ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 81, comma 9,
della  legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per
la  stabilizzazione  e  lo  sviluppo),  promosso  con  ordinanza  del
27 febbraio  2002  dal  Tribunale  di  Pesaro nel procedimento civile
vertente  tra la Biscontini Auto S.r.l. e l'Istituto nazionale per la
previdenza  sociale (INPS), iscritta al n. 211 del registro ordinanze
2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, 1a
serie speciale, dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  costituzione  della  Biscontini Auto S.r.l. in
liquidazione e dell'INPS, nonche' l'atto di intervento del Presidente
del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 15 gennaio 2003 il giudice
relatore Franco Bile.
    Ritenuto  che, con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale
di  Pesaro,  in funzione di giudice del lavoro in grado d'appello, ha
sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 81, comma 9, della
legge  23 dicembre  1998,  n. 448  (Misure di finanza pubblica per la
stabilizzazione e lo sviluppo), nella parte in cui prevede "che sulle
somme  da  rimborsare  da  parte  degli  enti  impositori e versate a
seguito   di   condono   previdenziale,   a  seguito  dell'esito  del
contenzioso,  "non sono comunque dovuti interessi ", assumendo che la
norma  sarebbe  lesiva del principio di eguaglianza e "del diritto di
azione e di difesa giurisdizionale";
        che  la questione e' stata sollevata nel corso di un giudizio
avente ad oggetto l'appello avverso la sentenza con cui il Pretore di
Pesaro  ha  rigettato  l'opposizione  proposta  dalla Biscontini Auto
S.r.l.  avverso un decreto ingiuntivo emesso su istanza dell'I.N.P.S.
a  titolo  di  omissione  contributiva,  ritenendo  che la domanda di
condono   previdenziale   presentata  dall'opponente,  ancorche'  con
apposizione  di  clausola  di  riserva,  comportasse  acquiescenza al
decreto  ingiuntivo  e  rendesse  non  piu'  discutibile  la  pretesa
dell'opposto;
        che  il  rimettente,  sulla  premessa  della  validita' della
clausola  di  riserva di ripetizione apposta al condono, con sentenza
parziale ha accertato che il rapporto di lavoro in relazione al quale
era  stata  contestata  l'omissione contributiva in realta' non aveva
avuto  natura  di  lavoro  subordinato,  conseguendone l'infondatezza
della  pretesa  creditoria  dell'INPS,  e,  quindi,  a  seguito della
rimessione  della causa in istruttoria, ha pronunciato altra sentenza
parziale,  con  la  quale,  fra  l'altro,  ha  condannato l'INPS alla
restituzione  delle  somme  indebitamente  versate  in  relazione  al
suddetto  rapporto in esecuzione del condono contributivo, rimettendo
poi  la  causa  ancora  in  istruttoria  con riferimento alla pretesa
dell'appellante  alla corresponsione degli interessi su dette somme e
prospettando l'indicata questione di legittimita' costituzionale;
        che,  secondo  il  rimettente  -  che  richiama  a sostegno i
principi  affermati  da questa Corte nella sentenza n. 417 del 1998 -
la  questione  sarebbe  non  manifestamente  infondata  in  relazione
all'art. 3 Cost., perche' la norma denunciata avrebbe introdotto "una
disciplina  discriminatoria  sia  rispetto  alla  disciplina generale
dell'indebito  oggettivo,  di  cui  agli  artt. 2033  ss.  c.c.,  sia
rispetto  alla disciplina specificamente dettata con riferimento alla
restituzione  dei contributi indebitamente versati, non supportata da
idonee e valide ragioni giustificatrici";
        che,  in  riferimento  al  parametro  dell'art. 24  Cost., il
rimettente  sostiene  che  la  norma  censurata  sarebbe  "lesiva del
diritto  di  azione e di difesa giurisdizionale" di cui a tale norma,
"posto  che  del  tutto irragionevolmente individua quale presupposto
della non debenza degli interessi la circostanza che le somme debbano
essere  rimborsate  a  seguito  degli  esiti del contenzioso, dunque,
proprio  l'esercizio  da parte del contribuente del diritto di difesa
in giudizio";
        che  la  questione  sarebbe rilevante, in quanto senza la sua
previa  risoluzione  nessuna decisione potrebbe essere adottata sulla
domanda  di  condanna  dell'INPS  alla corresponsione degli interessi
sulle somme indebitamente versate;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  tramite  l'Avvocatura  generale  dello  Stato, che ha
depositato  memoria,  nella  quale  ha sostenuto l'infondatezza della
questione;
        che si e' costituita la parte privata Biscontini Auto S.r.l.,
depositando una memoria, nella quale ha sostenuto la fondatezza della
questione e, quindi, una successiva memoria illustrativa, nella quale
- prendendo atto del sopravvenuto intervento dell'ordinanza di questa
Corte  n. 234  del  2002  -  ha  dedotto che essa non ha esaminato la
questione  alla stregua del parametro dell'art. 24 della Costituzione
e,  del  resto, potrebbe essere oggetto di riesame anche in relazione
al parametro dell'art. 3 della Costituzione;
        che, infatti, l'argomento della citata ordinanza, secondo cui
la  deviazione della norma censurata dalle regole generali in materia
di restituzione di indebito sarebbe giustificata perche' il pagamento
eseguito  in esecuzione di condono sarebbe parziale rispetto a quello
in  contestazione, non terrebbe conto che la norma stessa, nel negare
il  diritto  agli interessi legali, non distingue tra quanto e' stato
pagato  a  titolo  di sanzione civile in misura ridotta (come effetto
del  beneficio  del  condono)  e  quanto  e' stato pagato a titolo di
contributi,  accomunando ingiustificatamente questi due importi sotto
la  stessa  disciplina  e  non  tenendo conto che qualora l'apparente
debitore  avesse scelto di non avvalersi del condono ed avesse pagato
integralmente,  seppure  con riserva di ripetizione, l'intero importo
contestatogli,  l'ente previdenziale sarebbe stato tenuto, secondo le
regole  generali  della  ripetizione di indebito, a corrispondere gli
interessi sull'intero importo versato;
        che,  inoltre,  infondate  sarebbero  le  ragioni addotte sul
carattere  agevolativo  del  condono,  in  quanto esse non terrebbero
conto  che chi ne beneficia con riserva non soddisfa alcun interesse,
quando il debito sia inesistente ab origine;
        che  la norma censurata sarebbe, inoltre, irragionevole anche
perche',   nel   dettare   la   sua  disciplina,  non  distinguerebbe
l'eventuale    resistenza   opposta   dall'ente   al   riconoscimento
dell'indebito  ed  i  tempi  in  cui  la  restituzione avviene, e non
prevedrebbe  alcun  criterio di equo contemperamento dei contrapposti
interessi;
        che  si  e'  anche costituito tardivamente l'INPS, rilevando,
anche  in  una  memoria  illustrativa,  che la sollevata questione e'
stata dichiarata manifestamente infondata dalla Corte con l'ordinanza
n. 234 del 2002.
    Considerato  che  la  questione,  sollevata  dal  rimettente  con
l'ordinanza  in epigrafe, e' stata gia' esaminata da questa Corte con
l'ordinanza   n. 234   del   2002  in  riferimento  all'art. 3  della
Costituzione e decisa nel senso della manifesta infondatezza;
        che  le  argomentazioni del rimettente non aggiungono profili
idonei  a  giustificare  un  riesame  della questione e comunque sono
assorbiti  dalla  motivazione  di tale ordinanza, mentre quelle della
parte privata costituita, laddove ritengono rilevante l'insussistenza
effettiva della posizione debitoria condonata con riserva, trascurano
di   considerare   che,  nella  stessa  ordinanza,  questa  Corte  ha
sottolineato  come il valore di tale insussistenza sia bilanciato dal
carattere  agevolativo  del  riconoscimento  della  legittimita'  del
condono  con  riserva,  a fronte di un orientamento giurisprudenziale
consolidato in senso contrario;
        che,   in  riferimento  all'art. 24  della  Costituzione,  la
questione,  pur non esaminata dalla citata ordinanza n. 234 del 2002,
e'  manifestamente infondata, in quanto, secondo la giurisprudenza di
questa Corte (fra le altre, sentenza n. 419 del 2000, ordinanze n. 44
del  1999  e n. 79 del 1997), la sua violazione, sia sotto il profilo
del  diritto  di  azione, sia sotto quello del diritto di difesa, non
puo' essere denunciata con riferimento a norme concernenti profili di
diritto sostanziale, come la disciplina degli accessori di un credito
di restituzione di pagamento indebito.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  secondo  comma,  delle  norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.