ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 17 marzo
1999, relativa alla insindacabilita' delle opinioni espresse dall'on.
Domenico  Gramazio nei confronti del dott. Pier Luigi Celli, promosso
con  ricorso  del  Tribunale  di  Roma,  tredicesima  sezione civile,
notificato  il  21 marzo 2002, depositato in cancelleria il 18 aprile
successivo ed iscritto al n. 15 del registro conflitti 2002.
    Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 15 gennaio 2003 il giudice
relatore Valerio Onida.

                          Ritenuto in fatto

    1.1. - Il  Tribunale  di  Roma,  tredicesima  sezione  civile, in
composizione  monocratica,  con  ricorso depositato nella cancelleria
della  Corte il 9 maggio 2001, ha sollevato conflitto di attribuzione
tra  poteri  dello  Stato  nei confronti della Camera dei deputati in
relazione  alla  delibera adottata dall'assemblea nella seduta del 18
(recte:  17) marzo  1999,  secondo la quale le dichiarazioni rese dal
deputato  Domenico  Gramazio  in  data 10 novembre 1998 attraverso la
diffusione  di  un  comunicato stampa in cui egli dava notizia di una
interrogazione  presentata il giorno stesso all'Ufficio di Presidenza
per  il  vaglio  di  ammissibilita' - dichiarazioni in relazione alle
quali  e'  in corso davanti allo stesso Tribunale procedimento civile
per  risarcimento  del  danno,  proposto  nei  confronti del deputato
Gramazio  da  Pier  Luigi  Celli - concernono opinioni espresse da un
membro  del  Parlamento  nell'esercizio  delle sue funzioni, ai sensi
dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
    Secondo  il  Tribunale ricorrente, la Camera dei deputati avrebbe
illegittimamente  valutato  come  insindacabili  le dichiarazioni del
deputato  Gramazio,  nelle  quali si prospettava una condotta di Pier
Luigi  Celli,  nella  qualita'  di  direttore generale della RAI, non
conforme  ai  doveri  di deontologia professionale: in primo luogo in
quanto  la  diffusione  al  di  fuori  della  sede parlamentare di un
comunicato  stampa  riproduttivo di una interrogazione la sera stessa
della  sua  presentazione  all'Ufficio di Presidenza per il vaglio di
ammissibilita'  non potrebbe essere considerata attivita' inerente al
mandato,  contravvenendo  alle  regole  disciplinanti il procedimento
interno  di  controllo attinente al contenuto dell'interrogazione; in
secondo  luogo,  perche'  sarebbe stata successivamente accertata, ai
sensi   dell'art. 139-bis   del  regolamento  della  Camera,  la  non
pertinenza  dell'interrogazione alla funzione ispettiva parlamentare,
con  la  conseguenza  che  l'opinione espressa dal deputato, anche se
qualificabile  come "politica", sarebbe al di fuori dell'esercizio di
funzioni  parlamentari,  e dovrebbe sottostare al regime giuridico di
ogni altra opinione politica espressa da un comune cittadino.
    Pertanto,  il  Tribunale  ricorrente,  nel sollevare conflitto di
attribuzione  nei  confronti  della  Camera dei deputati, chiede che,
ritenuta  l'ammissibilita'  del  conflitto,  sia  dichiarato  che non
spetta  alla  Camera  dei  deputati  affermare l'insindacabilita' dei
fatti  oggetto  del  giudizio  civile  innanzi  a se' pendente e che,
conseguentemente, sia annullata la predetta delibera parlamentare.
    1.2. - Il conflitto e' stato dichiarato ammissibile con ordinanza
di questa Corte n. 47 del 2002. Il Tribunale di Roma ha notificato in
data  21 marzo  2002  il ricorso e l'ordinanza di ammissibilita' alla
Camera  dei  deputati,  depositandoli poi, insieme con la prova della
avvenuta  notifica,  nella  cancelleria della Corte costituzionale in
data 18 aprile 2002.
    1.3. - Nel giudizio dinanzi alla Corte si e' costituita la Camera
dei  deputati, chiedendo che il ricorso venga dichiarato infondato, e
comunque  riservandosi  di  meglio  valutare  gli eventuali motivi di
inammissibilita'  del  ricorso  successivamente  alla costituzione in
giudizio e, quindi, alla verifica del deposito avversario.
    Ad   avviso  della  Camera  dei  deputati,  le  dichiarazioni  in
questione dell'on. Gramazio, diffuse attraverso un comunicato stampa,
sarebbero  insindacabili,  perche' rappresenterebbero la divulgazione
all'esterno  di  un'opinione gia' espressa nell'esercizio di funzioni
parlamentari, con l'interrogazione presentata il 10 novembre 1998.
    Sarebbe  irrilevante  il  fatto  che  l'interrogazione non avesse
ancora  superato il vaglio di ammissibilita', in quanto la diffusione
da  parte  di un deputato, anche attraverso un comunicato stampa, del
contenuto  di  una  interrogazione,  gia' formalmente presentata alla
Presidenza,  prima  del  superamento  del  vaglio di ammissibilita' e
della    pubblicazione,    potra'   considerarsi   un   comportamento
inopportuno,  ma  non  costituisce di per se' violazione di una norma
del   regolamento   della   Camera.   E   se  anche  costituisse  una
scorrettezza,  cio'  potrebbe rilevare solo all'interno della Camera,
eventualmente giustificando un intervento censorio del Presidente, ma
certamente  non  potrebbe  avere alcun rilievo sotto il profilo della
insindacabilita'  delle  opinioni contenute nell'interrogazione, come
pure  di  quelle  sostanzialmente  corrispondenti  poi  diffuse extra
moenia ed alle prime collegate dal "nesso funzionale".
    Ne',  contrariamente  a  quanto  ritenuto  dal Tribunale, sarebbe
conferente  il fatto che l'interrogazione dell'on. Gramazio sia stata
successivamente ritenuta inammissibile.
    Innanzitutto   perche'   la   dichiarazione  di  inammissibilita'
dell'interrogazione   e'   stata   successiva   alla  diffusione  del
comunicato  stampa (sicche' anteriormente si sarebbe gia' determinata
l'attivazione  della  garanzia di cui all'art. 68 della Costituzione,
avendo  medio  tempore la dichiarazione data alla stampa ricevuto una
qualificazione costituzionale ormai definitiva ed irretrattabile).
    In    secondo    luogo    perche'   l'eventuale   disconoscimento
dell'ammissibilita'  dell'interrogazione  - successivo od antecedente
che sia rispetto alle dichiarazioni rese extra moenia - costituirebbe
una circostanza irrilevante rispetto alla operativita' della garanzia
dell'insindacabilita'.  Ad avviso della difesa della Camera, infatti,
la   dichiarazione   di   non   ammissibilita'   dell'interrogazione,
precludendone  la pubblicazione, ne impedisce l'emersione nell'ambito
collegiale  e,  soprattutto,  impedisce  che  ne scaturisca l'effetto
fondamentale,  cioe'  l'obbligo  del Governo di rispondere. Ma la non
ammissibilita' di un'interrogazione ritualmente presentata non toglie
affatto   che   vi   sia  stato  l'atto  di  iniziativa  del  singolo
parlamentare  (con il contenuto di opinione che vi e' incorporato), e
che  esso  costituisca esercizio di quel potere di interrogazione che
l'art. 128  del regolamento della Camera riconosce a tutti i deputati
e  che  essi esercitano con la "presentazione" dell'interrogazione al
Presidente della Camera.
    In  ogni  caso,  se  anche  si ritenesse che l'atto di iniziativa
ispettiva   del   parlamentare,   nel   caso   esso   sia  dichiarato
inammissibile  e  quindi non venga pubblicato, non possa propriamente
considerarsi   un   "atto   parlamentare",  questo  non  toglierebbe,
tuttavia, che le opinioni del parlamentare, le quali sono incorporate
nel  testo  dell'interrogazione  ritualmente presentata al Presidente
della  Camera,  sono  e  restano "opinioni espresse" dal parlamentare
nell'esercizio   delle   sue  funzioni,  ai  sensi  del  primo  comma
dell'art. 68 della Costituzione.
    Sotto un ulteriore e subordinato profilo, le espressioni dell'on.
Gramazio, oggetto del giudizio pendente innanzi al Tribunale di Roma,
sarebbero  espressione  di  attivita'  parlamentare  anche perche' il
problema  cui  esse si riferivano era gia' stato sottoposto all'esame
della Camera nel corso della XIII legislatura, costituendo oggetto di
numerosi atti formalmente parlamentari.
    Invero,  il  contenuto, il tema specifico di quelle dichiarazioni
era  costituito  da  una  critica  generale  (ancorche' arricchita di
esemplificazioni) nei confronti della gestione RAI, nel suo complesso
caratterizzata,  secondo  l'on.  Gramazio,  da  pratiche  diffuse  di
favoritismo  e difetto di trasparenza. La difesa della Camera segnala
al  riguardo, fra le tante: l'interrogazione n. 4/02198 del 18 luglio
1996;    l'interrogazione    n. 4/03709    del    1   ottobre   1996;
l'interrogazione  n. 4/24236  del  27 maggio  1999;  l'interrogazione
n. 4/33120 del 14 dicembre 2000.
    Tra  l'oggetto  delle  dichiarazioni "incriminate" e quello delle
suddette  interrogazioni  vi sarebbe non soltanto identita' tematica,
ma  propriamente  corrispondenza  sostanziale di contenuto. Ne' detta
corrispondenza  potrebbe, ad avviso della Camera, revocarsi in dubbio
per  il  fatto  che nelle richiamate interrogazioni non sono espressi
riferimenti  alla condotta del dott. Celli; e cio' sia perche' quelle
interrogazioni   investirebbero   in   generale  un  modo  di  essere
complessivo  della  gestione  della  RAI;  sia  perche'  questa Corte
avrebbe  mostrato di ritenere non necessario lo specifico riferimento
soggettivo negli atti parlamentari formali.
    Infine,  la difesa della Camera osserva che il collegamento delle
dichiarazioni  esterne  con  l'attivita'  di parlamentare sarebbe nel
caso  in  questione  in  re  ipsa, atteso che - come gia' evidenziato
nella  relazione  della Giunta per le autorizzazioni a procedere - il
controllo  sulla RAI e sulla sua corretta gestione costituirebbe "uno
dei  piu'  importanti compiti propri del Parlamento e, all'interno di
esso,  di  ciascun  parlamentare", tant'e' vero che nell'ambito delle
due  Camere  e'  stato  istituito  un  apposito  organo  di vigilanza
bicamerale  che  ha  per  oggetto  la  gestione del servizio pubblico
radio-televisivo.

                       Considerato in diritto

    Il  ricorso per conflitto di attribuzione sollevato dal Tribunale
di  Roma,  tredicesima sezione civile, nei confronti della Camera dei
deputati, e' improcedibile.
    Secondo  la  costante giurisprudenza di questa Corte, il deposito
del   ricorso   nel   termine,  perentorio,  di  venti  giorni  dalla
notificazione  di tale atto e dell'ordinanza che ammette il conflitto
(art. 26,  terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla  Corte  costituzionale)  costituisce  un  adempimento necessario
affinche' si possa aprire la seconda fase del conflitto relativa alla
decisione  sul  merito  (tra  le  altre, da ultimo, sentenze n. 253 e
n. 293 del 2001, n. 172 del 2002).
    Nella  specie,  il  ricorso e' stato depositato nella cancelleria
della  Corte,  con  la  prova  della  notificazione  eseguita a norma
dell'art. 37,  quarto  comma,  della  legge  11 marzo 1953, n. 87, il
18 aprile 2002, oltre il termine di venti giorni dalla notificazione,
avvenuta il 21 marzo 2002.
    Pertanto non puo' procedersi allo svolgimento dell'ulteriore fase
del giudizio.