ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 23 del d.P.R.
22 settembre   1988,  n. 448  (Approvazione  delle  disposizioni  sul
processo  penale  a  carico  di  imputati  minorenni),  promosso  con
ordinanza   del   29 novembre   2001  dal  giudice  per  le  indagini
preliminari del Tribunale per i minorenni di Bari, iscritta al n. 494
del  registro  ordinanze  2002  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 45, 1ª serie speciale, dell'anno 2002.
    Udito  nella  camera di consiglio del 26 febbraio 2003 il giudice
relatore Valerio Onida.
    Ritenuto che, con ordinanza emessa il 29 novembre 2001, pervenuta
a  questa  Corte  il  23 ottobre  2002,  il  giudice  per le indagini
preliminari  del  Tribunale  per  i  minorenni  di  Bari ha sollevato
questione  di  legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 3
della Costituzione, dell'art. 23 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448
(Approvazione  delle  disposizioni  sul  processo  penale a carico di
imputati  minorenni),  nella parte in cui non prevede, fra i casi nei
quali  puo'  essere  adottata  la  misura  della  custodia cautelare,
l'ipotesi  di cui all'art. 380, comma 2, lettera e-bis, del codice di
procedura penale;
        che  il  remittente,  chiamato  a decidere sulla richiesta di
applicazione  ad  un minorenne della misura della custodia cautelare,
fra  l'altro,  per  un  reato  di  furto con strappo, rileva che tale
delitto,  previsto  oggi  dall'art. 624-bis  del  codice  penale,  e'
contemplato fra quelli in relazione ai quali l'art. 380, comma 2, del
codice   di  procedura  penale  sancisce  l'arresto  obbligatorio  in
flagranza,  ma  non  gia'  alla  lettera e (come avveniva prima della
novella  di  cui  alla  legge  26 marzo  2001,  n. 128,  in relazione
all'ipotesi di furto qualificato dall'aggravante di cui all'art. 625,
primo  comma,  n. 4,  seconda  ipotesi),  bensi'  alla lettera e-bis,
introdotta  dalla  predetta legge n. 128 del 2001; e che il testo, da
allora  invariato, dell'art. 23 del d.P.R. n. 448 del 1988 stabilisce
che  ai minorenni la custodia cautelare possa essere applicata, fuori
dalle  ipotesi di delitti non colposi per i quali e' prevista la pena
dell'ergastolo  ovvero  della  reclusione  non inferiore a nove anni,
solo  quando  si  procede per uno dei delitti previsti dall'art. 380,
comma 2,  lettere  e,  f,  g ed h, non dunque quando si procede per i
delitti  previsti  oggi  dalla  lettera  e-bis del medesimo art. 380,
comma 2;
        che,  secondo il giudice a quo, l'errore in cui e' incorso il
legislatore,  che  nel  porre  mano  alla riforma della normativa sul
furto  con  strappo e sul furto in abitazione ha omesso di raccordare
le  nuove  norme  con  la  specifica disciplina dettata per i minori,
avrebbe dato luogo ad una evidente irragionevolezza nel sistema delle
misure  cautelari  minorili, poiche' prima della riforma recata dalla
legge  n. 128  del  2001  - il cui scopo dichiarato sarebbe quello di
inasprire  il  trattamento sanzionatorio e, dovrebbe ritenersi, anche
cautelare,  a  seguito  della  piu' negativa valutazione effettuata a
riguardo  delle ipotesi di furto in questione - il furto con strappo,
come  il  furto  in  abitazione, era compreso fra i reati per i quali
poteva  disporsi  a  carico  del  minore  la  misura  della  custodia
cautelare,  mentre esso resta, oggi come ieri, compreso fra i delitti
per  i  quali l'art. 380, comma 2, cod. proc. pen. consente l'arresto
in flagranza nei confronti dei maggiorenni;
        che  l'accennata  situazione  darebbe  luogo  alla violazione
dell'art. 3  della Costituzione, in relazione all'art. 380 cod. proc.
pen.  e all'art. 16 del d.P.R. n. 448 del 1988 (quest'ultimo relativo
alle   ipotesi  in  cui  e'  possibile  l'arresto  in  flagranza  del
minorenne,  ipotesi  determinate con rinvio a quelle nelle quali puo'
essere  disposta  la  custodia  cautelare),  sotto  il  profilo della
irragionevole   disparita'  di  trattamento  sia  fra  maggiorenni  e
minorenni,  sia  fra  minorenni  prima  e dopo la riforma di cui alla
legge n. 128 del 2001;
        che  pertanto,  a giudizio del remittente, sarebbe necessaria
«una correzione, da effettuare con sentenza interpretativa ovvero con
una riforma legislativa»;
        che  non vi e' stata costituzione di parti ne' intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri.
    Considerato che la determinazione delle ipotesi tassative, di per
se' eccezionali, nelle quali e' consentito adottare misure custodiali
-  tanto  piu' nei confronti dei minori, per i quali vale un criterio
di ulteriore assoluta eccezionalita' (cfr. sentenza n. 46 del 1978) -
spetta  al legislatore, ai sensi dell'art. 13 della Costituzione, nel
rispetto  degli  altri principi costituzionali e nei limiti della non
manifesta  irragionevolezza (cfr. sentenza n. 188 del 1996; ordinanze
n. 450 del 1995, n. 187 del 2001, n. 40 del 2002);
        che  la  situazione  normativa  denunciata dal remittente, in
base  alla  quale  non risulta oggi consentito adottare nei confronti
dei  minori la misura della custodia cautelare in relazione a delitti
non  colposi,  per  i  quali  non sia prevista la pena dell'ergastolo
ovvero  della  reclusione  non  inferiore  nel  massimo  a nove anni,
diversi  da  quelli contemplati dall'art. 380, comma 2, lettere e, f,
g,  h,  cod.  proc.  pen.,  e in particolare per il delitto di furto,
salvo che sia commesso su armi, munizioni o esplosivi nelle armerie o
in  locali  adibiti  alla  custodia di armi, o sia aggravato dall'uso
della violenza sulle cose, - pur se possa essere frutto di una svista
del legislatore - rispecchia una scelta legislativa;
        che  di  tale  scelta non e' dato di riscontrare il contrasto
con  norme  costituzionali  da  cui  si  possa  desumere,  invece, la
necessita'  di prevedere l'adozione della misura custodiale; ne' essa
puo'  dirsi  manifestamente  irragionevole,  anche  in  rapporto alle
diverse situazioni impropriamente invocate dal remittente come tertia
comparationis;
        che,  del  resto,  la  stessa  possibilita' di ricorrere alla
custodia  cautelare  nei confronti dei minori per il delitto di furto
era  del  tutto  estranea alla previsione originaria dell'art. 23 del
d.P.R.  n. 448 del 1988, che consentiva tale misura solo in relazione
a  delitti  punibili  con  la  reclusione non inferiore nel massimo a
dodici  anni,  mentre  tale possibilita' e' stata introdotta solo con
l'art. 42 del d.lgs. 14 gennaio 1991, n. 12;
        che pertanto la questione e' manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.