IL TRIBUNALE

    Ha emesso la seguente ordinanza ex art. 23 legge n. 87/53.
    Letti  gli  atti  nei  confronti  di  Nekab  Abdelrrahim,  nato a
Casablanca  (Marocco)  il  2  settembre  1959,  res.  Corato,  via P.
Colletta n. 9;
    Rilevato  che  il predetto e' stato tratto in arresto dai c.c. di
Corato  in  data  19  novembre 2002 ai sensi dell'art. 14 comma 5-ter
d.lgs.  n. 286/1998,  come modificato dalla legge n. 189/2002 per non
aver   lasciato  il  territorio  dello  Stato  nei  termini  previsti
dall'ordine   del   questore   di  Bari  in  data  29  ottobre  2002,
notificatogli in pari data;
    Rilevato che in data odierna e' stato tratto a giudizio innanzi a
questo  ufficio  con  rito  direttissimo ai sensi dell'art. 14) comma
5-quinquies,   d.lgs.   n. 286/1998,   come  modificato  dalla  legge
n. 189/2002;
    Sentito  l'imputato,  il  quale  dichiarava,  in  lingua italiana
comprensibile,  di aver svolto sempre attivita' lavorativa stagionale
indicando  il  proprio  datore  di  lavoro  e  precisando  di  essere
convivente  con  cittadina italiana, della quale vi erano estremi nel
verbale di arresto;
    Proceduto  alla  convalida  per  essere l'arresto intervenuto nel
caso previsto e nel rispetto dei termini;
    Rilevato preliminarmente che l'imputazione e' stata correttamente
modificata,  della  descrizione  del  fatto,  dal p.m. in udienza, ai
sensi  della  norma  contestata,  come  «trattenimento nel territorio
dello  Stato  senza giustificato motivo in violazione dell'ordine del
questore  di  Bari notificato in data 29 ottobre 2002», piuttosto che
come  «reingresso  clandestino  all'esito  di  espulsione ex art. 14,
comma  5-quater,  d.lgs.  n. 286/1998,  come  modificato  dalla legge
n. 189/2002,  atteso  che  non  vi e' prova dell'esecuzione effettiva
dell'espulsione   e   del   conseguente  reingresso,  ma  solo  della
inottemperanza all'ordine del questore;
    Rilevato,  sempre  in  via preliminare, che sussistano seri dubbi
circa  la  legittimita'  costituzionale della norma penale contestata
(art. 14,  comma  5-ter),  nonche'  delle norme processuali collegate
(art. 13,   commi   3   e  3-bis  art. 14,  comma  5-quinquies),  con
riferimento agli artt. 2, 3, 24, 25 e 111 Cost. atteso che:
        - artt. 13, commi 3 e 3-bis e 14, comma 5-quinquies;
          a)  i ridotti tempi di conduzione dell'imputato in vinculis
innanzi  al  dibattimento  per  il rito direttissimo, obbligatorio ex
art. 14  comma quinquies d.lgs. n. 286/1998 come modificato con legge
n. 189/2002,  non  consentono  la  individuazione di un interprete al
fine  di  fargli  esattamente  percepire  l'addebito e le conseguenze
penali  e  processuali, a nulla valendo la circostanza, nella specie,
della  sommaria  comprensione  dell'italiano  corrente,  posto  che i
termini  tecnici  devono  essergli tradotti in modo univoco, chiaro e
preciso,  cio' che e' possibile solo nella lingua madre dell'imputato
(nella  specie l'imputato non era in grado di comprendere esattamente
cosa   significasse   l'espressione  «eleggere  domicilio  presso  il
difensore»),  con conseguente violazione degli artt. 109 e 143 c.p.p.
nella  lettura  data dalla Consulta con sentenza del 24 febbraio 1994
n. 64,  con  inevitabile  e  illegittima  compressione del diritto di
difesa ex artt. 3, 24 e 111 Cost.;
          b) le dette norme costituzionali appaiono violate anche con
riferimento  all'iter ordinario del rito direttissimo (art. 451 e ss.
c.p.p.),  posto che le norme censurate approntano un rito che - se da
svolgersi in presenza dell'imputato - deve verosimilmente concludersi
all'udienza  dibattimentale  dei giorno in cui l'imputato e' tratto a
giudizio, non consentendo di fato i termini a difesa anche ai fini di
scelta  di  riti  alternativi,  e  comunque  impedendo lo svolgimento
effettivo  della  difesa  quanto  a  testi da indicare e documenti da
fornire in ordine ai motivi del trattenimento (convivenza stabile con
cittadina   italiana,   ricongiungimenti   familiari,   pericoli   di
incolumita'  personale  nel Paese di residenza, indigenza, condizioni
di  salute),  nonche'  vulnerando  la possibilita' di avvalersi delle
norme sul gratuito patrocinio ai fini di una piu' incisiva difesa;
          c)  discriminatorio  ai  sensi dell'art. 3 Cost. appare poi
l'approntamento  di norme processuali espressioni di diritto speciale
per  gli  stranieri,  posto  che si prevede l'arresto al di fuori dei
limiti   ordinariamente   indicati   dall'art.   380,   381   c.p.p.,
legittimandolo  anche  in  caso  di  contravvenzione  (art. 14, comma
5-ter), diversamente da quanto previsto per i cittadini italiani;
          d) e' irragionevole e non comprensibile per assenza di beni
costituzionali  da  comparare  la  presenza nell'ordinamento di norme
processuali  (che  appaiono  solo  tese a raggiungere scopi di tutela
dell'ordine  pubblico  in  astratto  quale  la  gestione  dei  flussi
migratori),  concretamente incidenti sui principi di uguaglianza e di
difesa  tutelati  dalla costituzione nei confronti di soggetti cui si
applicano  i  diritti  fondamentali dell'individuo quale la norma che
prevede  il  nulla  osta  all'espulsione ex art. 13, comma 3-bis, con
impossibilita'  all'a.g. di negarlo in caso di accertamenti necessari
in ordine all'innocenza dell'imputato, atteso che il precedente comma
3 prevede il diniego del nulla osta solo «in presenza di inderogabili
esigenze  processuali  valutate  in  relazione all'accertamento delle
responsabilita'  di  eventuali  concorrenti  nel  reato o imputati in
procedimenti in reati commessi e all'interesse della persona offesa»,
con  vulnerazione assoluta delle esigenze difensive dell'imputato con
riferimento  ai  motivi  della  mancata  osservanza  dell'ordine  del
questore;
        2.- l'art. 14, comma 5-ter:
          a) altra vulnerazione del diritto di difesa ex artt. 24, 25
e  111  Cost.  dell'imputato  e' causata dalla indeterminatezza della
fattispecie   con  riferimento  ai  termini  descrittivi  del  fatto,
generici   quanto   all'assenza   di   parametri  obiettivi  circa  i
giustificati   motivi   che  legittimano  l'incriminazione,  che  non
consentono una contestazione che rechi i caratteri (l'enunciazione in
forma chiara e precisa) di cui all'art. 429 c.p.p. lett. c)
          b)  analoga  questione  fu gia' risolta positivamente dalla
Consulta  quando ha affermato che «e' costituzionalmente illegittimo,
perche'   in   contrasto  con  il  principio  di  tassativita'  della
fattispecie  contenuto  nella  riserva  assoluta  di legge in materia
penale  a  norma dell'art. 25 Cost., l'art. 7-bis comma 1 del d.l. 30
dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti in materia di asilo politico, di
ingresso    e   soggiorno   di   cittadini   extracomunitari   e   di
regolarizzazione   di   cittadini  extracamunitari  ed  apolidi  gia'
presenti  nel territorio dello Stato), convertito, con modificazioni,
dalla  legge  28 febbraio 1990, n. 39, nella parte in cui punisce con
la  reclusione da sei mesi a tre anni lo straniero destinatario di un
provvedimento  di  espulsione  che  non si adopera per ottenere dalla
competente   autorita'   diplomatica  o  consolare  il  rilascio  del
documento di viaggio occorrente» 1);
          c)   nella  specie  la  Corte  osservo'  che  l'espressione
impiegata dal legislatore, in mancanza di precisi parametri oggettivi
di  riferimento  diversi  da  mere  sinonimie  lessicali, impediva di
stabilire  con  precisione  quando  l'inerzia del soggetto che si sia
intesa  sanzionare  raggiunga la soglia penalmente apprezzabile, caso
analogo  a  quello specie, laddove non si danno riferimenti oggettivi
all'interprete circa i motivi che possono ritenersi giustificati, con
cio'  impedendo  alla  p.g.  e  all'a.g.  un vaglio non arbitrario, e
all'imputato di distinguere e conoscere preventivamente le ipotesi di
rilievo penale da quelle lecite;
          d)  con  riferimento  all'art.  14,  comma 5-ter, appare in
contrasto  con  l'art. 3  Cost.  la  predisposizione  di una norma di
diritto  penale  speciale  per gli immigrati, laddove una particolare
ipotesi   di   inosservanza  di  provvedimenti  dell'autorita'  (come
l'ordine di lasciare il territorio dello Stato rivolto dal questore),
normalmente punita con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino
a  lire  400.000  ai  sensi  dell'art. 650 c.p., in caso di stranieri
extracomunitari  viene  aumentata tanto nel minimo quanto nel massimo
(arresto da sei mesi ad un anno);
          e)  va  poi evidenziato che all'imputato non e' stato mosso
alcun  addebito  con  riferimento  alla  condotta  tenuta sin'ora sul
territorio  di  Stato,  apparendo  allo  stato  la vita del prevenuto
improntata  a  svolgimento  di  attivita' lavorativa stagionale e con
stabile  vita  familiare,  per  come  riferito  in  sede di convalida
dell'arresto e agli atti dei C.C. di Corato;
          f)  sul punto il Consiglio di Stato in recenti decisioni 2)
ha richiamato altre pronunce della Consulta 3) affermando che «quando
venga  riferito  al  godimento  dei diritti inviolabili dell'uomo, il
principio  costituzionale  di  eguaglianza  non  tollera  in generale
discriminazioni  tra  la  posizione  del  cittadino  e  quella  dello
straniero»  (arg. Corte cost. 26 giugno 1997, n. 203; Corte cost., 13
febbraio 1995, n. 34; Corte cost. 20 gennaio 1977, n. 46);
    Rilevato  che per tali motivi appare non manifestamente infondata
la  questione  di  incostituzionalita'  dell'art. 13, comma 3 e 3-bis
nella  parte  in  cui  non  consente che il nulla osta sia rilasciato
anche  per  esigenze  difensive, dell'art. 14, commi ter, e quinquies
del  d.lgs.  n. 286/1998  come modificato con legge n. 189/2002 nella
parte  in  cui  non  consentono  la  previa  comprensione dei profili
illeciti  della fattispecie incriminatrice e lo svolgimento minimo di
adeguata  attivita'  difensiva, per contrasto con gli artt. 2, 3, 24,
25 e 111 Cost.;
    Rilevato  che  la  questione  appare  altresi'  rilevante  per il
procedimento  di  cui  trattasi,  atteso  che la migliore descrizione
della  fattispecie,  la presenza in dibattimento e la predisposizione
di  tempi processuali piu' ampi consentirebbero all'imputato una piu'
concreta  ed  efficace  difesa,  con  possibilita' di avvalersi di un
interprete  e  di  provare  i  motivi che non gli hanno consentito di
abbandonare  il  Paese  (convivenza con cittadina italiana, rischi di
incolumita'  personale  nel  Paese  d'origine,  indigenza  economica,
motivi di salute, motivi di famiglia, etc.);
    Considerato  che  l'art.  17  del d.lgs. n. 286/1998 non consente
alcun   concreto   svolgimento  di  attivita'  difensiva,  posto  che
subordina   la   partecipazione  al  processo  ad  autorizzazioni  di
autorita'  amministrative  che non sono nei tempi coordinabili con le
scadenze processuali e soprattutto comportano oneri incompatibili con
le condizioni socioeconomiche dell'interessato, bracciante agricolo e
muratore, di talche' non garantiscono l'effettivita' della difesa 4);
    Rilevato  che  la  Corte costituzionale si e' piu' volte espressa
sul  principio  secondo  cui  la  tutela giurisdizionale deve trovare
attuazione  per  tutti  (cittadini  e stranieri) indipendentemente da
ogni differenza di condizioni personali e sociali 5), e che l'art. 24
Cost.  costituisce  specificazione  e  concretizzazione  dell'art. 3,
comma  II Cost. 6) e pertanto non tollera arbitrari ed ingiustificati
limiti  soggettivi  che impediscano a rendere effettiva l'uguaglianza
di tutti innanzi alla legge;
    Rilevato  in definitiva, che l'automatismo nel rilascio del nulla
osta,  al  quale  consegue  la  espulsione  immediata dello straniero
eseguita   dal  questore  mediante  accompagnamento  alla  frontiera,
contrastante  con  la  possibilita'  e il diritto (costituzionalmente
garantito)  per  l'imputato  di difendersi, e dunque di fare emergere
anche  ed  eventualmente  il proprio diritto ad essere nel territorio
dello  Stato  italiano,  costituisca un privilegio tecnicoprocessuale
per  la  p.a.  7) attribuito senza alcuna giustificazione (se non una
presunta  migliore  gestione  dei flussi migratori) in norme di rango
costituzionale;
    Rilevato  che il combinato disposto delle norme qui censurate non
consentano  alcuna  effettivita'  della  tutela giudiziaria cui hanno
diritto  tutti  i  soggetti  che  entrano nell'orizzonte processuale,
siano  essi cittadini residenti o stranieri, non essendo sufficiente,
per  esercitare  il diritto di difesa, la presenza formale in udienza
con  il  nulla osta gia' emesso e l'espulsione gia' effettuata, e che
bisogna  assicurare  a qualsiasi individuo, in qualsiasi procedimento
ed  indipendentemente  dalle  sue  condizioni  personali,  sociali  e
razziali  la  «possibilita' seria e reale di ottenere adeguata tutela
giurisdizionale 8).
          1)  Corte  costituzionale 13 febbraio 1995, n. 34, in Cass.
          pen. 1995,  1155  Giur. Cost. 1995, 362 Riv. dir. internaz.
          1995,  449  Arch.  nuova  proc.  pen. 1995, 378 Cons. Stato
          1995,  II,  221 Foro it 1995, I, 2773 nota (Visconti) Giur.
          it,  1995,  I, 317 Riv. amm. R.I. 1995, 298 Riv. pen. 1995,
          440 Giust. per. 1995, I, 135.
          2  )  Cfr.  Consiglio  di  Stato, sezione IVª, decisione 30
          marzo  30 marzo 20 maggio 1999 n. 870. (pres. Pezzana: rel.
          Lamberti) in Guida al diritto numero 27 deI 10 luglio 1999,
          p.  90, la cui massima recita: «Il previsto termine di otto
          giorni  dalla  data  d'ingresso  in  Italia, assegnato allo
          straniero  extracomunitario  per avanzare formale richiesta
          di   permesso   di   soggiorno  all'autorita'  di  pubblica
          sicurezza,   non  e'  da  considerare  perentorio,  con  la
          conseguenza che il suo mancato rispetto non puo' comportare
          di  per  se'  l'espulsione dello straniero inadempiente dal
          territorio   dello   Stato,   allorche'  questi  abbia  nel
          frattempo  instaurato  in  Italia una normale condizione di
          vita  e  sia  comunque  in  possesso  degli altri requisiti
          richiesti  dalla  legge  per  il  soggiorno  nel territorio
          nazionale.
          3)   Corte  cost.  10  dicembre1987  n. 503,  in  Riv.  dir
          internaz. 1988, 918.
          4) V. note seguenti.
          5) Cfr. Corte cost. sentenza n. 67/60, in Foro it. 1960, I,
          1873.
          6)  Cfr.  Corte Cost. sentenza n. 55/1974 in Foro it. 1974,
          I, 959-963.
          7) Cfr. Corte cost. sentenza n. 97/67 in giur. Cost., 1967,
          1071.
          8)  Cfr.  L.P.  Comoglio,  Commentario della costituzione a
          cura  di  G.  Branca,  Commento  all'art.  24  Cost., 1981,
          Zanichelli.