ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 8, comma 10,
della  legge  19 ottobre  1999,  n. 370  (Disposizioni  in materia di
universita'  e  di  ricerca  scientifica e tecnologica), promossi con
n. 5  ordinanze  del  6 febbraio  2002  dal  Tribunale amministrativo
regionale  del  Lazio, rispettivamente iscritte ai nn. 232, 233, 234,
235  e  236  del  registro ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 21, 1ª serie speciale, dell'anno 2002.
    Visti  gli  atti di costituzione di Massimo Iappelli ed altri, di
Rosalba  Benvenuto  ed altro e di Stefano Conti ed altri, nonche' gli
atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 12 febbraio 2003 il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky.
    Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con
ordinanza  del  6 febbraio  2002 (r.o. n. 232/2002), ha sollevato, in
riferimento  agli  artt. 3  e  97  della  Costituzione,  questione di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 8,  comma 10,  della  legge
19 ottobre  1999, n. 370 (Disposizioni in materia di universita' e di
ricerca  scientifica e tecnologica), che cosi' dispone: «Al personale
di  cui  all'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre
1992,   n. 502,   e   successive   modificazioni,   si  applicano  le
disposizioni  di  cui all'articolo 12, commi 1, 2, 3, 4, 6 e 7, della
legge  19 novembre  1990, n. 341. Il suddetto personale e' ricompreso
nelle   dizioni   previste  dall'articolo 16,  comma 1,  della  legge
19 novembre 1990, n. 341, e successive modificazioni. Dall'attuazione
del  presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il
bilancio dello Stato.»;
        che nel giudizio pendente dinanzi al Tribunale amministrativo
regionale  l'Universita'  degli  studi  «La Sapienza» di Roma ricorre
contro  il  provvedimento  governativo  di annullamento straordinario
[d.P.R.  18 gennaio  2001,  emanato  a  norma  dell'art. 2,  comma 3,
lettera p),  della  legge  23 agosto  1988, n. 400] di un decreto del
rettore della suddetta Universita', adottato in data 21 gennaio 2000,
con  il  quale  e'  stato  disposto  l'inquadramento  nel  ruolo  dei
ricercatori  universitari,  a  decorrere  dal  27 ottobre  1999,  dei
tecnici laureati medici con funzioni assistenziali in servizio presso
l'Universita';
        che,  come  riferito nell'ordinanza di rimessione, il ricorso
giurisdizionale  si  basa  sulla  tesi  secondo  la  quale  l'art. 8,
comma 10,  della  legge n. 370 del 1999 sarebbe il punto di arrivo di
una  evoluzione  normativa  che  avrebbe  determinato l'equiparazione
dello  status giuridico dei tecnici laureati a quello dei ricercatori
universitari, fondando il titolo a disporre - come e' stato fatto con
il  decreto rettorale poi annullato - l'inquadramento dei primi nella
categoria dei secondi;
        che,  svolgendo  un'ampia  disamina della normativa vigente e
della   sua   evoluzione,   il   Tribunale  amministrativo  regionale
rimettente  esclude  che  la  disposizione sopra detta possa avere il
significato  (di conclusiva e piena equiparazione della categoria dei
tecnici   laureati   medici   ai  ricercatori  universitari)  a  essa
attribuito  dall'Universita'  ricorrente,  osservando  in particolare
che:  (a)  la  figura  del tecnico laureato e' stata istituita con la
specifica  attribuzione della funzione di coadiuvare i docenti per il
funzionamento  dei  laboratori,  con  corrispondente  responsabilita'
delle   attrezzature   scientifiche   e   con  compiti  di  direzione
dell'attivita'  del  personale  tecnico  non  laureato  assegnato  al
laboratorio  (art. 35  del  d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382); (b) nello
stabilire,  con  l'art. 12  della  legge  n. 341  del 1990, i compiti
didattici   affidati   ai  ricercatori  universitari  (affidamenti  e
supplenze  di  corsi  e  moduli,  partecipazione  alle commissioni di
esame,  relazione  di  tesi  di  laurea,  copertura  di  insegnamenti
sdoppiati), il legislatore ha altresi' disposto (art. 16 della stessa
legge) l'estensione di detti compiti ai tecnici laureati in possesso,
alla  data  di  entrata  in  vigore  del  d.P.R. n. 382 del 1980, dei
requisiti  di cui all'art. 50 di quest'ultimo decreto, cioe' a coloro
che  -  entro  detta  data - avessero svolto un triennio di attivita'
scientifica  e  didattica; (c) per effetto dell'anzidetta estensione,
ai tecnici laureati aventi i requisiti richiesti sono stati affidati,
tramite  una  norma di rinvio, i compiti di docenza gia' assegnati ai
ricercatori,  inclusi  quelli  precedentemente  elencati nel contesto
dello   stesso  d.P.R.  n. 382  (art. 32),  cioe'  compiti  didattici
integrativi,  esercitazioni,  cicli di lezioni interne e attivita' di
seminario,  in  aggiunta ai compiti assistenziali svolti di fatto dal
personale  in questione nelle facolta' di medicina, per la carenza di
personale  medico; (d) con l'art. 6, comma 5, del decreto legislativo
30 dicembre  1992,  n. 502  (Riordino  della  disciplina  in  materia
sanitaria,  a  norma  dell'articolo 1  della  legge  23 ottobre 1992,
n. 421),   come   sostituito   dall'art. 7  del  decreto  legislativo
correttivo   7 dicembre  1993,  n. 517,  si  e'  stabilito,  con  una
previsione di sostanziale sanatoria di situazioni di fatto, che nelle
strutture  delle  facolta'  mediche  il  personale  laureato medico e
odontoiatra    di    ruolo    delle    aree   tecnico-scientifica   e
socio-sanitaria,  in  servizio alla data del 31 ottobre 1992, dovesse
svolgere  anche  le  funzioni  assistenziali;  (e)  il  quadro  della
evoluzione  normativa  di  progressivo  accostamento  funzionale  dei
tecnici   laureati   ai   ricercatori   si   completa  con  ulteriori
disposizioni,   come  l'art. 73,  comma 2,  del  decreto  legislativo
3 febbraio  1993,  n. 29 (Razionalizzazione dell'organizzazione delle
amministrazioni  pubbliche e revisione della disciplina in materia di
pubblico  impiego,  a  norma  dell'articolo 2  della legge 23 ottobre
1992,   n. 421),   che   consente   al   personale  tecnico  laureato
l'iscrizione  agli  ordini  professionali,  e come l'art. 1, comma 6,
della  legge  23 dicembre  1996,  n. 662 (Misure di razionalizzazione
della  finanza  pubblica),  che  estende  allo  stesso  personale  la
disciplina   in  tema  di  attivita'  libero-professionale  intra  ed
extra-muraria;
        che,  prosegue  il  rimettente, alla luce di tale quadro deve
essere  considerata  la previsione dell'art. 8, comma 10, della legge
n. 370 del 1999, la cui apparente sovrapposizione con la disposizione
di estensione ai tecnici laureati dei compiti dei ricercatori gia' in
precedenza   contenuta   nella  legge  n. 341  del  1990  si  risolve
considerando  che in realta' la norma del 1999 comprende il personale
tecnico laureato «in servizio alla data del 31 ottobre 1992» (secondo
la  specificazione  contenuta  nella  norma oggetto di rinvio), e che
pertanto,  prescindendo  dall'esercizio di attivita' didattica per un
triennio (come richiesto invece dalla legge del 1990, per il richiamo
in  quest'ultima  ai  requisiti  di  cui  al d.P.R. n. 382 del 1980),
l'art. 8  in  discorso  opera  un'estensione  delle  attribuzioni  di
didattica   e  ricerca  a  personale  tecnico  laureato  che  non  e'
direttamente  incluso  nella  disciplina di cui alla legge n. 341 del
1990;
        che,  tutto cio' posto, il Tribunale amministrativo regionale
esclude  che  al citato art. 8, comma 10, della legge n. 370 del 1999
possa  riconoscersi  l'effetto  di determinare la conclusiva e totale
equiparazione   di   status  tra  le  due  categorie,  come  vorrebbe
l'amministrazione   universitaria   ricorrente,   valendo,  in  senso
contrario:  la  formulazione testuale della disposizione; l'esigenza,
anche in rapporto all'interesse costituzionalmente rilevante del buon
funzionamento   dell'amministrazione,   di   una  apposita  e  chiara
previsione   di  inquadramento  nell'universita',  con  la  qualifica
richiesta,  del  personale  in  discorso [previsione che non e' stata
emanata,   che   non   potrebbe   desumersi   dall'«ambigua»  stesura
dell'art. 8  e  che  sarebbe  comunque  incongruente con l'intervento
legislativo,   di   pochi   mesi   anteriore,   che   aveva  previsto
l'inquadramento  nei  ruoli  di  ricercatore  del  personale  tecnico
laureato  attraverso  procedure  concorsuali riservate, appositamente
istituite  (legge  14 gennaio 1999, n. 4)], onde un inquadramento ope
legis  -  come quello disposto con il decreto rettorale - si porrebbe
quale   elemento   di   irrazionalita'  e  fonte  di  discriminazioni
all'interno   di   una  medesima  categoria,  beneficiando  alcuni  e
penalizzando altri; infine, la disposizione dell'ultimo periodo della
norma,  che  esclude  oneri  aggiuntivi  di  bilancio (non potendosi,
precisa  il  Tribunale  amministrativo  regionale,  formalisticamente
distinguere  tra  bilancio  dello  Stato  e  bilancio  delle  singole
universita);
        che, muovendo dalle esposte premesse ricostruttive del quadro
normativo,  che  condurrebbero a negare validita' all'interpretazione
fatta  propria  dall'Universita'  e  dunque al rigetto del ricorso da
essa  proposto,  il  Tribunale  amministrativo  regionale  rimettente
dubita della costituzionalita' dell'art. 8, comma 10, citato, appunto
perche',  in  presenza  del quadro legislativo sopra indicato e della
sostanziale assimilazione funzionale tra le due categorie nell'ambito
della   medesima   struttura   organizzativa   dell'universita',  non
stabilisce  la  piena  identificazione  di  status  e  di trattamento
giuridico  della  categoria  dei  tecnici  laureati  con  quella  dei
ricercatori, cio' che appare al Tribunale amministrativo regionale in
contraddizione   (a)   con   il   principio   di   uguaglianza  e  di
ragionevolezza  (art. 3 della Costituzione), sia per l'ingiustificata
differenziazione  che  tuttora  mantiene  tra  i tecnici laureati e i
ricercatori,  nonostante  la  riferita progressiva assimilazione, sia
per  l'incoerenza del mancato collocamento dei primi in una posizione
formale che sia corrispondente alle funzioni effettivamente svolte, e
altresi'  (b)  con l'art. 97 della Costituzione, per la sperequazione
consistente  nell'addossare  a  una categoria di personale (i tecnici
laureati)  compiti  spettanti  in  origine  a  un'altra  categoria (i
ricercatori),  senza riconoscere alla prima la complessiva disciplina
di  status  riservata  alla  seconda, in contrasto con le esigenze di
buon funzionamento dell'amministrazione universitaria;
        che,  conclude  il  Tribunale  amministrativo  regionale,  la
rilevanza   della   questione   di  costituzionalita'  risiede  nella
necessita'  della  pronuncia additiva richiesta quale unica possibile
premessa  giuridica  della  tutela  dell'interesse  fatto  valere  in
giudizio dall'Universita' ricorrente;
        che  questioni  identiche  sono  state sollevate dallo stesso
Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,  con  altre quattro
ordinanze  (r.o.  n. 233, n. 234, n. 235 e n. 236/2002), emesse tutte
in data 6 febbraio 2002 nell'ambito di altrettanti giudizi promossi -
per  l'impugnativa  del  citato  provvedimento  governativo di cui al
d.P.R.  18 gennaio  2001 - da tecnici laureati medici in servizio con
funzioni assistenziali presso l'Universita' degli studi «La Sapienza»
di  Roma, gia' inquadrati nella posizione di ricercatori universitari
con il decreto rettorale 21 gennaio 2000 poi annullato;
        che  nei  suddetti  ulteriori quattro giudizi di legittimita'
costituzionale  cosi'  promossi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  tramite l'Avvocatura generale dello Stato,
che,  richiamando  la  decisione di manifesta infondatezza resa dalla
Corte  in  altro  precedente  giudizio  concernente  analoga  materia
(ordinanza  n. 94  del  2002),  ha  concluso  per una declaratoria di
inammissibilita' delle questioni ora in esame;
        che nei giudizi iscritti al r.o. n. 234, n. 235 e n. 236/2002
hanno  depositato  atti  di  costituzione i ricorrenti nei rispettivi
giudizi principali, i quali, nella memoria depositata, previa ampia e
analitica riproposizione delle argomentazioni dedotte nell'ambito dei
ricorsi   per   l'annullamento  dell'atto  oggetto  dell'impugnazione
dinanzi  al  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,  hanno
concluso per l'accoglimento della questione di costituzionalita'.
    Considerato  che  le  cinque  ordinanze  di  rimessione sollevano
questioni  coincidenti  tra  loro,  e che pertanto e' opportuno che i
relativi  giudizi  siano  preliminarmente riuniti per essere definiti
con unica pronuncia;
        che  il  Tribunale  amministrativo regionale del Lazio dubita
della costituzionalita' dell'art. 8, comma 10, della legge 19 ottobre
1999,  n. 370  (Disposizioni  in  materia di universita' e di ricerca
scientifica  e  tecnologica), in quanto tale norma, pur estendendo ai
tecnici  laureati  (ora:  funzionari tecnici e collaboratori tecnici)
dell'area  tecnico-scientifica  e  socio-sanitaria  in  possesso  del
diploma  di  laurea  in  medicina e in odontoiatria, in servizio alla
data  del  31 ottobre  1992  e  svolgenti  funzioni assistenziali, le
mansioni e i compiti didattici gia' attribuiti in generale ai tecnici
laureati  (in  possesso  del  requisito  di  un triennio di attivita'
didattica  e  scientifica, a norma dell'art. 50 del d.P.R. n. 382 del
1980),  in  termini  ritenuti  corrispondenti  agli  omologhi compiti
assegnati  ai  ricercatori universitari dalla stessa legge n. 341 del
1990  (e  quindi:  affidamenti  e  supplenze  di  corsi  e di moduli;
partecipazione  alle  commissioni  di  esame;  relazione  di  tesi di
laurea;  copertura  di  insegnamenti  sdoppiati),  non  porterebbe  a
compimento   la   propria   ratio  attraverso  la  piena  e  completa
equiparazione   dello  status  giuridico  ed  economico  dei  tecnici
laureati  a  quello  dei ricercatori, in violazione dell'art. 3 della
Costituzione  -  per  disparita' ingiustificata tra le due categorie,
essenzialmente assimilabili, e per irragionevolezza della distinzione
a  fronte  di  un quadro normativo complessivo improntato a crescente
omologazione,  anche  quanto alle funzioni assistenziali - e altresi'
dell'art. 97  della Costituzione - per essere la mancata perequazione
tra  le  due  categorie,  funzionalmente  tra loro sovrapponibili, in
contraddizione con le esigenze di buon andamento dell'amministrazione
universitaria -;
        che, chiamata a pronunciarsi su questione identica e riferita
ai  medesimi parametri costituzionali, questa Corte ne ha dichiarato,
con l'ordinanza n. 262 del 2002, la manifesta infondatezza;
        che  nella  citata decisione, riprendendo le corrispondenti e
piu'  generali argomentazioni contenute nell'ordinanza n. 94 del 2002
(alla quale fa richiamo l'Avvocatura dello Stato) - resa su questione
anch'essa  relativa alla mancata equiparazione tra tecnici laureati e
ricercatori universitari secondo la disciplina della legge n. 341 del
1990  -,  questa  Corte  ha  escluso che abbia fondamento la premessa
della  questione allora sollevata, cioe' la piena fungibilita' tra le
due categorie di personale, sotto il profilo delle funzioni svolte da
ognuna   di   esse,  poiche',  al  contrario,  dal  quadro  normativo
complessivo,  a  una  parziale  coincidenza  di  compiti  per  quanto
riguarda   l'attivita'   didattica,  si  contrappone  una  essenziale
differenziazione   per   quanto   riguarda  i  compiti  primariamente
assegnati  a  ciascuna categoria, cioe' la ricerca, che e' propria ed
esclusiva  dei  ricercatori, e la direzione e gestione di laboratori,
che e' propria ed esclusiva dei tecnici laureati;
        che  pertanto, una volta esclusa la validita' della premessa,
non   sussiste   la   necessita',   alla  stregua  dell'art. 3  della
Costituzione,  di  introdurre,  per via di una pronuncia additiva, la
totale assimilazione di status tra le due categorie;
        che,  inoltre,  si e' precisato nella citata ordinanza n. 262
del  2002  che  nessuna  incidenza  possono  rivestire, rispetto alla
conclusione  anzidetta,  talune  settoriali  disposizioni legislative
concernenti  i  tecnici  laureati  dell'area  medica  (come l'art. 6,
comma 5,  del decreto legislativo n. 502 del 1992, che attribuisce de
iure   al   personale  in  questione  le  funzioni  assistenziali  in
precedenza svolte de facto, o come gli artt. 73, comma 2, del decreto
legislativo n. 29 del 1993 e 1, comma 6, della legge n. 662 del 1996,
in  tema  rispettivamente  di  iscrizione dei tecnici laureati medici
agli   albi   professionali   e   di  applicazione  della  disciplina
sull'attivita'  extra-muraria),  in  quanto  si  tratta  di  norme di
contorno  basate  sul  principio,  piu'  volte sottolineato da questa
Corte, della stretta compenetrazione tra assistenza e didattica;
        che,  ancora,  nella  pronuncia richiamata si e' escluso ogni
profilo di violazione dell'art. 97 della Costituzione, impropriamente
evocato   in  vista  di  miglioramenti  economici  e  di  trattamento
normativo (sentenza n. 273 del 1997);
        che, in mancanza di argomenti o profili nuovi nelle ordinanze
di  rimessione  ora  in esame (emesse in data anteriore all'ordinanza
n. 262  del  2002  di  questa Corte), non v'e' ragione di discostarsi
dalle  conclusioni  raggiunte  nella  citata  decisione, cosicche' le
questioni   sollevate   devono   essere   dichiarate   manifestamente
infondate.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.