IL TRIBUNALE

    Sulla  richiesta  del  p.m.  di  convalida  dell'arresto di Kaled
Wajedi, nato il 16 febbraio 1980) a Sfax (Tunisia) e di Ezzedine Ali'
nato  l'8 maggio  1982  a  Tunisi  (Tunisia),  per la contravvenzione
prevista  e  punita dall'art. 14, comma 5-ter d.lgs. n. 286/1998 come
modificato dalla legge n. 189/2002;
    Premesso  che  l'arrestato  Kaled  e'  stato espulso con regolare
provvedimento  del  Prefetto  di Bologna in data 16 gennaio 2003, che
successivamente  in  pari data il Questore di Bologna gli ha ordinato
di  allontanarsi  dal  territorio dello Stato entro 5 giorni ai sensi
dell'art. 14,  comma  5-bis  d.lgs  n. 286/1998 come modificato dalla
legge  n. 189/2002  e  che  l'arrestato Ezzedine e' stato espulso con
regolare  provvedimento  del  Prefetto  di Bologna in data 21 gennaio
2003  che  successivamente in pari data il Questore di Bologna gli ha
ordinato di allontanarsi dal territorio dello Stato entro 5 giorni ai
sensi  dell'art. 14,  comma  5-bis d.lgs. n. 286/1998 come modificato
dalla legge n. 189/2002, e che essi non hanno ottemperato all'ordine,
venendo arrestati a Bologna il 29 gennaio 2003 ai sensi dell'art. 14,
5-quinquies d.lgs. n. 286/1998;
    Rilevato   che  gli  ordini  di  espulsione  del  prefetto  e  di
allontanamento   del   questore   risultano  regolarmente  notificati
all'arrestato anche in traduzione;
    Dato  atto  che entrambi gli arrestati sono privi di documenti di
identificazione   validi   e   sono   stati   sottoposti   a  rilievi
dattiloscopici  per  la  loro identificazione, in base ai quali si e'
accertato  che  gli stessi - con le generalita' con le quali e' stato
arrestato  o  eventualmente  con  diverse  generalita'  -  non  hanno
precedenti penali definitivi a carico ne' pendenze giudiziarie;
    Osservato  che sussistono dubbi sulla legittimita' costituzionale
dell'arresto   obbligatorio   come   previsto   dall'art. 14,   comma
5-quinquies   d.lgs.   n. 286/1998  -  come  modificato  dalla  legge
n. 189/2002  -  e  che  la  questione  di legittimita' di tale norma,
sollevata  dalla  difesa,  appare non manifestamente infondata per le
ragioni   che   seguono,  con  essenziale  riferimento  ai  parametri
costituzionali di cui agli artt. 13 e 3 Costituzione;
    Quanto al parametro dell'art. 13, terzo comma della Costituzione,
che  consente  provvedimenti  limitativi  della liberta' personale da
parte  della  PS  solo  «in casi eccezionali di necessita' ed urgenza
indicati  tassativamente  dalla  legge»,  la  previsione dell'arresto
obbligatorio   contenuta   nell'art. 14,   comma 5-quinquies   appare
contrastarvi per le seguenti ragioni:
        la   tutela   costituzionale   della  liberta'  personale  e'
assoluta:  essa viene definita come inviolabile al primo comma, ne e'
consentita  la  limitazione  solo  con  provvedimento  dell'autorita'
giudiziaria  e  nei  casi  previsti  dalla legge al secondo comma, al
terzo  comma  ne e' consentita una eccezionale limitazione temporanea
ad  opera della PS solo se successivamente convalidata dall'autorita'
giudiziaria  e  nei  casi  «eccezionali  di  necessita'  ed  urgenza»
previsti  dalla legge. Al terzo comma - diversamente dal secondo - e'
prevista   quindi   una  riserva  di  legge  qualificata  poiche'  al
legislatore ordinario non spetta di determinare liberamente i casi in
cui la liberta' personale puo' venire provvisoriamente limitata dalla
PS ma puo' farlo solo nei casi eccezionali di necessita' ed urgenza.
    La  giurisprudenza  costituzionale  ha  chiarito  le  nozioni  di
eccezionalita',  necessita'  ed  urgenza  che  giustificano l'arresto
obbligatorio.  Proprio  perche'  l'art. 14, comma 5-quinquies prevede
l'obbligatorieta' dell'arresto ogni volta che si accerti la fragranza
della  contravvenzione  dell'art. 14,comma 5-ter,  le  condizioni  di
eccezionale  necessita'  ed urgenza della misura precautelare debbono
essere  valutate in astratto in relazione al reato a cui e' collegata
la  previsione  dell'arresto  obbligatorio e non ne e' consentita una
modulazione in relazione al caso concreto.
    La  condotta  contravvenzionale  a  cui  e'  collegato  l'arresto
obbligatorio  e'  quella  dello straniero gia' espulso dal territorio
nazionale  in  quanto  clandestino  ed  inottemperante  al successivo
ordine di allontanamento del Questore: si tratta cioe' di un reato di
mera  condotta,  di doppia disobbedienza ad un ordine dell'autorita',
dato  prima nella forma del decreto di espulsione e dopo con l'ordine
di  allontanamento.  La struttura del reato non prevede quindi ne' la
lesione  o  la  messa  in  pericolo  di  un  bene  costituzionalmente
protetto,  ne'  una  condizione soggettiva di pericolosita' specifica
dell'autore,  che  non e' gia' imputato o condannato per altri reati,
non  e'  socialmente pericoloso (vedi Corte costituzionale n. 64/1977
in  cui  la  legittimita'  dell'arresto era collegata al preesistente
accertamento  giudiziale  delle condizioni di pericolosita' sociale),
ne'  versa  in  una  condizione di pericolosita' specifica per le sue
condizioni personali (vedi Corte costituzionale n. 126/1972 in cui la
legittimita'  dell'arresto era collegata all'ubriachezza in atto): va
infatti considerato che la clandestinita' sul territorio dello stato,
cioe'  la  permanenza dello straniero in Italia senza i documenti che
la  legittimano  formalmente e' condizione che legittima l'espulsione
ma  che  non  integra alcun reato e che, proprio perche' e' collegata
alla  formale assenza di documenti, non puo' essere indice di per se'
di    una    specifica   pericolosita'   del   soggetto   (si   pensi
all'innumerevole  numero  di  «badanti»  che  per periodi lunghissimi
lavorano  irregolarmente  nelle  famiglie  italiane  in condizioni di
clandestinita',   per   i   quali   e'  evidente  l'assenza  di  ogni
pericolosita' sociale). Per quanto descritto nella fattispecie tipica
del  reato,  ne'  la  condotta  punita  ne' le condizioni dell'agente
appaiono  quindi assumere quei connotati di eccezionale necessita' ed
urgenza   che   giustificano  il  potere  limitativo  della  liberta'
personale  da  parte  della  PS ai sensi del terzo comma dell'art. 13
Cost.
    L'arresto  e'  in  questo caso obbligatoriamente previsto per una
contravvenzione punita con l'arresto da 6 mesi ad un anno. Il sistema
processuale  vigente  non consente l'applicazione di misure cautelari
personali  per contravvenzioni (artt. 280 e 287 c.p.p.), il che rende
evidente  come  in  questo  caso  l'arresto  non  sia  in  alcun modo
collegato  alla successiva applicazione di una misura cautelare. Esso
si  affianca ad altri eccezionali casi in cui e' consentito l'arresto
a  prescindere  dalla successiva applicazione di misura cautelare, ma
si   discosta   da   tali   ipotesi   per  aspetti  molto  rilevanti.
Significativo  e' il raffronto con le ipotesi di arresto in flagranza
previsto  per il delitto p.p. dall'art. 189 cds (la cui pena edittale
e'  inferiore  ai  limiti  che  consentono  l'applicazione  di misure
cautelari)  e  per le contravvenzioni p.p. dai commi primo e secondo,
art. 4  legge  n. 110/1975  o  dai commi quarto e quinto dello stesso
articolo,   in   questo   caso   se   aggravate  dalla  finalita'  di
discriminazione  o  odio  etnico  razziale  ecc.  Nella prima ipotesi
l'arresto  e'  consentito  per  consentire  «la  possibilita'  di  un
intervento  immediato di chi si sia dato alla fuga, abbia abbandonato
le  vittime  di incidenti stradali a lui riconducibili ed abbia messo
in   pericolo   la   sicurezza   individuale   e  collettiva»  (Corte
costituzionale n. 305/1996).
    Nel  secondo  caso l'arresto consente che le forze di PS limitino
la  liberta' personale di soggetti in possesso di armi o oggetti atti
ad offendere nel corso di riunioni pubbliche (commi 4 e 5) o con armi
od  oggetti  atti  ad offendere fuori dalla propria abitazione il cui
possesso  sia destinato specificamente a finalita' di discriminazione
o  odio  razziale  (commi  1 e 2, aggravati dall'art. 3, comma 1 d.l.
n. 122/1993),  condotte  entrambe  evidentemente  riconducibili ad un
pericolo per la sicurezza individuale e collettiva evitabile soltanto
con   la   materiale  apprensione  del  soggetto  armato  ed  il  suo
allontanamento  dal luogo pericoloso. In entrambi i casi l'arresto e'
previsto  come facoltativo e non come obbligatorio (art. 189, comma 6
csd  e  art. 6,  comma secondo  legge  n. 654/1975).  In  entrambe le
ipotesi  citate di arresto consentito a prescindere dalla conseguente
applicabilita'  di  misura  cautelare  si  tratta  di condotte attive
(lesioni  personali con conseguente fuga e porto di armi in occasioni
o  con  finalita'  non  consentite),  che  concretamente  pongono  in
pericolo  la  sicurezza  individuale  e  collettiva e necessariamente
dolose  mentre  l'arresto  previsto  dall'art. 14,  comma 5-quinquies
riguarda un reato di mera condotta omissiva, che non pone in concreto
pericolo  la sicurezza altrui punibile anche a titolo di colpa per la
negligente  non  ottemperanza  all'ordine.  Mentre  nelle  prime  due
ipotesi   l'arresto  e'  quindi  previsto  per  casi  in  cui  appare
necessario  ed  urgente  bloccare  l'autore di condotte pericolose da
parte  della  PS  che  lo  sorprenda  in  flagranza,  nel caso di cui
all'art. 14,   comma 5-quinquies  non  emerge  alcuna  necessita'  ed
urgenza  di procedere all'arresto dell'autore di una condotta colposa
e  priva  di  concreta  pericolosita'.  Sul  punto va aggiunto che il
giudice  delle  leggi  nella  sentenza  n. 305/1996  ha confermato la
legittimita' dell'arresto previsto dall'art. 189 cds ancorandola alla
sua  facoltativita',  in  quanto tale arresto «richiede pur sempre la
sussistenza,  nei  singoli  casi  concreti,  dei presupposti ai quali
l'art. 381,  comma 4  subordina  in  via  generale l'adozione di tale
misura».  Nel caso qui in esame invece l'obbligatorieta' dell'arresto
prescinde  da  ogni  valutazione  sulla  concreta pericolosita' della
condotta  e nella sua generale ed astratta necessita' di applicazione
si  pone in contrasto con i requisiti della eccezionale necessita' ed
urgenza della misura imposti dall'art. 13, terzo comma Costituzione.
    L'arresto  obbligatorio  non  potrebbe  neppure  trovare  ragione
nell'eccezionale  necessita'  ed  urgenza  di poter procedere al rito
direttissimo  imposto  dallo  stesso  art. 14,  comma 5-quinquies per
l'accertamento  della  contravvenzione  dell'art. 14, comma 5-ter. Il
rito  direttissimo  nel  nostro  ordinamento non e' infatti vincolato
alla  necessaria  presenza  dell'imputato  in  udienza,  come  appare
dall'art. 449  che lo prevede in tutti i casi in cui l'imputato - non
arrestato  ne'  detenuto  - abbia reso confessione, nei casi previsti
dall'art. 450  c.p.p.  comma 2  che  espressamente  dispone le regole
processuali  per  l'ipotesi  di  citazione a giudizio dell'imputato a
piede  libero,  oltre  che  nei  casi  previsti  dallo  stesso d.lgs.
n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002, che all'art. 13,
comma 13-ter prevede ipotesi di arresto facoltativo disponendo che in
ogni  caso - e quindi anche quando la facoltativita' dell'arresto non
sia  stata  esercitata  e  quindi  l'imputato  resti  libero - contro
l'autore del fatto si proceda con rito direttissimo.
    Non puo' infine ritenersi che l'eccezionale necessita' ed urgenza
dell'arresto  sia  collegata alla necessita' di eseguire l'espulsione
dell'arrestato,   che   di   per   se'   puo'   essere  eseguita  con
accompagnamento  alla frontiera in via generale, ed in modo del tutto
autonomo   ed   indipendente  dall'arresto,  ai  sensi  dell'art. 13,
comma 4, d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002.
    L'arresto    obbligatorio    qui    previsto    potrebbe   essere
costituzionalmente  rientrante  nella  previsione dell'art. 13, terzo
comma  Cost.  solo  se  si  ritenesse  eccezionalmente  necessario ed
urgente  limitare  la liberta' di uno straniero tutte le volte in cui
egli abbia violato l'ordine di allontanamento del Questore successivo
alla  sua espulsione dal territorio nazionale. Tale limitazione della
liberta' puo' perdurare comunque soltanto poche ore (e cioe' soltanto
fino  a  che il p.m. non ritenga di avvalersi dei poteri conferitigli
dall'art. 121  disp.  att.  cpp  o  al  massimo  fino  all'udienza di
convalida,  alla quale comunque il p.m. non puo' chiedere l'emissione
di  misure cautelari) e non e' necessaria ne' per l'instaurazione del
giudizio  direttissimo,  ne' per la successiva applicazione di misure
cautelari,  ne'  perche'  in  tale  arco  di  tempo  possa  ottenersi
l'identificazione   dell'arrestato,  ne'  perche'  con  l'arresto  si
interrompe  una  situazione  di  pericolo, ne' perche' sia funzionale
all'espulsione,  che  invece  e'  presupposto  dell'arresto  stesso e
comunque   puo'   essere   autonomamente   disposta:  non  e'  quindi
apprezzabile  alcun  profilo di eccezionale necessita' ed urgenza che
renda l'arresto obbligatorio qui in esame rientrante nella previsione
dell'art. 13,  terzo comma Costituzione e quindi non in contrasto con
la inviolabilita' della liberta' personale sancita dall'art. 13 Cost.
    Quanto  al  parametro  dell'art. 3  Costituzione,  che  impone al
legislatore   il   rispetto  del  limite  della  ragionevolezza  come
qualificato   nelle   sentenze   Corte   costituzionale   n. 26/1979;
n. 103/1982;    n. 409/1989;    n. 341/1994    (vedi    anche   Corte
costituzionale  n. 53/58  secondo  cui  «non  si  controlla l'uso del
potere  discrezionale del legislatore se si dichiara che il principio
dell'uguaglianza  e'  violato quando il legislatore assoggetta ad una
indiscriminata  disciplina  situazioni  che  esso  stesso considera e
dichiara  diverse), la previsione dell'arresto obbligatorio contenuta
nell'art. 14,  comma 5-quinquies  appare contrastarvi per le seguenti
ragioni:
        l'art. 13,  comma 13  del  d.lgs. n. 286/1998 come modificato
dalla  legge  n. 189/2002  prevede la contravvenzione dello straniero
che, espulso e materialmente accompagnato alla frontiera, rientri nel
territorio nazionale, punendola con l'arresto da 6 mesi ad 1 anno (si
tratta  della  prima  disobbedienza  ad  un ordine, ma la condotta di
rientro  e'  attiva  e  manifesta una intenzionalita' particolarmente
forte  dello  straniero  poiche' segue alla materiale attivita' della
pubblica  amministrazione  che  lo  ha  accompagnato  alla  frontiera
coattivamente,  con  rilevante impegno di risorse umane e materiali).
Tale  contravvenzione  e'  punita  con  l'arresto nella stessa misura
rispetto  alla  contravvenzione  prevista  dall'art. 14,  comma 5-ter
(disobbedienza  reiterata  di  due  ordini, ma con condotta meramente
omissiva  e  anche  colposa),  il  che  e'  indice  inequivoco  della
valutazione   del   legislatore   di  pari  gravita'  delle  condotte
considerate.  Mentre  nel  primo  caso  l'arresto  e'  previsto  come
facoltativo   (art. 13,  comma 13-ter),  nel  secondo  caso  esso  e'
previsto come obbligatorio (art. 14, comma 5-quinquies);
        l'art. 13,   comma 13-bis   del   d.lgs.   n. 286/1998   come
modificato dalla legge n. 189/2002 prevede il delitto dello straniero
che  rientri in Italia dopo l'espulsione disposta in sede giudiziale,
punendolo  con la reclusione da 1 a 4 anni. In questo caso di delitto
con   pena  edittale  fino  a  4  anni  e'  previsto  l'arresto  come
facoltativo  dall'art. 13,  comma 13-ter,  mentre nel caso piu' lieve
della  contravvenzione dell'art. 14, comma 5-ter punita con l'arresto
fmo  a  1  anno  l'arresto  e'  previsto come obbligatorio dal citato
art. 14 comma 5-quinquies.
    Dall'esame  delle  disposizioni  sopra  citate  emerge quindi che
anche all'interno del d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge
n. 189/2002,  la  previsione  dell'arresto obbligatorio contenuta nel
comma 5-quinquies   dell'art. 14  e'  irragionevole,  sia  poiche'  a
situazioni   di   analoga  gravita'  (art. 13,  comma 13)  conseguono
modalita'  d'arresto  facoltative  e  quindi  piu'  lievi,  senza che
emergano   apprezzabili   ragioni  che  giustifichino  il  differente
trattamento   della   liberta'  personale  dell'arrestato  nelle  due
ipotesi,  sia  perche'  a  situazioni  di maggiore gravita' (art. 13,
comma 13-bis) conseguono addirittura modalita' di arresto facoltative
e  quindi  piu'  lievi,  senza  che  vi  siano ragioni specifiche che
giustifichino  il  piu'  lieve  trattamento di reati piu' gravi nella
fase  della previsione delle misure precautelari; che la questione e'
rilevante  per  la  pronuncia  sulla  convalida  dell'arresto poiche'
l'eventuale   declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  dello
stesso  farebbe venir meno il fondamento normativo della richiesta di
convalida proposta dal p.m. Infatti nella fattispecie Kaled Wajedi ed
Ezzedine  Ali'  sono  stati  tratti in arresto perche' tale misura e'
prevista  come  obbligatoria  dall'art. 14,  comma 5-quinquies d.lgs.
n. 286/1998,  mentre essi non sarebbero stati passibili di arresto se
tale  misura  fosse  stata  prevista  come  facoltativa in quanto non
sussistono  nella  fattispecie le condizioni richieste dall'art. 381,
comma 4  della  gravita'  del  fatto  (il  reato  contestato  e'  una
contravvenzione  punita  da 6 mesi a 1 anno), ne' della pericolosita'
del soggetto desunta dalla sua personalita' (gli arrestati sono privi
di  pregiudizi  penali  o  giudiziari  e  sono qui per la prima volta
accusati  di una contravvenzione; il fatto che essi siano clandestini
sul  territorio  nazionale  non  e'  previsto  come  reato dal nostro
ordinamento) o dalle circostanze del fatto (la condotta contestata e'
meramente passiva, di disobbedienza ad un ordine dell'autorita).
    Osservato  che la rilevanza della questione permane nonostante la
necessaria  liberazione dell'arrestato imposta dall'art. 391, comma 7
c.p.p.   e  «(...)  trova  ragione  nell'interesse  generale  ad  una
pronuncia   sulla   legittimita'  dell'arresto,  che  ha  pur  sempre
determinato   una  privazione  della  liberta'.  La  rilevanza  della
questione,   dunque,   permane,   trattandosi   di  stabilire  se  la
liberazione    dell'arrestato    debba    considerarsi    conseguente
all'applicazione dell'art. 391, comma 7 ovvero piu' radicalmente alla
caducazione  con  effetto retroattivo della disposizione in base alla
quale gli arresti furono eseguiti» (Corte costituzionale n. 54/1993);
    Ritenuto  quindi  conclusivamente  la  questione  di legittimita'
costituzionale  dell'art. 14,  comma. 5-quinquies  d.lgs. n. 286/1998
come  modificato  dalla legge n. 189/2002, nella parte in cui prevede
come  obbligatorio  l'arresto  per  il  reato  previsto dall'art. 14,
comma 5-ter,  appare  non  manifestamente  infondata  e rilevante nel
giudizio  di  convalida in corso, per cui va sollevata per le ragioni
sopra esposte.