IL TRIBUNALE A scioglimento della riserva di cui al verbale di udienza del 21 novembre 2002, in merito all'eccezione d'incostituzionalita' dell'art. 14 comma 5-ter del d.lgs. n. 286/1998 formulata dal difensore di Boukaleba Lotfi, osserva quanto segue. Il predetto veniva tratto in arresto per avere omesso di ottemperare all'ordine di espulsione emesso dal questore di Ravenna in data 3 ottobre 2002 previo decreto del prefetto di Ravenna in pari data, atti regolarmente tradotti in lingua nota al prevenuto ed a quest'ultimo notificati. Detto arresto veniva convalidato e, disposta la liberazione del Buokaleba, si procedeva a giudizio direttissimo; l'imputato chiedeva il rito abbreviato ed all'udienza del 21 novembre 2002 il difensore dello stesso sollevava questione di legittimita' costituzionale della norma incriminatrice sopra richiamata per violazione degli artt. 13 e 25 Cost., in ordine alla quale il giudice si riservava. Osservava in particolare la difesa come uno degli elementi costitutivi della fattispecie sia rappresentato dall'assenza di giustificato motivo all'inottemperanza dell'ordine di espulsione; tale nozione e' peraltro del tutto indeterminata e non consente di comprendere quando il precetto penale risulti o meno violato. Ancora, evidenziava la difesa la rilevanza della questione nel procedimento, posto che, come emerso dal verbale d'interrogatorio dell'imputato, quest'ultimo dichiarava di non aver ottemperato all'ordine in quanto privo di mezzi economici per fare rientro nel proprio paese, situazione che, a fronte dell'evidenziata indeterminatezza del requisito negativo di cui sopra, non e' dato conoscere se possa o meno a quest'ultimo essere riconducibile. La questione appare rilevante, non solo alla luce della giustificazione addotta dal prevenuto alla propria condotta e della conseguente impossibilita', a fronte della genericita' della norma, di verificare se nella specie sussista o meno il requisito negativo in oggetto, ma altresi' poiche' il giudice e' comunque chiamato, indipendentemente dal tenore delle dichiarazioni dell'imputato, ad individuare quale sia la condotta oggetto della norma incriminatrice ed in via logicamente successiva ad accertare se quella tenuta dallo stesso sia o meno riconducibile alla prima, operazione che diviene impossibile laddove quest'ultima pecchi d'indeterminatezza. Ancora, la questione appare altresi' non manifestamente infondata. Non e' infatti possibile, a fronte dell'assoluta genericita' della nozione di giustificato motivo, la cui assenza rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie, individuare ne' nella norma incriminatrice (come accade, ad esempio, con riferimento all'art. 4 legge n. 110/1975, ipotesi nella quale e' il contesto descritto dalla stessa norma a fornire parametri per individuare il motivo che giustifichi il porto fuori dalla propria abitazione di strumenti atti ad offendere), ne' aliunde elementi che consentano di determinarne il contenuto precettivo. Posto che, infatti, i fini che la norma si propone devono essere individuati nella tutela dell'ordine pubblico e nell'esigenza di assicurare pratica attuazione all'espulsione, essi non offrono di per se' alcun ausilio al fine dell'individuazione di una possibile valida ragione, da parte dello straniero, di inottemperanza all'ordine in oggetto; parimenti non soccorre, a causa della genericita' ed ampiezza dello stesso, il possibile richiamo a beni costituzionalmente tutelati anche nei confronti dello stranieri quali la vita, il lavoro, l'integrita' fisica, quella del nucleo familiare, ecc., onde sostanzialmente l'individuazione della nozione in esame e' rimessa al puro arbitrio dell'interprete in violazione dell'art. 25 Cost.