Ricorso  della  Regione  Toscana,  in  persona del Presidente pro
tempore,  autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 196
del  3  marzo  2003,  rappresentato e difeso, per mandato in calce al
presente  atto,  dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni e presso
lo  studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del
Viminale n. 43;
    Contro  il Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, per
la  dichiarazione  di illegittimita' costituzionale degli articoli 7,
primo  comma,  46  e  51,  settimo comma, della legge 16 gennaio 2003
n. 3,  recante  «Disposizioni  ordinamentali  in  materia di Pubblica
Amministrazione».
    Nel  supplemento  ordinario  alla Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20
gennaio 2003 e' stata pubblicata la legge n. 3/2003.
    Nel  testo  sono  state  inserite  disposizioni  che  incidono su
materie  di  competenza  regionale,  con  profili  di  illegittimita'
costituzionale,  specie  alla luce delle innovazioni introdotte dalla
legge  costituzionale  18  ottobre  2001  n. 3  che,  com'e' noto, ha
modificato  le  disposizioni  del  titolo  V,  parte  seconda,  della
Costituzione.  Da  qui  la necessita' della proposizione del presente
ricorso,  per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle
disposizioni di seguito indicate.
    1.  - Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, primo comma, per
violazione dell'art. 117 e 119 Cost.
    Il  primo  comma  dell'art. 7  della legge n. 3/2003, concernente
disposizioni  in  materia  di mobilita' del personale delle pubbliche
amministrazioni,  inserisce  l'art. 34/bis nel decreto legislativo 30
marzo 2001 n. 165.
    Il  nuovo articolo dispone che tutte le amministrazioni pubbliche
di cui all'art. 1, comma 2 del decreto legislativo 165 (comprendente,
per  quanto  qui  interessa,  anche  le regioni nonche' gli enti e le
aziende  regionali)  prima  di  procedere  all'avvio  di procedure di
assunzione  di  personale,  sono  tenute  a  darne  comunicazione «ai
soggetti di cui all'art. 34, commi 2 e 3"» presso i quali sono tenuti
gli elenchi del personale, in disponibilita', specificando l'area, il
livello  e  la sede di destinazione per i quali si intende bandire il
concorso   nonche',   se  necessario,  le  funzioni  e  le  eventuali
specifiche idoneita' richieste.
    Pertanto  le  amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non
economici   nazionali   devono  dare  la  suddetta  comunicazione  al
Dipartimento  della  funzione pubblica della Presidenza del Consiglio
dei  ministri,  mentre  le  altre amministrazioni, comprese dunque le
regioni  e  gli  enti  e  le aziende riconducibili all'organizzazione
regionale,  devono  effettuare  detta  comunicazione  alle  strutture
regionali e provinciali di cui al d.lgs. n. 469/1997.
    Entro  quindici  giorni  da  tali  comunicazioni, il Dipartimento
della  funzione  pubblica ovvero le predette strutture provvedono, se
possibile,  ad  assegnare,  alle amministrazioni che hanno comunicato
l'esigenza  di  assunzione,  il personale collocato in disponibilita'
ovvero  interessato  ai  processi di mobilita' previsti dalle leggi e
dai contratti collettivi.
    Le  strutture  regionali e provinciali, ove non abbiano personale
«assegnabile"  nelle loro liste, devono, entro quindici giorni, darne
comunicazione  al  Dipartimento  della funzione pubblica, il quale di
concerto  con il Ministero dell'economia e delle finanze, provvede ad
assegnare personale collocato nelle sue" liste di disponibilita' alle
amministrazioni  diverse  da  quelle  statali  e,  quindi, anche alle
amministrazioni regionali.
    Se  invece entro due mesi dalla comunicazione i soggetti preposti
non  provvedono ad alcuna assegnazione di personale in disponibilita'
o   interessato   da   processi   di  mobilita',  le  amministrazioni
interessate possono procedere ad avviare le procedure di concorso per
l'assunzione  di  personale.  La  norma  stabilisce che le assunzioni
eventualmente effettuate in violazione delle procedura descritta sono
«nulle di diritto».
    La   disposizione   e'   fortemente   lesiva  delle  attribuzioni
costituzionalmente garantite alle regioni.
    L'art.  117,  secondo  comma,  della  Costituzione  riserva  alla
potesta' legislativa esclusiva statale la materia dell'ordinamento ed
organizzazione amministrativa unicamente con riferimento allo Stato e
agli  enti  pubblici nazionali; conseguentemente compete alle regioni
disciplinare,  nell'esercizio della potesta' legislativa residuale ex
art. 117,  quarto  comma,  Cost.,  l'organizzazione  amministrativa e
l'ordinamento  del  personale  della  regione,  degli enti ed aziende
regionali.
    In  tale materia, dunque, la competenza legislativa delle regioni
e'  esclusiva  e deve svolgersi nel rispetto della Costituzione e dei
vincoli  derivanti  dall'ordinamento  comunitario  e  dagli  obblighi
internazionali.
    La  Corte  costituzionale  ha  riconosciuto  sussistere  un'ampia
autonomia  regionale  in  materia  di  ordinamento degli uffici e del
personale  - materia in cui evidentemente rientra anche la disciplina
delle assunzioni - gia' sotto il regime del previgente art. 117 Cost.
(sentenze    n. 278/1983;   n. 772/1988;   n. 277/1983;   n. 10/1980;
ordinanza  n. 515/2002)  e percio' tale potesta' sussiste con maggior
ampiezza oggi, nella vigenza del nuovo Titolo V.
    Le   impugnate   disposizioni   violano  totalmente  la  suddetta
autonomia  legislativa regionale, perche' limitano la possibilita' di
indire   concorsi   per   l'assunzione   di  nuovo  personale,  cosi'
interferendo  sull'organizzazione  amministrativa  regionale  e degli
enti ed aziende regionali.
    Il grave vulnus, e' poi ancora accentuato perche' la norma non si
limita a prevedere per le Regioni l'obbligo - che sarebbe gia' di per
se'  lesivo - di interpellare le strutture regionali che detengono le
liste  del  personale  in  disponibilita', ma, ove tali strutture non
abbiano  personale  assegnabile,  l'autonomia  regionale resta ancora
paralizzata  dal  successivo  passaggio, perche' si deve attendere il
responso  del  Dipartimento  della funzione pubblica che, di concerto
con il Ministero dell'economia e delle finanze, provvede ad assegnare
il  personale collocato nelle sue liste di disponibilita'. Non esiste
alcuno  dei  titoli  che  in  base  all'art.  117 secondo comma Cost.
legittimi   lo   Stato  ad  emanare  disposizioni  legislative  cosi'
pesantemente   incidenti   sull'ordinamento   e   sull'organizzazione
amministrativa   regionale.   Ne'   la   norma  trova  legittimazione
costituzionale  invocando  il  concorso  delle autonomie regionali al
rispetto  degli  obiettivi  della  finanza  pubblica: lo Stato potra'
infatti  determinare  i  principi  del  coordinamento  della  finanza
pubblica,  come  prevede  l'art. 119  Cost.,  lasciando  pero' spazio
all'autonoma   scelta   del  legislatore  regionale  in  merito  alle
modalita' di attuazione dei principi posti.
    Cio'  non  avviene  nel  caso  in  esame  in  cui si stabiliscono
puntuali  adempimenti  procedurali  e,  addirittura,  si  impone alle
regioni   di   assumere   personale   collocato   in   disponibilita'
dall'amministrazione  statale,  senza  che  si  preveda,  neppure, la
possibilita'  per  le  regioni  di valutare, in rapporto alle proprie
esigenze  organizzative,  l'effettiva  adeguatezza  professionale del
personale  imposto,  prima  di procedere all'assunzione del medesimo.
Per  gli  esposti  motivi  le disposizioni sono lesive dell'autonomia
regionale.
    2.  -  Illegittimita'  costituzionale dell'art. 46 per violazione
dell'art. 117 Cost.
    L'art. 46   dispone  che  i  farmacisti  che  gestiscono  in  via
provvisoria una sede farmaceutica rurale o urbana ed i farmacisti cui
sia stata attribuita la gestione provvisoria, anche se hanno superato
il  limite di eta' previsto dall'art. 4, secondo comma, della legge 8
novembre  1991  n. 362, hanno diritto per una sola volta a conseguire
la titolarita' della farmacia, purche' alla data di entrata in vigore
della  legge risultino assegnatari da almeno due anni e non sia stata
pubblicata  la  graduatoria  del  concorso  per  l'assegnazione della
relativa  sede  farmaceutica.  Il  secondo  comma prevede le cause di
esclusione dal suddetto beneficio.
    Il  terzo  ed il quarto comma stabiliscono poi che le domande per
conseguire  la  titolarita'  della  farmacia  devono  pervenire  alle
regioni  entro  sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della
legge  e che l'accertamento dei requisiti e delle condizioni previste
dalla  norma  e'  effettuato  entro un mese dalla presentazione della
domanda.
    Pertanto  lo  scopo  della  norma  e'  quello  di  consentire  il
conseguimento  della  titolarita'  delle  farmacie rurali o urbane ai
farmacisti  che gestiscono in via provvisoria la stessa, prescindendo
dal limite di eta'.
    L'art. 4 della legge n. 362/1991 infatti attribuisce alle regioni
il  compito  di  bandire  il  concorso per il conferimento delle sedi
farmaceutiche  vacanti  o  di  nuova  istituzione,  prevedendo che al
medesimo  sono  ammessi  i  cittadini di uno Stato membro dell'Unione
europea  maggiori  di eta', in possesso dei diritti civili e politici
e'  iscritti  all'albo  dei  farmacisti,  che  non  abbiano  compiuto
sessanta   anni  di  eta'  alla  data  di  scadenza  del  termine  di
presentazione delle domande.
    Per  il suo contenuto, la norma verte dunque in materia di tutela
del  lavoro,  rientrante  nella  potesta' legislativa concorrente, ai
sensi dell'art. 117, secondo comma Cost.
    E'   percio'   legittimo   che  lo  Stato  determini  i  principi
fondamentali  (come  quello  relativo  al  possibile  superamento del
limite  di eta' per conseguire la titolarita' della farmacia), mentre
poi  dovrebbe  essere  rimesso  all'autonomia  legislativa  regionale
attuare  il  principio  nelle  forme  e modi ritenuti piu' opportuni.
Invece  la  norma in esame disciplina nel dettaglio anche gli aspetti
procedurali,   con  cio'  ponendosi  in  contrasto  con  la  potesta'
legislativa regionale in materia.
    3.  -  Illegittimita' costituzionale dell'art. 51, settimo comma,
per violazione dell'art. 117 Cost.
    La  disposizione  in  esame  attiene  alla  tutela della salute e
sancisce il divieto di fumo nei locali chiusi.
    Si  tratta  di  un  principio  fondamentale  che  la  regione non
contesta e che, anzi, intende pienamente attuare.
    La  contestazione riguarda il settimo comma della disposizione in
esame,  il  quale  prevede  che entro centoventi giorni dalla data di
pubblicazione   della   legge,  con  accordo  sancito  in  conferenza
Stato-regioni,  su proposta del Ministro della salute di concerto con
i  Ministri  della  giustizia  e  dell'interno,  sono  ridefinite  le
procedure  per l'accertamento delle infrazioni al divieto posto dalla
norma;  la  modulistica per il rilievo delle sanzioni stesse, nonche'
l'individuazione  dei  soggetti  legittimati  ad  elevare  i processi
verbali, di quelli competenti a ricevere il rapporto sulle infrazioni
accertate  ai  sensi dell'art. 17 della legge n. 689/1981 e di quelli
deputati a irrogare le relative sanzioni.
    La   contestata   disposizione   riguarda,  com'e'  evidente,  il
procedimento  per l'applicazione delle sanzioni amministrative in una
materia  che,  come la tutela della salute, e' soggetta alla potesta'
legislativa concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.
    La  Corte  costituzionale,  gia'  sotto  il vigore del previgente
Titolo  V,  ha affermato che, la competenza sanzionatoria non attiene
ad  una  materia  a  se',  ma  accede  alle  materie sostanziali, con
funzione  rafforzatrice  dei precetti stabiliti dal legislatore e che
pertanto  la  medesima  competenza  e'  riservata  alle regioni nelle
materie   di  propria  spettanza  costituzionale  (sent.  n. 28/1996;
n. 187/1996).
    Percio'  tanto piu' oggi, nella vigenza del nuovo art. 117 Cost.,
per  gli  aspetti sanzionatori qui considerati, in materia attribuita
alla  potesta'  legislativa  concorrente,  lo  Stato deve limitarsi a
stabilire  i  principi  fondamentali,  quale, appunto, e' sicuramente
quello,  non  contestato,  posto  dal  primo  comma  relativamente al
divieto di fumo nei locali chiusi.
    Ma  la  disciplina  del  procedimento  per  l'accertamento  delle
infrazioni,  con l'individuazione dei soggetti legittimati ad elevare
i  processi verbali, a ricevere il rapporto e ad irrogare le sanzioni
non  costituisce  un  principio  ed e' pertanto rimessa alla potesta'
legislativa regionale.
    Oltre  tutto  l'individuazione dei suddetti soggetti interferisce
con  l'ordinamento e l'organizzazione amministrativa regionale che e'
materia  affidata  alla potesta' legislativa residuale delle regioni,
ai  sensi  del  quarto  comma  dell'art. 117  Cost e per tale profilo
quindi   la   norma   si  pone  ulteriormente  in  contrasto  con  le
attribuzioni regionali.
    La  ravvisata  lesione  dell'autonomia  legislativa regionale non
puo'  ritenersi  superata  dal  fatto  che  gli  aspetti suddetti del
procedimento  di  sanzionamento  sono  rimessi all'accordo sancito in
sede di Conferenza Stato-Regioni.
    Infatti  non  e'  costituzionalmente  ammissibile  attraverso gli
accordi e le intese condizionare, vincolare ed esautorare la potesta'
legislativa regionale esistente in materia di tutela della salute, in
quanto   l'ordine  costituzionale  delle  competenze  legislative  e'
indisponibile   e   non   puo'  dipendere  da  accordi  (Corte  cost.
n. 126/1996; n. 437/2001). Percio' la previsione dell'intesa non puo'
costituire un meccanismo attraverso il quale lo Stato si appropria di
potesta' legislative ad esso non riservate dalla Costituzione.