ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 269, secondo
comma,  del  codice  di  procedura civile, promossi con ordinanze del
14 maggio  2002  dal  Tribunale  di  Sassari  nel procedimento civile
vertente  tra  la  Curatela  fall.to  Dis.  Com  Al s.r.l. e Deligios
Vincenzo  ed altri e del 16 maggio 2002 dal Tribunale di Grosseto nel
procedimento civile vertente tra Fiorenzoni Silvio e Spinelli Roberto
ed  altri,  iscritte  ai  nn. 353 e 405 del registro ordinanze 2002 e
pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 34 e 37, 1a
serie speciale, dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 9 gennaio 2003 il giudice
relatore Fernanda Contri.
    Ritenuto  che  il  Tribunale  di Sassari, con ordinanza emessa il
14 maggio  2002, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 269,
secondo comma, del codice di procedura civile, nella parte in cui non
prevede  la fissazione di un termine perentorio per la notifica della
citazione al terzo chiamato in causa dal convenuto;
        che  il rimettente espone in fatto che i convenuti, dopo aver
ottenuto  lo  spostamento  della  prima udienza per chiamare terzi in
causa,  hanno omesso di notificare l'atto di chiamata a una delle tre
parti  cui  volevano  estendere  il  contraddittorio ed hanno percio'
chiesto la concessione di un nuovo termine per notificare al terzo la
citazione;
        che  il giudice a quo dopo aver sottolineato come l'art. 269,
secondo  comma,  cod. proc. civ. non contenga alcuna previsione circa
le  conseguenze  derivanti  dalla  predetta  omissione,  dichiara  di
aderire  alla  tesi  che  consente al convenuto la reiterazione della
propria  istanza,  in  quanto,  in assenza di una espressa previsione
legislativa,  ex  art. 152 cod. proc. civ., sarebbe possibile solo la
fissazione   di   termini   di   natura   ordinatoria,  ulteriormente
prorogabili ai sensi dell'art. 154, non gia' di natura perentoria;
        che tale conclusione, ad avviso del rimettente, darebbe luogo
tuttavia  a  dubbi  di legittimita' costituzionale, per contrasto con
gli   artt. 3  e  24  della  Costituzione,  poiche'  vi  sarebbe  una
ingiustificata  disparita'  di  trattamento tra attore e convenuto in
relazione alla chiamata in causa, essendo soltanto il primo tenuto al
rispetto  di  un  termine  perentorio  fissato dal giudice, mentre il
secondo   potrebbe   reiterare   indefinitamente   la   richiesta  di
differimento dell'udienza, qualora il giudice non abbia fissato alcun
termine;
        che   analoga   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 269,  secondo  comma,  del  codice  di procedura civile, e'
stata  sollevata,  in  riferimento  agli  artt. 3,  24  e  111  della
Costituzione,  dal  Tribunale  di  Grosseto,  con  ordinanza  in data
16 maggio 2002;
        che  anche  nel giudizio pendente innanzi al detto Tribunale,
come  riferisce  il  giudice  a  quo,  i  convenuti  hanno  omesso di
notificare   l'atto   di  chiamata  in  causa  del  terzo,  chiedendo
all'udienza  di prima comparizione la concessione di un nuovo termine
per la citazione del terzo;
        che  il  giudice  rimettente, dopo aver sottolineato come non
sia possibile sanzionare l'inerzia dei convenuti con la decadenza, in
assenza  di  una  esplicita  previsione  normativa,  e come non possa
nemmeno ritenersi applicabile l'istituto della rimessione in termini,
per  difetto  del presupposto della non imputabilita' della causa che
ha determinato la decadenza, afferma che la questione non puo' essere
risolta  in base ad una interpretazione adeguatrice, ostandovi sia il
sistema  processuale,  che  richiede una espressa previsione di legge
per  conferire  natura perentoria ad un termine, sia la ricostruzione
della  ratio  legis  attraverso  i  lavori  preparatori, dai quali si
rileva  come  la  posizione  delle  parti  riguardo al termine per la
chiamata  in  causa  fosse  inizialmente  coincidente e sia stata poi
differenziata  (senza  alcuna  motivazione  espressa) nel corso della
discussione alla Camera;
        che,  ad  avviso  del  giudice  rimettente,  la  disposizione
denunciata  si  porrebbe  anzitutto  in contrasto con il principio di
eguaglianza, configurando una disparita' di trattamento di situazioni
sostanzialmente identiche;
        che sussisterebbe inoltre un contrasto con gli artt. 24 e 111
della   Costituzione,  in  quanto  la  reiterabilita'  da  parte  del
convenuto  dell'istanza  di  concessione  di un ulteriore termine per
chiamare terzi in causa, in assenza di valutazioni di merito da parte
del  giudice,  potrebbe  esporre l'attore al pregiudizio derivante da
iniziative  dilatorie,  in  violazione  sia  del  diritto  di  difesa
dell'attore,  sia  del principio di parita' delle parti, sia, infine,
del principio di ragionevole durata del processo;
        che  nel  giudizio  promosso  dal  Tribunale  di  Grosseto e'
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che  la
questione sia dichiarata infondata;
        che,  ad  avviso della difesa erariale, la questione potrebbe
essere  superata  in  via  interpretativa  sulla  base  del  disposto
testuale  e comunque sulla base del generale obbligo di comportamento
secondo lealta' e probita' processuale, ex art. 88 cod. proc. civ;
        che, inoltre, la formulazione della norma impugnata, la quale
comunque  obbliga  al rispetto del termine previsto dall'art. 163-bis
non  sembrerebbe  consentire  la  possibilita'  di avanzare una nuova
richiesta  di  chiamata  del terzo al di fuori della comparsa, ne' la
possibilita' di ulteriori spostamenti della prima udienza.
    Considerato  che  i Tribunali di Sassari e di Grosseto censurano,
per  ragioni sostanzialmente analoghe, l'art. 269, secondo comma, del
codice  di  procedura  civile,  nella  parte  in  cui  non prevede la
fissazione  di  un termine perentorio per la notifica della citazione
al terzo chiamato in causa dal convenuto;
        che  entrambi  i rimettenti sostengono che la citata norma si
porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, per la
ingiustificata  disparita' di trattamento tra l'attore e il convenuto
in relazione alla chiamata in causa, essendo soltanto il primo tenuto
al rispetto di un termine perentorio fissato dal giudice;
        che  la  norma  contrasterebbe  anche  con gli artt. 24 e 111
della   Costituzione,  in  quanto  la  reiterabilita'  da  parte  del
convenuto  dell'istanza  di  concessione  di  ulteriori  termini  per
chiamare terzi in causa, in assenza di valutazioni di merito da parte
del   giudice,   esporrebbe  l'attore  al  pregiudizio  derivante  da
iniziative  dilatorie,  in  violazione  sia  del  diritto  di  difesa
dell'attore,  sia  del principio di parita' delle parti, sia, infine,
del principio di ragionevole durata del processo;
        che   le  questioni  sono  manifestamente  inammissibili  per
difetto di rilevanza, per i seguenti motivi:
            in  entrambi  i  giudizi  a  quibus  come  risulta  dalle
rispettive  ordinanze  di  rimessione,  la  parte  convenuta,  avendo
chiesto  lo  spostamento  della  prima  udienza  per  provvedere alla
chiamata  del terzo ma avendo omesso di notificargli la citazione, ha
formulato  alla  prima udienza di comparizione istanza di concessione
di un nuovo termine per procedere al detto adempimento;
            in  entrambi  i  casi  la  richiesta di concessione di un
nuovo termine o, piu' esattamente, di fissazione di una nuova udienza
per  la  citazione del terzo e' stata formulata tardivamente, essendo
in  quel  momento  gia'  decorso il termine che avrebbe consentito la
citazione nel rispetto di quello dilatorio ai sensi dell'art. 163-bis
cod. proc. civ., fissato dall'art. 269 cod. proc. civ;
            il    rispetto   del   termine   a   comparire   di   cui
all'art. 163-bis  cit.  comporta  quindi la necessita' di eseguire la
notifica  entro  il  sessantunesimo  giorno  anteriore all'udienza di
comparizione  spostata  dal  giudice su istanza del convenuto, con la
conseguenza  che  solo  prima  di  tale  momento  potrebbe  utilmente
formularsi  richiesta  di  proroga, ai sensi dell'art. 154 cod. proc.
civ;
            secondo   l'orientamento   dominante   della   Corte   di
cassazione,  la  proroga  di  un termine ordinatorio puo' consentirsi
solo se richiesta al giudice prima della sua scadenza;
            tutto  cio'  premesso,  poiche'  nei  giudizi a quibus il
termine  per  proporre  l'istanza  di  proroga  era gia' scaduto ed i
convenuti  erano  pertanto decaduti dal relativo potere, la questione
di costituzionalita' concernente la natura, ordinatoria o perentoria,
del  termine  di  cui all'art. 269, secondo comma, cod. proc. civ. e'
del tutto priva di rilevanza e pertanto manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.