LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 1184/02 depositato il 14 febbraio 2002 avverso avviso di accertamento n. 720085/567270/614687 I.C.I. 1995, contro Comune di Genova, proposto dal ricorrente Banca d'Italia, via Nazionale n. 91 - 00184 Roma (RM), difeso da Pollice-Massariello, via Nazionale n. 91 - 00100 Roma (RM) avverso avviso di accertamento n. 720085/567270/614687 I.C.I. 1996, contro Comune di Genova, proposto dal ricorrente Banca d'Italia, via Nazionale n. 91 - 00184 Roma (RM), difeso da Pollice-Massariello, via Nazionale n. 91 - 00100 Roma (RM), avverso avviso di accertamento n. 720085/567270/614687 I.C.I. 1997, contro Comune di Genova, proposto dal ricorrente Banca d'Italia, via Nazionale n. 91 - 00184 Roma (RM) difeso da Pollice-Massariello, via Nazionale n. 91 - 00100 Roma (RM), avverso avviso di accertamento n. 720085/567270/614687 I.C.I. 1998 contro Comune di Genova, proposto dal ricorrente Banca d'Italia, via Nazionale n. 91 - 00184 Roma (RM), difeso da Pollice-Massariello, via Nazionale n. 91 - 00100 Roma (RM). O s s e r v a Con gli avvisi indicati in epigrafe il Comune di Genova - Direzione risorse finanziarie - Settore tributi - contestava alla Banca d'Italia il mancato versamento dell'I.C.I. dovuta per gli anni dal 1995 al 1998 in relazione agli immobili siti in via Dante e via Meucci. Liquidava pertanto la maggiore imposta dovuta ed i relativi interessi; applicava, inoltre, le sanzioni amministrative per «dichiarazione infedele, incompleta o inesatta per quanto attiene i parametri per il calcolo dell'imposta»; richiedeva, quindi, il pagamento delle somme seguenti: per l'anno 1995, complessive L. 352.914.000 (delle quali L. 229.164.852 per I.C.I., L. 66.457.806 per interessi e L. 57.291.213 per sanzioni amministrative); per l'anno 1996, complessive L. 363.355.000 (delle quali L. 245.509.908 per I.C.I., L. 56.467.278 per interessi e L. 61.377.477 per sanzioni amministrative); per l'anno 1997, complessive L. 343.027.000 (delle quali L. 240.720.652 per I.C.I., L. 42.126.114 per interessi e L. 60.180.163 per sanzioni amministrative); per l'anno 1998, complessive L. 338.707.000 (di cui L. 246.332.622 per I.C.I., L. 30.791.577 per interessi e L. 61.583.000 per sanzioni amministrative). L'Ufficio fondava la propria pretesa sul rilievo secondo il quale l'agevolazione ai fini I.C.I. prevista dall'art. 2, comma 5, decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito in legge 24 marzo 1993, n. 75, di cui si era avvalsa la Banca d'Italia per determinare la base imponibile dell'imposta, non competeva agli edifici in questione in quanto gli stessi non rientravano tra quelli di interesse storico o artistico «particolarmente importante», disciplinati dall'art. 3, della legge 1° giugno 1939, n. 1089, ma erano vincolati invece secondo il diverso regime di cui all'art. 4 della stessa legge. Avverso questi avvisi di accertamento la Banca d'Italia, rappresentata e difesa dall'avv. Luciano Pollice e dalla dott.ssa comm. Silvia Massariello, ha proposto rituale e tempestivo ricorso. Deduce: 1. - Le violazioni dell'art. 2, comma 5, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito nella legge 24 marzo 1993, n. 75, non avendo l'ufficio tenuto conto della natura oggettiva dell'agevolazione fiscale in esso prevista, considerato che unica e' la categoria l'immobile di interesse artistico e storico costituente bene culturale, cosi' come unico e' il regime per quanto concerne gli obblighi del proprietario. Sottolinea al riguardo che la distinzione di cui agli artt. 3 e 4 della legge n. 1089/1939, posta in evidenza dal Comune, non ha carattere oggettivo ma solo soggettivo. Essa rileva, infatti, solo ai fini del procedimento amministrativo di individuazione del bene culturale. Nei confronti dei proprietari privati, persone fisiche e persone giuridiche aventi scopo di lucro, l'individuazione dell'immobile oggetto di tutela avviene attraverso un complesso procedimento che si conclude con l'emissione della «dichiarazione di interesse», notificata al proprietario e trascritta nei registri delle conservatorie, con la quale la competente autorita' accerta con valore costitutivo (efficacia ex nun) la sussistenza del requisito di legge ed impone quindi il relativo vincolo (art. 3 della legge n. 1089/1939, ora artt. 6-8 del T.U. n. 490/99). Per gli immobili costituenti beni di interesse storico o artistico di proprieta' di enti pubblici (come la Banca d'Italia) o di persone giuridiche senza scopo di lucro (associazioni, fondazioni e altri enti riconosciuti persone giuridiche) la «dichiarazione d'interesse» non e' invece necessaria, in quanto la qualita' di bene culturale discende direttamente dalla legge (art. 4 della legge n. 1089/1939, art. 5 del T.U.). Qualsiasi riconoscimento formale, ed anche un'eventuale certificazione da parte della Soprintendenza circa la sussistenza della qualita' di immobile di interesse storico o artistico, ha quindi un valore meramente dichiarativo dell'esistenza del vincolo, con efficacia ex tunc. Ne consegue, ad avviso della ricorrente, che «se nella normativa extra-tributaria la «dichiarazione di interesse» non e' necessaria quando l'immobile e' di proprieta' di un ente pubblico (quale e' la Banca d'Italia), anche nella normativa tributaria tale dichiarazione risulta non essere necessaria per fruire delle agevolazioni previste per i beni culturali. Il diritto all'agevolazione I.C.I. non puo', quindi, essere messo in discussione nel caso di specie avendo, peraltro, la Soprintendenza per i beni ambientali ed architettonici per la Liguria formalmente riconosciuto il carattere di notevole interesse storico-artistico al fabbricato della Banca sito in via Dante n. 3. 2. - La violazione dell'art. 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, per avere il comune esercitato il suo potere di controllo in relazione agli anni 1993-1994 oltre i termini di legge. Sottolinea altresi' che gli accertamenti si basano solo sulle dichiarazioni presentate e prescindono completamente dai versamenti eseguiti negli anni 1995, 1996 e 1998; gli stessi, inoltre, sono viziati da un errore materiale relativo all'ammontare dell'imposta versata, tenuto conto che il corrisposto non e' pari a quanto riportato negli avvisi di accertamento. Puntualizza poi, per quanto concerne l'anno 1997, che l'imposta sui singoli immobili dichiarati non risulta determinata in maniera analitica. 3. - La violazione dell'art. 12 del 18 dicembre 1997, n. 472, in quanto l'ufficio nell'applicare le sanzioni ha disatteso il principio del favor rei (art. 3 del d.lgs. n. 472/1992), in particolare l'istituto della violazione continuata. Il comune, infatti, pur avendo notificato una pluralita' di avvisi di accertamento per differenti anni ha liquidato autonomamente le sanzioni per ciascun periodo d'imposta e per ciascuna violazione; ha quindi provveduto al cumulo materiale delle sanzioni senza tenere conto che nella specie andava applicato per legge il cumulo giuridico. La ricorrente chiede, pertanto: in via principale, che siano dichiarati nulli gli impugnati avvisi di accertamento, perche' infondati nel merito; in via subordinata, che non vengano applicate le sanzioni, ex art. 6, comma 2, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, per obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione dell'art. 2, comma 5, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16 convertito nella legge 24 marzo 1993, n. 75; in via ulteriormente graduata che siano annullate le sanzioni per infedelta' della dichiarazione e/o ridotto l'importo delle sanzioni irrogate, tenuto conto del beneficio del cumulo giuridico; con vittoria di spese. Si e' costituito il Comune di Genova in persona del suo legale rappresentante pro tempore rappresentato e difeso in virtu' di procura a margine dell'atto di costituzione dal prof. avv. Victor Uckmar e dall'avv. Francesca Balzani. Con la memoria di controdeduzioni chiede il rigetto del ricorso, poiche' inammissibile e comunque infondato, con vittoria di spese. Quanto all'agevolazione ai fini I.C.I. prevista dell'art. 2, comma 5 del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito in legge 24 marzo 1993, n. 75, per i beni indicati dall'art. 3 della legge 1° giugno 1939, n. 1089, l'ente impositore pone in rilievo che la chiarezza e l'univocita' del dettato normativo, rendono qualsiasi interpretazioni, che non sia quella letterale, distorsiva del significato che il legislatore gli ha inteso attribuire. L'assenza di una disposizione diretta a considerare con particolare favore l'intera categoria dei beni di interesse artistico e culturale nell'ambito del decreto istitutivo dell'I.C.I., conferma e rafforza l'affermazione dell'eccezionalita' della disposizione in esame che si pone in un'ottica di specialita' rispetto alla disciplina dettata in materia di imposta comunale sugli immobili. Da tale natura eccezionale, discende, con immediatezza, la non estensibilita' del beneficio ai casi non contemplati e l'esclusione di ogni possibilita' di interpretazione in via analogica. Sottolinea poi che la nozione di immobile di interesse artistico e culturale e' senz'altro unica se intesa in senso generale ma, nell'ambito della stessa deve riconoscersi l'esistenza di gradazioni volte a far emergere, salvaguardare e valorizzare particolari beni; solo questi, previsti dall'art. 3 dalla legge 1° giugno 1939, n. 1089, e non la generalita', sono oggetto di agevolazione. La ripartizione e' pertanto quella voluta non gia' dal Comune, sul quale incombe il dovere di applicare la norma con rigore, ma dal legislatore. Puntualizza altresi' che in tal senso e' la giurisprudenza tributaria di merito (Commissione tributaria provinciale di Genova - sez. 13 - sentenza n. 822/13/00 del 14 luglio-13 dicembre 2000, confermata dalla locale Commissione tributaria regionale, con sentenza n. 96, del 3 dicembre 2001-16 gennaio 2002). In ordine poi all'assente violazione dell'art. 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, l'Ufficio pone in rilievo di avere esercitato il potere di rettifica delle dichiarazioni e delle denunce nel pieno rispetto dei limiti di decadenza fissati dal legislatore. Sottolinea che a norma dell'art. 10, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, la dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi sempreche' non si verifichino modificazioni dei dati o elementi dichiarati cui consegua un diverso ammontare dell'imposta dovuta. Da cio' deriva la persistente validita' delle dichiarazioni originarie e, quindi, la loro contestabilita' limitatamente ai periodi di imposta per i quali non sia intervenuta decadenza e per quegli immobili in esse indicati per i quali non siano intervenute modificazioni tali da comportare una denuncia in variazione. Esclude, infine, la sussistenza di qualsivoglia errore materiale nella determinazione dell'ammontare del tributo avendo tenuto conto, nell'emettere gli avvisi di accertamento, dei versamenti gia' effettuati dal contribuente. Precisa che l'ammontare versato da controparte, a titolo di pagamento I.C.I., non riguarda solamente gli immobili la cui tassazione e' in contestazione, ma anche altri, di proprieta' dello stesso ente, non sottoposti ad avviso di accertamento. Da cio' le ragioni della mancata corrispondenza degli importi indicati negli avvisi di accertamento e nelle ricevute allegate. Il non corretto assolvimento dell'onere probatorio relativamente agli importi che si contestano impedisce comunque che si possa avere contezza della censura mossa al riguardo. Con memoria di replica depositata il 10 ottobre 2002 la ricorrente insiste nel ricorso. In particolare, ribadisce l'unitarieta' della categoria degli immobili di interesse storico-artistico e sollecita, di conseguenza, una interpretazione estensiva della norma agevolativa in questione, proprio per evitare una censura di incostituzionalita' della medesima considerato che la disciplina agevolativa introdotta nell'ordinamento con legge 2 agosto 1982, n. 512, trova applicazione nei confronti di tutti indistintamente i beni culturali disciplinati dalla legge n. 1089/1939. Eccepisce, in subordine, l'incostituzionalita' dell'art. 2, comma 5, decreto-legge n. 1993/16, convertito in legge n. 1993/75, per violazione del principio di uguaglianza sancito nell'art. 3 Cost., ingiustificata essendo la disparita' di trattamento per situazioni identiche collegata alla sola circostanza che il soggetto proprietario dell'immobile avente valore storico- artistico sia un privato anziche' un ente pubblico. Pone altresi' in rilievo che il diritto all'agevolazione I.C.I. per gli immobili di interesse storico artistico di cui essa si e' avvalsa fin dal 1993 non solo non e' stato mai contestato dai comuni nei cui territori essa possiede immobili di pregio, ma ha comportato anche, in taluni casi, il rimborso della maggiore I.C.I. pagata nel 1993 per l'impossibilita' di applicare, per quel medesimo anno, l'agevolazione in modo completo, a causa della difficolta' di convertire in vani la consistenza espressa in metri quadri o in metri cubi. Contesta poi l'interpretazione dell'art. 11, comma 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, non potendo essere applicate sanzioni per il mancato versamento e per l'omessa/infedele dichiarazione, considerato, tra l'altro, che non sussiste nella specie la violazione dell'obbligo di dichiarazione non essendo intervenute variazioni negli elementi che concorrono a determinare l'imposta. Contesta infine quanto dedotto dal Comune a proposito dell'ammontare della maggiore imposta dovuta in quanto gli immobili di proprieta' di essa ricorrente, essendo tutti collocati nel medesimo edificio, sono tutti di interesse storico-artistico. All'udienza di trattazione, le parti presenti, hanno insistito nei rispettivi assunti. Motivi della decisione Per ragioni di ordine logico deve essere esaminata per prima la questione di costituzionalita' dell'art. 2, comma 5, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16 convertito in legge 24 marzo 1993, n. 75, sollevata dalla difesa della ricorrente con riferimento all'art. 3 Cost., nella ipotesi in cui si ritenga non applicabile, in via estensiva, all'edificio in questione, l'agevolazione fiscale in esso prevista. E cio' proprio perche' questa commissione non ritiene, alla stregua del chiaro tenore della norma in esame, e della giurisprudenza tributaria di merito esistente in materia, che il particolare criterio di calcolo della base imponibile dell'I.C.I. espressamente previsto solo «per gli immobili di interesse storico o artistico ai sensi dell'art. 3 della legge 1° giugno 1939, n. 1089» possa essere esteso anche agli immobili che appartengono ai soggetti indicati nell'art. 4 della stessa legge. Ne' sembra condivisibile la tesi sostenuta dalla ricorrente secondo la quale la formulazione della norma in esame risulterebbe meno ampia rispetto al pensiero del legislatore (lex minus dixit quam voluit) tenuto conto che una disposizione di analogo contenuto, concernente la determinazione del reddito dei fabbricati, e' stata introdotta, in tema di imposte sui redditi (T.U. 22 dicembre 1986, n. 917), dall'art. 11, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 413. E' bene innanzi tutto brevemente ricordare che la nozione di immobile di interesse storico o artistico e' oggi contenuta nell'art. 2, comma 1, lett. a)del testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali ed ambientali (decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490) che riproduce sostanzialmente l'art. 1 della legge 1° giugno 1939, n. 1089 (Tutela delle cose d'interesse artistico e storico). Essa postula la presenza di un elemento positivo (l'accertata idoneita' a soddisfare l'interesse storico o artistico) e l'esistenza di un doppio elemento negativo, previsto all'ultimo comma della disposizione: non deve essere vivente l'autore dell'edificio e la costruzione dell'immobile non deve risultare ultimata da meno di cinquanta anni. Ed e' quindi connessa esclusivamente alle caratteristiche oggettive dell'immobile a prescindere da qualsivoglia profilo soggettivo. L'unica distinzione di carattere soggettivo si rinviene nel procedimento, in particolare nel momento in cui il diritto soggettivo del proprietario affievolisce ad interesse legittimo: per i privati e', infatti, prevista, a maggior garanzia, una formalizzazione del procedimento che si conclude con la notifica della dichiarazione di interesse, la quale accerta con valore costitutivo l'esistenza di un vincolo pubblicistico. Per i soggetti diversi dai privati (Stato ed altri enti pubblici) il vincolo sorge, invece, direttamente dalla legge e i vari procedimenti di formalizzazione previsti hanno un valore meramente dichiarativo del vincolo. Tant'e' che i beni ove rientrino tra quelli elencati nell'art. 2 del t.u. (art. 1 legge n. 1939/1089) sono sottoposti alla legge di tutela anche se non risultino compresi negli elenchi o nelle dichiarazioni (art. 5, comma 5, t.u - art. 4, comma 3, legge n. 1939/1089). Nella disciplina degli obblighi di conservazione e restauro la legge non fa, comunque, alcuna distinzione di carattere soggettivo per quanto concerne il proprietario dell'immobile. Ne consegue, come ha ben puntualizzato la ricorrente nella sua memoria, «che, essendo la posizione soggettiva unitaria, come sono identici gli obblighi, sono uguali anche i diritti dei proprietari di immobili di interesse storico o artistico, siano essi privati oppure no». La tesi affermata dal Comune di individuare due categorie di immobili aventi interesse storico-artistico: la prima che gode dell' agevolazione fiscale e l'altra no, pur in presenza dei medesimi obblighi previsti a carico dei proprietari (e quindi dell'affievolimento per entrambi ad interesse legittimo del diritto soggettivo di proprieta', con gli obblighi di fare e di non fare posti dal testo unico), ancorche' sorretta dal chiaro dettato dall'art. 2, comma 5, del decreto-legge 23 genniao 1993, n. 16, convertito nella legge 24 marzo 1993, n. 75, da' luogo, tuttavia, ad una evidente ed ingiustificata disparita' di trattamento per situazioni identiche, collegata esclusivamente alla circostanza che il soggetto proprietario del bene sia un soggetto privato anziche' un ente pubblico. E viola pertanto il principio sancito nell'art. 3 della Costituzione circa il diritto di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, senza alcuna distinzione, tra l'altro, di condizioni personali e sociali. Violazione questa certamente rilevante ai fini del presente giudizio poiche' concerne una norma che deve qui trovare concreta applicazione. Vero e' che in tema di entrate tributarie il legislatore ha ampia discrezionalita' nell'apprezzamento della capacita' contributiva espressa dalle diverse situazioni di fatto; che esigenze di finanza pubblica possono indurlo a limitare, nell'ambito dei singoli tributi, la portata delle agevolazioni fiscali. Tale potere, tuttavia, benche' ampio non puo' spingersi al punto di violare i fondamentali principi dell'eguaglianza e della capacita' contributiva. Nel caso di specie non e' dato comprendere le ragioni per le quali l'agevolazione fiscale concernente la base imponibile sia stata limitata dall'art. 2, comma 5, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito nella legge 24 marzo 1993, n. 75, ai soli «immobili di interesse storico o artistico ai sensi dell'art. 3 della legge 1° giugno 1939, n. 1089», considerato, tra l'altro: a) che l'I.C.I. e' un'imposta diretta, di natura reale, che colpisce il bene immobile in quanto tale; b) che, come posto in rilievo dalla ricorrente «le agevolazioni per gli immobili di interesse storico e artistico sono state introdotte nella legislazione italiana con la legge 2 agosto 1982, n. 512 che prevedeva una serie di agevolazioni ai fini sia delle imposte dirette (art. 2 - "Aggiornamento dei redditi catastali degli immobili vincolati" e art. 3 - "Oneri deducibili dal reddito delle persone fisiche e giuridiche") sia delle imposte sui trasferimenti (art. 4 - "Esclusione dall'attivo ereditario ai fini dell'imposta di successione" e art. 5 - "Riduzione dell'aliquota dell'imposta di registro")» per tutti indistintamente «gli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1989» (art. 2); come peraltro risulta dal tenore delle seguenti disposizioni: - art. 3, «le cose vincolate ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089 ...»; - art. 4, «... se vincolate ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089 ... le cose che presentano interesse artistico e storico ...»; - art. 5, «... immobili di interesse storico, artistico o archeologico soggetti alla legge 1° giugno 1939, n. 1089 ...»). E cio' proprio per controbilanciare gli obblighi, a rilevante contenuto economico, di fare (protezione, manutenzione e restauro delle cose di interesse storico o artistico) e di non fare (non mutare la destinazione dei beni) che incombono sui beni stessi per effetto della loro soggezione alla disciplina amministrativa dettata in materia. La stessa normativa fiscale (artt. 1, 2, 3, 4 e 5 della citata legge n. 512/1982) ribadiva peraltro che l'osservanza degli obblighi imposti costituiva un presupposto necessario per l'applicazione delle agevolazioni.