ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 12 del decreto
legislativo  31 dicembre  1992,  n. 546  (Disposizioni  sul  processo
tributario   in   attuazione   della   delega  al  Governo  contenuta
nell'art. 30  della legge 30 dicembre 1991, n. 413), promossi con due
ordinanze del 21 aprile 2001 dalla Commissione tributaria provinciale
di  Sassari  sui  ricorsi  proposti  da Oggiano Giovanna Maria contro
l'Ufficio  delle Entrate di Tempio Pausania, rispettivamente iscritte
ai  nn. 961  e  962  del  registro  ordinanze 2001 e pubblicate nella
Gazzetta   Ufficiale   della  Repubblica  n. 1,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2002.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 12 febbraio 2003 il giudice
relatore Riccardo Chieppa.
    Ritenuto  che  la  Commissione tributaria provinciale di Sassari,
chiamata  a giudicare su controversie di valore superiore a 5.000.000
di lire, proposte con ricorsi sottoscritti dal solo contribuente, con
due  ordinanze,  di identico contenuto, emesse in data 21 aprile 2001
(pervenute   alla   Corte  il  7 dicembre  2001),  ha  sollevato,  in
riferimento  all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992,
n. 546  (Disposizioni  sul  processo  tributario  in attuazione della
delega  al  Governo  contenuta  nell'art. 30  della legge 30 dicembre
1991, n. 413), nella parte in cui non attribuisce al Presidente della
Commissione  tributaria  il  potere  discrezionale  di  ammettere  il
contribuente  ricorrente  alla tutela diretta e personale del proprio
interesse  processuale,  anche in assenza di difesa tecnica, nel caso
in  cui  detta  tutela,  tenuto conto della modesta difficolta' della
causa  e  della  sostanza  delle  doglianze  espresse,  sia  ritenuta
superflua;
        che   ad   avviso   del   Collegio  rimettente,  tale  lacuna
legislativa   integrerebbe   un   caso  di  manifesta  disparita'  di
trattamento  rispetto  a situazioni sostanzialmente analoghe, poiche'
potrebbe  determinare  gravi  conseguenze  a  carico del contribuente
quale la sanzione di «inammissibilita' del ricorso»;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato,
che ha eccepito vari profili di inammissibilita';
        che la difesa statale sottolinea la carenza di motivazione in
ordine  alla rilevanza della questione, osservando che non sono state
espresse  le  ragioni  della  adesione  alla  tesi,  secondo  cui  la
sottoscrizione  personale  del  ricorso in controversia tributaria di
valore  superiore  a  5.000.000  di lire comporti ineluttabilmente la
inammissibilita' del ricorso;
        che  l'inammissibilita'  e' prospettata anche in relazione al
fatto  che  si  verrebbe  a  sollecitare  dalla  Corte  una pronuncia
additiva, con la creazione di una nuova norma;
        che  l'Avvocatura  dello  Stato in subordine, conclude per la
infondatezza   della   questione,   assumendo   che   rientra   nella
discrezionalita'  del  legislatore  disciplinare  in  modo differente
l'esercizio  del diritto di difesa sulla base del criterio del valore
della  controversia  e,  proprio  per  la  non  omogeneita' delle due
situazioni   poste   a   raffronto,  non  sarebbe  configurabile  una
disparita' di trattamento.
    Considerato  che, stante la identita' delle questioni sollevate e
delle  argomentazioni  addotte,  puo'  procedersi  alla  riunione dei
giudizi ai fini della decisione con unica ordinanza;
        che  il  giudice  a quo motiva adeguatamente sulla rilevanza,
partendo  tuttavia  da  un  erroneo  presupposto e da un confronto di
situazioni  non  omogenee,  in  quanto,  da un canto, la disposizione
denunciata   e'  suscettibile  di  essere  interpretata  in  modo  da
escludere  i  paventati  danni  per  la  posizione  del  contribuente
ricorrente  in  controversie di valore superiore a 5.000.000 di lire;
d'altro  lato,  la  situazione delle controversie di valore economico
superiore  ad  una  certa  soglia  e'  diversa  da  quelle  di valore
inferiore,  nelle  quali  e'  prevista  la  facolta'  del  giudice di
assegnare  un  termine  alla  parte per munirsi di una difesa tecnica
ritenuta necessaria a maggiore garanzia della difesa processuale;
        che   infatti   il  giudice  a  quo  non  tiene  conto  della
interpretazione,  conforme  a  Costituzione, indicata da questa Corte
con  la  sentenza n. 189 del 2000, secondo cui l'inammissibilita' del
ricorso  quando  non  vi  sia  assistenza tecnica per controversie di
valore  superiore  a  5.000.000  di  lire  scatta  -  per  scelta del
legislatore  tutt'altro  che  irragionevole  -  solo  a seguito di un
ordine  del  giudice  ineseguito  nei  termini  fissati  e non per il
semplice  fatto  della mancata sottoscrizione del ricorso da parte di
un professionista abilitato;
        che   rientra   nella   discrezionalita'  (nella  specie  non
irragionevole  ne'  arbitraria)  del  legislatore  la  disciplina del
diritto   di  difesa,  non  essendovi  in  via  generale  una  scelta
costituzionalmente  obbligata  di  assistenza di difensore abilitato,
soprattutto  in  relazione alla tenuita' del valore della lite o alla
natura della controversia (sentenza n. 189 del 2000);
        che  pertanto  la  questione sollevata deve essere dichiarata
manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.