Ricorso per conflitto di attribuzioni della Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del vice-presidente della giunta regionale pro tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 382 del 27 febbraio 2003 (doc. 1), rappresentata e difesa - come da mandato a margine del presente atto - dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova, con domicilio eletto in Roma presso l'ufficio di rappresentanza della Regione, in Piazza Colonna, 355; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione che non spetta allo Stato, di emanare un bando per la nomina diretta da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di consiglieri di parita' con riferimento alla Regione Friuli-Venezia Giulia e alle province comprese nella regione, e per il conseguente annullamento del decreto dello stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali 30 dicembre 2002, recante bando per la nomina diretta, ai sensi dell'art. 2, comma 4, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 196, delle/dei consigliere/i di parita' nelle regioni e nelle province ancora sprovviste (doc. 2), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - 4ª serie speciale - n. 5 del 17 gennaio 2003, nella parte in cui si riferisce alla Regione Friuli-Venezia Giulia ed alle sue province per violazione: degli artt. 4, n. 1 e n. 1-bis, e 8 dello statuto F.-V.G.; dell'art. 10, comma 4, d.lgs. n. 196/2000 e dell'art. 2 l.r. n. 2/2001; del principio di leale collaborazione, per i profili e nei modi di seguito illustrati. F a t t o L'art. 1 del d.lgs. 23 maggio 2000, n. 196, prevede che «a livello nazionale, regionale e provinciale sono nominati una consigliera o un consigliere di parita», che «per ogni consigliera o consigliere si provvede altresi' alla nomina di un supplente» e che «le consigliere ed i consiglieri di parita', effettivi e supplenti, svolgono funzioni di promozione e controllo dell'attuazione dei principi di uguaglianza di opportunita' e non discriminazione per donne e uomini nel lavoro». L'art. 2, comma 1, poi, stabilisce che «le consigliere ed i consiglieri di parita' regionali e provinciali, effettivi e supplenti, sono nominati, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro per le pari opportunita', su designazione degli organi a tal fine individuati dalle regioni e dalle province», mentre il comma 4 aggiunge che, «in caso di mancata designazione dei consiglieri di parita' regionali e provinciali entro i sessanta giorni successivi alla scadenza del mandato, o di designazione effettuata in assenza dei requisiti richiesti dal comma 2, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro per le pari opportunita', provvede direttamente alla nomina». Peraltro, una regola distinta e' dettata per le regioni a statuto speciale. Infatti, l'art. 10, comma 4, dispone che «le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione ai principi desumibili dal presente decreto con le modalita' previste dai rispettivi statuti», precisandosi poi che soltanto «fino all'emanazione delle leggi regionali» le disposizioni del decreto n. 196 del 2000 avrebbero trovato «piena e immediata applicazione nelle regioni a statuto speciale». In questo modo il d.lgs. n. 196 teneva conto della potesta' primaria delle regioni speciali in materia di organizzazione regionale e di ordinamento degli enti locali. Sulla base di tale nonnativa statale la Regione Friuli-Venezia Giulia ha dettato una propria disciplina del consigliere di parita', espressamente stabilendo che, «in attuazione del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 196, e' nominato a livello regionale un consigliere di parita», e che «il consigliere di parita' e' nominato con decreto del presidente della giunta regionale, previa deliberazione della giunta medesima, su proposta dell'assessore competente» (art. 2 l.r. 2 febbraio 2001, n. 2). Sia consentito osservare, anche se qui su un piano di mero fatto, che tale legge era soggetta a controllo preventivo del Governo, e che essa non e' stata impugnata. In attuazione delle disposizioni della propria legge la regione ha nominato la consigliera regionale di parita' con dPGr 24 maggio 2001, n. 201 (doc. 3). Risulta dunque evidente che la Regione Friuli-Venezia Giulia si e' dotata di una propria disciplina del consigliere di parita' e del relativo procedimento di nomina, e che in relazione all'emanazione della legge regionale indicata e' cessata l'applicazione della legge statale, secondo quanto questa stessa dispone. E' dunque con sorpresa che la ricorrente regione ha constatato che il Ministro del lavoro (di concerto con il Ministro per le pari opportunita), nell'emanare con proprio decreto il bando per la nomina diretta ministeriale dei consiglieri di parita' per le situazioni di mancata designazione dei consiglieri da parte delle «regioni o province, ha incluso in tale bando anche la Regione Friuli-Venezia Giulia (e le province comprese nella regione): mentre essa non avrebbe dovuto esservi inclusa, disponendo della propria legge in materia ed avendo altresi' proceduto alla nomina, in base a tale legge, del consigliere di parita'. Supponendo un mero equivoco del Ministero, la regione ha subito provveduto, anche a titolo di leale collaborazione, a segnalarlo (nota 24 gennaio 2003, n. 429/DLP/Ass., doc. 4), illustrando la situazione di diritto e di fatto e chiedendo la modifica del decreto. Tuttavia, nel tempo sin qui trascorso di oltre cinquanta giorni il Ministero non ha dato riscontro alcuno a tale richiesta, costringendo la regione, nell'approssimarsi ormai della scadenza dei termini, ad adire codesta Corte costituzionale per difendere la competenza regionale, che risulta illegittimamente lesa per le seguenti ragioni di D i r i t t o La l.r. n. 2/2001, nell'esercizio della competenza regionale primaria in materia di organizzazione regionale e di ordinamento degli enti locali ed in attuazione a quanto previsto dallo stesso d.lgs. n. 196/2000 (art. 10, comma 4), ha dettato la disciplina regionale del consigliere di parita', prevedendo il consigliere regionale ed escludendo invece il consigliere provinciale di parita'. Non vi puo' essere dubbio, dunque, che in relazione alla Regione Friuli-Venezia Giulia si applica tale legge, che detta nella materia la disciplina propria e speciale della regione: del resto, come esposto in narrativa, lo stesso d.lgs. n. 196/2000 prevedeva la propria applicazione nelle regioni speciali solo fino all'entrata in vigore delle leggi regionali. Ne deriva che del tutto illegittimamente il Ministro ha emanato il decreto qui impugnato come se la l.r. n. 2/01 e il conseguente dPGr n. 201/01 non esistessero, applicando invece l'art. 2, comma 4, d.lgs. n. 196/2000. Non risulta - nulla essendo stato detto dal Ministero - se l'emanazione del bando per la Regione Friuli-Venezia Giulia e per le sue province sia dovuta a mera trascuratezza o a qualche piu' sottile ragione. Tuttavia, nessuna ragione puo' contrastare la palese illegittimita' ed invasivita' del bando. Si noti che persino se il Ministero ritenesse illegittima la disciplina regionale (il che, come detto, non risulta affatto), neppure in questo caso il bando sostitutivo risulterebbe legittimo. E' evidente infatti che, decorsi i termini di impugnativa sia della legge regionale che dell'atto di nomina del consigliere regionale di parita', sarebbe in ogni modo del tutto precluso allo Stato di procedere direttamente ad una nomina che va ad interferire con quella effettuata dalla regione e a nomine - quelle dei consiglieri provinciali di parita' - non previste dalla legge regionale. Il d.m. 30 dicembre 2002 viola, dunque, l'art. 10, comma 4, d.lgs. n. 196/2000, l'art. 2 l.r. n. 2/2001 e gli artt. 4, n. 1 e n. 1-bis, e 8 dello statuto friulano, ledendo le competenze legislative ed amministrative nella materia dell'organizzazione regionale e dell'ordinamento degli enti locali. Infatti, il d.m. qui impugnato costituisce una sostanziale disapplicazione della legge regionale e una lesione del potere di nomina del consigliere di parita', rientrante nella competenza amministrativa regionale. Inoltre, l'emanazione stessa del bando sostitutivo in relazione alla Regione Friuli-Venezia Giulia viola anche il dovere costituzionale di leale collaborazione tra Stato e regioni. Il Ministero del lavoro non ha fatto osservazione alcuna sulla legge regionale, ne' sulla nomina da parte della regione del consigliere regionale di parita'; anche in seguito, non ha avvertito che a proprio giudizio la situazione regionale non costituisse corretto adeguamento ai principi della legislazione statale; non ha avvertito della propria intenzione di emanare un bando sostitutivo; infine, non ha risposto alla nota con la quale la regione contestava l'invasione della propria competenza e chiedeva il ritiro dell'atto. Sarebbe davvero difficile immaginare un comportamento meno collaborativo.