ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge
2 ottobre  1997,  n. 334  (Disposizioni  transitorie  in  materia  di
trattamento economico di particolari categorie di personale pubblico,
nonche'  in  materia  di  erogazione  di  buoni  pasto), promosso con
ordinanza   del  12 marzo  2002  dalla  Corte  dei  conti  -  sezione
giurisdizionale per la Regione Lazio, sul ricorso proposto da Vagnoni
Salvatore  ed  altri  contro  il  Ministero  della  difesa  ed altri,
iscritta  al  n. 278  del  registro ordinanze 2002 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 24,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 12 febbraio 2003 il giudice
relatore Ugo De Siervo.
    Ritenuto che nel corso di un giudizio pensionistico, la Corte dei
conti,  sezione  giurisdizionale  per la Regione Lazio, giudice unico
per   le   pensioni,   ha   sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale   dell'  art.1  della  legge  2 ottobre  1997,  n. 334
(Disposizioni  transitorie  in  materia  di  trattamento economico di
particolari  categorie  di  personale pubblico, nonche' in materia di
erogazione  di  buoni  pasto),  nella  parte  in  cui non consente di
riconoscere   anche   ai   dirigenti   generali  collocati  a  riposo
anteriormente  al  1° gennaio 1996, l'indennita' di posizione da tale
norma prevista;
        che  il  rimettente  premette  che  la  legge  n. 29 del 1979
(rectius:    il    d.lgs.    3 febbraio    1993,    n. 29,    recante
«Razionalizzazione    dell'organizzazione    delle    amministrazioni
pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego
a  norma  dell'  art. 2  della  legge  23 ottobre 1992, n. 421»), nel
«privatizzare»   il   rapporto   di  pubblico  impiego,  ha  disposto
l'applicazione della disciplina contrattuale del lavoro privato anche
ai  dirigenti  pubblici,  ed  in  particolare  ai  primi  dirigenti e
dirigenti  superiori  (art. 2,  commi 2  e  3),  escludendo dal nuovo
regime  privatistico  i  dirigenti generali e le categorie equiparate
(art. 2, comma 4);
        che   questa   deroga  e'  successivamente  venuta  meno  con
l'entrata  in  vigore  della legge n. 59 del 1997 («Delega al Governo
per  il  conferimento  di  funzioni  e  compiti  alle regioni ed enti
locali,  per  la  riforma  della  pubblica  amministrazione  e per la
semplificazione   amministrativa»),  e  poi  e'  stata  concretamente
superata con il d.lgs n. 80 del 1998 (« Nuove disposizioni in materia
di  organizzazione  e  di  rapporti  di  lavoro nelle amministrazioni
pubbliche,  di  giurisdizione  nelle  controversie  di  lavoro  e  di
giurisdizione  amministrativa,  emanate  in  attuazione dell'art. 11,
comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59»);
        che  tuttavia,  in  conseguenza  dell'iniziale diverso regime
giuridico  del  rapporto di impiego delle due categorie di dirigenti,
la   dirigenza   «contrattualizzata»  (primi  dirigenti  e  dirigenti
superiori)  ha  avuto una compiuta regolamentazione, anche economica,
con il CCNL (approvato con Provv.P.C.m. 17 dicembre 1996) concernente
il  periodo  1994-1997,  il  quale  ha  previsto  consistenti aumenti
retributivi,  mentre,  per  lo  stesso  periodo,  alla dirigenza «non
contrattualizzata»  sono  stati  corrisposti,  per  via  legislativa,
soltanto acconti compensativi;
        che  successivamente,  la  legge  n. 334 del 1997, al fine di
ristabilire   le   preesistenti   differenziazioni   stipendiali  tra
dirigenti contrattualizzati e non, ha riconosciuto a favore di questi
ultimi, e a «titolo di anticipazione sul futuro assetto retributivo»,
un'indennita'  di  posizione  con  effetto  retroattivo al 1° gennaio
1996, in considerazione delle diverse funzioni svolte;
        che  il successivo contratto dei dirigenti pubblici approvato
il  26 gennaio  2001, stabilisce che il trattamento complessivo per i
dirigenti  di  prima  fascia  (ex  dirigenti generali) e' comprensivo
anche dell'indennita' in questione;
        che,   ad   avviso   del   rimettente,   la  norma  censurata
contrasterebbe  con  i  principi  sanciti  dagli artt. 3, 36, 38 e 97
della  Costituzione  in quanto consentirebbe ai dirigenti generali di
percepire  un  trattamento  pensionistico  di consistente differenza,
unicamente  a  seconda che la data del loro collocamento a riposo sia
anteriore o successiva (anche di pochi giorni) al 1° gennaio 1996;
        che non potrebbero invocarsi, a giustificare la sperequazione
creatasi  tra pensioni e stipendi, difficolta' di bilancio, in quanto
del tutto inconferenti sul piano del diritto;
        che  pertanto  la norma censurata contrasterebbe con l'art. 3
della  Costituzione  sotto il profilo della carenza di razionalita' e
ragionevolezza,  con  i  canoni di garanzia dei diritti previdenziali
sanciti  dall'art. 38  della  Costituzione,  con il principio di buon
andamento  ed  imparzialita'  dell'Amministrazione di cui all'art. 97
Cost.,  e  di proporzionalita' della retribuzione, di cui all'art. 36
della Costituzione;
        che  e' intervenuto, nel presente giudizio, il Presidente del
Consiglio  dei ministri, chiedendo che la Corte dichiari infondata la
questione  dedotta  dalla  Corte dei conti con riferimento all'art. 3
della   Costituzione,   dal   momento  che  la  decorrenza  temporale
dell'indennita'  e'  stabilita dalla legge «a titolo di anticipazione
sul futuro assetto retributivo»;
        che secondo la difesa erariale, neppure sarebbe configurabile
una  lesione  degli  artt. 36, 38 e 97 della Costituzione, in quanto,
secondo  la  giurisprudenza della Corte costituzionale, la scelta dei
meccanismi di perequazione e' rimessa al legislatore ordinario con il
solo  limite  di  evitare  un  irragionevole scostamento, tale da non
assicurare  al  lavoratore  e  alla  sua  famiglia  mezzi  adeguati a
garantire un'esistenza libera e dignitosa;
        che,  comunque,  l'applicazione  ad  una  stessa categoria di
soggetti  di  un  trattamento  differenziato  in  ragione  di diversi
momenti  temporali  in cui viene erogato non contrasta di per se' con
il principio di uguaglianza.
    Considerato   che   il   remittente   dubita  della  legittimita'
costituzionale  dell'art. 1,  comma 1,  della  legge n. 334 del 1997,
nella  parte  in  cui  prevede  un  diverso trattamento economico dei
dirigenti  generali  unicamente  in  ragione  della  diversa  data di
collocamento a riposo;
        che   l'art. 1,   comma 1,   della   legge  n. 334  del  1997
attribuisce  ai  dirigenti  generali dello Stato, per gli anni 1996 e
1997,   in   aggiunta   al   trattamento   economico   in  godimento,
un'indennita'  di  posizione  correlata  alle  funzioni dirigenziali;
previsione questa, prorogata dall'art. 45 del d.lgs. n. 80 del 1998 e
dall'art. 24,   sesto   comma,  della  legge  n. 448  del  1999  fino
all'entrata in vigore dei contratti collettivi;
        che   l'indennita'  in  parola  e'  riconosciuta  «in  attesa
dell'estensione  del  regime di diritto privato al rapporto di lavoro
dei dirigenti generali dello Stato» - disposta dall'art. 11, comma 4,
lettera a)  della legge 15 marzo 1997, n. 59 - ed «in coerenza con la
nuova  struttura  retributiva  stabilita»  dai  contratti  collettivi
nazionali;
        che  tale  previsione  armonizza il trattamento economico dei
dirigenti    generali,    inizialmente    non    interessati    dalla
privatizzazione   del   rapporto   di  lavoro  (secondo  l'originaria
previsione  contenuta nell'art. 2 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29),
con  il trattamento previsto per la dirigenza «contrattualizzata» dal
CCNL relativo al biennio 1996-1997;
        che  il  riconoscimento,  ad  opera della norma censurata, di
un'indennita'  ai  dirigenti  generali  unicamente  a far data dal 1°
gennaio  1996, con conseguente impossibilita' di computo della stessa
nel  trattamento  di  quiescenza  del  personale  collocato  a riposo
anteriormente   a   tale  data,  non  contrasta  con  l'art. 3  della
Costituzione,  in  quanto, secondo il costante orientamento di questa
Corte,  e'  riservato  alla valutazione discrezionale del legislatore
modulare in ragione del tempo i trattamenti pensionistici;
        che  non contrasta di per se' con il principio di uguaglianza
un  diverso trattamento applicato «alla stessa categoria di soggetti,
ma  in  momenti diversi nel tempo, perche' lo stesso fluire di questo
puo'  costituire  un  elemento  diversificatore» (sentenze n. 126 del
2000 e n. 409 del 1998; ordinanza n. 177 del 1999);
        che,  nel  caso  in  esame,  la scelta del legislatore appare
ancor piu' giustificata in considerazione del fatto che la previsione
interviene  nella  fase di transizione ad un nuovo regime giuridico e
ad  una  nuova  disciplina  del  trattamento  economico del personale
dirigente  delle  amministrazioni statali, inizialmente escluso dalla
contrattazione  collettiva e successivamente ricompresovi (art. 2 del
d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80);
        che  del  pari  infondato e' l'asserito contrasto della norma
censurata  con  gli artt. 36 e 38 della Costituzione, dal momento che
questa   Corte   ha  ripetutamente  affermato  che  il  principio  di
proporzionalita'  del  trattamento  pensionistico  alla  quantita'  e
qualita'  del  lavoro  prestato  -  che pure deve sussistere tanto al
momento   del   collocamento   a   riposo   del   lavoratore,  quanto
successivamente  -  non  impone affatto il necessario adeguamento del
trattamento  pensionistico  agli  stipendi  (sentenze n. 62 del 1999;
n. 457 del 1998; n. 96 del 1991 e n. 26 del 1980);
        che  neppure  e'  violato  l'art. 97  della  Costituzione, in
quanto,  come  piu'  volte precisato, il principio del buon andamento
della   pubblica   amministrazione   non  puo'  essere  invocato  per
conseguire  miglioramenti  retributivi  (sentenza  n. 205  del 1998 e
ordinanza n. 177 del 1999);
        che  pertanto  la  questione sollevata deve essere dichiarata
manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  secondo  comma,  delle  norme integrative per i giudizi
avanti alla Corte costituzionale