  e  quella  effettuata  in  base all'art. 2 della legge
n. 87  del  1994,  laddove  questa,  al  di  la'  delle  imprecisioni
terminologiche del legislatore, realizza un'ipotesi di accantonamento
anticipato  analogo  a  quello  previsto  per  l'indennita'  di  fine
rapporto  del  settore  privato,  col quale ha in comune la natura di
retribuzione  differita; che in tale ottica il richiamo della Suprema
Corte  a  generiche  esigenze di solidarieta' non ha senso e non vale
comunque  a scardinare il principio basilare di proporzionalita' e di
adeguatezza  della  retribuzione, ne' a giustificare la diversita' di
trattamento  tra  il  lavoratore  delle  Ferrovie  dello  Stato  e il
dipendente  dello  Stato  o  di  altra  parte del settore pubblico al
quale,  secondo l'orientamento accolto in giurisprudenza, spetterebbe
l'indennita' di buonuscita con calcolo dell'i.i.s. conteggiata al 48%
ma con corrispondente onere finanziario a livello contributivo.
    Sulla   base  delle  esposte  considerazioni  ritiene  quindi  il
rimettente  che  sia  lecito  dubitare della complessiva razionalita'
nonche' della compatibilita' con l'art. 3, in relazione agli artt. 36
e  38  della  Costituzione,  del  combinato  disposto  degli artt. 1,
comma 1,  lettera b), e 2 della legge n. 87 del 1994 e degli artt. 14
e  36  della  legge  n. 829  del  1973, nella parte in cui comportano
l'attribuzione,  in favore dei dipendenti delle Ferrovie dello Stato,
dell'indennita' di buonuscita con calcolo della quota di i.i.s. nella
sola  misura  del  48%  (80% del 60%), in luogo della percentuale del
60%, stabilita per altre categorie di lavoratori, e cio' benche' solo
per essi sia previsto un prelievo contributivo sulla base dell'intero
60%.
    2. - Nel   giudizio  si  sono  costituiti  Angelo  Bedulli  e  17
litisconsorti  depositando  una  memoria  nella  quale sostengono che
appaiono  difficilmente  conciliabili  con  i  principi  di equita' i
criteri   seguiti   da   Rete   Ferroviaria   Italiana  s.p.a.  nella
determinazione   dell'indennita'  di  buonuscita  spettante  ai  suoi
dipendenti,   segnatamente   nella   parte   in   cui,   operato   un
accantonamento  corrispondente  al 60% dell'i.i.s. ad essi spettante,
in  sede di liquidazione del trattamento di chiusura del rapporto, ne
restituisce soltanto il 48%.
    Ribadito,  in  conformita'  a  quanto ritenuto dalla stessa Corte
costituzionale nella sentenza n. 243 del 1993, che l'i.i.s. ha natura
retributiva   e   non   assistenziale,   essendo   stata   equiparata
all'indennita'   di   contingenza,   sostengono   l'incongruenza   di
qualsivoglia  assimilazione  della  contribuzione  operata  ai  sensi
dell'art. 2 della legge n. 87 del 1994 con quella pensionistica.
    Deducono   infine   che,  ove  non  si  voglia  accedere  ad  una
interpretazione  costituzionalizzante  della  disciplina  impugnata -
segnatamente ritenendo che ai fini della liquidazione dell'emolumento
dovuto  alla  cessazione  del  rapporto,  gli  importi per i quali e'
espressamente  prevista  la  corresponsione all'80% e quello, pari al
60%, dell'i.i.s. vanno sommati e non inseriti in un'unica "base" - la
normativa    de    qua    non   puo'   sfuggire   alla   censura   di
incostituzionalita'.
    3. - Costituitasi   ritualmente  in  giudizio,  Rete  Ferroviaria
Italiana   s.p.a.,   premesso   che  il  richiamo  all'art. 38  della
Costituzione tra i parametri della sollevata questione presuppone una
funzione   previdenziale   dell'istituto,   in   contrasto   con   le
argomentazioni svolte a sostegno della pretesa irragionevolezza delle
norme    impugnate,    sostiene    l'infondatezza   del   dubbio   di
costituzionalita'   prospettato,   avendo   con  esso  il  rimettente
censurato un combinato disposto, piuttosto che singole norme nel loro
specifico contenuto.
    Rileva  che  peraltro,  a  seguito  di  una scelta interpretativa
operata  dal  Ministero  del  tesoro,  il contributo del 4% viene ora
calcolato  sul  48% dell'i.i.s., di guisa che nei fatti la base della
contribuzione e quella della prestazione sono state uniformate.
    Sostiene  infine  che in materia di indennita' di buonuscita, non
diversamente  che  nella  materia  pensionistica, la correlazione tra
prestazione e contribuzione, e quindi anche l'eventuale discrasia tra
misura  della  prestazione  e  base  di  calcolo della contribuzione,
rientra  nei  discrezionali  poteri di scelta del legislatore, almeno
tutte le volte in cui la prestazione non e' automaticamente pari alla
somma delle contribuzioni.
    4. - Costituitosi  a  mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato,
anche   il   Presidente   del   Consiglio   dei  ministri,  eccepisce
l'inammissibilita' o comunque la manifesta infondatezza del ricorso.
    Deduce  in particolare che nell'ordinanza di rimessione non viene
indicata  la data di collocamento a riposo dei singoli ricorrenti, di
modo  che  non  e' possibile verificare se le norme censurate siano o
meno   pertinenti  al  caso  da  decidere,  e  cio'  tanto  piu'  che
beneficiari  della legge 29 gennaio 1994, n. 87, sono solo coloro che
sono andati in pensione in data successiva al 30 novembre 1984.
    Sostiene  poi  che  andrebbe appurato se non sia intervenuta e se
non sia stata eccepita la prescrizione quinquennale, perche' anche in
questo  caso  la  sollevata  questione di legittimita' costituzionale
sarebbe irrilevante ai fini del decidere.
    Nel  merito rileva che le argomentazioni svolte dal Tribunale non
tengono conto del fatto che, pur dopo la privatizzazione del rapporto
di  lavoro  dei  dipendenti  delle Ferrovie, il trattamento economico
corrisposto  al  momento del loro collocamento a riposo ha continuato
ad  essere  soggetto  ad una particolare disciplina, ex art. 21 della
legge  n. 210  del  1985,  di  guisa  che  il ragionamento sviluppato
nell'ordinanza  di  rimessione non ha senso ove non vengano sollevati
dubbi sulla legittimita' anche di quest'ultima norma.
    Ricorda  che  l'iscrizione  ope legis dei ricorrenti all'Opafs ha
comportato  dei  vantaggi  e  che gli eventuali risvolti negativi del
trattamento  di cui essi usufruiscono non possono essere disgiunti da
quelli  positivi,  come  del  resto  ripetutamente  evidenziato dalla
stessa Corte costituzionale.
    Osserva infine che non si puo' giudicare della legittimita' di un
trattamento  prendendo in considerazione un solo elemento di calcolo,
quale  nella  fattispecie  l'asserita violazione della corrispondenza
tra  la  contribuzione  versata e la prestazione ricevuta, segnalando
che in ogni caso l'Opafs riscuote un contributo calcolato su una base
imponibile inferiore a quella sulla quale eroga poi la prestazione.
    5. - In   prossimita'  dell'udienza,  Rete  Ferroviaria  Italiana
s.p.a. ha depositato una memoria nella quale ribadisce le ragioni per
le quali la questione deve essere dichiarata infondata.
    6. - All'udienza  del 25 febbraio 2003 gli avv.ti Tosi per R.F.I.
s.p.a.,  Zotta  per  l'Avvocatura  dello  Stato e Nardino per Bedulli
hanno insistito nelle rispettive conclusioni e argomentazioni.

                       Considerato in diritto

    1. - Il   Tribunale   di   Brescia   dubita   della  legittimita'
costituzionale  dell'art. 1, comma 1, lettera b), e dell'art. 2 della
legge 29 gennaio 1994, n. 87, nonche' degli artt. 14 e 36 della legge
14 dicembre  1973, n. 829, in quanto il diritto vivente - che prevede
l'erogazione,  in  sede di indennita' di buonuscita, del 48% (e cioe'
dell'80%  del 60%) dell'i.i.s., a fronte di una ritenuta contributiva
sul 60% della medesima i.i.s. - sarebbe in contrasto con l'art. 3 (in
relazione  agli  artt. 36  e  38)  Cost.  nella  parte in cui conduce
all'attribuzione  in favore dei lavoratori delle Ferrovie dello Stato
dell'indennita'  di buonuscita comprensiva del solo 48% dell'i.i.s. -
e  cio'  analogamente  a  quanto  previsto  per  altre  categorie  di
lavoratori  cui si applica l'art. 1, comma 1, lettera b), della legge
n. 87 del 1994 - sebbene solo i lavoratori delle Ferrovie dello Stato
siano assoggettati ad una ritenuta sull'intero 60% dell'i.i.s., e non
sul solo 48% (80% del 60%) percepito.
    2. - La questione non e' fondata.
    2.1. - La  legge  n. 87  del  1994  costituisce  il tentativo del
legislatore di ottemperare a quanto questa Corte - prendendo atto, da
un  lato,  della  natura  di  retribuzione differita progressivamente
assunta  dall'indennita'  di buonuscita e, dall'altro lato, del venir
meno degli elementi (esenzione da ritenuta fiscale: artt. 46 e 48 del
d.P.R.  n. 557  del  1973;  esenzione da contribuzione previdenziale:
artt. 22  della  legge  n. 160  del  1973; impignorabilita': sentenza
n. 115  del  1990  di  questa Corte) che giustificavano l'estraneita'
dell'i.i.s.  rispetto alla retribuzione - ha statuito con la sentenza
19 maggio  1993,  n. 243, dichiarando "costituzionalmente illegittime
le  norme  che  escludono  l'indennita'  integrativa  speciale  dalla
retribuzione  da assumere alla base del calcolo per la determinazione
dell'indennita'   di  buonuscita  spettante  al  personale  civile  e
militare dello Stato".
    Con   la   medesima  sentenza  questa  Corte  -  preso  atto  che
"l'indennita'  di  buonuscita  e  l'indennita'  di  fine servizio del
parastato sono calcolate sulla base dell'ultima retribuzione (che e',
di  regola,  la  piu' alta) mentre il trattamento di fine rapporto si
determina  sulla  base  delle  retribuzioni  concretamente  percepite
durante  il  servizio"  -  ha  precisato  che  "la  dichiarazione  di
illegittimita'   costituzionale   delle   norme   che  non  prevedono
meccanismi   di  computo  dell'indennita'  integrativa  speciale  nei
trattamenti  di  fine  rapporto comporta l'obbligo del legislatore di
provvedere  e  di  reperire le necessarie risorse finanziarie ... per
l'impostazione  e la formulazione di scelte globali della politica di
bilancio",  e  che  occorrevano  "meccanismi  legislativi  di computo
dell'indennita'  integrativa  speciale secondo criteri di equilibrio,
di  compensazione  e  di  omogeneizzazione  dei  trattamenti  di fine
rapporto che devono essere stabiliti dal legislatore".
    2.2. - La  legge 29 gennaio 1994, n. 87, ha pertanto previsto che
l'i.i.s.  "viene  computata nella base di calcolo della indennita' di
buonuscita", ma che cio' avviene (lettera a) nella misura del 30% per
i  dipendenti  degli  enti  pubblici  non economici di cui alla legge
n. 70  del  1975  e  (lettera b)  nella  misura  del 60% di quella in
godimento  alla  data  della cessazione del servizio per i dipendenti
delle altre pubbliche amministrazioni.
    2.3. - Investita  di  una  serie  di  questioni  di  legittimita'
costituzionale   questa  Corte  -  nel  dichiarare  infondata  quella
principale   relativa   (art. 4   della   legge   n. 87   del   1994)
all'estinzione ex officio, con compensazione delle spese, dei giudizi
pendenti    aventi   ad   oggetto   la   computabilita'   dell'i.i.s.
nell'indennita'  di  buonuscita  -  ha  ricordato di aver affidato al
legislatore  "modi  e tempi di un adeguato computo dell'indennita'" e
concluso  che  "avuto  riguardo alla complessita' del programma, alla
molteplicita' delle finalita' e quindi all'ampiezza dell'intervento e
dell'onere  finanziario richiesti, deve giudicarsi la legge n. 87 del
1994 come una risposta adeguata oltre che sufficientemente tempestiva
rispetto a quanto da questa Corte ritenuto non eludibile da parte del
legislatore"  (sentenza  n. 103  del 1995). La "ragionevolezza" delle
norme  censurate  (artt. 1,  comma 1, lettere a) e b); 2, comma 4; 3,
commi 1  e  2;  4  della legge n. 87 del 1994) e' stata ripetutamente
affermata  da  questa  Corte  con ordinanze di manifesta infondatezza
(n. 207,  n. 324,  n. 468 e n. 495 del 1995; n. 19 e n. 125 del 1996;
n. 55 del 1997).
    2.4. - Il  giudice  rimettente  da'  atto  che e' dominante nella
giurisprudenza   di   legittimita'   e   del   Consiglio   di   Stato
l'interpretazione  secondo  la quale la "base di calcolo" di cui alla
legge  n. 87  del  1994  (essendo tale locuzione testualmente ripresa
dalla  sentenza  n. 243  del  1993) individua gli emolumenti utili (e
quindi  il  60%  dell'i.i.s.)  ai fini della composizione lorda della
base  contributiva,  mentre la determinazione di quest'ultima avviene
computando  la quota netta (80%) di tali emolumenti; sicche' la legge
n. 87  del  1994  si  limita  a  prevedere, come prescritto da questa
Corte,  l'inclusione  dell'i.i.s.  (nella  misura  del  60%)  tra gli
elementi   computabili  ai  fini  della  individuazione  della  "base
contributiva",  ma  nulla  innova  quanto ai criteri (80%) di calcolo
dell'indennita' di buonuscita.
    A  tale  consolidato  orientamento  giurisprudenziale  il giudice
rimettente  nulla  oppone,  se  non la "discrasia, riferibile ai soli
lavoratori  soggetti  alla  disciplina di cui all'art. 36 della legge
cit.  (n. 829  del  1973)"  per  cui,  "al  fine  della  liquidazione
dell'indennita'   di   buonuscita,   viene  prelevato  a  carico  del
lavoratore  un  contributo  (4%)  riferito  all'intera  quota del 60%
dell'i.i.s.  (e  non,  invece,  alla  sola  quota  utile,  del 48%)";
"discrasia",   a   giudizio   del   rimettente,  non  superata  dalla
giurisprudenza  di legittimita' allorche' essa invoca il principio di
solidarieta'.
    2.5. - La  questione  di  legittimita'  posta  dal  rimettente si
appunta  sul  rilievo  che l'entita' della contribuzione gravante sui
lavoratori  soggetti  all'art. 36  della  legge  n. 829 del 1973 - in
quanto  irragionevolmente maggiore di quella, proporzionata alla sola
quota  utile,  gravante  sugli  altri  lavoratori - comporterebbe che
l'i.i.s.  andrebbe  computata  ai  fini dell'indennita' di buonuscita
nella misura intera (60%) e non gia' del solo 48% (80% del 60%).
    In  altri  termini, il rimettente sostiene che la circostanza che
la  contribuzione  del  4% sia calcolata sul 60% dell'i.i.s. comporti
che  l'intera  quota del 60% debba sommarsi agli elementi retributivi
computati  all'80%,  e  che  tale  conclusione sia costituzionalmente
dovuta. Al che, tra l'altro, parte resistente oppone che, in realta',
il  prelievo  contributivo  avviene  sul  48%  (e  non  gia' sul 60%)
dell'i.i.s.
    A   prescindere   dalla   fondatezza   di   tale   contestazione,
l'inaccettabilita'  della  conclusione  cui  perviene  il  rimettente
emerge dal rilievo che l'indennita' di buonuscita ha bensi' natura di
retribuzione    differita,   ma   anche   (quanto   meno,   funzione)
previdenziale  ed assistenziale (cfr., a proposito dell'indennita' di
fine  rapporto,  sentenza  n. 99  del  1993);  sicche' e' quanto meno
apodittico   escludere   radicalmente   che  operi  il  principio  di
solidarieta'  a  giustificazione della maggior base (60%), rispetto a
quella  utile (48%), sulla quale opererebbe il prelievo contributivo.
Ed  e'  appena il caso di rilevare che non e' in relazione ai singoli
elementi  che  confluiscono  nella base di calcolo che va valutata la
congruita'  della  contribuzione,  ma in relazione all'istituto (qui,
l'indennita'  di  buonuscita)  che quei singoli elementi concorrono a
determinare:  e  la  circostanza  che  il  rimettente invochi - oltre
l'art. 36  Cost.,  il  quale,  peraltro, si riferisce alla globalita'
della  retribuzione,  e  non  gia' a singole voci di essa (da ultimo,
sentenza  n. 470  del  2002)  -  anche  il  parametro  costituzionale
dell'art. 38  costituisce  conferma  (sentenza n. 506 del 2002) della
possibilita'  che  un istituto come l'indennita' di buonuscita (cosi'
come il T.F.R.) sia disciplinato anche tenendo conto del principio di
solidarieta'.
    Peraltro, una volta riconosciuto - come il rimettente riconosce -
che   per   tutti  i  lavoratori  contemplati  dall'art. 1,  comma 1,
lettera b),  della legge n. 87 del 1994 l'indennita' di buonuscita e'
calcolata  tenendo  conto  del  48%  (80%  del  60%)  dell'i.i.s., e'
contraddittorio invocare l'art. 3 Cost. per arguirne che i dipendenti
delle  Ferrovie dello Stato - solo perche' contribuirebbero con il 4%
calcolato  sul 60% dell'i.i.s. - devono poter godere di un'indennita'
di  buonuscita  maggiorata  (rispetto agli altri lavoratori), perche'
dovrebbe  essere calcolata sommando - alle voci utili per l'80% - per
intero il 60% dell'i.i.s.
    Escluso,   per   quanto   si   e'   detto,  che  l'entita'  della
contribuzione    comporti,   quale   conseguenza   costituzionalmente
necessaria,  una corrispondente entita' nell'indennita' di buonuscita
dell'elemento sul quale la contribuzione e' calcolata, resta soltanto
la   questione   -  prospettata  tra  le  righe  dal  rimettente,  ma
irrilevante  nel  caso  di  specie  della  (pretesa)  violazione  del
principio   di   eguaglianza   quanto   all'entita'   in   se'  della
contribuzione,   che   sarebbe   irragionevolmente   maggiore  per  i
lavoratori  soggetti all'art. 36 della legge n. 829 del 1973 rispetto
a quelli la cui contribuzione e' limitata ad una percentuale del 48%.
In   sintesi,   se   e'   corretta  (come  il  rimettente  riconosce)
l'interpretazione dell'art. 1, comma 1, lettera b), della legge n. 87
del   1994  quale  norma  che,  senza  incidere  sulle  modalita'  di
determinazione della base contributiva, si e' limitata ad ampliare la
base   di   calcolo   dell'indennita'  di  buonuscita,  la  (pretesa)
violazione  dell'art. 3  Cost.  giammai potrebbe riguardare l'entita'
dell'indennita'  di buonuscita, ma soltanto (eventualmente) l'entita'
della contribuzione, e cioe' una questione irrilevante in un giudizio
avente ad oggetto il (preteso) diritto a percepire in misura maggiore
l'indennita' di buonuscita.