ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
degli  artt. 37,  quinto  comma,  della  legge  della  Regione Puglia
31 maggio  1980,  n. 56 (Tutela ed uso del territorio) e 17, comma 2,
della  legge  della  Regione  Puglia  27 luglio  2001,  n. 20  (Norme
generali  di governo e uso del territorio) promosso con ordinanza del
22 maggio  2002 dal Tribunale di Bari nei procedimenti civili riuniti
vertenti  tra  De  Nicolo'  Francesco  ed  altri e il comune di Bari,
iscritta  al  n. 352  del  registro ordinanze 2002 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 34,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2002.
    Visto l'atto di costituzione del comune di Bari;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'11 febbraio  2003  il giudice
relatore Riccardo Chieppa;
    Udito l'avvocato Giuseppe Benedetto per il comune di Bari.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Il giudice istruttore presso il tribunale di Bari, nel corso
di  cause civili riunite, aventi ad oggetto il risarcimento dei danni
per   illegittima  occupazione  di  un  immobile,  ha  sollevato,  in
riferimento  all'art. 42,  secondo e terzo comma, della Costituzione,
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 37, quinto comma,
della legge della Regione Puglia 31 maggio 1980, n. 56 (Tutela ed uso
del  territorio)  e  dell'art. 17, comma 2, della legge della Regione
Puglia  27 luglio  2001,  n. 20  (Norme generali di governo e uso del
territorio).
    Tali norme prescrivono l'obbligo di osservare le previsioni dello
strumento esecutivo pur dopo la scadenza del medesimo.
    Con  sentenza  parziale  il  giudice a quo ha accolto i primi due
capi  della  domanda  proposta dagli interessati con un primo atto di
citazione,    consistente   nel   mancato   godimento   dell'immobile
illegittimamente  occupato per il periodo in cui l'occupazione stessa
si  era  protratta  e  nella  perdurante  impossibilita'  di proficua
utilizzazione  dello stesso, nonche' la seconda domanda, con la quale
era  stata dedotta la illegittimita' della nuova procedura ablatoria,
con  conseguente  risarcimento  del  danno,  residuando solo il terzo
capo della  prima  domanda  relativa  alla illegittima diminuzione di
valore correlata alla destinazione urbanistica, al cui riconoscimento
e' di ostacolo la normativa denunciata.
    Il  giudice a quo osserva che la domanda e' fondata sulla dedotta
reiterazione  di  un  vincolo  urbanistico,  che permane, pur essendo
passata  in  giudicato  la  sentenza  del  Tribunale  di Bari, che ha
accertato  la  scadenza  del  PEEP  (Piano per l'edilizia economica e
popolare). Infatti, per effetto delle norme denunciate, sull'area per
cui  e'  causa  continuerebbe  a  permanere l'obbligo di osservare le
stesse  previsioni  del Piano, con l'aggravante che, venendo meno gli
effetti,  ai  fini  espropriativi,  della  dichiarazione  di pubblica
utilita'  (ultima  parte  del  quinto comma dell'art. 37), il privato
verrebbe  a  subire  un  vincolo a tempo indeterminato, senza, cioe',
neanche la prospettiva dell'indennizzo conseguente all'esproprio.
    Ad   avviso  del  giudice  rimettente,  i  vincoli  in  questione
presentano le caratteristiche dello schema «ablatorio-espropriativo»,
poiche'  gli  stessi  comportano uno svuotamento di rilevante entita'
della  proprieta';  superano  la durata legislativamente determinata;
superano,  sotto  il  profilo  qualitativo, per la loro incidenza sul
contenuto del diritto, la normale tollerabilita'.
    In  relazione  alla  rilevanza della questione, il giudice a quo,
dopo  aver affermato la propria giurisdizione in relazione al periodo
in cui e' stata proposta l'azione - antecedente all'entrata in vigore
del decreto legislativo n. 80 del 1998 e del d.P.R. n. 327 del 2001 -
osserva che la domanda risarcitoria, alla luce della disposizione del
quinto  comma  dell'art. 37  della  legge  regionale n. 56 del 1980 o
anche   con   riferimento  alla  piu'  recente  normativa  introdotta
dall'art. 17,  secondo  comma,  della legge regionale n. 20 del 2001,
non  potrebbe  che  essere  rigettata,  poiche',  per effetto di tali
disposizioni,  si  determinerebbe,  per  i  suoli  gia'  sottoposti a
vincoli previsti dallo strumento urbanistico attuativo, un automatico
assoggettamento   a   tempo   indeterminato  e  senza  previsione  di
indennizzo.
    Esclude, il giudice a quo, che il vincolo di destinazione a verde
attrezzato  dell'area  di  cui si discute possa costituire un vincolo
urbanistico   «conformativo»,   la  cui  efficacia  permane  a  tempo
indeterminato,   come   ritiene  un  orientamento  restrittivo  della
giurisprudenza amministrativa.
    Il  giudice  rimettente  richiama,  inoltre, l'orientamento della
Corte  europea  dei  diritti dell'uomo e, sulla considerazione che la
Corte  europea  e',  in  forza  dell'art. 6  del  Trattato U.E. parte
integrante   del   diritto  comunitario  e  che  i  diritti  da  essa
riconosciuti  sono  stati  espressamente riaffermati nel Preambolo, V
capoverso,  della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
afferma  che  potrebbe  anche  ritenersi  vincolato a disapplicare le
norme   interne   confliggenti   con   il   diritto  comunitario,  in
conformita',  peraltro, al costante orientamento della giurisprudenza
costituzionale.  Tuttavia,  considerando  che  i diritti riconosciuti
dalla  giurisprudenza  della  Corte  europea  sono  solo inseriti nel
Preambolo  della  Carta  di  Nizza  e  non fanno parte integrante dei
Trattati,  lo  stesso giudice non puo' ritenersi vincolato ad essi e,
quindi,  ritiene  di  sollevare  giudizio incidentale di legittimita'
costituzionale.
    2. - Si  e'  costituito  in  giudizio  il  comune  di Bari che ha
concluso  per  la  infondatezza della questione, sottolineando che la
previsione  di  piano  rappresenterebbe  solo  un vincolo preordinato
all'espropriazione  di  natura  procedimentale,  la cui decadenza non
farebbe  venire  meno  la  destinazione  urbanistica  dell'area,  che
conserverebbe  la  sua  efficacia  conformativa.  Questa destinazione
urbanistica  rimarrebbe  ferma  senza  alcun  obbligo  di indennizzo,
attenendo alla efficacia conformativa la scadenza del PEEP, mentre la
decadenza   della  dichiarazione  di  pubblica  utilita',  che  aveva
radicato  il  carattere espropriativo, farebbe venire meno il vincolo
espropriativo    e    non    la    destinazione,    permettendo   sia
all'Amministrazione  sia  ai  privati di realizzare le indicazioni di
piano.

                       Considerato in diritto

    1. - La  questione  di legittimita' costituzionale, sottoposta in
via  incidentale  all'esame  della  Corte, riguarda l'art. 37, quinto
comma, della legge della Regione Puglia 31 maggio 1980, n. 56 (Tutela
ed  uso  del  territorio)  e  l'art. 17,  comma 2,  della legge della
Regione Puglia 27 luglio 2001, n. 20 (Norme generali di governo e uso
del territorio).
    Il Tribunale di Bari, con ordinanza 22 maggio 2002, ha denunciato
la   violazione   dell'art. 42,   secondo   e   terzo   comma,  della
Costituzione,  poiche' le predette norme regionali imporrebbero, dopo
la   scadenza   dei  termini  previsti  per  l'attuazione  dei  piani
attuativi,   la   protrazione   automatica   di   vincoli  di  natura
espropriativa    e   di   inedificabilita',   trasformati   a   tempo
indeterminato e senza previsione di indennizzo.
    2. - Il giudice a quo, con una esauriente motivazione, ampiamente
plausibile,  ritiene  che  il  permanere  della  destinazione a verde
pubblico   attrezzato,   e  strade  pubbliche  comporti  una  proroga
dell'efficacia di vincolo avente natura sostanzialmente espropriativa
con  la  conseguenza della rilevanza della questione per la decisione
del  profilo della domanda attinente al risarcimento sotto il profilo
del  permanere  del  vincolo  di  destinazione urbanistica, aggravato
dalla caducazione della originaria speciale procedura espropriativa.
    Infatti  l'utilizzazione  della destinazione urbanistica potrebbe
avvenire  solo  attraverso  un'opera  pubblica,  la quale comporta la
destinazione   a   verde   pubblico  attrezzato  e  strade  pubbliche
(ricorrendo   alla  procedura  ordinaria  di  espropriazione  essendo
decaduta  la  dichiarazione  di  pubblica  utilita'  derivante  dalla
inclusione  in  PEEP),  senza  che  il privato possa sostituirsi alla
amministrazione pubblica, non essendovi previsione di realizzabilita'
«attraverso l'iniziativa privata in regime di economia di mercato».
    3. - Giova,  altresi',  sottolineare  che  non puo' avere rilievo
nella presente questione il d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico
delle   disposizioni   legislative  e  regolamentari  in  materia  di
espropriazione per pubblica utilita) ed in particolare l'art. 38 (con
disciplina  dell'indennita'  in  caso  di reiterazione di vincoli del
genere  di  quelli per cui si discute), in quanto le disposizioni del
t.u.  sono  destinate  ad  entrare  in  vigore  a  decorrere  dal  30
giugno 2003:   art. 59  del  t.u.,  come  prorogato  dall'art. 5  del
decreto-legge  23 novembre  2001,  n. 411 (Proroghe e differimento di
termini),   convertito  con  modificazioni  dall'art. 1  della  legge
31 dicembre  2001,  n. 463,  ulteriormente  differito dall'art. 3 del
decreto-legge   20   giugno 2002,  n. 122  (Disposizioni  concernenti
proroghe in materia di sfratti, di edilizia e di espropriazione) e da
ultimo  modificato  dall'art. 1,  lettera s), del decreto legislativo
27 dicembre  2002,  n. 302  (Modifiche  ed  integrazioni  al d.P.R. 8
giugno 2001,   n. 327,   recante   testo   unico  delle  disposizioni
legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica
utilita).
    D'altro   canto  il  tenore  delle  disposizioni  denunciate  non
consente   di   applicare  direttamente  i  principi  gia'  esistenti
nell'ordinamento  e  di  fare  riferimento  al quadro normativo delle
leggi   statali   in   materia  di  proroga  di  vincoli  urbanistici
espropriativi ed indennizzabilita', come risultanti dalla sentenza di
questa  Corte  n. 179 del 1999, anche indipendentemente dalla entrata
in  vigore  dell'intervento  legislativo statale contenuto nel citato
t.u. sulle espropriazioni.
    4. - La questione e' fondata nei limiti appresso precisati.
    Occorre   preliminarmente   precisare   che   il  problema  della
temporaneita' e della conseguente indennizzabilita' della protrazione
dei  vincoli urbanistici si puo' porre solo nei confronti dei vincoli
anzidetti  in quanto preordinati all'espropriazione o sostanzialmente
ablativi.  Restano,  di  conseguenza, fuori dai problemi enunciati di
costituzionalita'  tutti  gli  altri vincoli attinenti a destinazioni
non  coinvolgenti  l'esecuzione  di  opere pubbliche, ma rimessi alla
iniziativa (anche concorrente) dei singoli proprietari (come il verde
condominiale  e gli accessi privati pedonali), trattandosi di vincoli
meramente conformativi.
    L'iter interpretativo della garanzia costituzionale in materia di
espropriazione ha portato a riconoscere il principio secondo cui, per
gli anzidetti vincoli (urbanistici) espropriativi, la reiterazione (o
la  proroga)  comporta  - oltre la temporaneita' - necessariamente un
indennizzo,  diretto al ristoro del pregiudizio causato dal protrarsi
della durata (sentenze n. 411 del 2001; n. 179 del 1999).
    L'obbligo specifico di indennizzo deve sorgere una volta superato
il  primo  periodo  di ordinaria durata temporanea del vincolo (nella
specie 10 anni, secondo la legge regionale denunciata, trattandosi di
piano   di  edilizia  popolare),  da  considerarsi  come  periodo  di
franchigia  da  ogni  indennizzo,  quale  determinato dal legislatore
entro   limiti   non   irragionevoli,   riconducibili   alla  normale
sopportabilita'  del  peso  gravante  in modo particolare sul singolo
(sentenza n. 179 del 1999).
    Deve  essere,  di  conseguenza,  tenuto  distinto - rispetto alla
pretesa indennitaria - il profilo della ammissibilita' e legittimita'
sia della reiterazione degli anzidetti vincoli in via amministrativa,
sia  della  ammissibilita'  sul  piano costituzionale, entro i limiti
della non irragionevolezza, di proroghe o di protrazioni di durata in
via  legislativa  o  di differenziazioni di durata per taluni vincoli
(sentenze n. 411 del 2001; n. 179 del 1999).
    Pertanto  deve essere dichiarata la illegittimita' costituzionale
non  dell'intero  complesso  normativo  denunciato,  che  consente la
protrazione  dei  vincoli  derivanti dalle previsioni degli strumenti
esecutivi,  ma  solo  in  quanto,  per  la  generale  indicazione  di
persistente   ulteriore   efficacia   dell'obbligo  di  osservare  le
previsioni non attuate dello strumento di pianificazione urbanistica,
si riferisce anche a vincoli scaduti preordinati all'espropriazione o
sostanzialmente   espropriativi  senza  previsione  di  durata  e  di
indennizzo.