IL TRIBUNALE

    Sulla  richiesta  del p.m. di convalida dell'arresto di Yemen Sar
nato il 27 febbraio 1963 in Marocco per la contravvenzione prevista e
punita  dall'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998 come modificato
dalla legge n. 189/2002;
    Premesso   che   l'arrestato   e'   stato  espulso  con  regolare
provvedimento  del prefetto di Bologna in data 9 ottobre 2002, che in
pari  data il questore di Bologna gli ha ordinato di allontanarsi dal
territorio  dello  Stato  entro 5 giorni ai sensi dell'art. 14, comma
5-bis,  d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002, e
che  egli  non ha ottemperato all'ordine, venendo arrestato a Bologna
il  21 gennaio  2003 ai sensi dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs.
cit.;
    Dato   atto   che   l'arrestato   e'   privo   di   documenti  di
identificazione   validi   ed   e'   stato   sottoposto   a   rilievi
dattiloscopici  per  la  sua  identificazione, in base ai quali si e'
accertato  che  lo  stesso - con le generalita' con le quali e' stato
arrestato o eventualmente con diverse generalita' - non ha precedenti
penali  definitivi  a carico, non risultano pendenze giudiziarie, ne'
alcuna   altra   segnalazione  di  polizia  (cfr.  elenco  precedenti
dattiloscopici);
        che  in  altri  termini  nel  periodo  di  accertata  recente
presenza  in Italia l'interessato non risulta avere commesso reati di
alcun genere;
    Osservato  che  nella  situazione  soggettiva suddetta, incidente
sulla  rilevanza  della  questione,  sono  da  ribadire  i  dubbi  di
legittimita'  costituzionale  dell'arresto obbligatorio come previsto
dall'art. 14,  comma 5-quinquies d.lgs. n. 286/1998 - come modificato
dalla  legge n. 189/2002 - e che la questione di legittimita' di tale
norma appare non manifestamente infondata, con essenziale riferimento
ai parametri costituzionali di cui agli artt. 13 e 3 Costituzione, in
accoglimento di eccezione difensiva, richiamata da parte dell'Ufficio
la  propria  ordinanza  emessa  l'11 gennaio  2003  proc. n. 90/2003,
Ourfelli  e  da  questo  Tribunale  in  altra  composizione  in  data
30 novembre 2002 per motivi analoghi, proc. n. 2351/02 r.g., Selti;
    Quanto al parametro dell'art. 13, terzo comma della Costituzione,
che  consente  provvedimenti  limitativi  della liberta' personale da
parte  della  p.s. solo «in casi eccezionali di necessita' ed urgenza
indicati  tassativamente  dalla  legge»,  la  previsione dell'arresto
obbligatorio   contenuta   nell'art. 14,   comma 5-quinquies   appare
contrastarvi per le seguenti ragioni:
        la   tutela   costituzionale   della  liberta'  personale  e'
assoluta:  essa viene definita come inviolabile al primo comma, ne e'
consentita  la  limitazione  solo  con  provvedimento  dell'autorita'
giudiziaria  e  nei  casi  previsti  dalla legge al secondo comma; al
terzo  comma  ne e' consentita una eccezionale limitazione temporanea
ad   opera   della   p.s.   solo   se   successivamente   convalidata
dall'autorita'  giudiziaria  e  nei casi eccezionali di necessita' ed
urgenza»  previsti  dalla  legge.  Al  terzo comma - diversamente dal
secondo - e' prevista quindi una riserva di legge qualificata poiche'
al legislatore ordinario non spetta di determinare liberamente i casi
in  cui  la  liberta' personale puo' venire provvisoriamente limitata
dalla  p.s., ma puo' farlo solo nei casi eccezionali di necessita' ed
urgenza;
        la  giurisprudenza  costituzionale  ha chiarito le nozioni di
eccezionalita',  necessita'  ed  urgenza  che  giustificano l'arresto
obbligatorio.  Proprio  perche'  l'art. 14, comma 5-quinquies prevede
l'obbligatorieta' dell'arresto ogni volta che si accerti la fragranza
della  contravvenzione  dell'art. 14,  comma 5-ter,  le condizioni di
eccezionale  necessita'  ed urgenza della misura precautelare debbono
essere  valutate in astratto in relazione al reato a cui e' collegata
la  previsione  dell'arresto  obbligatorio e non ne e' consentita una
modulazione in relazione al caso concreto;
        la  condotta  contravvenzionale  a cui e' collegato l'arresto
obbligatorio  e'  quella  dello straniero gia' espulso dal territorio
nazionale  in  quanto  clandestino  ed  inottemperante  al successivo
ordine di allontanamento del questore: si tratta cioe' di un reato di
mera  condotta,  di doppia disobbedienza ad un ordine dell'autorita',
dato  prima nella forma del decreto di espulsione e dopo con l'ordine
di  allontanamento.  La struttura del reato non prevede quindi ne' la
lesione  o  la  messa  in  pericolo  di  un  bene  costituzionalmente
protetto,  ne'  una  condizione soggettiva di pericolosita' specifica
dell'autore,  che  non e' gia' imputato o condannato per altri reati,
non  e'  socialmente pericoloso (vedi Corte costituzionale n. 64/1977
in  cui  la  legittimita'  dell'arresto era collegata al preesistente
accertamento  giudiziale  delle condizioni di pericolosita' sociale),
ne'  versa  in  una  condizione di pericolosita' specifica per le sue
condizioni personali (vedi Corte costituzionale n. 126/1972 in cui la
legittimita'  dell'arresto era collegata all'ubriachezza in atto): va
infatti considerato che la clandestinita' sul territorio dello Stato,
cioe'  la  permanenza dello straniero in Italia senza i documenti che
la  legittimano formalmente, e' condizione che legittima l'espulsione
ma  che  non  integra alcun reato e che, proprio perche' e' collegata
alla  formale assenza di documenti, non puo' essere indice di per se'
di una specifica pericolosita' del soggetto si pensi all'innumerevole
numero   di   «badanti»   che   per   periodi   lunghissimi  lavorano
irregolarmente    nelle    famiglie   italiane   in   condizioni   di
clandestinita',   per   i   quali   e'  evidente  l'assenza  di  ogni
pericolosita' sociale). Per quanto descritto nella fattispecie tipica
del  reato,  ne'  la  condotta  punita  ne' le condizioni dell'agente
appaiono  quindi assumere quei connotati di eccezionale necessita' ed
urgenza   che   giustificano  il  potere  limitativo  della  liberta'
personale  da  parte della p.s. ai sensi del terzo comma dell'art. 13
Cost.
    L'arresto  e'  in  questo caso obbligatoriamente previsto per una
contravvenzione punita con l'arresto da 6 mesi ad un anno. Il sistema
processuale  vigente  non consente l'applicazione di misure cautelari
personali  per contravvenzioni (artt. 280 e 287 c.p.p.), il che rende
evidente  come  in  questo  caso  l'arresto  non  sia  in  alcun modo
collegato  alla successiva applicazione di una misura cautelare. Esso
si  affianca ad altri eccezionali casi in cui e' consentito l'arresto
a  prescindere  dalla successiva applicazione di misura cautelare, ma
si   discosta   da   tali   ipotesi   per  aspetti  molto  rilevanti.
Significativo  e' il raffronto con le ipotesi di arresto in flagranza
previsto per il delitto p.p. dall'art. 189 cds. (la cui pena edittale
e'  inferiore  ai  limiti  che  consentono  l'applicazione  di misure
cautelari)  e  per  le  contravvenzioni p.p. dai commi 1 e 2, art. 4,
legge  n. 110/1975 o dai commi 4 e 5 dello stesso articolo, in questo
caso  se  aggravate dalla finalita' di discriminazione o odio etnico,
razziale  ecc.  Nella  prima  ipotesi  l'arresto  e'  consentito  per
consentire  «la possibilita' di un intervento immediato di chi si sia
dato  alla fuga, abbia abbandonato le vittime di incidenti stradali a
lui riconducibili ed abbia messo in pericolo la sicurezza individuale
e  collettiva»  (C.  costituzionale  n. 305/1996).  Nel  secondo caso
l'arresto  consente  che  le  forze  di  p.s.  limitino  la  liberta'
personale di soggetti in possesso di armi o oggetti atti ad offendere
nel  corso  di riunioni pubbliche (commi 4 e 5) o con armi od oggetti
atti  ad offendere fuori dalla propria abitazione il cui possesso sia
destinato  specificamente  a  finalita'  di  discriminazione  o  odio
razziale   (commi   1   e  2,  aggravati  dall'art. 3,  comma 1  d.l.
n. 122/1993),  condotte  entrambe  evidentemente  riconducibili ad un
pericolo per la sicurezza individuale e collettiva evitabile soltanto
con   la   materiale  apprensione  del  soggetto  armato  ed  il  suo
allontanamento dal luogo pericoloso. In entrambi i casi, l'arresto e'
previsto  come facoltativo e non come obbligatorio (art. 189, comma 6
csd.  e  art. 6,  comma 2, legge n. 654/1975). In entrambe le ipotesi
citate   di   arresto  consentito  a  prescindere  dalla  conseguente
applicabilita'  di  misura  cautelare  si  tratta  di condotte attive
(lesioni  personali con conseguente fuga e porto di armi in occasioni
o  con  finalita'  non  consentite),  che  concretamente  pongono  in
pericolo  la  sicurezza  individuale  e  collettiva e necessariamente
dolose,  mentre  l'arresto  previsto  dall'art. 14, comma 5-quinquies
riguarda un reato di mera condotta omissiva, che non pone in concreto
pericolo la sicurezza altrui, punibile anche a titolo di colpa per la
negligente  non  ottemperanza  all'ordine.  Mentre  nelle  prime  due
ipotesi   l'arresto  e'  quindi  previsto  per  casi  in  cui  appare
necessario  ed  urgente  bloccare  l'autore di condotte pericolose da
parte  della  p.s.  che  lo  sorprenda  in flagranza, nel caso di cui
all'art. 14,   comma 5-quinquies  non  emerge  alcuna  necessita'  ed
urgenza  di procedere all'arresto dell'autore di una condotta colposa
e  priva  di  concreta  pericolosita'.  Sul  punto va aggiunto che il
giudice  delle  leggi  nella  sentenza  n. 305/1996  ha confermato la
legittimita'  dell'arresto  previsto  dall'art. 189  cds. ancorandola
alla  sua facoltativita', in quanto tale arresto «richiede pur sempre
la  sussistenza,  nei singoli casi concreti, dei presupposti ai quali
l'art. 381,  comma 4  subordina  in  via  generale l'adozione di tale
misura».  Nel caso qui in esame invece l'obbligatorieta' dell'arresto
prescinde  da  ogni  valutazione  sulla  concreta pericolosita' della
condotta,   con   la   conseguenza  che  la  misura  potrebbe  essere
costituzionalmente  rientrante  nella  previsione dell'art. 13, terzo
comma  Cost.  solo  se  si  ritenesse  eccezionalmente  necessario ed
urgente  limitare  la liberta' di uno straniero tutte le volte in cui
egli abbia violato l'ordine di allontanamento del questore successivo
alla  sua  espulsione  dal  territorio  nazionale,  il che non appare
conforme   alla   inviolabilita'  della  liberta'  personale  imposta
dall'art. 13 Cost.
    L'arresto  obbligatorio  non  potrebbe  neppure  trovare  ragione
nell'eccezionale  necessita'  ed  urgenza  di poter procedere al rito
direttissimo  imposto  dallo  stesso  art. 14,  comma 5-quinquies per
l'accertamento  della  contravvenzione  dell'art. 14, comma 5-ter. Il
rito  direttissimo  nel  nostro  ordinamento non e' infatti vincolato
alla  necessaria  presenza  dell'imputato  in  udienza,  come  appare
dall'art. 449  che lo prevede in tutti i casi in cui l'imputato - non
arrestato  ne'  detenuto  - abbia reso confessione, nei casi previsti
dall'art. 450  c.p.p.,  comma 2  che  espressamente dispone le regole
processuali  per  l'ipotesi  di  citazione a giudizio dell'imputato a
piede  libero,  oltre  che  nei  casi  previsti  dallo  stesso d.lgs.
n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002, che all'art. 13,
comma 13-ter prevede ipotesi di arresto facoltativo disponendo che in
ogni  caso - e quindi anche quando la facoltativita' dell'arresto non
sia  stata  esercitata  e  quindi  l'imputato  resti  libero - contro
l'autore del fatto si proceda con rito direttissimo.
    Non puo' infine ritenersi che l'eccezionale necessita' ed urgenza
dell'arresto  sia  collegata alla necessita' di eseguire l'espulsione
dell'arrestato,   che   di   per   se'   puo'   essere  eseguita  con
accompagnamento  alla frontiera in via generale, ed in modo del tutto
autonomo   ed   indipendente  dall'arresto,  ai  sensi  dell'art. 13,
comma 4, d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002.
    Quanto  al  parametro  dell'art. 3  Costituzione,  che  impone al
legislatore   il   rispetto  del  limite  della  ragionevolezza  come
qualificato   nelle   sentenze   Corte   costituzionale   n. 26/1979;
n. 103/1982;    n. 409/1989;    n. 341/1994    (vedi    anche   Corte
costituzionale  n. 53/58  secondo  cui  «non  si  controlla l'uso del
potere  discrezionale del legislatore se si dichiara che il principio
dell'uguaglianza  e'  violato quando il legislatore assoggetta ad una
indiscriminata  disciplina  situazioni  che  esso  stesso considera e
dichiara  diverse), la previsione dell'arresto obbligatorio contenuta
nell'art. 14,  comma 5-quinquies  appare contrastarvi per le seguenti
ragioni:
        l'art. 13,  comma 13  del  d.lgs. n. 286/1998 come modificato
dalla  legge  n. 189/2002  prevede la contravvenzione dello straniero
che, espulso e materialmente accompagnato alla frontiera, rientri nel
territorio nazionale, punendola con l'arresto da 6 mesi ad 1 anno (si
tratta  della  prima  disobbedienza  ad  un ordine, ma la condotta di
rientro  e'  attiva  e  manifesta una intenzionalita' particolarmente
forte  dello  straniero  poiche' segue alla materiale attivita' della
pubblica  amministrazione  che  lo  ha  accompagnato  alla  frontiera
coattivamente,  con  rilevante impegno di risorse umane e materiali).
Tale  contravvenzione  e'  punita  con  l'arresto nella stessa misura
rispetto   alla  contravvenzone  prevista  dall'art. 14,  comma 5-ter
(disobbedienza  reiterata  di  due  ordini, ma con condotta meramente
omissiva  e  anche  colposa),  il  che  e'  indice  inequivoco  della
valutazione   del   legislatore   di  pari  gravita'  delle  condotte
considerate.  Mentre  nel  primo  caso  l'arresto  e'  previsto  come
facoltativo   (art. 13,  comma 13-ter),  nel  secondo  caso  esso  e'
previsto come obbligatorio (art. 14, comma 5-quinquies);
        l'art. 13, comma 13-bis del d.lgs n. 286/1998 come modificato
dalla  legge  n. 189/2002  prevede  il  delitto  dello  straniero che
rientri  in  Italia  dopo  l'espulsione  disposta in sede giudiziale,
punendolo  con la reclusione da 1 a 4 anni e l'art. 13, comma 13-ter.
In questo caso di delitto con pena edittale fino a 4 anni e' previsto
l'arresto  come  facoltativo  dall'art. 13,  comma 13-ter, mentre nel
caso  piu'  lieve  della  contravvenzione  dell'art. 14,  comma 5-ter
punita  con  l'arresto  fino  a  1  anno  l'arresto  e' previsto come
obbligatorio dal citato art. 14, comma 5-quinquies.
    Dall'esame  delle  disposizioni  sopra  citate  emerge quindi che
anche all'interno del d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge
n. 189/2002,  la  previsione  dell'arresto obbligatorio contenuta nel
comma 5-quinquies   dell'art. 14  e'  irragionevole,  sia  poiche'  a
situazioni   di   analoga  gravita'  (art. 13,  comma 13)  conseguono
modalita'  d'arresto  facoltative  e  quindi  piu'  lievi,  senza che
emergano   apprezzabili   ragioni  che  giustifichino  il  differente
trattamento   della   liberta'  personale  dell'arrestato  nelle  due
ipotesi,  sia  perche'  a  situazioni  di maggiore gravita' (art. 13,
comma 13-bis) conseguono addirittura modalita' di arresto facoltative
e  quindi  piu'  lievi,  senza  che  vi  siano ragioni specifiche che
giustifichino  il  piu'  lieve  trattamento di reati piu' gravi nella
fase  della previsione delle misure precautelari; che la questione e'
rilevante  per  la  pronuncia  sulla  convalida  dell'arresto poiche'
l'eventuale   declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  dello
stesso  farebbe venir meno il fondamento normativa della richiesta di
convalida  proposta dal p.m. Infatti nella fattispecie «Yemen sar» e'
stato  tratto  in  arresto  perche'  tale  misura  e'  prevista  come
obbligatoria  dall'art. 14,  comma 5-quinquies,  d.lgs.  n. 286/1998,
mentre  egli  non  sarebbe  stato passibile di arresto se tale misura
fosse  stata prevista come facoltativa in quanto non sussistono nella
fattispecie  le  condizioni  richieste  dall'art. 381,  comma 4 della
gravita' del fatto (rispetto alla specifica condotta sviluppatisi per
un  tempo  legalmente indebito, ma non particolarmente protratto, per
asserita   carente   comprensione  dei  provvedimenti  amministrativi
emanati e pur tradotti in lingua araba) a meno di ritenere grave ogni
caso  di  violazione  di  questa  norma  incriminatrice,  che  e' una
contravvenzione  punita  da 6 mesi a 1 anno), ne' della pericolosita'
del  soggetto  desunta  dalla  sua  pericolosita' (l'arrestato e' del
tutto  privo  di  pregiudizi ed e' qui per la prima volta accusato di
una  contravvenzione, richiamandosi per il resto le premesse) o dalle
circostanze  del  fatto (la condotta contestata e' meramente passiva,
di disobbedienza ad un ordine dell'autorita).
    Ritenuto  quindi conclusivamente che la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-quinquies  d.lgs.  n. 286/1998
come  modificato  dalla legge n. 189/2002, nella parte in cui prevede
come  obbligatorio  l'arresto  per  il  reato  previsto dall'art. 14,
comma 5-ter,  appare  non  manifestamente  infondata  e rilevante nel
giudizio di convalida in corso, per cui va sollevata, in accoglimento
dell'eccezione  difensiva,  per  le  ragioni  sopra  esposte;  che la
conseguente  sospensione  ex  lege del giudizio di convalida comporta
quella  sulla  pronuncia  di  nulla  osta  all'espulsione che a norma
deIl'art. 13,  comma  3-bis,  d.lgs.  cit  va  data  «all'atto  della
convalida» ovvero all'esito del relativo giudizio positivo.