IL GIUDICE DI PACE Rilevato che con ricorso depositato in data 4 aprile 2002 l'avv. Maria Cleme Bartesaghi ha esposto: di aver adottato insieme al proprio coniuge, a seguito di domanda di adozione internazionale presentata in data 2 dicembre 1996, una bimba nata il 23 novembre 1992, in Moldavia, con ingresso nella famiglia in data 5 agosto 2000; di aver inutilmente presentato domanda alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense (alla quale e' iscritta dal 1989) per ottenere l'indennita' di maternita' prevista dalla legge n. 379/1990; che infatti l'istanza venne respinta in applicazione dell'art. 72 del d.lgs. n. 151 del 26 marzo 2001, che impone come condizione per la spettanza di detta indennita' il non superamento al momento dell'ingresso presso la famiglia dell'eta' di sei anni del bambino adottato; che la ricorrente ha chiesto nel presente giudizio che la Cassa Nazionale Forense venisse condannata a corrisponderle il trattamento in questione nella misura quantificata come da conteggio prodotto, sulla base di una interpretazione evolutiva della normativa di cui sopra, volta al superamento a all'innalzamento del dato anagrafico, in analogia con quanto previsto dallo stesso T.U. n. 151/2001 per i lavoratori dipendenti, ovvero in subordine la rimessione della questione di legittimita' del suddetto art. 72 d.lgs. cit.; che la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense, costituendosi in giudizio, ha contestato la fondatezza della domanda, non opponendosi tuttavia ad una eventuale rimessione della questione alla Corte costituzionale; O s s e r v a Che l'art. 72 del d.lgs. n. 151 del 2001 (T.U. delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita) appare chiaro ed univoco nel disporre che, ai fini delta spettanza dell'indennita' di maternita' da parte della libera professionista, il bambino adottato non possa superare i sei anni di eta' al momento dell'ingresso nella famiglia adottiva, per cui la norma in esame non puo' che essere interpretata letteralmente; che, in via subordinata la ricorrente dubita della legittimita' costituzionale del disposto di cui sopra, laddove si ritenesse di interpretarlo letteralmente, nella parte in cui, per l'appunto, esclude la spettanza del beneficio in. questione qualora l'adottato entra in famiglia ad un'eta' superiore ai sei anni; che la prospettata questione di costituzionalita' e' indubbiamente rilevante, emergendo dalla documentazione acquisita in giudizia che al momento dell'ingresso, avvenuto il 5 agosto 2000, la bimba adottata, nata il 23 novembre 1992, aveva gia' compiuto sette anni; che pertanto, ove la normativa impugnata venisse dichiarata costituzionalmente illegittima, la ricorrente avrebbe diritto alla prestazione richiesta, sussistendo tutti gli altri presupposti previsti dalla legge per il conseguimento dell'indennita' di maternita'; che la questione appare anche, ad avviso di questo giudicante, non manifestamente infondata con riferimento agli artt. 3, 31 e 37 della Cost.; che, con riferimento agli artt. 31 e 37 Cost., e' ai principi in dette norme enunciati che si sono ispirati gli interventi legislativi e della stessa Corte costituzionale (Corte cost. n. 1/1987, n. 179/1993, 270/1999) via via succedutisi, volti a ampliare in modo notevole la tutela della maternita' e della paternita', sia sotto il profilo dei soggetti beneficiari delle provvidenze, sia sotto il profilo dell'entita' anche economica delle provvidenze medesime; che infatti nel t.u. citato sono stati introdotti innovativi istituti, ovvero ampliati gli istituti gia' previsti dalla precedente normativa, per un sempre piu' effettivo sostegno, non solo economico, della famiglia ed in particolare della donna nel suo duplice ruolo di lavoratrice e madre, spesso difficilmente compatibile, in un'ottica proiettata verso il conseguimento degli interessi del minore, per uno sviluppo armonico e sereno della sua personalita'; che tali innovazioni ed ampliamenti hanno peraltro riguardato i soli lavoratori dipendenti, in quanto per i liberi professionisti il predetto t.u. si e limitato a ritrascrivere le norme gia' contenute nella legge n. 379 del 1990 che prevedeva il diritto delle donne libere professioniste ad un'indennita' di maternita' parametrata al reddito denunciato ai fini fiscali dalla lavoratrice; che in particolare, in caso di adozione, sia italiana che internazionale, e' stata conservata, come gia' si e' evidenziato, la condizione del mancato superamento dei sei anni di eta' dell'adottato al momento dell'ingresso in famiglia, per la spettanza del predetto beneficio assistenziale; che tale limitazione non tiene conto del fatto che proprio a partire da tale eta' la legge italiana prevede l'inserimento obbligatorio del minore nella scuola elementare, con un considerevole impegno relazionale ed intellettuale che puo' diventare problematico per un bambino adottato - specie se straniero, come nel caso in esame - il quale si trova a dover affrontare l'impatto con nuove realta' culturali, affettive ed ambientali (necessariamente anche linguistiche nel caso di adozione internazionale); che tale situazione comporta necessariamente un notevole lavoro iniziale da parte dell'adottante, per superare tutte le difficolta' di ambientamento ed adattamento del bambino, guidandolo nel suo percorso di crescita e sviluppo psico-fisico; che pertanto anche la libera professionista che adotta un bambino che abbia superato i sei anni di eta', soprattutto se straniero (ipotesi in quest'ultimo caso assai probabile, in considerazione dei lunghi tempi previsti per le adozioni internazionali) deve affrontare una serie di problematiche che impongono una presenza in famiglia non meno necessaria di quella richiesta in caso di adozione di un neonato o di un bambino in eta' prescolare, il cui adattamento ad un'ambiente diverso avviene in modo meno consapevole e quindi spesso piu' agevolmente; che tali considerazioni sono state recepite nel medesimo t.u. per le adozioni delle lavoratrici dipendenti, laddove all'art. 36 il congedo parentale e' previsto sino al compimento dei dodici anni di eta' del bambino e addirittura all'art. 27, in caso di adozioni internazionali quale quella in esame, viene sancita la spettanza del congedo di maternita' «anche se il minore adottato o affidato abbia superato i sei anni e sino al compimento della maggiore eta»; che, alla luce delle suesposte argomentazioni, il mancato ampliamento di tali limiti anagrafici anche al caso di adozione da parte delle libere professioniste da' luogo ad una irragionevole disparita' di trattamento tra le due categorie di lavoratrici, in palese violazione dell'art. 3 Cost.; che, alla luce delle suesposte argomentazioni, appare non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale della disposizione sopra richiamata, nella parte in cui non prevede il diritto della libera professionista, che abbia adottato un bambino, a percepire l'indennita' di maternita', anche se il minore abbia superato i sei anni e fino al compimento di dodici anni, se di nazionalita' italiana, o della maggiore eta', se straniero.