ha pronunciato la seguente Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 455 del codice di procedura penale, promossi, nell'ambito di diversi procedimenti penali, dal Tribunale di Avellino e dal Tribunale di Napoli con ordinanze del 18 marzo 2002 e del 9 aprile 2002, iscritte al n. 279 e al n. 361 del registro ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24 e n. 34, 1a serie speciale, dell'anno 2002. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 26 febbraio 2003 il giudice relatore Guido Neppi Modona. Ritenuto che con ordinanza del 18 marzo 2002 (r.o. n. 279 del 2002) il Tribunale di Avellino, su eccezione della difesa, ha sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 455 del codice di procedura penale, nella parte in cui "non prevede che il giudice per le indagini preliminari, prima di emettere decreto di giudizio immediato o di rigettare la richiesta del pubblico ministero, debba consentire l'intervento della difesa, sia pure a livello meramente cartolare"; che ad avviso del rimettente la fase processuale conseguente alla richiesta del pubblico ministero di giudizio immediato, che si svolge "in assenza di ogni forma di contraddittorio e senza possibilita' alcuna, per la difesa, di interloquire", se poteva conciliarsi con il sistema normativo anteriore all'entrata in vigore della legge costituzionale che ha modificato l'art. 111 Cost., appare ora in evidente distonia con i principi del giusto processo; che, in particolare, le recenti riforme legislative (quali la legge sul giusto processo, sulla difesa d'ufficio, sulle indagini difensive) sarebbero appunto volte a garantire l'effettivita' del diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento e ad assicurare il pieno contraddittorio e la parita' delle parti sin dalla fase delle indagini preliminari, dando cosi' attuazione ai principi enunciati dall'art. 111 Cost., che attengono, come emergerebbe dal terzo comma, a ogni fase del procedimento, essendo peraltro fuori di dubbio che "la richiesta del pubblico ministero di emissione del decreto di giudizio immediato, integrando una delle possibili forme di esercizio dell'azione penale", determinerebbe l'insorgere della fase processuale in senso proprio, nella quale non potrebbe quindi prescindersi dalle garanzie del contraddittorio e della parita' tra le parti; che, quanto alla rilevanza della questione, il rimettente precisa che "l'accoglimento della stessa comporterebbe la nullita' di ordine generale del decreto di giudizio immediato e la regressione del procedimento"; che con ordinanza del 9 aprile 2002 (r.o. n. 361 del 2002) il Tribunale di Napoli, su eccezione della difesa, ha sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., questione di legittimita' costituzionale dell'art. 455 cod. proc. pen., prospettando censure che, seppure diversamente formulate, muovono da considerazioni affatto analoghe alle precedenti; che ad avviso del rimettente l'art. 455 cod. proc. pen., non prevedendo "il previo avviso per il difensore dell'imputato al fine di consentirgli la compiuta cognizione degli atti e la valutazione delle condizioni di evidenza della prova", precluderebbe al difensore "la possibilita' di controdedurre sulla sussistenza del detto presupposto processuale, condizione indefettibile del rito con il giudizio immediato, e di rappresentare eventuali elementi a confutazione della scelta processuale del pubblico ministero"; che, impedendo all'imputato di esercitare il suo diritto di difesa e non consentendo il contraddittorio tra le parti in condizione di parita' "nell'intervallo tra la richiesta del pubblico ministero e la decisione del giudice per le indagini preliminari", la norma censurata violerebbe gli artt. 24 e 111 Cost; che nei giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate infondate. Considerato che entrambi i rimettenti dubitano, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art. 455 del codice di procedura penale, in quanto tale norma non consente alla difesa di interloquire sulla richiesta di giudizio immediato del pubblico ministero; che, investendo le questioni la medesima disciplina ed essendo sollevate sulla base di censure sostanzialmente analoghe, va disposta la riunione dei relativi giudizi; che con ordinanza n. 371 del 2002, successiva alle ordinanze di rimessione, questa Corte ha dichiarato manifestamente infondata una questione simile, sollevata in relazione ai medesimi parametri costituzionali; che in tale ordinanza la Corte ha in particolare rilevato che il presupposto del previo interrogatorio svolto con l'osservanza delle garanzie di cui agli artt. 453, comma 1, e 375, comma 3, secondo periodo, cod. proc. pen. - cui e' condizionata la valida instaurazione del giudizio immediato e la cui ritualita', formale e sostanziale, e' sindacabile dal giudice del dibattimento - assicura alla persona sottoposta alle indagini la possibilita' di esercitare le piu' opportune iniziative defensionali e di interloquire per contestare la fondatezza dell'accusa e contrastare, quindi, l'eventuale emissione del decreto che dispone il giudizio immediato; che "sotto il profilo della possibilita' di esercitare il diritto di difesa al fine di evitare l'emissione del decreto che dispone il giudizio immediato" non puo' pertanto ravvisarsi alcuna violazione dei parametri evocati; che - con specifico riferimento all'art. 111 Cost. - la Corte ha affermato che "il principio per il quale il processo deve svolgersi nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita', non e' evocabile in relazione alle forme introduttive del giudizio (v., per quanto riguarda il giudizio abbreviato, sentenza n. 115 del 2001), le quali, per quanto concerne il giudizio immediato, trovano giustificazione nelle peculiari esigenze di celerita' e di risparmio di risorse processuali che connotano tale rito alternativo (v. ordinanza n. 203 del 2002)"; che, non risultando profili diversi o aspetti ulteriori rispetto a quelli gia' valutati con la pronuncia richiamata, le questioni vanno dichiarate manifestamente infondate. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.